martedì 26 novembre 2019

Milano, stazione sentrale di controllo: cittadina serba spacca la testa ad una donna a colpi di chiave inglese


Attimi di terrore a Milano, dove una cittadina serba di 24 anni è stata arrestata dalla Polfer in stazione Centrale: l’accusa è di tentato omicidio. La straniera avrebbe infatti aggredito con una chiave inglese un’altra donna, aprendole una profonda ferita in testa. Le forze dell’ordine l’hanno fermata nel mezzanino in piazza IV novembre. La vittima ha 39anni ed è stata soccorsa dal personale medico arrivato sul posto con l’ambulanza.
I fatti
La brutale aggressione ha avuto inizio oggi pomeriggio poco dopo le 16, quando alcuni pendolari presenti in stazione sono stati messi in allarme dalle urla della donna aggredita e hanno provveduto ad avvertire del fatto gli agenti della Polizia ferroviaria. Le forze dell’ordine si sono recate tempestivamente sul luogo della segnalazione.

Qui la macabra scoperta: la 39enne riversa per terra con una profonda ferita alla testa che zampillava sangue. La donna, riuscita successivamente a riaversi dal trauma e dallo spavento, è riuscita a ricostruire la dinamica dell’accaduto alla Polfer: dapprima un uomo l’avrebbe aggredita nella zona di Galleria delle Carrozze, successivamente sarebbe stata la serba di 24 anni a colpirla in testa con la chiave inglese prima di fuggire.
Controllo della piazza
L’immigrata è stata tempestivamente individuata in stazione Centrale, a breve distanza dal luogo dell’aggressione e pochi istanti dopo aver trovato la vittima esanime: fermata, la 24enne è stata arrestata e condotta in carcere. L’accusa è di tentato omicidio. La vittima dell’aggressione è stata soccorsa dal personale medico a bordo dell’ambulanza.

Svariati pendolari presenti al momento dell’aggressione confermerebbero la versione della 39enne. Secondo le prime ipotesi degli agenti l’aggressione sarebbe avvenuta nell’ambito di uno scontro per il “controllo della piazza” di spaccio di stupefacenti della stazione Centrale tra gruppi di nomadi.

lunedì 25 novembre 2019

Don Biancalani continua a provocare: canterò “Bella Ciao” prima e dopo la Messa: “Cristiani partigiani dell’accoglienza”



Don Biancalani ha mantenuto la promessa e la scorsa domenica ha cantato ‘Bella ciao‘, al termine della messa. “non è un capriccio, né una provocazione“- ha sottolineato ad AdnKronos don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro a Pistoia- ma un segnale pensato per ricordare la doppia fedeltà del credente al Vangelo e alla Costituzione repubblicana“.

Da tempo, il parroco si impegna per l’accoglienza ai migranti e, qualche giorno fa, aveva annunciato su Facebook, la volontà di cantare “Bella ciao” in chiesa, notizia che aveva scatenato critiche e commenti da parte del centrodestra e dalla Curia diocesiana pistoiese.

“Noi cristiani per certi aspetti siamo partigiani – ha precisato ad AdnKronos don Biancalani – Io personalmente mi sento di prendere una parte, non politica ma umana. Il cristiano deve essere un partigiano dell’accoglienza, della solidarietà e della giustizia. E così facendo risponde al Vangelo, che è la luce per un credente, ma anche alla Costituzione“. Il parroco ha confessato di essere rimasto stupito, vedendo le polemiche scatenatesi dopo il suo post sui social: “Non pensavo che annunciare e cantare ‘Bella Ciaò scatenasse tante polemiche“, ha detto.

“Nessuno mi ha chiamato per sentire le mie ragioni, le spiegazioni“, ha aggiunto don Biancalani, riferendosi anche al commento della Curia. “Non ho mai proposto di sostituire i canti liturgici con ‘Bella Ciao‘– ha precisato-Ho spiegato, ieri, a conclusione della messa, che chi voleva poteva rimanere in chiesa per cantare una canzone che è ormai patrimonio di tutti, di sinistra, di centro, di centrodestra, perchè lo è storicamente, per dare un segnale, per ricordare che noi restiamo e resistiamo dalla parte dell’umanità, nonostante tutto. ‘Bella Ciao’ è diventato ormai un inno internazionale anche per i movimenti che si occupano di diritti civili. Mi sorprende che siano proprio gli italiani a scandalizzarsi per l’uso di questa canzone da parte di una comunità che sta facendo una battaglia per i diritti umani“.

