mercoledì 4 dicembre 2019
La nave Alan Kurdi entra in Italia senza autorizzazione del Viminale eludendo tutti i controlli di sicurezza
Il Viminale nella tarda serata di martedì ha comunicato il via libera all’approdo di due navi ong, in particolare alla Ocean Viking di Sos Mediterranée ed alla Alan Kurdi dell’ong tedesca Sea Eye. La prima è destinata a Pozzallo, la seconda invece a Messina. Ma proprio sul messo dell’ong tedesca aleggia in queste ore un vero e proprio giallo. Così come si apprende da fonti locali, la operazioni di sbarco erano state autorizzate a partire dalle ore 9 di questa mattina presso uno dei moli del porto della città dello Stretto.
Invece, la Alan Kurdi ha fatto la sua comparsa all’interno dello scalo messinese già all’1 di questa notte, con un preavviso pare di appena un’ora. Andando a comparare gli orari, ben si intuisce come l’ok del ministero dell’interno è arrivato quando oramai il mezzo dell’ong Sea Eye era già all’interno delle nostre acque territoriali.
In poche parole, la Alan Kurdi era entrata senza alcun via libera ufficiale e senza aspettare la decisione del Viminale. Quest’ultima è arrivata in pratica a giochi già fatti, visto che la nave si trovava in prossimità di Messina.
A conferma di ciò anche una foto su Twitter, la quale mostra il percorso effettuato dalla Alan Kurdi nelle ultime ore. In essa è ben verificabile come il mezzo ieri sera alle ore 20:39 fosse già in prossimità della costa della città siciliana, trovandosi a poche miglia nautiche dallo stretto di Messina.
Questo perchè, come si legge sul Giornale di Sicilia, lo stesso equipaggio della Alan Kurdi avesse già deciso di approdare in Italia, senza aspettare il disco verde del governo e del ministero dell’interno da Roma. E, in particolare, la nave dell’ong Sea Eye pare fosse diretta a Palermo, vista la disponibilità offerta dal primo cittadino del capoluogo siciliano Leoluca Orlando poche ore prima.
Ma su queste indiscrezioni ancora non c’è stata alcuna conferma, l’unica cosa certa è che la Alan Kurdi è entrata in acque territoriali italiane già molte ore prima del via libera ufficiale. Per questo, a fronte di un approdo atteso in mattinata, la nave ha fatto il suo ingresso a Messina già un’ora dopo la mezzanotte.
Entrando con poco preavviso nel capoluogo peloritano, la macchina dei soccorsi avviata dopo la decisione del Viminale non era ancora pronta. Per cui i migranti sono rimasti a bordo della nave per tutta la notte, le operazioni di sbarco vero e proprio delle 61 persone a bordo invece sono iniziate intorno alle 9 del mattino.
Romano Prodi osanna le sardine anti-Salvini: “Le loro manifestazioni (d’odio) esaltano la civiltà”
Le sardine hanno un nuovo fan: Romano Prodi. Già, perché il Professore si è lasciato andare a dichiarazioni al miele all’indirizzo del movimento di piazza nato a Bologna per protestare contro la Lega di Matteo Salvini. Il due volte ex presidente del Consiglio, a margine di un congegno a Firenze, dedicato a Carlo Azeglio Ciampi e organizzato dalla Scuola Normale di Pisa, ha così incensato Mattia Santori e le altre sardine: “Discutere in politica con toni anche più civili? Certo, ma questo è abbastanza scontato.
La gente è perplessa sulle tensioni che ci sono. D’altra parte non avevo mai visto in vita mia una grande manifestazione che inneggia alla civiltà dei toni. Questo quindi vuol dire che la durezza del dibattito, indipendentemente dai contenuti del dibattito, comincia a stancare…”.
E proprio su questo punto, il fu presidente della Commissione Europea fa la lezioncina: “Non è mica necessario in politica mangiarsi, azzannarsi l’uno con l’altro. Si può anche dibattere ed è quello che io vorrei che si ritornasse a fare, perché abbiamo bisogno di discutere sull’avvenire del Paese e quindi sulle grandi decisioni da prendere. E qui invece si lavora sui puntigli, sulle recriminazioni: è proprio una marcia indietro…”. Quindi, l’economista aggiunge: “Secondo me il problema quindi della durata dei governi e della serietà dei programmi è una premessa fondamentale per ogni tipo di risanamento”.
