martedì 19 novembre 2019

Deve scontare 25 anni per furto, borseggi e rapine: ma la rom di origini croate e sempre incinta e resta libera



Una storia emblematica che porta nuovamente alla luce un fenomeno la cui gravità sociale è costantemente sottaciuta per l’ormai cronico autorazzismo che pervade il mondo dell’informazione e degli opinion maker.
Una professionista affermata
Ana Zahirovic, una rom di nazionalità croata, ha solo 26 anni ma è un’affermata “professionista” nel suo campo, quello dei furti, dei borseggi e delle rapine. Su di lei pesa un carico di condanne pari a 24 anni, 9 mesi e 17 giorni di reclusione. Pena che la signora non ha mai scontato, anzi.

Due mattine fa gli agenti della Polfer l’hanno fermata mentre tra i binari della Stazione Centrale di Milano era alla ricerca di nuove vittime. Solo un paio di mesi orsono, per i consueti motivi, era stata arrestata e subito scarcerata perché incinta. E qui ci si imbatte in un altro fattore peculiare della piaga delle borseggiatrici rom, quello delle gravidanze seriali prodotte ad hoc per evitare di finire in gabbia a causa delle proprie malefatte. Una scientifica prassi legata alla “professione” di tali irriducibili predatrici.
Una serie di reati interminabile
La “carriera” di Ana Zahirovic, appartenente a una delle famiglie più tristemente note della criminalità rom, è impressionante. Difficile ricostruire con precisione la serie interminabile di furti, borseggi, rapine variamente eseguite, di cui si è resa protagonista negli anni. Quello che emerge è il tira e molla con la giustizia italiana: un susseguirsi di denunce, arresti, brevi periodi di detenzione, scarcerazioni, condanne su condanne. Il carcere evitato grazie all’odiosa e inumana pratica delle gravidanze a scopo di impunità.

L’altra mattina è finita nuovamente a San Vittore, col ventre vuoto e quasi 25 anni da scontare. Succederà davvero? La risposta è quasi poco importante, non fosse altro perché il suo caso è solo la punta dell’iceberg di una realtà ripugnante, rappresentata da un mondo, quello dei rom, che genera crimine, degrado morale e materiale nel cuore delle città italiane, a Milano in modo particolarmente grave. Ma guai a dirlo, guai a scriverlo: l’accusa di razzismo è sempre pronta e, nel caso, la macchina giudiziaria sa dimostrarsi assai più efficiente e spietata.

Napoli Centrale: si cala i pantaloni e defeca in pubblico, poi pesta chi lo rimprovera. Arrestato ghanese



Napoli Centrale: espleta i bisogni in pubblico poi aggredisce un viaggiatore. Senza alcuna remora e incurante della presenza di numerosi viaggiatori, un cittadino ghanese di 34 anni si è abbassato i pantaloni ed ha iniziato ad espletare i suoi bisogni fisiologici nelle immediate adiacenze della Stazione Centrale di Napoli.

Il suo comportamento non è passato inosservato ad un viaggiatore, che gli si è avvicinato per redarguirlo. Il rimprovero, però, non è piaciuto al 34enne, che ha aggredito il viaggiatore, colpendolo con un pugno al volto. Questi, allora, si è rivolto agli agenti della Polizia Ferroviaria di pattuglia in stazione, i quali hanno immediatamente individuato l’aggressore e lo hanno condotto presso gli Uffici della Polfer per accertamenti.

Da un controllo presso la banca dati interforze, il 34enne è risultato irregolare sul territorio italiano, non avendo ottemperato ad un ordine di espulsione emesso dalla Questura di Mantova. Per questo motivo è stato denunciato per mancata osservanza della normativa sull’immigrazione. Inoltre è stato deferito all’Autorità Giudiziaria per il reato di percosse a danno del viaggiatore, che lo aveva richiamato per il suo atteggiamento inadeguato. Per il suo comportamento, considerato “atto contrario alla pubblica decenza”, il 34enne è stato sanzionato con una multa di 10mila euro.

lunedì 18 novembre 2019

“Sono stato picchiato dai fassisti”. Ma in realtà l’ambulante nigeriano era stato pestato da due nomadi



A parlare è M.O., ambulante nigeriano di 28 anni, assalito due violenti di origine rom nel sottopasso delle Cure, a Firenze Nord. Il sottopassaggio della stazione, da circa tre anni, è una seconda casa per il 28enne africano, visto che vi lavora come ambulante, venendo fazzoletti, accendini e altri ammenicoli vari. L’ambulante, arrivato in Italia nel 2014 a bordo di un barcone, è in possesso di un regolare permesso di soggiorno da cinque anni.

