venerdì 6 dicembre 2019

Anche Mario Monti diventa sardina: “Mi piacciono, scenderei in piazza con loro”. Poi il delirio anti-sovranista



Il senatore a vita Mario Monti si schiera con le sardine. Non avevamo dubbi. Il “tassatore folle” degli italiani non ci stupisce più. Era chiaro l’esito della sua scelta politica. Accecato anche lui dall’avversione contro la destra italiana, ormai in maggiornza, fa la scelta più logica. ”Le guardo con molto interesse queste sardine.

 Mi sembra che stiano dando gambe e voce ad esigenze molto elementari di una società che però nella politica italiana sono state abbastanza dimenticate, cioè che si ragioni e si parli delle cose in modo pacato, che chi governa se possibile non sia totalmente privo di competenze. Sono punti un po’ dimenticati, è un po’ paradossale che occorra andare nelle piazze per farli valere”. Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul movimento delle sardine. Andrebbe in piazza con le sardine? «Sì, non lo escludo».
Monti insiste nel suo delirio anti-sovranista
E Monti continua col suo delirio anti-sovranista. “E’ molto facile terrorizzare il pubblico, gli elettori con considerazioni vere, il più delle volte con considerazioni del tutto infondate. Per spaventare e poi prendere il voto pretendendo di avere difeso qualcuno da qualche minaccia che non c’è mai stata”. Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul Mes. Ma tutto ciò non è vero. Come ha chiarito recentemente Giulio Tremonti, che di economia se ne intende. ”È una catena di errori e orrori fondamentali”.

Quindi invita l’Italia a non firmare. “Sospendere il tutto, discutere sul futuro dell’Europa, rinviare la discussione sul futuro delle banche. L’Europa è una casa comune, non una banca comune”. Lo stop alla revisione, sostiene ancora, “non comporta niente”. L’Italia, continua Tremonti, ha pagato più degli altri e parla del Mes come “galleria di orrori fabbricata da élite di tecnici e da gente interessata, abbiamo pagato più degli altri. Devono smetterla”, conclude.

“Porto in tribunale la viziatella tedesca”: Salvini denuncia Rackete per istigazione a delinquere e diffamazione



La “regina” di sinistra e dei radical chic torna a colpire. Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, dopo aver speronato quest’estate una motovedetta della Guardia costiera per far entrare illegalmente una cinquantina di immigrati in Italia e dopo aver messo sotto osservazione/criticato/giudicato l’operato di Matteo Salvini, si butta nel campo delle denunce. L’ex titolare del Viminale, infatti, tramite una diretta Facebook fa sapere che la ragazzina dai grossi deadlocks lo ha denunciato per “istigazione a delinquere e diffamazione“.

Non è chiaro come Salvini istighi il popolo italiano a delinquere. Mistero. Ma tanto è che Carola – nei salotti italiani (vedi da Fabio Fazio) e più in generale in Italia – viene trattata come una “principessa” e può dire e fare ciò che le pare. Fazio, ad esempio, qualche settimana fa le ha offerto una non-intervista, le ha riservato una standing ovation “speciale” e i grandi applausi del pubblico di Che tempo che fa.

Tutto per lei. Ma andiamo alla denuncia dell’eroina. “Ecco la denuncia che ha aperto la mia giornata – dice il leader del Carroccio durante la diretta social – istigazione a delinque e diffamazione, Carola Rackete ce l’ha con me. L’eroina della sinistra che ha speronato la motovedetta della Guardia costiera con i militari a bordo, la ricordate? Chi è sotto indagine lei? No, Matteo Salvini… mi ha denunciato. La parte offesa di uno sbarco di immigrati irregolari, di uno speronamento di una motovedetta, non sono gli italiani e i militari ma è Carola Rackete… mi mancava l’istigazione e delinquere”. Ovviamente, Matteo Salvini è incredulo. Si lamenta e batte i pugni sul tavolo.

Carola ha rischiato di ammazzare decine di persone, ha fatto l’eroina sulla pelle di un centinaio di immigrati, se ne è infischiata delle leggi per fare arrivare i clandestini nel nostro Paese e ora ha pure il coraggio di denunciare. E come risponde il leader della Lega? Con una controdenuncia. “Arriva una signorina tedesca, viziatella e di sinistra che come hobby ha il trasporto di immigrati irregolari e come passatempo ha lo speronamento e denuncia il ministro dell’Interno – conclude il leader del Carroccio -. Ovviamente noi sorridiamo e controdenunciamo.