D’altronde, come ampiamente scritto anche dal Giornale, esiste più di un legame tra le sardine e Romano Prodi. Mattia Santori – uno dei quattro ideatori del movimento insieme a Giulia Trappoloni, Andrea Garreffa e Roberto Morotti – fa parte della redazione della rivista “Energia”, co-fondata dall’ex due volte premier e diretta da Alberto Clò.
Santori ha voluto controbattere, parlando di essere vittima di fake news e minacce: “Mi hanno accusato di prendere soldi da Prodi, ci hanno dato dei cazzari, visto che abbiamo fatto l’Erasmus ci hanno detto che nella vita ci piace rubare i soldi e non fare nulla. Ma ricordo che l’evento di Bologna è stato fatto con ognuno di noi quattro organizzatori che ha lavorato otto ore prima. C’è una mistificazione incredibile”, le sue parole riportate dall’agenzia stampa LaPresse.
Nel frattempo è tutta pubblicità utile per le sardine, visto che sabato 14 dicembre si terrà a Roma la manifestazione nazionale del neonato movimento, in piazza San Giovanni.
Le spese pazze del PD a Bologna: spende 10mila euro a nomade per fargli due campi nuovi di zecca
Il prezzo è salato. Salatissimo. A conti fatti parliamo di circa 10mila euro a nomade, spicciolo più spicciolo meno. Soldi che il Comune di Bologna ha versato in ossequio alla realizzazione del programma delle microaree per rom e sinti. Il progetto, come raccontato dal Giornale.it, prevede il superamento dell’area di sosta di via Erbosa, realizzando due piccoli campi nomadi sparsi per il quartiere, “moltiplicando il problema” invece di eliminarlo.
Che l’idea di aprire due accampamenti per riuscire a chiuderne uno non sia una mossa geniale, può essere affermazione soggetta a contestazione. Per carità. Quel che non pare opinabile è però il fiume di denaro pubblico che è stato speso per edificare soluzioni (teoricamente) temporanee e dal successo tutt’altro che scontato.
Andiamo con ordine. Per “soddisfare l’esigenza di accoglenza delle famiglie nomadi che mantengono uno stile di vita non stabilizzato o che sono in attesa di una collocazione permanente”, il Comune guidato dal Pd ha partecipato a un bando regionale che metteva all’asta 700mila euro per la superare le aree sosta e costruire così due microaree pubbliche da affidare ai nomadi. Si trattava di costruire due insediamenti nel quartiere Navile “con le caratteristiche proprie dei campi già presenti nelle aree comunali” (e visto il degrado medio, questo già dovrebbe preoccupare), ma “di dimensioni atte all’accoglimento di massimo 4 famiglie distinte su un’unica area asfaltata”.
Le piazzole avranno tutto l’occorrente: attacchi per l’energia elettrica, acqua potabile e scarico dei reflui civili. Inoltre non mancheranno servizi igienici comuni, illuminazione pubblica, recinzione, cancello e pure l’area verde. Tutto a spese del Comune. Ai sinti che vi andranno a vivere verrà chiesto di trattare con cura l’opera (prima scommessa), di rispettare le regole (seconda scommessa) e di pagare l’affitto e le utenze (terza scommessa).
I tecnici del Comune piddino a febbraio del 2018 realizzano un computo metrico estimativo per la realizzazione delle due microaree. Ne esce un conto da 313mila euro tra lavori veri e propri, costi della sicurezza, oneri fiscali, allacciamenti e imprevisti vari. Volete alcuni dettagli? Il prezzo di 4 bagni era stimato a 4.200 euro l’uno, per un totale di 16.800 euro. Poi ci sono i due cancelli carrabili a due ante (5mila euro) e quelli pedonali (1.600 euro). Più il il prato, le siepi e le reti di recinzione. Un salasso.
I fondi arrivano in parte dalla Regione Emilia Romagna (250mila euro), in parte da risorse proprie del Comune (63mila euro). Al bando partecipano diverse aziende, ma se l’aggiudica un’impresa edile di Trapani con un ribasso del 26,3 %. Prezzo finale teorico: 217.423,72 euro, più circa 45mila euro per allacciamenti, Anac e imprevisti. Direte: almeno hanno rispariamo un po’ di danaro. Sbagliato. Con i lavori, infatti, iniziano anche i problemi. Nei mesi le ruspe si fermano più volte per condizioni meteo avverse, atti vandalici (in via Pescarola) e imprevisti vari.