“C’erano due persone intorno ai quarant’anni anni che mi hanno guardato male per lunghi secondi, ho chiesto loro perché mi stavano guardando, e loro mi hanno picchiato. Mi è uscito il sangue, ho avuto molta paura, sono caduto per terra e loro sono scappati. Avevano il cappuccio…”, il racconto dell’africano, così come riportato dal Corriere Fiorentino.

Dunque, M. si è rialzato ed è andato nella più vicina farmacia per comprarsi disinfettanti e garze con le quali medicarsi, grazie all’aiuto datogli da un passante. È stato proprio quest’ultimo a chiamare le forze di polizia, che sono intervenute sul posto. Il giovane extracomunitario, da quanto di apprende, ha sporto denuncia contro i due ignoti aggressori, confidando nel lavoro di investigazione degli agenti.

Subito si è sparsa la voce della notizia e poco ore dopo l’accaduto sulla pagina Facebook “Sei (o sei stato) delle Cure se…”, qualcuno dà la notizia di aggressione fascista. “Nel sottopasso delle Cure, due infami fascisti hanno massacrato di botte quel gentilissimo ragazzo nero che sosta sempre lì sotto”, scrive un utente sulla bacheca della pagina, come riporta adhocnews.

“Ho avuto paura, ma resto qui”, conferma il 28enne di colore, che in questi giorni è stato “adottato” una seconda volta dal quartiere. Già, perché il tam-tam sui social ha portato a centinaia di messaggio di solidarietà, poi tramutatisi in effettiva vicinanza fisica. Il quartiere, infatti, si è mobilitato e nel sottopasso delle Cure sono molte le persone che si fermano a parlare con l’ambulante, ormai amico di molti esercenti della zona.

Infine, la nota della Questura, pubblicata da Firenze Today, che smentisce la falsa notizia dell’aggressione fascista. “Da fonti di polizia si apprende che i due aggressori sarebbero ‘presumibilmente cittadini di etnia rom, originari dell’est Europa”.

Le Sardine (affumicate) anti-Salvini hanno legami con la famiglia Prodi. Altro che manifestazione spontanea



Manifestazione spontanea, nata dal basso, una vera e propria “rivoluzione” in cui l’amore del popolo progressista trionfa contro “l’odio” di Matteo Salvini. Questo, più o meno, il prevedibilissimo storytelling dei giornali progressisti dopo la manifestazione delle Sardine che ha portato migliaia di persone in piazza Maggiore, a Bologna.

Come abbiamo spiegato in questo articolo, tutto perfettamente legittimo, ma ci vuole un bel coraggio nel dire che questo sedicente “movimento”, nato su iniziativa dei quattro trentenni Mattia Santori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti, non abbia proprio nulla a che fare né a spartire con i democratici.

Mattia Santori, infatti, come abbiamo già raccontato, non nasconde la sua vicinanza ai dem e condivide sui social spassionati apprezzamenti per il segretario del Pd Nicola Zingaretti, lodi sperticate nei confronti dell’amministrazione comunale bolognese di centro-sinistra – “ve lo dico ora che l’Emilia Romagna è tra le regioni meglio amministrate d’Europa, che Bologna è ancora la patria dell’integrazione e della cultura” – e anche i post del governatore piddino Stefano Bonaccini, in corsa per la rielezione contro Lucia Bergonzoni. Nulla di male, s’intende, ma non prendiamoci in giro.