Conto di incontrare in Tribunale questa signorina, si metta in fila. Noi la controdenunciamo e vedremo se c’è un giudice in Italia che dice chi ha sbagliato. Se lo avesse fatto in Germania sarebbe nelle patrie galere”. Salvini ci va giù pesante nella sua diretta social e ricorda passo dopo passo tutte le infrazioni di Carola. Lui le ricorda, gli italiani pure. La sinistra? No. Non lo ha fatto ai tempi, figuriamoci ora.

Mes, hanno svenduto l’Italia e insultano pure. Gualtieri: “La Lega è un pericolo per l’Italia”. Rissa di fuoco con Salvini


“Nessuna uscita dall’Euro o dall’Europa, la Lega vuole solo fermare un governo che mette a rischio la democrazia, la sovranità e i risparmi degli italiani“.

È la replica del segretario del Carroccio, Matteo Salvini, alle parole del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Reduce dalla riunione dell’Eurogruppo in cui ha ottenuto il rinvio dell’approvazione della riforma del Mes, il fondo salva-Stati che tante polemiche sta suscitando in questi giorni, Gualtieri ha usato parole molto dure nei confronti della Lega e di Claudio Borghi, accusati di essere “nemici degli interessi dell’Italia, della tutela del risparmio degli italiani.

Se si facesse quello che dice Borghi, gli italiani perderebbero molti soldi“. Aggiungendo che “l’uscita dall’euro” sostenuta da Borghi è “è una ricetta fallimentare che per fortuna non incontra il consenso degli italiani“, mentre le critiche al Mes sono soltanto “demagogia“.
Salvini: “Il governo mette a rischio democrazia e sovranità”
> Salvini ha risposto così a Gualtieri: “Nessuna uscita dall’euro o dall’Europa, la Lega vuole solo fermare un governo che mette a rischio la democrazia, la sovranità e i risparmi degli italiani”, annunciando che “sabato e domenica saremo in più di 1.000 piazze italiane per informare e raccogliere firme: #stopmes“.
Zanni: “Dopo il bail-in, la storia si ripete”
In linea con le parole di Salvini anche l’europarlamentare leghista Marco Zanni: “Questa è una riforma tecnocratica che mette in pericolo la stabilità del nostro sistema finanziario e i risparmi degli italiani. A dispetto di quanto ci raccontano, il ministro Gualtieri non ha portato a casa un grande risultato per l’Italia: in realtà, sul Mes non ci sarà alcun cambiamento, come ha ricordato anche il presidente dell’Eurogruppo Centeno”.

 “Sono preoccupanti – ha continuato Zanni – le similitudini tra il Governo Conte e quello di Enrico Letta che, nel 2013, concluse l’accordo sull’Unione bancaria che ci portò al bail-in. La storia purtroppo si ripete e anche questa volta saranno i risparmiatori a subire le conseguenze di un esecutivo schiavo dei diktat dell’Europa: daremo battaglia per fermare questo disastro“, la promessa dell’eurodeputato del Carroccio.
#Stopmes: 1.000 gazebo della Lega in tutta Italia
Intanto, la Lega è pronta ad avviare la sua campagna #Stopmes. Sabato 7 e domenica 8 dicembre, saranno più di 1.000 i gazebo organizzati in tutta Italia per far conoscere ai cittadini il Mes. 140 solo in Toscana, “per dare la possibilità ai cittadini di firmare una vera e propria petizione per affermare un chiaro no al Mes, un perverso meccanismo che potrebbe intaccare anche i risparmi dei toscani“.

