giovedì 21 novembre 2019

Mes, la denuncia di Tremonti: “I tedeschi vogliono prendersi i soldi degli italiani” (con la complicità di Conte)



Continua a tenere banco la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che dovrà essere approvato al vertice di dicembre. Ne parla anche l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il quale sottolinea che “con il Fondo salvastati si ripete la situazione del 2011, al posto della Grecia ci sono le banche tedesche. Volevano i nostri soldi e non volevano si parlasse di crisi bancaria”.

La riforma del nuovo Mes prevede due possibili linee di credito. Una per i Paesi in regola con i vincoli di bilancio ovvero deficit sotto il 3% e un debito pubblico sotto il 60% del Pil. L’altra linea è per gli Stati che non rispettano questi criteri, tra cui l’Italia. Per questi Paesi, il prestito è subordinato all’approvazione di un percorso di riforme e di risanamento. In un’intervista a La Verità, per spiegare la situazione attuale Tremonti parte dal 2011.

L’ex ministro spiega che la crisi del 2011 non fu causata dai bilanci pubblici ma dalle banche tedesche e francesi. “Cosa che poi, dopo aver straziato la Grecia, venne riconosciuta da due componenti della Troika: Fmi (Fondo monetario internazionale ndr) e Commissione – prosegue Tremonti -. Il terzo, la Bce, non si è ancora pronunciato. Eppure si trattava di banche…” L’ex senatore precisa che un aspetto poco considerato è che anche gli istituti di credito possono accedere al fondo e inoltre viene attribuito un grosso potere al direttore generale del Mes, un tedesco.

Tremonti evidenzia che i meccanismi per giudicare i debiti sovrani contenuti nella riforma sono “autocratici e imperscrutabili”. E aggiunge che la presidenza italiana “in vista del vertice di dicembre confida nello scambio tra ‘riforma’ e ‘pacchetto’. In realtà per noi il pacchetto è ancora più avvelenato del trattato – continua – perché produce automatici, devastanti effetti tanto sulle banche quanto sul debito”.

La ‘logica del pacchetto’ era stata chiesta dal premier Giuseppe Conte a giugno all’Eurogruppo e prevede la creazione di uno strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell’Eurozona (Bicc) e un approfondimento dell’Unione bancaria con la garanzia dei depositi. “Entrare a Bruxelles, con quel “pacchetto” equivale a presentarsi alla Commissione come un kamikaze”, sottolinea Tremonti. L’ex ministro conclude affermando che approvare la riforma e rimettersi al voto in Aula vorrebbe dire per il governo assumersi il rischio che l’Aula dica no, devastando l’immagine del nostro Paese.

Così il governo giallorosso “aiuta” i terremotati: bocciata proroga stop Imu sugli immobili inagibili per il sisma



“Non ce lo aspettavamo”. In una nota, i deputati leghisti Guglielmo Golinelli ed Emanuele Cestari spiegano la loro delusione per la decisione del governo di respingere il loro emendamento alla legge di bilancio in favore dei cittadini che possiedono immobili inagibili – e quindi non utilizzabili – a causa dei terremoti.

“Incomprensibile – scrivono i due parlamentari della Lega – la bocciatura dell’attuale maggioranza all’emendamento della Lega che prevedeva la proroga delle esenzioni del pagamento dell’Imu per gli immobili resi inagibili dal terremoto“. Una proposta, quella di Golinelli e Cestari, pensata per alleggerire il carico fiscale su coloro che hanno dovuto patire i danni dei sismi degli ultimi anni, possedendo immobili nelle zone terremotate.

“In questo modo – spiegano i due deputati – l’attuale maggioranza mette in difficoltà sia i privati cittadini che le amministrazioni comunali di Emilia – Romagna, Lombardia e Veneto, regioni dove ad amministrare i comuni ci sono anche Giunte Pd. Uno schiaffo – continuano – a quanti hanno subito danni anche ingenti a case e abitazioni per colpa del sisma e che, dopo la scellerata decisione della coppia Pd-M5s, saranno costretti a mettere mano al portafoglio e pagare un’imposta su edifici che sono inutilizzati perché inagibili“.
Manovra, scontro maggioranza-opposizione
Intanto, prosegue in Parlamento la discussione sulla manovra. Mentre ferve il dibattito tra maggioranza e opposizione, con la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a definire la legge di bilancio una “dichiarazione di guerra contro chi produce e lavora”, dall’Ocse arriva un assist al governo. “Francia, Italia, Spagna e Belgio hanno meno spazio a disposizione per allentare le tasse” per i loro “considerevoli deficit di bilancio ed elevati rapporti debito pubblico/Pil”, si legge nel rapporto Ocse sull’Economic Outlook.