In particolare durante in via del Gomito vengono trovate “due condotte idriche in pressione”, non viste prima. Serve quindi “una redistribuzione interna degli spazi” della microarea e le modifiche costano, così come costa “il ripristino dei danni”, l’installazione di telecamere anti-vandali e i nuovi allacciamenti. Il totale della variante è di 48.629,59 euro, cifra che fa schizzare a 285.097,11 euro la mazzata netta finale. Alla fine, visto che l’opera servirà a spostare appena 30 persone, si tratta di un investimento di circa 10mila euro a nomade.
“Con gli stessi soldi”, sussurra un residente, “si potevano affittare intere palazzine”. Considerazione intelligente: in fondo le microaree dovrebbero essere una soluzione temporanee in attesa che le famiglie sinti trovino una casa e inizino a pagare l’affitto. Invece si è preferito spendere circa 300mila euro, col rischio di perderli. Anzi: alla fine del progetto, il Comune dovrà pure “ripristinare le condizioni originarie dell’area”. Ovviamente a spese dei contribuenti.
martedì 3 dicembre 2019
Mes, ora Luigi Di Maio sfida Conte: “Decidiamo noi se deve passare. Così com’è non conviene all’Italia”
Di Maio non molla. E il giorno dopo lo scontro in aula tra Conte e l’opposizione, è lui a morderlo alla gola. «Il Movimento 5 Stelle continua ad essere ago della bilancia. Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes. Che è una cosa seria e su cui gli italiani debbono essere informati accuratamente».
Il post su Facebook, del ministro degli Esteri grillino, è velenosissimo. E di fatto smentisce la ricostruzione del premier fatta in aula sul Mes. «Giuseppe Conte ha detto ieri, nel suo discorso alle Camere, che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Certamente sapevamo che il Mes era arrivato ad un punto della sua riforma. Ma – spiega Di Maio – sapevamo anche che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell’unione bancaria e l’assicurazione sui depositi».
«Cosa significa? – si domanda – Che le banche di tutti i Paesi, Italia compresa, devono essere aiutate in caso di difficoltà e che chi ha un conto corrente deve essere tutelato». Nei fatti, la stessa posizione di Salvini e Meloni. «Per questo, per il MoVimento 5 Stelle, queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta, sennò qui il rischio è che vada a finire che ci fregano. Quelle tre riforme, una volta ultimate, ci potranno dare un quadro complessivo dei vantaggi e dei rischi per l’Italia».
I paletti di Di Maio sul MesDi Maio prosegue mettendo le cose in chiaro anche al ministro Gualtieri, che domani parteciperà all’Eurogruppo. «Il Movimento 5 Stelle dice una cosa molto chiara: c’è una riforma in corso, prendiamoci del tempo per fare delle modifiche che non rendano questo fondo un pericolo». Di Maio prosegue con una citazione di Gianroberto Casaleggio che “diceva che ‘quando c’è un dubbio, non c’è nessun dubbio’: e sul Mes i dubbi ci sono”. «ll Mes – scrive ancora Di Maio – è quel fondo da cui uno Stato può attingere in caso di difficoltà. E questa sarebbe anche una cosa positiva, se solo nella riforma che si sta discutendo in Europa non ci fossero aspetti che in futuro rischiano di far finire l’Italia sotto ricatto. È questo che non ci sta bene».
«Siamo al governo – ricorda il capo politico del M5S – . Questo significa che abbiamo la possibilità, ma anche la responsabilità, di agire per migliorare le cose. Governare è questo. Non è facile, infatti molti scappano quando arriva il momento di fare sul serio. Ma noi non scappiamo e diciamo che in questo fondo, istituito con Monti nel 2012 e negoziato dal governo Berlusconi-Lega, sono stati versati 14 miliardi di euro dei nostri soldi e se deve essere riformato, è giusto che l’Italia ottenga il miglior risultato possibile».
La replica a Salvini«Non so cosa sapesse Salvini e non mi interessa, mi basta vedere la sporca campagna mediatica che sta portando avanti per capire le sue intenzioni. Il Movimento sapeva quello che era agli atti pubblici e fruibili da tutti. E sfido chiunque, per quanto riguarda il sottoscritto, a provare il contrario». Luigi Di Maio attacca poi direttamente Matteo Salvini, che ieri è intervenuto in Senato sul Mes. «Il Movimento 5 Stelle continua ad essere ago della bilancia. Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes. Che è una cosa seria e su cui gli italiani debbono essere informati accuratamente».