 A dirlo è il commissario regionale Daniele Belotti, che spiega: “In pochi giorni siamo riusciti a coprire capillarmente il territorio e ciò testimonia, per l’ennesima volta, come la Lega sia sempre più presente in ogni località grande e piccola della regione”. Quello su cui i cittadini toscani saranno chiamati ad esprimersi è, per Belotti, “un argomento molto rilevante: i sudati risparmi degli italiani non si toccano ed ancora meno devono servire per salvare dal tracollo qualche banca tedesca”.

giovedì 5 dicembre 2019

Nella Milano “buonista” e “accogliente” del PD un senzatetto in carrozzina muore di freddo nella metro



Un clochard è stato trovato morto questa mattina presso la stazione Molino Dorino della metro linea rossa, a Milano. Il corpo, “già in rigor mortis” è stato rinvenuto coperto da un piumone da alcuni passanti che hanno allertato il 118. Inutili i soccorsi: l’uomo, del quale non si conosce ancora l’identità, era deceduto da tempo. Restano da stabilire le cause della morte ma non si esclude che possano essere legate alle temperature rigide dei giorni scorsi.

L’uomo viveva su una carrozzina ed è così che è stato trovato stamani, privo di vita. “Lo conoscevamo perché in passato aveva avuto un cagnolino che era stato poi affidato ad una famiglia milanese togliendolo dalla strada – fa sapere l’Associazione italiana difesa animali e ambiente in una nota -. Nei mesi scorsi lo avevamo rivisto a Molino Dorino era su una carrozzina e non si muoveva, ma viveva lì”.

“Di fianco alla sua carrozzina – spiega ancora l’Aidaa – aveva un giaciglio di fortuna all’aperto sotto il portico. Avevamo fatto un video dove denunciavamo la situazione, di un uomo, un disabile che non poteva certo vivere in quelle condizioni. Pare avessero cercato in molti di convincerlo ad andare in un dormitorio pubblico o in un ospedale. Ma lui era rimasto li sulla sua carrozzina, fino a quando stamattina non è stato ritrovato morto”.

“L’uomo era seduto sulla sua carrozzina privo di vita – conclude la nota -. Le cause della morte quasi sicuramente sono da far risalire al primo freddo che insieme alle condizioni di salute proibitive di questa persona fanno di lui il primo clochard morto di freddo a Milano a venti giorni dal Natale, e questo non è accettabile in una città che si definisce di avanguardia. No, non è accettabile”.
Sala e l’accoglienza dei più sfortunati. Non solo clochard…
Da tempo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, fa dell’accoglienza la sua parola d’ordine, nel recinto elettorale del centrosinistra. Mentre i problemi di Milano sembrano finire sotto al tapppeto. Intervistato recentemente su cosa significhi concretamente riconoscere se stessi come “gli altri” qualcuno, il sindaco ha risposto che «riconoscere se stessi come “gli altri” (da aiutare, sostenere, supportare, incoraggiare) è il significato profondo dell’accoglienza”. «Un sentimento di umanità che ci spinge a interessarci e a impegnarci in prima persona per le persone in difficoltà.

Per chi vive situazioni di disagio sociale. Per chi soffre di qualche disabilità, per chi – migrante – fugge alle guerre del proprio Paese. A Milano questo principio è molto saldo. Tanto che la nostra città può contare su una fortissima rete di solidarietà e del Terzo Settore (il 10% dei milanesi fa volontariato), che contribuisce ogni giorno a prendersi cura di chi ha più bisogno».

Arriva il via libera dell’Inps: reddito di cittadinanza e pensione di cittadinanza (più arretrati) agli stranieri



Si accende il semaforo verde dell’Inps per l’erogazione dei sussidi inerenti al reddito di cittadinanza (Rdc) e alla pensione di cittadinanza (Pdc) relative alle istanze dei cittadini extracomunitari rimaste sospese dallo scorso marzo. Secondo quanto riportato dal quotidiano Italia Oggi, per il reddito di cittadinanza basterà certificare solo il patrimonio immobiliare posseduto all’estero dal richiedente, da attestare presentando la certificazione dello stato estero e la domanda del sussidio.

La novità più rilevante è che non sono più fondamentali né il requisito reddituale né la composizione del nucleo familiare. Non è finita qui: gli extracomunitari potranno sì ottenere il reddito o la pensione di cittadinanza più facilmente ma, in aggiunta, riceveranno anche – e questo vale per chi aveva presentato una domanda – l’invio delle mensilità arretrate da parte dell’Inps.
La documentazione richiesta
Andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Il decreto 21 ottobre 2019 stabilisce che la certificazione dello stato estero debba attestare solo il patrimonio immobiliare posseduto dal richiedente all’estero, e non anche redditi o altre informazioni sulla famiglia. In attesa che il decreto citato venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l’Inps ha dato il via libera all’erogazione dei sussidi agli extracomunitari che dovevano fare i conti con la sospensione delle rispettive istanze.