La Verità ha scovato un altro elemento che lega Santori alla galassia progressista e democratica. Quest’ultimo, infatti, fa parte della redazione della rivista Energia (www.rivistaenergia.it) co-fondata nel 1980 da Romano Prodi e diretta dall’ex ministro del governo Dini Alberto Clò. Professore Ordinario di Economia Applicata, presso Università degli Studi di Bologna, è stato nel cda di diverse società – tra le quali Eni, Finmeccanica, Italcementi, Iren e ASM Brescia, Atlantia, Snam – e, come ricorda La Verità, è l’uomo che, nel 1978, ospitò la famigerata seduta spiritica del “piattino” per ritrovare Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Seduta – molto discussa – a cui parteciparono Romano Prodi e Mario Baldassarri. Insieme a Prodi, garante della rivista per cui lavora Santori è l’ex giudice costituzionale Sabino Cassese, che nel 2013 il Pd voleva proporre come presidente della Repubblica.

Per il resto, abbiamo già parlato delle inequivocabili prese di posizione politiche di Santori sui social. In un post del 7 settembre scorso, per esempio, il promotore delle Sardine sposa in toto l’operato del segretario dem Nicola Zingaretti, pur non essendo iscritto al partito, definendo peraltro dei “pagliacci” gli avversari: “17 giorni per fare un governo (contro i 90 del governo del cambiamento); spread a 148 (contro i 320 dei pagliacci che proponevano Savona all’economia); un ministro dell’Interno che non usa i social network; all’economia un politico dopo 8 anni di tecnici; Salvini che da gradasso diventa lo zimbello d’Italia; centrosinistra unito da Renzi a Bersani (o meglio, da Grillo a Bersani). questo Zingaretti non se la cava malaccio…“. Nei commenti, in risposta a chi storceva il naso verso il segretario dem, pubblica poi un articolo de Il Manifesto dal titolo eloquente: “Prima o poi dovremo fare l’elogio di Zingaretti“.

Bergoglio pranza con i poveri: ma fa bandire la carne di maiale per non infastidire i fedeli musulmani



Domenica si è celebrata la terza giornata mondiale dedicata ai poveri, un tema sicuramente molto sentito da Papa Francesco.Del resto, già nella scelta del nome dopo la sua elezione avvenuta sei anni fa è possibile rintracciare una delle chiavi più importanti del suo pontificato. Ed in questi giorni Bergoglio ha voluto dare ampio risalto a questo appuntamento.

Vicino il colonnato del Bernini, è stato montato un presidio sanitario che ha dato cure gratis a chi ne aveva più bisogno, alla vigilia della giornata dedicata ai poveri è stato inaugurato un nuovo dormitorio.

Qui soggiorneranno i poveri del quartiere, all’interno di uno stabile ottocentesco non lontano da piazza San Pietro e gestito dalla comunità di Sant’Egidio e dall’Elemosineria del Papa. Il Pontefice ha fatto visita a queste strutture, dove ha incontrato gli ospiti e si è intrattenuto con alcuni di loro.

Momento più importante di questa settimana è stato il pranzo tenuto in occasione della giornata mondiale dei poveri, all’interno dell’aula Paolo VI. Ed in questa domenica è stata ben riscontrabile il doppio binario verso cui si muovono i discorsi del pontefice: da un lato la durezza contro gli stili di vita odierni, la condanna alla povertà ed alla cultura dello scarto, dall’altro l’ossequiosa attenzione, quasi maniacale nel dettaglio, a non lasciare nessuno fuori dai suoi discorsi.

Ed infatti nel pranzo con 1.500 poveri della capitale, anche il menu rispecchiava questa impostazione. Così come riportato da LaPresse, tra i pasti consumati assieme a quelli che Bergoglio ha chiamato “vecchi amici”, non figurava carne di maiale. Ad essere serviti invece sono stati, come secondo, dei bocconcini di polli con crema di funghi e patate.

Una scelta quindi ben precisa, non certamente casuale e che ha richiamato nella mente, seppur le situazioni erano alquanto differenti, le polemiche sui tortellini arrivate nei giorni scorsi da Bologna, lì dove l’arcivescovo si è schierato a favore dei cosiddetti “tortellini dell’accoglienza”, fatti senza carne di maiale.