Rapporto che di fatto legittima l’aggravio fiscale previsto dalla manovra, che nel testo approdato in Parlamento prevedeva nuove tasse per oltre 6 miliardi di euro.

Ma proprio sui balzelli è acceso da tempo un fortissimo scontro nella maggioranza, con Italia Viva di Matteo Renzi sugli scudi per tagliare alcune delle tasse previste dai 5 Stelle e dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: plastic e sugar tax, oltre alla tassa sulle auto aziendali. Il problema, come sempre, è quello delle coperture. Per trovarle, Meloni suggerisce di “abolire il reddito di cittadinanza“, misura che allo Stato costa – secondo la stima di YouTrend – 5,5 miliardi l’anno.

Nella Milano dei buonisti la stazione diventa un dormitorio di stranieri: “Ecco l’accoglienza del Comune PD”



Sono stesi sul marciapiede uno dopo l’altro, avvolti in una distesa di cartoni e coperte. Qualcuno tiene vicino a sé borse con dentro cibo e vestiti, altri sono semplicemente buttati per terra. Sono più di una decina gli immigrati che hanno trovato riparo nei sottopassi della Stazione Centrale di Milano, trasformati così in veri e propri dormitori. Vengono dal Bangaldesh, dal Marocco, dall’Egitto, dall’Afghanistan. La maggior parte di loro è irregolare (guarda il video).

“Dormo qui dalla scorsa notte“, ci racconta Ouail che tre anni fa ha lasciato il Marocco per raggiungere l’Italia. “Sono arrivato dalla Libia, a bordo di un barcone, e dopo aver cambiato diverse città, ora sono a Milano“, spiega. Per lui, quella appena passata, è stata la prima notte trascorsa nel tunnel di via Lunigiana. “Vivo così, dove capita. Certe notti dormo nel parco, altre da amici“. Qui, alla porta d’ingresso della città, di storie come quella di Ouail ce n’è una ogni sacco a pelo. “Vengo dal Bangladesh e dopo due mesi alla Caritas di Milano, ora dormo su questo cartone“, racconta Hussein indicando un giaciglio e qualche coperta. “Arrivo dall’Egitto, sono qui da un anno“, gli fa eco, tremando, Kamal. Solo una piccola trapunta lo scalda dal freddo e ad ogni parola batte forte i denti.

Ma non sono solo questi particolari ad accomunare Ouail, Hussein, Kamal e molti altri giovani che si riparano dalla pioggia nei sottopassi della stazione. Tutti loro sono anche irregolari sul suolo italiano. “Il governo italiano non dà i documenti a noi marocchini – spiega Ouail -. In Marocco non ci sono guerra, non c’è la fame e quindi non ci danno alcun documento“. Ma lui è qui. Come Hussein che racconta, sorridendo, di non avere alcuna carta di identità. “Me l’ha rubata la polizia, non so perché. E ora sono senza documenti. Non posso fare niente, cercare un lavoro, niente“.

E così, ogni notte, una moltitudine di irregolari si accampa tra le corsie del sottopasso Mortirolo e di quello che collega viale Lunigiana a viale Brianza. “Ho fatto fare un intervento ieri (lunedì 18 novembre, ndr) alla polizia locale e oggi la situazione è rimasta tale e quale. Questa è l’accoglienza del Comune di Milano“, tuona Samuele Piscina, presidente del Municipio 2. “Nessuno mi ha comunicato della presenza di irregolari – continua – e questo è sintomo di una mancanza di controlli evidente da parte delle forze dell’ordine. Qui senza documenti non puoi starci e questa mancanza di attenzione sicuramente provoca un problema ancora più grande dal punto di vista della sicurezza“.
I senzatetto
Accanto agli immigrati, anche numerosi senzatetto italiani e non. Alcuni di loro hanno costruito delle vere e proprie case tra le colonne con sedie, materassi, taniche di acqua e scatole di cibo. L’aria nel tunnel è davvero irrespirabile, ma loro, avvolti nelle coperte, sembrano averci fatto l’abitudine. “Sono quasi due anni che vivo all’aperto. Mi sposto in diverse zone della città e ora mi sono femato in questa galleria“, ci racconta un signore sulla cinquantina. “Passano per darci qualcosa da mangiare. Sono anche andato al dormitorio, ma c’era troppo caos. Qui invece mi sento a casa“.