Al fine di dimostrare i requisiti necessari per poter chiedere il reddito di cittadinanza o la pensione, i cittadini extra Ue devono essere in possesso di una certificazione dell’autorità estera del Paese di loro appartenenza, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana, che sia in grado di confermare i cosiddetti requisiti patrimoniali, reddituali e la composizione familiare. Sono esclusi da quest’obbligo coloro i quali hanno lo status di rifugiato politico o sono coperti da determinate convenzioni internazionali, in aggiunta ai cittadini provenienti da Stati “nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni“.
L’aiuto agli stranieri
Il decreto del 21 ottobre definisce due aspetti: l’ambito di applicazione dell’obbligo (cioè quali sono gli Stati a cui si applica) e le caratteristiche della certificazione. I cittadini che devono produrre la certificazione sono quelli provenienti dalla seguente lista di Stati: Buthan, Corea del Sud, Figi, Giappone, Hong Kong, Islanda, Kosov, Kirghizistan, Kuwait, Malaysia, Nuova Zelanda, Qatar, Ruanda, San Marino, Santa Lucia, Singapore, Svizzera, Taiwan e Tonga. La suddetta certificazione, inoltre, è richiesta “limitatamente all’attestazione del valore del patrimonio immobiliare posseduto all’estero” e dichiarato ai fini Isee.

Cosa ha stabilito l’Inps? Che le domande presentate dai cittadini provenienti da Paesi non inclusi nella lista, e per le quali è già scattata la verifica degli accertamenti per capire se ammessi a ricevere i sussidi, sono accolte. Detto altrimenti, è stato disposto il rilascio della Carta Rdc “con contestuale disposizione di pagamento a Poste Italiane”. L’Inps, inoltre, invierà a cadenza quindicinale le eventuali mensilità arretrate. Le domande di un cittadino proveniente da uno dei Paesi della lista, invece, dovranno essere integrate alla certificazione. I richiedenti riceveranno quindi un Sms o una mail con l’invito a produrre la documentazione richiesta presso le sedi Inps o, in alternativa, potranno scegliere di inviare il tutto tramite Pec. Anche in questo caso potrebbero scattare, in aggiunta al sussidio, eventuali arretrati qualora ricorrano i presupposti.

Foibe, i prof comunisti stanno con gli assassini e attaccano l’assessore patriota: “Non puoi dare lezioni”



Alla fine Fabio Scoccimarro, assessore all’Ambiente della Regione Friuli-Venezia Giulia, non ha potuto fare a meno di intervenire. Siamo a Trieste, nel bel mezzo di un convegno sul Novecento, un secolo – come recita la locandina – “in bilico tra fragori di guerra e tentativi di pace”. Ci sono più di 300 studenti in platea: italiani, austriaci e croati di lingua italiana. Tutti riuniti a poche centinaia di chilometri dalle trincee del Carso dove i loro nonni si sono combattuti.

Scoccimarro è appena intervenuto con una riflessione scomoda: “Ho ricordato ai ragazzi che la storia va conosciuta a trecentosessanta gradi, soprattutto nelle nostre terre, e che purtroppo non sempre i docenti raccontano le cose come stanno”. Adesso è il turno del professor Raoul Pupo, già finito nell’occhio del ciclone per aver scritto un vademecum per il Giorno del ricordo costellato di imprecisioni storiche.

L’assessore lo ascolta con attenzione e nota una dimenticanza siderale. “Ha tenuto una lectio magistralis sul Novecento e quando ha citato il dramma di Trieste – denuncia l’assessore – si è scordato di dire che non è stata occupata solo da nazisti e angloamericani, ma anche dagli slavo-comunisti di Tito”.

“Come ha potuto – si domanda Scoccimarro – omettere la peggiore occupazione che la città ha subito? Hanno cominciato a rastrellare persone e slavizzato Trieste per 42 giorni con il terrore”. Nell’auditorium monta così la polemica. L’assessore prende la parola per “correggere” il professore. Ne nasce una piccola discussione che sembra destinata a finire lì. Invece, gli strali di quel confronto gli presenteranno il conto qualche minuto più tardi. L’assessore è appena uscito dalla sala quando incappa in un gruppetto di docenti.