Infine, don Biancalani ha dichiarato di non voler creare problemi, ma risorse: “Noi non vogliamo fare supplenza ma sentiamo l’obbligo di richiamare tutti ad una maggiore responsabilità, anche la classe politica, verso i temi dell’immigrazione e della povertà. Noi con i nostri pochi mezzi facciamo accoglienza, facciamo del bene e ci impegniamo a non lasciare le persone in difficoltà in mezzo alla strada, come ci chiede il Vangelo. Noi siamo fedeli al Vangelo e al tempo stesso alla Costituzione della Repubblica italiana, scritta tra l’altro da cattolici straordinari come Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti”

Passerella di Carola da Fazio, ira di Salvini e Meloni: “Vergognosi!”, “Sa che ha sbarcato anche 3 torturatori?”



Uno spettacolo a tratti un poco inquietante, quello di Carola Rackete ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. Nello studio di Rai 2 ecco l’ex comandante di Sea Watch, la speronatrice di finanzieri, la ragazza che delle leggi italiane se ne frega. Il punto è che non viene incalzata, ma trattata come un’eroina.

La paladina della sinistra abbracciata da Fazio, da tutta quell’Italia disposta a tollerare tutto pur di dar contro a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e un mondo politico che coltiva idee differenti. Il tutto su un canale della Rai, del servizio pubblico. Un’intervista inginocchiata che ha scatenato veementi reazioni politiche. Un diluvio di tweet, commenti favorevoli o indignati, prese di posizione, puntualizzazioni. Tra queste, ovviamente, quelle dei già citati Salvini e Meloni.

Il primo, su Twitter, picchia duro: “Giusto tenere agli atti, per la serie il mondo al contrario: sulla tv pubblica, pagata da tutti, è andata in onda, accolta con tutti gli onori, una che se ne è infischiata delle nostre leggi e ha speronato una motovedetta della Guardia di Finanza rischiando di ammazzare occupanti“.

In calce al Tweet, un meme con la foto della Rackete e la scritta: “La speronatrice da Fazio, accolta come un’eroina! Vergognosi!“. Dunque le parole della Meloni, altrettanto dure, la quale elenca le domande che Fabio Fazio “non farà” alla tedesca: “Il ministro tedesco le ha detto di sbarcare tutti in Italia? La Francia ha negato i suoi porti? Sa che ha sbarcato anche tre presunti torturatori? Voleva ammazzare gli agenti della Guardia di Finanza?”. Domande che, ovviamente, restano senza risposta.



Solidarietà dell’arcivescovo di Milano a Don De Capitani, il “prete” rosso che inviava ad ammazzare Salvini



L’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha espresso di persona la sua solidarietà a don Giorgio De Capitani, il sacerdote condannato lo scorso 11 novembre per diffamazione dal Tribunale di Lecco a seguito di una querela del leader della Lega ed ex-ministro degli Interni Matteo Salvini. Lo ha detto all’ANSA lo stesso don Giorgio che ha ricevuto la visita dell’arcivescovo nella sua abitazione a La Valletta Brianza in provincia di Lecco.

“E’ stato un bell’incontro – ha raccontato il prete famoso per le sue invettive contro Silvio Berlusconi prima e Matteo Salvini poi – gli ho detto tutto quello che dovevo dire e l’Arcivescovo mi ha espresso la sua solidarietà, al di là del modo di pensare di ciascuno, autorizzandomi a rendere noto l’incontro”.

Don Giorgio De Capitani ha raccontato poi sul suo sito ciò che è successo, spiegando che “Non tutto il male vien per nuocere” perché la sentenza di condanna “è stata una “bomba” che ha scatenato anche un’apertura “provvidenziale” dagli aspetti diversi”.


“Nella giornata dei poveri niente carne di maiale e vino”. Così Bergoglio piega la Chiesa all’Islam



Erano 1.500 le persone bisognose che hanno pranzato insieme a Papa Francesco, in occasione della Giornata mondiale dei poveri, la scorsa domenica. Nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, le tavolate erano imbandite: il menù era composto da lasagnetta, bocconcini di pollo alla crema di funghi e patare, dolce, frutta e caffè. Un menù “accogliente”, anche per chi deve rispettare alcuni dettami, tipici di altre fedi religiose: bandita, infatti, la carne di maiale, per andare incontro anche ai possibili musulmani presenti al pranzo con Bergoglio. Ma la carne di maiale non era l’unica grande assente.

Secondo quanto riporta La Verità, infatti, anche il vino non sarebbe stato servito al pranzo coi poveri. Il motivo? Forse, anche in questo caso, sarebbe da legare alla presenza di islamici, tra i bisognosi invitati dal Papa. Così, secondo il quotidiano, uno dei simboli cristiani per eccellenza sarebbe stato bandito dalle tavolate dei poveri, per non mettere a disagio gli ospiti islamici del Santo Padre.