“Le persone non dovrebbero dormire all’esterno e invece vengono lasciate in questo modo non decoroso. Devono esserci degli interventi mirati“, continua Samuele Piscina. Ma la situazione diventa ogni notte più critica. “I sottopassi sono diventati dei veri e propri tuguri – conclude Piscina – con i cittadini che hanno anche paura di passare visto che alcune di queste persone si rivelano anche violente“.

Comizio choc degli anarchici di sinistra: “I poliziotti uccisi? Mercenari. Abbiamo brindato per la loro morte (Video)



Il presidio è stato organizzato di fronte al carcere di Trieste. Via Coroneo si riconosce dalle insegne che popolano la via. Lì dentro, dietro le sbarre, c’è Alejandro Augusto Stephan Maran, il killer dominicano di Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, i due agenti uccisi all’interno della questura triestina. Era il 4 ottobre. Un mese dopo, un gruppo di persone, invece di ricordarne il sacrificio, si raduna vicino al carcere, inforca il microfono (o un megafono) e legge un lungo testo per spiegare che una parte della città ha “brindato” all’omicidio dei due poliziotti.

Il video choc, che ilGiornale mostra in esclusiva (guarda qui), viene ripreso da un cellulare. “Qualcuno dice che di fronte a fatti del genere si sta zitti – si sente dire una ragazza – (perché) delle vite umane sono state uccise. Che solo la voce di Stato si deve sentire. Ma questo a noi non ci sta bene. Non ci sta bene perché noi le lacrime per i due poliziotti uccisi non le versiamo”. L’omicidio “scuote” la decina di manifestanti, certo. Ma loro vogliono anche capire “le cause sociali che portano a fatti del genere”, cioè a crivellare di colpi due agenti. “I due caduti hanno deciso di impugnare le armi servendo lo Stato – continua la capopopolo – La loro era una scelta consapevole. C’è chi lo fa per lo stipendio, chi perché crede di dare una mano, chi vuole un minimo di potere. Sono caduti facendo quello che facevano: cioè un servizio che danneggia la libertà. Imponendo con la forza delle leggi di altri, i quali sfruttano questi loro servizi e attraverso di essi sfruttano le masse assoggettate di ignoranti”.

Il proclama prosegue sotto gli occhi un po’ increduli dei passanti. E sono parole pesanti. Secondo il gruppetto di ribelli, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego avrebbero svolto “un lavoro da mercenari”. Mercenari. “Non tutti hanno scelto di comprare i fiori da mettere sulla scalinata della questura, simbolo dell’oppressione”. E ancora: “Le persone che muoiono lungo i nostri confini, in carcere, gli ultimi, non meritano lo stesso dolore e rabbia?”.

Non solo l’appartamento a 141 euro, ora spunta l’auto blu con scorta per scorrazzare il suo cagnolino Pippo



Non smette di montare il caso Elisabetta Trenta. L’ex ministro della Difesa dell’allora governo gialloverde viveva in un appartamento nel centro di Roma – nel quartiere San Giovanni – che aveva ottenuto come “alloggio di servizio”, tenendoselo stretto anche dopo il suo addio al Dicastero di via Venti Settembre.

Insomma, anche quando non ricopriva più alcun incarico pubblico che potesse giustificare la decisione di rimanere in quella casa.

Ora il caso si arricchisce di un nuovo protagonista, oltre al marito dell’ex ministra del Movimento 5 Stelle (che è ufficiale nell’esercito italiano), che nelle ultime ore ha presentato ufficialmente la richiesta di rinuncia all’appartamento. Il nuovo soggetto che prende parte al “giallo” è Pippo, il cagnolino della famiglia Trenta.

Già, perché secondo una rivelazione de Il Messaggero, lo schnauzer nano dell’ex titolare della Difesa veniva prelevato a domicilio con l’auto di servizio dei militari e accompagnato al dicastero.

Gli inquilini della casa della discordia in quel di San Giovanni, insomma, erano tre. Il cane da quanto scrive il quotidiano capitolino fu regalato alla Trenta da un ufficiale dell’esercito italiano tempo fa. Da quel giorno, la ministra pentastellata – che con il suo partito ha avuto più di un problema per questo imbarazzante episodio della casa – lo portava spesso e volentieri con sé, anche al Ministero.