“La Regione ha stangato i disabili e le loro famiglie”: Borgonzoni denuncia la vergogna targata PD
Una situazione “discriminatoria”. Una legge regionale che “ha fatto da scudo” ai Comuni per realizzare regolamenti “illegittimi” che drenano risorse a chi ne avrebbe più bisogno. La denuncia arriva dall’Emilia Romagna e infiamma un già acceso dibattito politico in vista delle elezioni del prossimo 26 gennaio.
“Anni di tariffe fuorilegge – attacca Lucia Borgonzoni – La Regione ha stangato i disabili e le loro famiglie”.
Lo “scandalo targato Pd”, così lo definisce la candidata di centrodestra, arriva nella Giornata internazionale delle persone con disabilità. E vede sul terreno dello scontro non tanto, o non solo, le forze politiche, ma anche l’associazione Prima gli Ultimi che si batte per la tutela dei diritti dei disabili. Tra i (tanti) problemi da affrontare, c’è pure quello della “compartecipazione” da parte delle famiglie ai servizi erogati dai comuni emiliani: i disabili che frequentano un centro socio-occupazionale diurno, un centro assistenziale o un centro residenziale, infatti, non sempre possono farlo gratuitamente. Una parte del servizio viene finanziato dal Fondo per la non autosufficienza della Regione, il resto è a carico dei Comuni. I quali, però, chiedono alle famiglie dei disabili una “compartecipazione”. Ovvero un obolo in base al proprio reddito.
I meccanismi di calcolo sono stabiliti da specifici regolamenti comunali per l’accesso alle prestazioni assistenziali. L’associazione li ha analizzati e ha scoperto che in alcuni casi tra i “redditi aggredibili” vengono considerate anche le indennità di invalidità (280 euro) o di accompagnamento (500 euro) che il disabile ottiene dallo Stato. Cosa vuol dire? Che per decidere se e quanto una famiglia deve versare per i servizi ricevuti, non si tiene conto solo dell’Isee, ma anche di “ogni altra entrata disponibile”. Dunque pure delle indennità varie, nonostante non si possa certo considerarle un reddito vero e proprio. “Questo significa – spiega l’associazione – che un disabile con Isee pari a zero, e che vive quindi solo della sua pensione di invalidità, dovrà pagare lo stesso il servizio”. Un’ingiustizia.
Per redigere i regolamenti, i Comuni hanno fatto riferimento ad una legge regionale del 2009 che, all’articolo 49, consente di inserire tra gli elementi “per valutare la situazione economica equivalente” del disabile, anche quelle “eventuali indennità di carattere previdenziale e assistenziale” considerate “esenti ai fini Irpef”. Tutto regolare? Non proprio. Nel febbraio del 2016 il Consiglio di Stato, infatti, aveva vietato di “mettere le mani” sulle pensioni di invalidità. Direte: dopo tre anni Comuni e Regione si saranno adeguati. E invece no. Mentre il governo ha emesso un Decreto legge per stabilire “che sono esclusi” dall’Isee tutti i trattamenti assistenziali percepiti “in ragione dalla condizione di disabilità”, nessuno nella giunta Bonaccini si è preso la briga di correggere il tiro a livello regionale.
Del caso è stato investito il difensore civico e dopo le interrogazioni delle opposizioni, lo scorso luglio, l’Assemblea legislativa ha approvato un ordine del giorno che impegnava la Giunta a trovare un rimedio. Oggi, ne va dato atto, la modifica redatta dalla Giunta diventerà effettiva e la norma incriminata verrà abrogata. Giustizia è fatta, direte. Già. Ma nel frattempo, per anni, diversi disabili hanno pagato cifre “alterate e maggiorate” a causa “di questi calcoli illegittimi”. “Come pensa di agire la Regione? Le famiglie verranno risarcite?”, si chiede Laura Schianchi, presidente di Prima gli Ultimi. Borgonzoni, dal canto suo, ha promesso che in caso di vittoria alle elezioni istituirà un “Fondo di ristoro” per rimediare alla “truffa”.