Nei suoi discorsi poi, come detto in precedenza, Papa Francesco ha richiamato alla condanna contro la cultura dello scarto ed ha sottolineato l’importanza di non dimenticare nessuno: “Nella smania di correre, dà fastidio chi rimane indietro – ha affermato il pontefice – Quanti anziani, nascituri, persone disabili, poveri ritenuti inutili. Si va di fretta, senza preoccuparsi che le distanze aumentano, che la bramosia di pochi accresce la povertà di molti”.

“Nella vita, però – ha concluso il Papa – a crollare sono le cose penultime, non le ultime: il tempio, non Dio; i regni e le vicende dell’umanità, non l’uomo”.

Torino, appena uscito dal carcere pesta e accoltella un senzatetto per rapina: marocchino torna dietro le sbarre



Uscito solo pochi giorni fa dal carcere, e completamente ubriaco, ha pestato e ferito con la lama di un coltello un clochard nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Porta Nuova (Torino) che aveva osato opporsi ad un suo tentativo di furto, ed è stato fermato solo grazie al pronto intervento di alcuni passanti.

Il responsabile, marocchino di 19 anni con una lunga lista di precedenti di polizia nonostante la giovane età, era finito dietro le sbarre durante lo scorso luglio. In quell’occasione aveva preso di mira un negozio di kebab collocato in pieno centro cittadino per tentare una rapina, aggredendo con violenza il titolare, rimasto poi ferito.

A seguito di questo episodio il nordafricano fu arrestato e per lui si aprirono le porte della locale casa circondariale, dalla quale è uscito solo lo scorso giovedì 31 ottobre. L’autorità giudiziaria aveva inoltre determinato un divieto di dimora nel comune di Torino, unitamente alla misura cautelare dell’obbligo di firma da svolgere quotidianamente presso il comando provinciale dei carabinieri di Modena. Un provvedimento mai rispettato dal magrebino, che si trovava ancora tranquillamente nel capoluogo piemontese, e che qualche giorno fa si è reso protagonista dell’ennesima violenza, che ha visto come vittima un senzatetto.

Il 19enne, in preda ai fumi dell’alcol, secondo quanto riportato dalla stampa locale, ha cercato di prendere possesso di alcuni pannelli di cartone che il clochard utilizzava per ripararsi dal freddo nel giaciglio di fortuna ricavato nei pressi della stazione ferroviaria di Porta Nuova. Visto ciò che stava accadendo, quindi, il senzatetto ha provato ad opporsi al furto, subendo per questo motivo la violenta ritorsione da parte del marocchino.

In preda alla furia, quest’ultimo lo ha infatti brutalmente aggredito, colpendolo con forti calci ed arrivando persino ad estrarre un coltello dalla tasca, col quale ha tentato di infierire sulla vittima. Con le braccia protese in avanti, il clochard è riuscito a proteggersi, riportando comunque delle lacerazione alle mani. Attirati dalle grida di quest’ultimo, alcuni passanti sono accorsi sul posto, impedendo così che la situazione potesse ulteriormente degenerare e mettendo in fuga l’aggressore. Grazie al pronto intervento degli agenti della Polizia ferroviaria di Porta Nuova, il 19enne è stato in breve rintracciato e tratto nuovamente in arresto, questa volta con l’accusa di tentata rapina aggravata dall’uso di arma e lesioni personali.

Il senzatetto è finito invece al pronto soccorso dell’ospedale Mauriziano, ricevendo 6 giorni di prognosi dal personale sanitario che lo ha assistito e medicato.

Zingaretti rilancia sulla cittadinanza. Ira del M5S: “Il Paese è sott’acqua e il PD pensa allo Ius Soli?”



Ci riprovano con la cittadianza facile agli immigrati. È il loro chiodo fisso. La batosta delle ultime politiche non gli ha insegnato granché e così ecco Nicola Zingaretti tornare a mettere in agenda lo ius soli o tutt’al più lo ius culturae. Lo fa dalla convention del Partito democratico a Bologna, mentre il governo giallorosso affonda nella crisi dell’Ilva e nei conti una manovra economica profondamente segnata da nuove tasse e pesanti tagli.