“Qualche militare lo andava a prendere con l’auto di servizio nella casa di via Amba Aradam e lo scortava fino al dicastero”, scrive appunto il Messaggero, allegando al pezzo anche una foto del simpatico Pippo in un ufficio del Ministero della Difesa. Insomma, un bel privilegio anche per l’animale domestico, dopo quelli goduti dalla sua padrona.
Lo scandalo della casa della Trenta
“Avevo bisogno di un posto dove incontrare le persone, di un alloggio grande. Era necessaria riservatezza…”. Così Elisabetta Trenta aveva cercato di motivare la decisione di non lasciare l’alloggio nel quartiere centrale della capitale, di centottanta metri quadri. Lo scandalo è scoppiato in seguito a un’inchiesta del Corsera realizzato da Fiorenza Sarzanini, che ha messo in imbarazzo il Movimento 5 Stelle teoricamente anti-casta. Luigi Di Maio e gli altri alti papaveri pentastellati hanno preso le distanze dalla vicenda, ma la frittata – ormai – era fatta.

Frittata peraltro aggravata dalla mendace relazione secondo la quale la ministra e suo marito avrebbero pagato 540 euro al mese per l’affitto, visto che la coppia in realtà ne avrebbe sborsati appena 140.

mercoledì 20 novembre 2019

Matteo Salvini risponde alle ridicole “sardine piddine” con dei simpatici gattini che se le mangiano


Mentre continuano a esserci parecchi dubbi sulla spontaneità delle “sardine”, il movimento anti-Lega nato dal basso – almeno in apparenza, visto che sembra essere telecomandato (o quantomeno influenzato) dal Pd – Matteo Salvini non sta a guardare.

Dopo avere annunciato di essere disposto a “scendere in piazza con loro”, il leader del Carroccio ha avviato una campagna social all’insegna dei “gattini per Salvini”. Un modo ironico per ridimensionare la portata del movimento “sardiniano”, pronto ad allargare il suo raggio dall’Emilia-Romagna – sede il 26 gennaio delle elezioni regionali che vedranno la sfida tra il dem Stefano Bonaccini e la leghista Lucia Borgonzoni – a tutta l’Italia. “Cosa c’è di più dolce e bello dei gattini? P.s.

Ai vostri bambini felini piacciono sardine e pesciolini? Mettete la foto nei commenti! Miao!”, il commento apparso martedì sera sui canali social dell’ex ministro dell’Interno, con tanto di simbolo della Lega “rivisitato” per l’occasione. Come? Con la scritta “Gattini con Salvini” e la silhouette di un felino che tiene con la zampa una sardina. Con il chiaro obiettivo di mangiarsela, come la Lega vuol fare con il movimento messo su da alcuni giovani elettori di sinistra.

Il PD è un pericolo per l’Italia e per la democrazia: “Via i Decreti sicurezza, la Bossi-Fini e subito lo Ius Soli”



Sulla graticola dello stesso Pd oggi è finito Nicola Zingaretti, da cui ha preso le distanze per il tempismo con il quale ha parlato a Bologna di Ius Soli, l’attuale presidente della Regione Emilia Stefano Bonaccini. Ma in realtà a rilanciare i temi riguardanti l’immigrazione e lo stesso Ius Soli sono stati diversi esponenti del partito. Per alcuni di loro, rimasti al momento in minoranza a giudicare dalla reazione di altri dem e degli alleati di governo del Movimento Cinque Stelle, era forse questo il momento per premere sull’acceleratore su tutto ciò che potrebbe, da qui ai prossimi mesi, soppiantare l’impostazione salviniana.

Forse spinti dalle manifestazioni contro il segretario leghista viste a Bologna, alcuni dirigenti del Pd hanno provato a cavalcare nuovamente le questione dei diritti e dello Ius Soli per mostrare vicinanza a quella piazza bolognese che, in prima battuta, ha sorpreso gli stessi dem.

Ed infatti proprio ieri Maurizio Martina, non proprio uno qualsiasi all’interno del partito, ha puntato sulla cancellazione della Bossi–Fini e dei decreti sicurezza. Lui, che è stato segretario del partito e ministro dell’agricoltura nel governo Renzi, era tra chi ha scommesso sull’azzardo su queste tematiche.