C’è poi un’altra questione. Nell’indagine, infatti, l’associazione ha scoperto un’altra anomalia: la “disomogeneità” nei costi dei servizi comunali per la fruizione del “medesimo servizio”. “In una stessa Asp, con lo stesso personale e l’identica disabilità – spiega Schianchi – persone con pari Isee pagano chi 16 e chi 48 euro al giorno in base alla residenza”. Una differenza oltre il 100%. E questo, attacca Borgonzoni, “non è più tollerabile”.
“Centomila euro per un incontro con Matteo Renzi”: il tariffario choc del leader di Italia Viva
Centomila euro per un incontro a quattrocchi con Matteo Renzi. Ecco qui la lauta tariffa che Alberto Bianchi – ex capo della Fondazione Open – e amico del leader di Italia Viva chiedeva in occasione delle cene riservate. Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta della Procura di Firenze sulla fondazione “renziana” presieduta fino al 2018 (quando fu sciolta) proprio dall’avvocato Bianchi e di cui Marco Carrai – amico di Renzi – era membro del consiglio di amministrazione. I due, ora come ora, sono gli unici indagati dalle toghe gigliate per traffico di influenze.
Nel mirino dei magistrati – e della Guardia di Finanza – ci sono tutte quelle società che hanno finanziato le attività e le iniziative politiche del fu presidente del Consiglio, oltre che l’appuntamento della Leopolda.
Ora un nuovo capitolo, svelato da La Repubblica. Già, perché il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari scrive che nel fascicolo dell’inchiesta su Open, che tocca da vicino anche l’ex segretario del Partito Democratico, ci è finita anche la mail inviata agli imprenditori del cosiddetto “Giglio Magico” proprio dall’avvocato Bianchi, braccio destro del “rottamatore”. Rep, a tal proposito, scrive di “fondi in cambio di interlocuzioni col futuro premier”.
All’attenzione degli inquirenti il contenuto del personal computer di Bianchi. Sotto la lente di ingrandimento una email risalente al novembre 2013 firmata appunto Alberto (Bianchi) e Marco (Carrai) e indirizzata a imprenditori possibili finanziatori come Davide Serra, Vito Pertosa, Beniamino Gavio, Luigi Scordamaglia. “La fondazione – come scrivono i pubblici ministeri Luca Turco e Antonino Nastasi – ha necessità di reperire risorse e offre la possibilità di periodiche interlocuzioni con Renzi Matteo”, riporta Rep, citando le toghe, che parlano anche di “impegni reciproci”: “Supporto di 100 mila euro all’anno per cinque anni, sostegno di idee, suggerimenti, proposte per Matteo e per la Fondazione, interlocuzioni con Matteo sia dirette, sia tramite Alberto e Marco”.
Quindici giorni dopo quella mail, l’8 dicembre 2013, Matteo Renzi sarebbe diventato il segretario del Pd stravincendo le Primarie con il 67,55 dei voti, sbaragliando la concorrenza di Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati.
Dunque, un'”ombra” che risponde al nome del Gruppo Toto (settore costruzioni). La società era appunto cliente di Bianchi e allo stesso tempo figurava tra i principali finanziatori di Open, oltre che degli allora “Comitati per il Sì” in vista del Referendum del 4 dicembre 2016 sulla riforma della Costituzione, bocciato dal 60% degli italiani.
Ecco, a proposito di Toto, i magistrati – scrive sempre Repubblica – sospettano una potenziale intromissione dell’avvocato Bianchi “nei percorsi normativi di tre importanti dossier sui tavoli del governo, tutti di grande interesse per il Gruppo, chiamato, dopo i terremoti dell’Aquila (2009) e di Amatrice (2016), a mettere in sicurezza antisismica le due autostrade A24 e A25”. Per un’operazione complessiva da 265 milioni di euro.
Encomi e premi ai fedelissimi, ora il Sindacato dei Militari presenta un esposto contro Trenta: “Chiarisca subito”
Encomipoli, Elisabetta Trenta atto secondo. Sottotitolo: l’albero della cuccagna. Il passaggio dell’ex ministra grillina alla Difesa, dopo il caso “alloggiopoli” si colora di nuovo in maniera inquietante. Dal sito del Sindacato dei Militari veniamo informati di nuove presunte irregolarità in tema di encomi, premi e avanzamenti di carriera elargiti a piene mani da Elisabetta Trenta.