 Per foderare l’elettorato più intransigente, anche in vista delle elezioni regionali in Emilia Romagna che danno il centrodestra in vantaggio di qualche punto, i dem sono tornati a soffiare sui temi cari ai talebani dell’accoglienza: l’abolizione della legge Bossi-Fini, la cancellazione dei decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini e, soprattutto, la riforma della cittadinanza italiana. Una deriva di sinistra estrema che non piace nemmeno ai Cinque Stelle. Che ora sembrano non poterne più dell’alleato: “C’è mezzo paese sott’acqua e uno pensa allo ius soli? Siamo sconcertati”.
Il Pd vira (pericolosamente) a sinistra
Dopo le ultime batoste elettorali, Nicola Zingaretti e compagni sono tornati a premere l’acceleratore sui temi più cari alla sinistra radicale. Non che questa linea li abbia premiati al termine dell’ultima legislatura. Gli italiani hanno già bocciato sia lo ius soli sia la politica dell’accoglienza indiscriminata. Eppure eccoli di nuovo rimettere sul tavolo li stessi temi. In mattina è stato l’ex ministro Maurizio Martina ad aprire la questione tracciando i prossimi passi del Partito democratico in parlamento. “Non chiamateli decreti sicurezza”, ha tuonato alla convention di Bologna.

“Sono decreti Salvini e vanno superati”, ha poi scandito proponendo sia di abolire la legge Bossi-Fini, che regola i flussi di ingresso in Italia, e di superare i due decreti Sicurezza che, su impulso del leader del Carroccio, sono stati approvati per combattere l’immigrazione clandestina e chiudere i porti alle ong straniere. “La prima norma per rendere sicura l’Italia è regolarizzare quelle persone – ha, infine, concluso – è una questione identitaria per il partito”. Come se questo non bastasse ci ha pensato Zingaretti a metterci sopra il carico da novanta tornando a parlare di cittadinanza facile agli immigrati. “Per noi – ha detto – è una scelta di campo”. Già nei prossimi giorni i gruppi parlamentari del Pd chiedereanno che vengano messi in agenda sia lo ius culturae sia lo ius soli.
La rissa nella maggioranza
La fuga in avanti di Zingaretti non ha fatto certo piacere ai Cinque Stelle che, pur avendo proposto lo ius soli nel 2013, recentemente ha cambiato idea sulla riforma della cittadinanza italiana. Già lo scorso settembre Dario Franceschini e Luigi Di Maio erano venuti a ferri corti sull’argomento.

Non deve dunque stupire se oggi, quando i dem sono tornati a proporre la stessa ricetta, i grillini sono trasecolati. Nel giro di poche ore hanno, infatti, fatto trapelare sulle agenzie una forte irritazione. “C’è mezzo paese sott’acqua e uno pensa allo ius soli? Siamo sconcertati”, hanno detto ai microfoni dell’Agi fonti pentastellate. “Preoccupiamoci delle famiglie in difficoltà, del lavoro, delle imprese – hanno continuato – pensiamo al Paese, già abbiamo avuto uno che per un anno e mezzo ha fatto solo campagna elettorale… noi vogliamo pensare a lavorare”. In realtà più il governo giallorosso si occupa di lavoro più fa danni.

Ne sanno qualcosa a Taranto dove il governo ha fatto scappare l’ArcelorMittal mandando in fumo 10.700 posti di lavoro e l’1,4% del pil. E ne sanno qualcosa anche le famiglie più povere che, come dimostrato da un recente report della Caritas, sono sfavorite proprio da quel reddito di cittadinanza che le avrebbe dovute aiutare. Sicuramente riproporre lo ius soli, per i dem, è una sorta di arma di distrazione di massa: cercano di ricompattare il proprio elettorato, spostando l’attenzione dai disastri sui dossier economici.
Il Carroccio è pronto a fare le barricate
Dopo l’annuncio di Zingaretti, Salvini ha fatto subito sapere che non permetterà che in parlamento passino certe misure. “Siamo pronti a dare battaglia, dentro e fuori il Parlamento”, ha promesso l’ex ministro dell’Interno che non intende opporsi soltanto alla cittadinanza facile ma che farà di tutto affinché i giallorossi non smontino i decreti Sicurezza. Già nella scorsa legislatura Roberto Calderoli ha fermato lo ius soli seppellendolo sotto una valanga di emendamenti. “E sono pronto a rifarlo ora”, ha promesso oggi il vice presidente del Senato.