Lo attaccano coralmente. Sono inviperiti. Evidentemente non hanno digerito le sue osservazioni pubbliche. C’è chi lo accusa di avere una “visione parziale della storia” e chi vorrebbe addirittura censurarlo: “Lei non può dare lezioni a nessuno, ignorante, vada a fare campagna elettorale da un’altra parte”.

Abusi nella Chiesa, i numeri della vergogna: “In Italia circa 4.000 preti pedofili e 1 milione di bambini violentati”



Duecentonovantotto consacrati incaricati in Italia risultano essere stati chiamati in causa per abusi sessuali ai danni di minori. Centoquarantaquattro sono quelli che hanno confessato o che sono già stati giudicati come colpevoli nei tribunali. Vale la pena sottolineare sin da subito come la fattispecie degli abusi possa essere estesa o considerata riferibile anche a quelli commessi – in circostanze che sembrano però essere davvero minoritarie – ai danni di quelli che la Santa Sede chiama “adulti vulnerabili”

In Vaticano si è parlato anche di quel genere di abusi. In specie durante l’incontro straordinario sulla protezione dei minori voluto dal vescovo di Roma, ossia il summit straordinario che si è tenuto nel febbraio del 2019. Ma il discorso, che riguarda per lo più quanto subito dai minori, non cambia: i dati, che sono stati diffusi dalla Rete l’Abuso, sono drammatici. Le stime ipotizzabili presentate dalla medesima associazione fanno riflettere con una facilità persino maggiore di quella espressa per la prima casistica: la forbice dei sacerdoti pedofili oscilla, stando a quanto si legge sul sito della realtà indicata, tra i mille, che è il numero minimo, ai quattromila, che è la cifra massima dichiarata. Sono statistiche presumibili che riguardano la nostra nazione. E il fatto che la natura di questi episodi, per ciò che concerne l’Italia, sia sporadica, rischia di essere smentito di netto.

Il Belpaese non è stato sconvolto dal “collasso morale” – così come lo chiama Benedetto XVI – della Chiesa cattolica. Il Cile, gli Stati Uniti, l’Australia, la Francia e la Germania: sono queste le nazioni di cui abbiamo raccontato con costanza in questi anni in relazione agli abusi commessi da ecclesiastici. Per dirne una: alcune diocesi statunitensi sono fallite o quasi a causa dei risarcimenti dovuti alle vittime. Da noi non è ancora accaduto. Ma sembra appunto che l’Italia possa entrare a far parte di questo elenco: quello delle nazioni in cui la Chiesa cattolica deve affrontare, e con urgenza, la questione.

Il Vaticano, anche dopo la serie di scandali che ha sollevato più di una bufera attorno a qualche alto ecclesiastico (si veda, per esempio, il caso dell’ormai ex cardinal Theodore McCarrick), non tollera più i comportamenti delittuosi degli appartenenti al clero: quando non si tratta di fumus persecutionis o di voci non confermate dalle indagini interne, ormai si tende a procedere nell’immediato con quanto previsto dal diritto canonico. Sempre che le norme siano considerate sufficienti. Ma ogni tanto si scopre di qualche sacerdote che viene “spostato” di diocesi o di parrocchia.

La “linea della tolleranza zero” di Joseph Ratzinger, che rimane il Papa recordman per numero di consacrati “spretati”, ha avuto i suoi effetti. E Papa Francesco non è tornato indietro, anzi. Per quanto durante questo pontificato le accuse di pedofilia siano arrivate ad interessare persino il prefetto della Segreteria per l’Economia, il cardinale George Pell, che ora si trova in carcere in Australia, ma che potrebbe essere giudicato in modo diverso rispetto al primo grado per il tramite dell’appello.

Non deve stupire più di tanto, comunque sia, che l’Italia non possa definirsi estranea al “collasso morale”. Il caso del San Pio X – sul quale la Santa Sede ha indagato almeno nel corso degli ultimi due anni e per il quale è stato rinviato a processo anche Don Gabriele Martinelli, è abbastanza emblematico. Prima i libri di Gianluigi Nuzzi, poco dopo le Iene: come direbbe Jorge Mario Bergoglio, “la pentola” sembra essere stata “scoperchiata”, ma in questo caso soprattutto da fuori le mura leonine. I racconti delle presunte vittime e dei presunti testimoni sono stati fondamentali. Per quanto si debba comunque attendere gli esiti processuali.