L’organizzazione sindacale ha presentato pertanto un esposto. La Procura della Repubblica di Roma accerti – è la richiesta – la regolarità delle procedure di assegnazione. “Apprendiamo da fonti stampa la notizia che attribuisce all’ex Ministro della difesa, Elisabetta Trenta (M5S), un primato in tema di elargizione di premi ed onorificenze: nulla a che vedere con la distribuzione dei panettoni ai militari in occasione delle scorse festività natalizie”.
Albero della cuccagna di Elisabetta Trenta“Da quanto emerge – leggiamo sul sito – si sarebbe trattato di un vero e proprio albero della cuccagna”. Encomi elargiti a chi non ha fatto altro che il proprio lavoro, ma che ha potuto beneficiare dei riconoscimenti elargiti dall’ex ministra. Tali riconoscimenti, nella logica militare, assumono un peso determinante negli avanzamenti di grado e quindi sulla futura carriera e la retribuzione”.
Encomiopoli: 13o riconoscimentiIl meccanismo dei provvedimenti di natura premiale “rappresenta uno dei tanti aspetti negativi che caratterizzano l’ambiente militare”, sottolinea il sindacato. “Un’attività che impegna i vertici dell’istituzione, generali, ammiragli e ministri, come in una gara”. Spesso e l’inventiva e la più sfrenata fantasia sono utilizzate per forgiare motivazioni: capaci di trasformare l’ordinario in straordinario.
“Il nuovo ministro chiarisca”Infatti, il nodo della richiesta è proprio questo. Dato per scontato che “l’encomio solenne consiste in una lode particolare per atti eccezionali”, allora è il caso di verificare le motivazioni delle 130 ricompense distribuite dalla Trenta”. Si fa presente che durante il suo mandato come ministro della Difesa non sembra realistico che tutti i 130 destinatari di encomi solenni abbiano potuto compiere azioni di “straordinario valore”. Azioni tali da far passare in secondo piano chi ogni giorno mette a repentaglio la propria vita per combattere le mafie; oppure quelli che rischiano la vita nelle missioni di guerra.
Il sindacato dei Militari, duque, impegna l’attuale Ministro della difesa, Lorenzo Guerini, a voler fornire “urgenti chiarimenti sui criteri adottati per l’elargizione degli encomi proposti dall’ex ministra Elisabetta Trenta”.
Milano, aziona il freno della metro e pesta un poliziotto con la spranga di ferro: gambiano bloccato con Taser
Aziona il freno d’emergenza della metro, malmena il capostazione e poi picchia un agente con la spranga in ferro. Così, un gambiano di 22 anni, appena qualche ora fa, ha dato di matto nella metropolitana di San Donato (Milano) seminando il panico tra i viaggiatori. Per immobilizzaro, è stato necessario ricorrere al teser.
Le botte alla polizia, quelle al dipente della società Atm e, come se non fosse già abbastanza, pure lo sfascio totale di alcuni mezzi parcheggiati nel deposito ferroviario: la follia assoluta. Non si è fatto mancare nulla lo straniero che, nella mattinata di lunedì 2 dicembre, ha deciso di fare esplodere letteralmente il caos totale sulla scia di un raptus senza precedenti degni di nota e attentando alla vita delle persone coinvolte con una barbarie disumana.
È successo alle 10,40 di questa mattina. Il gambiano si trovava a bordo di un treno del metrò linea gialla, con direzione San Donato quando, senza un apparente motivo, ha tirato il freno d’emergenza per l’arresto immediato del convoglio. Subito dopo aver commesso il fatto, è sceso sulla banchina e, come una furia, si è scagliato contro il capostazione malmenandolo alla cieca in ogni parte del corpo. Ma non è tutto. Non pago di aver quasi tramortito un uomo, si è diretto rapidamente verso il vicino deposito Atm in via Impastato. Giunto nell’area parking, ha poi recuperato alcuni oggetti di fortuna – presumbilmente della ferraglia o di altro materiale metallico – e ha danneggiato in modo irreparabile molti dei mezzi in sosta. E non finisce qua.