“Una misura che non serve a niente a chi non ha raggiunto i 18 anni, perché l’unica differenza, tra chi la ha la cittadinanza e chi non ha la ha, in termini di diritti è solo il voto, il diritto elettorale attivo e passivo, per il resto non cambia nulla”. A meno che, come ipotizzato anche dal leghista, la riforma non venga abbinata all’abbassamento del diritto di voto a 16 anni. “In questo modo – è l’ipotesi – il Pd avrebbe qualche centinaia di migliaia di nuovi elettori”.

domenica 17 novembre 2019

L’ex ministro Trenta si tiene l’alloggio di lusso in centro a Roma: l’ha fatto assegnare al marito aggirando i regolamenti



Elisabetta Trenta, ex ministro della Difesa, usufruisce ancora dell’alloggio di servizio anche se non ne avrebbe diritto, visto che non fa più parte del governo. E che alloggio. Una casa di alta rappresentanza nel cuore di Roma. L’imbarazzante vicenda, finita in prima pagina sul Corriere, è l’ennesimo boomerang che si abbatte sul M5S. Il movimento che contestava i privilegi della casta ed è rimasto invischiato nelle stesse dinamiche che intendeva demolire.
Trenta e l’alloggio di alta rappresentanza
Fiorenza Sarzanini ricostruisce l’intera vicenda. Elisabetta Trenta da ministro della Difesa ottiene l’alloggio di servizio nel cuore della Capitale, zona San Giovanni. E ci rimane anche da non ministro. Come? Lo fa assegnare al marito, maggiore dell’Esercito, Claudio Passarelli. Non solo: c’è il sospetto che la concessione sia avvenuta aggirando i regolamenti.

“La coppia – scrive Sarzanini sul Corriere – ha infatti una casa di proprietà nella Capitale e dunque non sembra avere necessità di usufruire dell’alloggio. In ogni caso il livello 1 attribuito al momento di scegliere la casa per la ministra è molto superiore a quello previsto per l’incarico e grado del suo consorte”.

Elisabetta Trenta diventa ministro della Difesa nel giugno 2018. All’epoca, pur avendo una casa di proprietà al Pigneto, chiede una nuova residenza che le viene assegnata. Procedura che già risulta un po’ anomala: infatti i componenti del governo che hanno già una casa a Roma in genere vi rimangono. Solo che attorno alla loro abitazione vengono assunte misure di sicurezza particolari, adeguate al rango dei proprietari. Nel caso di Elisabetta Trenta no: lei si trasferisce in un nuovo alloggio, una casa “di alta rappresentanza” vicino alla piazza San Giovanni in Laterano.

Prima della crisi di governo, racconta ancora il Corriere, la Trenta decide “di rendere definitiva l’assegnazione”. Si è affezionata alla nuova casa, evidentemente. Così fa intestare l’appartamento, di proprietà del ministero della Difesa, al marito Claudio Passarelli, pur mancando quest’ultimo dei requisiti necessari. A fine agosto, quando cade il primo governo Conte, l’operazione è conclusa. Elisabetta Trenta darà spiegazioni ai cittadini e al M5S, ex partito dell’onestà?

Don Mignotte: Tolleranza della prostituzione, truffa e atti falsi: sequestrati i centri d’accoglienza del prete “affarista”



Dopo il blitz di ottobre al residence Emanuela di via Ravenna, sequestrato perché diventato negli anni una vera e propria casa di appuntamenti, i carabinieri di Novara (Nucleo investigativo supportato dai colleghi della compagnia e dai Nas di Torino) sono tornati nelle strutture gestite da don Zeno Prevosti, il sacerdote ristoratore già indagato per tolleranza abituale della prostituzione.