“Vanno superati i decreti sicurezza, che non sono decreti sicurezza ma insicurezza – ha tuonato Martina – Aboliamo la Bossi-Fini e i decreti Salvini e costruiamo una nuova, moderna legislazione per la cittadinanza con il coraggio di dire che la prima norma per rendere sicura l’Iitalia è regolarizzare quelle persone”.

Un attacco a tutto tondo, che ha tirato in ballo anche la legge Bossi – Fini, non nominata nemmeno dalla sinistra del Pd nelle ultime settimane. Per rimarcare ancora il concetto, Martina ha poi concluso: “È una battaglia culturale prima che politica, non solo una questione di accordi di governo ma identitaria per questo partito”.

Si è rivendicata dunque quella discontinuità da Salvini e dal centro – destra di cui si è parlato a fine agosto, in sede di consultazioni per la formazione del Conte II. Una discontinuità che aveva invocato anche la sinistra del Pd, con Orfini in primis, nei giorni scorsi quando tema principale in agenda era il rinnovo del memorandum con la Libia.

Sia in quell’occasione che nelle ultime ore, la spinta del Pd è andata netta verso questa direzione: superare le leggi volute da Salvini, smontare “pezzo dopo pezzo” i decreti sicurezza, come ha dichiarato nei giorni scorsi lo stesso Orfini. Dichiarazioni a cui ha fatto seguito la promesso di un vero e proprio piano a suon di emendamenti. Nelle prossime settimane infatti, potrebbero approdare in parlamento alcune proposte volte a snaturare od a cancellare del tutto i due decreti sicurezza voluti fortemente da Matteo Salvini durante i 14 mesi di governo gialloverde.

Se a questo si aggiunge che alla Camera è iniziato anche l’iter dello Ius Culturae, che è un modo più “soft” di chiamare lo Ius Soli nelle proposte presentate da Laura Boldrini, allora ben si capisce che quello del Pd non è solo un auspicio ma anche un preciso programma da attuare nei prossimi mesi. Sondaggi permettendo: il campanello d’allarme suonato oggi dal presidente della Regione Emilia, potrebbe non essere l’unico.

L’obiettivo dell’offesiva mediatica di queste ore, era forse volto a mettere il proprio cappello su quella piazza dove non sventolava alcuna bandiera del Pd. Ed invece, chi all’interno del partito vive i territori, ha fatto ben capire che al momento non ci sono i presupposti per parlare di Ius Soli ed immigrazione.

A riportare il Pd alla realtà, anche le stizzite reazioni del Movimento Cinque Stelle, che con in testa Luigi Di Maio ha già chiuso ad ogni possibilità di mettere in agenda adesso lo Ius Soli. Dirigenti più attenti all’andazzo mediatico del momento che agli umori reali dell’elettorato hanno provato, senza riuscirci, a riportare le discussione sui decreti voluti da Salvini.

Un azzardo già parzialmente fallito e che, è il timore di molti dirigenti locali del partito, potrebbe costare caro in termini elettorali nei prossimi mesi.

Bologna, orrore nel centro commerciale: marocchino uccide a coltellate la moglie italiana dopo una lite



Una terribile tragedia familiare si è consumata ieri pomeriggio a Castenaso, piccolo comune in provincia di Bologna. Un marocchino di 29 anni ha aggredito la moglie con un coltello da cucina all’interno di un centro commerciale e poi, preso dalla disperazione, si è tolto la vita gettandosi sotto un treno.

Secondo una prima ricostruzione dei drammatici fatti, lo straniero avrebbe incontrato la consorte, una 32enne italiana con la quale però non conviveva più, intorno alle 17. Non si sa se quello tra i due fosse un appuntamento concordato. Fatto sta che i coniugi iniziano una accesa discussione che culmina in un violento litigio.

All’improvviso l’uomo estrae dalla tasca un grosso coltello da cucina e si avventa contro la giovane. Forse solo la fortuna ha salvato la vita alla donna. La lama, infatti, ha raggiunto un orecchio provocando alla vittima solo una ferita superficiale. Dopo l’aggressione, il nordafricano si è dato alla fuga.

Subito è scattato l’allarme con i carabinieri della locale stazione che sono arrivati sul luogo della violenza. Mentre la 32enne veniva soccorsa, gli uomini dell’Arma hanno dato inizio alla ricerca dell’aggressore nell’intera zona. Quest’ultimo, sentendosi braccato dalle forze dell’ordine e forse preso dalla disperazione e dal rimorso per la follia appena compiuta, decide di farla finita.