Quando sul posto sono arrivati gli agenti della polizia, allertati da numerose segnalazioni, il 22enne ha dato ancor di più in escandescenze, finendo del tutto fuori controllo. Alla vista dei poliziotti non ha affatto arretrato o provato a svignarsela. Anzi, li ha pure sfidati con sfrontatezza. Munito delle peggiori intenzioni, ma soprattutto di una spranga in ferro, il gambiano ha assalto la pattuglia scegliendo, tra i vari, di colpire l’agente che aveva tentanto di disarmarlo. Data la pericolosità del soggetto e l’impossibilità di ricondurlo all’ordine con le buone, la polizia ha dovuto ricorrere all’utilizzo del taser per inibirlo. “Senza alcuna conseguenza fisica per l’uomo”, riferisce la Questura di Milano.
vCiononostante, pare che lo scalmanato sia riuscito comunque a ferire uno dei presenti con un oggetto metallico recuperato tra i rottami del deposito Atm. Immobilizzato con non poca fatica il 22enne è stato tratto in arresto e denunciato per danneggiamento aggravato e lesioni a vario titolo.
Salvini disintegra il premier Conte: “Sul Mes deve vergognarsi. Sta mettendo a rischio i risparmi degli italiani”
Matteo Salvini non usa giri di parole e mette nel mirino Giuseppe Conte dopo l’informativa sul Mes in Parlamento.L’ex ministro degli Interni è andato all’attacco a testa bassa: “Non intendo rispondere agli insulti. Noi rispondiamo col lavoro. Mi dispiace per lei, perché vive male. Chi vive di insulti, rabbia, rancore, vive male”. Poi scatta l’affondo sul presidente del Consiglio: “Sui banchi del governo qualcuno sta mentendo“.
A quanto pare l’intervento del premier non ha convinto il Carroccio. Conte in Aula ha provato a difendersi affermando di aver agito nell’interesse del Paese e soprattutto di aver condiviso con il Consiglio dei Ministri le scelte sul nuovo patto per il fondo Salva-Stati. Salvini però lo incalza: “Gli italiani da un premier si aspettano risposte e soluzioni , non insulti. Chi vive di rabbia e rancore vive male, passa una grama vita“.
A questo punto Salvini spariglia le carte e manda anche un messaggio ai 5 Stelle che in questi giorni hanno fortemente criticato le mosse dell’esecutivo e soprattutto del premier sul Mes: “Ho seguito l’intervento del vostro vice capogruppo alla Camera. Ha detto che il trattato va rinegoziato. Condivido le richieste espresse alla Camera dal gruppo M5s, vogliamo capire e modificare. Conte o non capisce o capisce fin troppo bene“.
A questo punto però i toni si fanno sempre più duri e più accesi. Il leader leghista non molla la presa e rincara la dose restituendo la cortesia a Conte che lo aveva accusato di non “studiare” le carte: “Si vergogni presidente! Si vergogni! Sui banchi del Governo c’è qualcuno che mente. Generalmente è chi non ti guarda negli occhi e va dagli operai dell’ex Ilva a dire che non ci sono soluzioni. Chi sta mettendo a rischio i risparmi degli italiani è seduto lì“.
Insomma in Aula va in scena uno scontro durissimi tra il premier e l’ex vicepremier. I due hanno di certo qualche conto in sospeso. Il passaggio parlamentare della crisi di governo dello scorso agosto e le parole durissime usate da Conte per archiviare l’esecutivo gialloverde hanno lasciato il segno. E lo scontro di oggi sul Mes ha il sapore del redde rationem. Una resa dei conti senza esclusione di colpi che di fatto si consuma su un tema molto delicato per l’esecutivo e per il Paese. Dal trattato del Mes passa il futuro dell’Europa ma anche quello dell’Italia con gli altri Stati Ue. Salvini lo sa bene e chiudendo il suo discorso attacca in modo ancora duro il premier Conte: “L’uomo da poco è arrogante senza essere calmo, l’uomo superiore – e non sono sicuramente io – è calmo senza essere arrogante“. La guerra tra il leghista e “l’avvocato del popolo” non è affatto finita…
Bomba de Le Iene: Giuseppe Conte ha mentito pure sul concorso universitario. Una lettera lo inchioda
Un documento precedente al concorso universitario di Caserta, con cui l’attuale premier Giuseppe Conte è diventato professore ordinario di diritto privato. È questa la prova che gli inviati delle Iene sono riusciti a portare a galla, gettando dubbi sull’integrità del presidente del Coniglio. Conte ha mentito agli italiani?