Mercoledì i militari hanno eseguito un nuovo decreto di perquisizione firmato dal pm Mario Andrigo, notificando un altro avviso di garanzia al sacerdote, titolare della società «Pizeta», e a Piero Ramella, 57 anni, domiciliato a Novara, amministratore della «Lisanza», società specializzata in strutture ricettive dietro la quale si nasconde, come socio unico, proprio la «Pizeta» di don Zeno. I due sono indagati per peculato e falso.

La procura ha voluto vederci chiaro sull’attività di ospitalità dei migranti da parte della Lisanza, che, come noto – la vicenda nel 2016 era stata al centro di una forte polemica in cui anche il sindaco di Novara Alessandro Canelli aveva invitato il sacerdote a scegliere se fare il manager o il prete – ha partecipato a più bandi delle Prefetture in tema di accoglienza.

 Ciò che gli investigatori si propongono di verificare (l’indagine è allo stadio iniziale), è se vi sia stata una corretta gestione dei profughi e una corretta applicazione del contratto firmato con la Prefettura: a fronte dei contributi pubblici ricevuti, infatti, deve essere fornito un determinato servizio. In caso contrario, i soldi sono stati percepiti indebitamente e l’attività irregolare coperta con atti falsi.

Ecco perché il nuovo blitz ha riguardato tutte le strutture gestite nel capoluogo da don Zeno e Ramella, l’hotel La Bussola, l’Arena Hotel, il residence Cristina di via Ravenna (a fianco del gemello Emanuela chiuso per prostituzione) e poi le sedi legali dell’Immobiliare Lisanza e della Pizeta. I carabinieri hanno sequestrato una serie di documenti contabili e pratiche, tutte relative ai bandi per l’accoglienza e la gestione delle relative strutture.

Una prima pecca è già stata trovata: i Nas, proprio al Cristina di via Ravenna, hanno scoperto scarafaggi e sporcizia redigendo un verbale in cui si parla di «mancanza dei requisiti igienico-sanitari minimi» e «pericolo per la salute». È stata avanzata richiesta di chiusura alla Prefettura di Novara, che ora si dovrà esprimere in merito. Nel residence sono ospitati 55 migranti.

Nell’altra indagine sono indagate complessivamente nove persone: oltre agli amministratori del residence Emanuela anche i gestori, i custodi, i vecchi custodi, e un agente immobiliare «procacciatore» di ospiti-escort. Don Zeno, cui già tre anni fa i vertici della Chiesa novarese avevano tolto gran parte degli incarichi diocesani, di recente è stato anche sollecitato dal vescovo Franco Giulio Brambilla a fare un passo indietro da attività imprenditoriali, come prevede il codice di diritto canonico. In più è stato invitato ad astenersi dall’esercizio pubblico della funzione fino a quando non sarà del tutto chiarita la sua posizione. –

Estremisti vegani lo nutrono con frutta e verdura: bimbo di 18 mesi muore di stenti. Genitori arrestati per omicidio



È morto a soli 18 mesi per alcune complicanze legate alla malnutrizione. I suoi genitori infatti lo avrebbero nutrito solo con frutta e verdure crude. I due, convinti vegani, avrebbero deciso di far seguire al piccolo la loro stessa dieta a base di frutta e ortaggi. Così il bimbo è morto di inedia e di stenti.

Ryan O’Leary (30 anni) e Sheila O’Leary (35 anni) sono stati arrestati dalla polizia locale a Cape Coral, in Florida. Accusati per la morte del loro piccolo, avvenuta a fine settembre, i due dovranno ora rispondere del reato di omicidio colposo.