Il vino è di importanza centrale nel Cristianesimo: è il primo miracolo compiuto da Gesù. Nel Vangelo di Giovanni, infatti, si racconta l’episodio delle nozze di Cana: Gesù e Maria sono stati invitati a un banchetto di nozze ma, ad un certo punto, il vino finisce; così Maria chiede al figlio di fare qualcosa e lui, per tutta risposta, fa riempire le giare con l’acqua e la trasforma nel vino migliore. Così, il banchetto può continuare. Il vino è visto così come un simbolo di gioia, che accompagna i momenti di festa e di allegria. Ma non solo. Per i credenti, durante la messa, il vino si trasforma nel sangue di Cristo.

Se, quindi, eliminare la carne di maiale dal banchetto dei poveri può essere visto come un segno di rispetto verso persone di altre religioni, togliere il vino potrebbe essere interpretato come una sconfessione dei valori cristiani fondamentali.

Dall’altra parte, però, la scelta della Chiesa in occasione della Giornata mondiale dei poveri, potrebbe essere vista come volontà di accoglienza, anche verso persone che hanno credenze diverse da quelle cristiane. “Inseguiamo le nuvole che passano e perdiamo di vista il cielo“, aveva avvisato Bergoglio: un monito che può indicare come sia importante non il vino in sé, ma quello che rappresenta.

domenica 24 novembre 2019

Lamorgese: “Non c’è emergenza sicurezza, è solo percezione. Terrorismo islamico? Eviterei di usare quel termine”



«Non c’è nessuna emergenza sicurezza, il problema è la sicurezza percepita». Lo dice il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, intervistata alla Festa del Foglio a Firenze. La responsabile del Viminale non cita direttamente i media, ma lascia intendere che la colpa è dei tg.Lamorgese si trincera dietro le statistiche.

Delitti efferati, degrado nelle grandi città, sono solo una percezione. Un punto di vista singolare, sul quale farebbe bene a confrontarsi con la ministra della Difesa uscente, Elisabetta Trenta, che per difendere il diritto ad alloggiare in un appartamento a San Giovanni, ha dato la colpa proprio l’allarme sicurezza a Roma. Ha descritto, infatti, il Pigneto, il quartiere romano dove vive, «ostaggio degli spacciatori e dei delinquenti»..
Lamorgese e le statistiche lette in modo parziale
Inutile dire che le statistiche possono essere lette, come il famoso pollo di Trilussa, nella maniera che uno preferisce. L’Italia non è così sicura, come si evince dalla statistica del Sole 24 ore. Prendiamo la Capitale. Si sono registrati venti omicidi volontari nel 2015, dieci nell’anno 2018, ma siamo già quota 12 nell’anno in corso. E tra questi delitti ricordano tutti l’omicidio in pieno giorno di Fernando Piscitelli, detto Diabolik, di Luca Sacchi, ucciso per strada in circostanze ancora non chiare. Tutti sanno che c’è una guerra tra bande, quotidiana.

Con morti e feriti. Insomma, la media risale decisamente rispetto all’anno passato. Segno che almeno Roma, dove vive la stessa Lamorgese, è meno sicura rispetto all’anno scorso. Prendiamo altre statistiche che proprio il ministro dell’Interno, in quanto donna non dovrebbe sottovalutare. Nella Capitale, infatti, i casi di violenze sessuali sono in aumento. Molestie e violenze sessuali sono cresciuti infatti del 24%: i procedimenti nel 2018 sono stati 789 rispetto ai 633 del 2017. Aumentano anche le ipotesi di violenza sessuale di gruppo: salite da 11 a 19.
“Terrorismo islamico? Eviterei di usare questo termine”
Ma la responsabile del Viminale, nell’intervista al Foglio fa la guerra anche alle definizioni politicamente sconvenienti. “Eviterei di parlare di terrorismo islamico”. Si dica piuttosto “terrorismo internazionale”. Una definizione che ci fa sentire tutti più sereni.
Lamorgese: “I migranti irregolari? Non so quanti sono ma non mi allarmo”
Ma è l’immigrazione, inevitabilmente, il nodo centrale del tema sicurezza. Ovviamente non si può usare la parola clandestini. “Gli irregolari? Se le dicessi che abbiamo i nomi di tutti quelli che sono in Italia le direi una cosa non vera – ammette Lamorgese – Per anni non c’erano le procedure adatte a censire chi arrivava. Ora in Italia ci sono, come il sistema Eurodac.