Nel 2002, anno in cui il premier ha sostenuto il concorso, uno dei commissari d’esame era Guido Alpa, con il quale esistevano già dei rapporti. Lo stesso Conte ne aveva parlato nel suo curriculum vitae: “Dal 2002 ha aperto con il prof. avv. Guido Alpa un nuovo studio legale dedicandosi al diritto civile, diritto societario e fallimentare“. Il presidente del Consiglio aveva già chiarito che lo studio fosse distribuito su due piani: lui e Alpa operavano in due piani separati, ma avevano in comune numero di telefono e segreteria.
Ma ora, se i documenti raccolti dalle Iene si rivelassero autentici, ci potrebbero essere gli estremi per mettere nuovamente in dubbio la regolarità della partecipazione di Alpa nella commissione d’esame che ha giudicato Conte idoneo al ruolo di professore.
La lettera scoperta dalle Iene risale al 29 gennaio del 2002, sei mesi prima della conclusione del concorso a Caserta. Si tratta di un incarico, assegnato dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali, che chiedeva di essere difesa in una controversia tra Rai, Garante e Agenzua delle entrate. “La lettera ha un unico numero di protocollo, è inviata a un unico studio legale, presso un unico indirizzo e indovinate a chi è indirizzata? ‘Al Prof. Guido Alpa e al Prof Avv. Giuseppe Conte, Via Sardegna, 38, Roma‘”. E qui sorge il dubbio: “Perché mandare un’unica lettera ai due professionisti se, come ha sostenuto Giuseppe Conte, si trattava di due incarichi distinti e non c’era un’associazione né di diritto e soprattutto se quell’incarico fu pagato con due fatture separate?”.
Per questo, i due inviati delle Iene hanno chiesto a Giuseppe Conte di mostrare loro la fattura del 2002. “Non mi sono opposto– ha replicato il premier- sono trasparente. Ma è una partita che dovete giocare con il Garante”. Ma, nonostante le due richieste di accesso agli atti, alle Iene è stata negata la possibilità di verificare la versione di Conte e i documenti in loro possesso.
Stando alla lettera, emergerebbe un altro punto, che stona rispetto alle versioni precedenti: Conte non occupava solamente il piano superiore dello studio di Alpa, ma sarebbe stato domiciliato lì.
lunedì 2 dicembre 2019
Fazio incalza la sardina piddina: “Avete idee politiche?”. Santori va nel panico, parte la supercazzola: Risposte zero
Da Fabio Fazio a Che tempo che fa su Rai 2, nella puntata di domenica 1 dicembre, il super-ospite trattato con la consueta reverenza è Mattia Santori, il leader delle sardine, il movimento nato solo ed esclusivamente per dire, in piazza, che Matteo Salvini è tutto il male del mondo. E mister sardina, che alle supercazzole ci ha da tempo abituato, non si smentisce.
Inizia, ammettiamolo, straparlando, ed ergendo il suo movimento “a nemico numero uno del populismo di destra“. Per la precisione, Santori afferma: “Il messaggio potente è stato proprio questo: con una semplice sardina siamo diventati il nemico numero uno del populismo di destra, non solo in Italia ma anche in Europa. Lo si vede da quanto siamo attaccati sul web”.
Dunque Fazio lo “incalza”, chiedendogli: “Ma tu sapresti per chi votare alle politiche?”. E il sardina supercazzola alla grandissima: “L’elettore ha il dovere di informarsi. Forse negli ultimi tempi siamo stati troppo a casa a criticare: se la politica non ha meriti non ha mai demeriti. Qualcosa va riconosciuto alla politica”. Boh. Altro passaggio saliente dell’intervista, come potete vedere nel video qui sotto, è quando il conduttore chiede: “Se ti candidassi, immagino che molti ti chiederanno se avete delle posizioni sull’agenda politica attuale“.
Insomma, Fazio chiede a Santori se hanno delle idee oltre a dire “no-Salvini”. Emblematica la risposta: “Oggi a Taranto è stato un banco di prova importante. La sardinata di Taranto era molto a rischio strumentalizzazione ma è stato importante perché senza avere soluzioni abbiamo detto che ci riconosciamo nella complessità della politica. Riconoscere che ci sono problemi complessi che non vengono risolti da slogan come prima gli italiani“, conclude. Risposte? Zero. Fabio Fazio? Muto.
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