All’interno di un pre-seminario del Vaticano potrebbero essere accaduti fatti di questa tipologia e di questa gravità. Cosa potrebbe accadere, con continuità, nelle periferie, che possono non essere sottoposte a un controllo troppo serrato? Papa Francesco, in questi sei anni e mezzo di pontificato, ha ribadito qual è l’avversario da abbattere: il clericalismo. L’ex arcivescovo di Buenos Aires ritiene che siano le distorsioni dei rapporti tra i membri del clero a contribuire agli abusi sessuali.

Il papa emerito Benedetto XVI, dal suo canto, è invece tornato sull’argomento, centrando la sua riflessione scritta sulle conseguenze dovute all’innesto dell’ideologia sessantottina all’interno della Ecclesia. Una posizione – quella del teologo tedesco – che è stata stigmatizzata dal fronte progressista. Il papa emerito ha fatto intendere come la liberalizzazione dei costumi, che ha fatto la sua comparsa in contemporanea con il 68′, abbia sconvolto l’assetto ecclesiastico. Poi c’è il cosiddetto “fronte tradizionale”, che associa il dramma della pedofilia a quella che i tradizionalisti chiamano “agenda omosessualista”. La disamina sulle cause, dinanzi certe rilevazioni numeriche, possono passare in secondo piano.
Le stime sulle vittime: forse un milione solo in Italia
Se è vero che di sacerdoti italiani pedofili ne esistono migliaia, allora è lecito anche parlare di migliaia di vittime L’equazione, nella sua freddezza, diviene purtroppo semplice. Citiamo tuttavia pure qualche cirfra che non può essere verificata in maniera certosina. Se non altro perché è abbastanza noto di come insabbiamenti e dubbi di natura morale – questi ultimi attribuiti spesso anche alle famiglie e non solo alle povere vittime – possano influire sia sul numero di denunce sia sulla facoltà di poter analizzare il fenomeno nella sua interezza. Il totale, insomma, è di difficile individuazione.

Ma un numero di riferimento viene comunque riportato: “I minori violentati potrebbero arrivare nel nostro Paese fino al milione”, fanno presente sempre da Rete l’Abuso. Qualche Stato, come quello australiano, pensa che un modo utile a far cadere qualche muro di silenzio sia quello di legiferare sul segreto confessionale, che per certi progressisti dovrebbe venire meno. I sacerdoti, dal canto loro, segnalano come la confessione sia, in realtà, uno dei pochi strumenti tramite cui si può giungere ad avere contezza degli abusi. 

Quello – dicono – è il luogo in cui si trova il coraggio di parlare. Guardando bene, però, il limite vero deriva dalla mancanza di denunce, provengano queste dai sacri palazzi, dalle parrocchie, dalle vittime o dalle famiglie. Pure per questo, il Santo Padre ha deliberato sull’obbligo di segnalazione per tutti coloro che, facendo parte della Chiesa cattolica, vengono a sapere di abusi. Il Papa ha stilato Motu proprio ad hoc: Vox estis lucis mundi. Ma il sistema di prevenzione italiano funziona?

Bologna, scopre i ladri all’ingresso della sua abitazione: proprietario spara dalla finestra e ne ammazza uno



Legittima difesa o omicidio volontario? In Emilia un nuovo caso fa discutere. Ha sparato dalla finestra dopo aver sorpreso degli uomini davanti alla sua porta, uccidendone uno.

E’ quanto accaduto all’alba di oggi a Bazzano, Bologna. I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Bologna Borgo Panigale hanno quindi avviato le indagini per ricostruire quanto accaduto intorno alle 5.10, quando il 112 dei Carabinieri di Bologna, ha ricevuto la telefonata di una donna, residente in una casa di campagna. La donna riferiva che il marito, dopo aver sorpreso delle persone ad armeggiare davanti alla porta d’ingresso, aveva esploso dei colpi di pistola da una finestra.