L’immigrato arriva nei pressi della stazione ferroviaria di Castenaso e si butta sotto un treno in corsa che viaggiava lungo la linea Portomaggiore–Bologna. L’impatto con il convoglio è violentissimo e non lascia via di scampo al 29enne marocchino che muore sul colpo. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Polfer che hanno eseguito tutto i rilievi del caso. Non sono note al momento le motivazioni che hanno spinto l’uomo a tentare di uccidere la moglie poi a farla finita.

La tragedia arriva proprio poco dopo la diffusione dei dati sui femminicidi compiuti in Italia nel 2018. Lo scorso anno sono state ben 142 le donne uccise, il numero più alto mai censito da quando si effettuano le rilevazioni di questo tipo. A fornire l’agghiacciante dato è stata l’Eures. Le vittime, se si considera il 2018, non solo hanno superato di una unità in termini assoluti le 141 del 2017 ma, in termini relativi, hanno raggiunto il valore più alto mai censito in Italia, attestandosi sul 40,3% a fronte del 35,6% dell’anno precedente e di una media del 29,8% nel periodo compreso tra il 2000 e il 2018. Numeri terribili su cui riflettere.

Open Arms, i comunisti Vauro e Padre Zanotelli fanno a gara a chi insulta di più Salvini: “Va processato per disumanità”


Caso Open Arms. Salvini indagato. Figuriamoci se Vauro si lasciava sfuggire l’occasione per lo sciacallaggio. «Salvini è un leone di peluche e l’ultima linea salviniana è il “peluchismo”. Che fa del vittimismo il suo porta bandiera ed è forse quella che gli somiglia di più».

Così, parlando all’Adnkronos, il vignettista che piace agli antifascisti più beceri commenta l’indagine della Procura d’Agrigento sull’ex ministro degli Interni per sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio. «Salvini è molto bravo a fare declamazioni di coraggio e poi a darsela a gambe». «Sostiene che l’indagine della Procura di Agrigento per lui è un’altra medaglia? La precedente l’ha persa mentre se la squagliava dal tribunale e si faceva salvare dai Cinque stelle», conclude l’antifascistissimo disegnatore.

 Vauro non è il solo antisalviniano che va in brodo di giuggiole per la vicenda Open Arms. Padre Zanotelli, ardente clerico-comunista, augura ad esempio il peggio a Salvini. «Voglio augurarmi che stavolta i 5 Stelle, che non sono più parte del governo con la Lega e dicono che non torneranno mai più con Salvini, votino secondo coscienza e si crei un blocco per fare processare l’ex ministro». Zanotelli va giù pesante.

«Ma come si fa a parlare di medaglia? Chi reagisce così non tiene in alcun conto il dolore di nessuno. Questa è la cosa grave: il senso di strafottenza tipico dei ricchi nei confronti di chi non ce l’ha fatta. E poi arriva uno come il cardinale Ruini a dire quel che dice su Salvini, che è una figura che rappresenta l’estrema destra».

 Il cattocomunista si dice colpito dal fatto che Salvini consideri una “medaglia” la sua disavventura giudiziaria. La coda giudiziaria del caso Open Arms ha insomma fomentato il peggiore fanatismo di sinistra. A gioire saranno in pochi. Vauro e Padre Zanotelli hanno offerto il solito, triste spettacolo del becerume politicamente corretto.

Il terrore di Matteo Renzi: “Andare a votare oggi significa regalare a Salvini il Paese, il Quirinale, i pieni poteri”



“Andare a votare oggi significa regalare a Salvini il Paese, il Quirinale, i pieni poteri”. Matteo Renzi non usa giri di parole e dice così di essere disposto a tutto (o quasi) pur di non andare al voto anticipato. Che, peraltro, penalizzerebbe – non poco – la sua neonata Italia Viva. Già, perché stando agli ultimi sondaggi, Iv si ferma a un risicato 5%. E allora tutto pur di tagliare fuori la Lega di Matteo Salvini.