Secondo quanto riporta Fanpage, il piccolo, nutrito solo con frutta e verdura, non era arrivato a pesare neanche sette chilogrammi. Dopo gli esami svolti sul corpo de bimbo, le forze dell’ordine hanno subito arrestato i due genitori. L’autopsia e le altre analisi disposte per fare luce su quanto accaduto hanno stabilito le cause della morte: il bambino è deceduto dopo aver sofferto a lungo a causa di complicazioni legate alla malnutrizione. Le autorità hanno parlato di disidratazione, microsteatosi epatica e gonfiore di mani, piedi e gambe.
La vicenda
Era stata la madre 35enne a chiamare i soccorsi dopo aver trovato il suo bimbo freddo e senza respiro. Il padre, nel frattempo, aveva provato anche a rianimare il piccolo, ma per lui non c’era stato nulla da fare. I paramedici, giunti subito sul posto, non hanno potuto fare altro che constatare il decesso.

La polizia, dopo aver interrogato i due genitori, ha notato che anche i figli più grandi della coppia erano visibilmente malnutriti. Sottopeso, con la carnagione giallastra e i denti pieni di carie, i bambini venivano sfamati tutti solo con frutta e verdura.

La madre ha spiegato alle forze dell’ordine che il bimbo non aveva assunto cibo solido nella settimana prima della sua morte: era stato nutrito solo ed esclusivamente con il latte materno. E che la mattina del decesso, dopo essere stato allattato come di consueto, aveva iniziato a respirare male. Poco dopo il cuore del piccolo ha smesso di battere.

I due genitori sono stati così accusati, tra le altre cose, di omicidio colposo e portati in carcere. L’avvocato dei due, si legge sui giornali inglesi, ha respinto le affermazioni secondo cui i figli della coppia erano malnutriti, sostenendo che erano naturalmente piccoli dalla nascita ma “perfettamente sani“. Nel frattempo, gli altri bambini sono stati affidati ai servizi sociali.

Lo schiaffo di Segre alla sinistra ipocrita: la senatrice rifiuta la cittadinanza onoraria della giunta De Magistris



Liliana Segre si sottrae alla baraonda politica degli ultimi giorni e con garbo respinge ogni strumentalizzazione. A cominciare dall’ipotesi di di una sua candidatura al Quirinale. “Ringrazio le persone che hanno proposto la mia candidatura al Quirinale. Ma, ovviamente, per motivi sia anagrafici che di competenza specifica tale candidatura è improponibile.

C’è un presidente in carica che sta svolgendo il suo compito di garanzia costituzionale con rigore ed efficacia e che gode di grande popolarità e prestigio in Italia e all’estero”. Questo quanto afferma la senatrice Segre in una nota. Non solo, Liliana Segre dice anche no alla cittadinanza onoraria di Napoli. La proposta arrivava dall’assessore Eleonora De Majo. La De Majo, che proviene dai centri sociali, si è distinta per le sue posizione antisioniste.

Posizioni che sono state riportate sul portale dell’ebraismo italiano, Moked. «La Consigliera nel recente passato aveva affermato che il “sionismo è nazismo”, paragonato il premier israeliano Netanyahu a Hitler, definito il governo israeliano “un manipolo di assassini” e gli israeliani “porci, accecati dall’odio, negazionisti e traditori finanche della vostra stessa tragedia”».
Segre non gradisce la cittadinanza onoraria a Napoli
De Majo non ha rinnegato nulla, anzi ha ribadito il suo punto di vista, come scrive Il Mattino: «…Essere radicalmente critici verso l’apartheid che lo Stato di Israele pratica nei confronti del popolo palestinese non ha nulla a che fare con l’antisemitismo. L’ho scritto e lo rivendico». Al tempo stesso ha proposto la cittadinanza onoraria alla senatrice Segre.

Un modo, a suo avviso, per rispondere a chi la accusa di antisemitismo. La senatrice Segre non sembra però aver gradito. “La cittadinanza onoraria non è un fatto passeggero se si può prestare a strumentalizzazioni. È un riconoscimento profondo. Un abbraccio ideale tra la città stessa e chi la riceve.

Mi verrebbe da mutuare una vecchia battuta, ci sono cittadinanze che si contano e cittadinanze che si pesano”. Parole inequivocabili. Alle quali l’assessore Eleonora De Majo ha controreplicato. “Loro hanno una posizione, io la mia. Ho un mondo che sta con me e un mondo che sta contro di me. Il conflitto Israele-Palestina lo studio da quando avevo 14 anni”.

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