 Uscendo di casa in attesa dei Carabinieri, i due coniugi, secondo quanto raccontato ai militari, hanno rinvenuto il cadavere di un uomo. Giunti sul posto, i Carabinieri del Nucleo Radiomobile, unitamente ai Carabinieri di Bazzano e del Nucleo Investigativo di Bologna, hanno verificato che l’arma utilizzata dall’uomo era regolarmente detenuta.

I sanitari del 118 hanno accertato il decesso dell’uomo che non è ancora stato identificato perché sprovvisto di documenti di riconoscimento. Sono in corso ulteriori accertamenti da parte dell’Arma per valutare la legittima difesa.

Ci prendono a pesci in faccia: Italia esclusa dal vertice a 4 sulla Libia. Smacco per Conte e Di Maio



Nel vertice Nato in corso in queste ore a Londra, uno sguardo è stato dato ovviamente anche alla crisi libica. Impossibile non parlare di Libia quando, attorno ad uno stesso tavolo, sono seduti alcuni dei leader più importanti impegnati politicamente nel paese nordafricano.Per questo motivo, a margine del primo giorno di vertice dell’alleanza atlantica, è stato organizzato un mini incontro volto a lanciare un comune documento politico proprio sulla Libia. Ma il vero segnale di natura politica non è arrivato dal documento in sé, quanto invece da un’esclusione eccellente che ha fatto molto rumore: quella cioè dell’Italia.
Vertice a quattro senza l’Italia
Siria e Libia sono alcuni degli argomenti più importanti in esame nel summit Nato in corso nella capitale del Regno Unito. Per questo, a margine del primo giorno del vertice, è stata organizzata una riunione che ha visto la presenza di quattro capi di governo: il padrone di casa Boris Johnson, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Un vertice a 4 in cui sono stati toccati i punti più salienti riguardanti la crisi siriana e libica. Escluso da questo mini summit il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte, che pure in quel momento era già a Londra. Dalla riunione a 4, come detto, è uscito fuori un documento politico in cui viene espresso supporto all’azione dell’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, e nel quale è emerso l’auspicio di un processo politico interno alla Libia facilitato dalle azioni dell’Onu e del Format di Berlino, meglio noto anche come “gruppo 5 + 5”, visto che al suo interno sono compresi i cinque paesi con seggio permanente all’Onu con l’aggiunta di Germania, Italia, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Sotto il profilo politico, viene quindi ribadita la volontà di giungere ad un percorso condiviso tra i vari attori maggiormente protagonisti in Libia.

Ma il problema non secondario per l’Italia, è dato dal fatto che a margine del testo non vi è la firma di un nostro rappresentante. Un segnale molto negativo, un ennesimo campanello d’allarme: Roma, che fino a pochi mesi fa ancora perseguiva l’ambizione di guidare una cabina di regia sulla Libia, sta seriamente rischiando di essere sempre più marginale nel dossier che riguarda il paese nordafricano.
Perché l’Italia rischia la marginalizzazione
Come già sottolineato nei giorni scorsi, ad alimentare i rischi per il nostro paese è complessivamente la mancanza di una chiara visione strategica sulla Libia. A mancare è cioè l’incipit politico e questo principalmente per due motivi: da un lato continui cambi di governo che non favoriscono certamente l’individuazione di una strategia a lungo termine, dall’altro il fatto che l’attuale esecutivo è distratto da altri dossier interni. 

Lo stesso Giuseppe Conte, che lo scorso anno si è mostrato molto attivo andando ad incontrare personalmente sia a Roma che in Libia i principali attori politici e militari impegnati nel paese nordafricano, oggi appare impegnato nella gestione di altre situazioni politiche ed economiche afferenti alla sfera interna. Così facendo però, l’Italia potrebbe seriamente rischiare di uscire di scena o comunque di apparire come un attore impegnato tra le linee secondarie e non più protagonista. Eppure Roma ha in Libia molti interessi nazionali da salvaguardare, a partire da quello inerente il settore petrolifero fino ad arrivare al discorso riguardante sicurezza ed immigrazione. 

Perdere di vista lo scacchiere libico equivarrebbe dunque ad un vero e proprio suicidio politico. L’Italia, ancora una volta, deve adesso cercare di mettere nuovamente le mani sul dossier più delicato per la sua politica estera.