Intervistato dal Corriere della Sera, l’ex premier non risparmia, ovviamente, alcune frecciatine al Partito Democratico di Nicola Zingaretti, proprio in relazione alla possibilità di tornare alle urne prima del 2023, quando è fissata la scadenza naturale dell’esecutivo. Queste, infatti, le parole del fu sindaco di Firenze: “Può darsi che questa sia la decisione autolesionista di parte del gruppo dirigente del Pd. Ma non credo sia l’interesse degli elettori del Pd, oltre che dei cittadini italiani…”.
Renzi lancia Italia Shock
Il leader di Italia Viva, dalle colonne del quotidiano di via Solferino, torna a dettare l’agenda all’esecutivo Conte, sferzandolo anche sul cosiddetto “Sbloccantieri“; i renziani, infatti, da azionisti di minoranza di questa raffazzonata maggioranza giallorossa, puntano a tramutare il progetto in un decreto legge. “La situazione italiana è seria: la crescita zero fa male alle aziende e fa crescere il rapporto debito/Pil. Noi proponiamo di sbloccare i 120 miliardi di euro che sono fermi nei cassetti attraverso l’utilizzo di procedure straordinarie come abbiamo fatto a Milano con l’Expo.

Il modello Expo ha rilanciato Milano, il modello Expo può rilanciare l’Italia. Ma non c’è un secondo da perdere, serve uno shock. Con noi il Pil cresceva, adesso invece è a zero…”, l’affondo del fiorentino. Che, a seguire, rincara la dose: “Per questo sogno di ottenere non la maggioranza ma l’unanimità sul testo che Italia Viva sta predisponendo per il progetto Italia Shock. Perché tutti sono d’accordo a parole con l’esigenza di sbloccare i cantieri. Ora che finalmente qualcuno propone un decreto, nessuno può tirarsi indietro. I soldi ci sono, serve la volontà…”.

Dunque, Renzi mostra i muscoli e ostenta ottimismo: “Noi di Italia Viva siamo nati pronti e non ci fa paura nulla. Ma faremo di tutto per eleggere un presidente della Repubblica non sovranista. Questa è la nostra sfida. E Italia Viva la vincerà”.

Insomma, nulla di nuovo sotto il sole: Matteo Renzi sfida la maggioranza di cui fa parte dal suo interno, nel tentativo di (ri)scalare i sondaggi e quelle classifiche di gradimento e fiducia nei leader che ormai da diverso tempo lo vedono arrancare non poco. E che lo vedono rincorrere, da lontanissimo, la leadership di Matteo Salvini.

martedì 19 novembre 2019

ALBANESE: “APPENA MI SVEGLIO PENSO A RUBARE”, VIVE IN CASE POPOLARI DELLA RAGGI



“Quando mi sveglio la mattina penso a rubare, derubare qualcuno, quello che esce”.Così Agustin Ndreca, albanese di 24 anni, boss della banda dell’Audi Nera che con base nelle casi popolari di Roma, razziava mezza Italia.

L’operazione della Polizia del Commissariato Aurelio (Roma) ha portato all’arresto della banda di 6 albanesi, responsabili di furti in villa specialmente al Nord e al Centro. Dove si concentra più ricchezza. E dove, non a caso, pullulano più parassiti. Durante le fughe dopo i colpi, peraltro, i delinquenti non esitavano a sfondare i posti di blocco.

Le indagini, inoltre, hanno messo in luce collegamenti con diverse “batterie” operanti in tante città d’Italia tra cui Milano, Venezia, Vicenza ed Ascoli. Oltre ai sei malavitosi finiti in arresto, sono nove gli albanesi denunciati a piede libero. I criminali avevano come base alcune case popolari situate nelle periferie capitoline di Ponte di Nona e di Tor Bella Monaca.

La Raggi dà loro le case popolari dei romani, e loro le utilizzano per nascondere la refurtiva.

Agustin Ndraca, detto “Gusti” è stato intercettato degli inquirenti e nell’ordinanza di custodia cautelare in prigione, il gip ha scritto nero su bianco che gli indagati vivono commettendo furti. Come riportato dal Corriere di Roma, questa un’altra frase del 24enne, sodale di Ermal “Jake” Gjeta: “Spendo perché quelli non sono soldi guadagnati con il sudore. Sono soldi di ladri e ne spendo tanti: andiamo in un locale con la musica e sperpero mille-2mila euro a notte”. E ancora:”D’inverno in quattro mesi abbiamo fatto minimo un milione”.

Durante l’indagine “Massa di San Giuliano” sono state sequestrate una decina di Audi rubate ed ingente refurtiva (orologi Rolex, Cartier, Gucci e di altre marche prestigiose, numerosi gioielli d’oro, diamanti ed altri preziosi), nonché borse ed oggetti di pregio che venivano utilizzati dalle compagne degli arrestati.

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