Follia reddito di cittadinanza: dall’Inps 5 mila euro a immigrato. Non serve neanche la documentazione



Cinquemila euro a testa. È la cifra in arrivo per la quasi totalità degli immigrati extracomunitari, che hanno chiesto il reddito di cittadinanza. La circolare Inps è datata 3 dicembre. È già reperibile sul sito dell’Inps. Al di là del burocratese, il testo conferma quanto già disposto dal decreto del governo. Il testo spiega che il decreto del ministero del Lavoro di concerto con gli Esteri ha definito l’ambito di applicazione della norma sui documenti da produrre per ottenere la carta Rdc.
Reddito di cittadinanza: il calcolo degli arretrati
L’Inps ha infatti confermato che per le istanze prodotte a partire dal mese di aprile 2019 da parte dei cittadini non comunitari e non presenti nell’elenco, sarà immediatamente disposto il rilascio della tessera del reddito di cittadinanza. Contestualmente al rilascio della card verrà predisposto anche il primo pagamento del mese di sussidio spettante. Successivamente l’Inps darà disposizione a Poste Italiane, di provvedere a ricaricare la card anche con le mensilità arretrate spettanti a ciascun beneficiario, in base alla data di presentazione della domanda e dopo aver verificato la permanenza dei requisiti necessari per rientrare tra i beneficiari.

Visto che le richieste sono partite nell’aprile scorso e che verranno distribuiti gli arretrati, il conto è preso fatto. Calcolando 780 euro al mese, ogni extracomunitario riceverà circa cinquemila euro dall’Istituto di previdenza nazionale. Sono quegli stessi soggetti che dovrebbero pagarci le pensioni.
L’Inps sarà severissima con migranti svizzeri e giapponesi
I soli richiedenti obbligati alla presentazione della documentazione completa sono quelli provenienti da: Bhutan, Corea, Figi, Hong Kong, Giappone, Islanda, Kosovo, Kirghizistan, Kuwait, Malaysia, Nuova Zelanda, Qatar, Ruanda, Repubblica di San Marino, Santa Lucia, Singapore, Taiwan, Tonga, Svizzera.

Il solo Stato africano nella lista è quello del Ruanda. Gli immigrati del resto dell’Africa sono esentati. Insomma, la quasi totalità degli immigrati avrà il rdc compilando solo la domanda. Discorso analogo per gli immigrati dall’Asia. Saranno costretti a produrre documentazione solo malesi, coreani, giapponesi e cittadini di Singapore, Hong Kong e Taiwan. Cittadini che, in genere, in Italia vengono in vacanza. L’Inps sarà invece, molto zelante nei confronti degli immigrati svizzeri, islandesi e neozelandesi. Nazioni dalle quali, notoriamente, arrivano zero flussi migratori. Non ci resta che piangere.

mercoledì 4 dicembre 2019

Jesi, straniero mangia a sbaffo all’aperitivo. Poi aggredisce la barista e prende a testate e morsi un cliente che la difende



Attimi di caos ieri pomeriggio verso le 18 al “Bar Giù al L’Angoletto”, in corso Matteotti. Uno straniero ha chiesto alla barista un bicchiere d’acqua del rubinetto e poi ha approfittato del ricco buffet per gli aperitivi in esposizione sul bancone.

La barista inizialmente lo ha lasciato mangiare, salvo poi invitarlo a moderarsi visto che aveva soltanto chiesto un bicchiere d’acqua. Ne è scaturita una reazione scomposta da parte dell’uomo, che ha inveito contro la ragazza spintonandola. Lei lo ha invitato a uscire ma i toni stavano degenerando.

A quel punto, è intervenuto uno dei clienti, Paolo Grassetti, 62 anni, il gemello del noto avvocato jesino Antonio. «Quando ho visto che metteva le mani addosso a una donna non ho potuto fare a meno di intervenire», ha raccontato Grassetti, aggredito a sua volta, raggiunto da una testata al sopracciglio, da un morso e spinto con violenza contro una vetrata andata in frantumi.

A quel punto gli altri presenti hanno lanciato l’allarme al 112 e sul posto sono intervenute due pattuglie della vicina caserma dei carabinieri. Intanto lo straniero era uscito dal bar e s’era diretto verso l’Arco Clementino. Poi ci ha ripensato ed tornato indietro, ma s’è trovato di fronte i carabinieri, che lo hanno bloccato e portato in caserma per l’identificazione e le procedure del caso.

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