Ma preferirei comunque non mi imbarcarmi nel dire i numeri degli irregolari presenti nel nostro Paese, che potrebbero essere smentiti”. “Posso dire – e qui il ministro manda un messaggio chiaro agli allarmisti – che da qualche anno a questa parte la situazione è sotto controllo. L’Italia è uno dei paesi che ha affrontato meglio la crisi dei migranti, che è strutturale. Servono misura e pacatezza, ma la situazione è gestibilissima». Insomma, la situazione sarebbe tutto controllo. Ci permettiamo di avere molti dubbi.

Il governo PD-M5S trasforma i Comuni in strozzini. Lo stipendio, i risparmi, i tempi: così scatta il blocco dei conti



Fa discutere l’articolo 96 della manovra, cioè quello che consente a Comuni ed altri enti locali di ricorrere al pignoramento del conto corrente per recuperare tasse e tributi non pagati. In altre parole, a partire dal prossimo anno i cittadini che devono saldare mancati emolumenti derivanti da tasse e tributi (multe escluse, almeno fin qui) potranno presto trovarsi le mani delle amministrazioni locali dentro i propri conti correnti.

I Comuni e “gli altri enti locali”, come comunità montane, città metropolitane, unioni e consorzi di Comuni e Province, hanno infatti la possibilità di pignorare conti correnti, fatture, stipendi, immobili (tranne la prime casa) e bloccare l’auto di quei contribuenti inadempienti, al fine di recuperare quanto dovuto. L’iter burocratico per la riscossione dei pagamenti si accorcia fino a un tempo di circa 9 mesi. Infatti, in caso di mancata risposta dell’avviso di accertamento e intimazione di pagamento, scatterà la mannaia del pignoramento. Ricordiamo che la lista delle tasse e tributi che possono spingere i Comuni al citato gesto estremo è piuttosto corposa: Imu, Tasi, Tari, Tosap, ma anche bollo auto, rette scolastiche e imposta sulle affissioni e pubblicità.

Per capire meglio la riforma della riscossione degli enti locali e i suoi effetti sui cittadini, il sito Dagospia ha intervistato Elisabetta D’Angelo, avvocato esperto di diritto tributario. La differenza rispetto al passato è una: fin qui gli atti impositivi emessi dagli enti locali non avevano efficacia esecutiva. Quindi la riscossione dei tributi scattava solo dopo la notifica preventiva della cartella di pagamento, e ciò poteva avvenire anche dopo diversi mesi. Ebbene, per la riscossione degli importi superiori ai 10 mila euro i nuovi accertamenti, spiega l’avvocato, “dovranno contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di 60 giorni, decorso il quale l’atto diventerà subito esecutivo, con la conseguenza che l’ente creditore potrà attivare tutte le procedure esecutive e cautelari senza bisogno di attendere alcuna notifica”.
I tempi e il blocco del conto
Ma c’è dell’altro, come prosegue l’avvocato D’Angelo: “Se si è già pagato (o, ad esempio, se il credito è già prescritto) si può chiedere all’ente creditore in via di autotutela lo sgravio delle somme iscritte a ruolo con tempi però imprevedibili”. A quel punto“si apre quindi una corsa contro il tempo per ottenere la sospensione giudiziale entro il termine dei 60 giorni dalla notifica dell’atto. La concessione della sospensione, peraltro, è tutt’altro che scontata perché occorrerà dimostrare l’infondatezza della pretesa (il c.d. “fumus boni iuris”) ed il “periculum in mora” (provare che l’attività di riscossione produca per il contribuente un danno grave ed irreparabile)”.

Una volta chiamato l’avvocato – necessario per istaurare il giudizio tributario per controversie di importo superiore a 2.582,28 euro – raccolto documenti e presentato il ricorso, non si può comunque essere tranquilli. Il motivo è semplice: “L’art. 48 del D.Lgs. 546/1992 (che disciplina il processo tributario) prevede che l’istanza di sospensione debba essere esaminata entro il termine di 180 giorni (sei mesi) dalla presentazione, e spesso non viene rispettato: l’unica strada è andare in commissione e pregare per farsi emettere il decreto d’urgenza da parte del Presidente della Sezione presso la quale pende il fascicolo”.

Il problema è quindi quello di non riuscire a ottenere la sospensione entro i termini previsti. Cosa succede a quel punto? La risposta di D’Angelo è chiarissima: “L’ente creditore potrà attivare tutte le procedure esecutive previste dalla legge, tra le quali, l’iscrizione del fermo sull’autoveicolo del debitore e il pignoramento del conto corrente. Con riferimento a questo ultimo aspetto, gli enti locali saranno creditori privilegiati (al pari del Fisco) in quanto potranno procedere senza alcun controllo da parte di un giudice”.

Il pignoramento dovrebbe inoltre avvenire seguendo le regole della legge in tema di riscossione dei tributi. L’avvocato D’Angelo spiega che “stipendio, salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro possono essere pignorati in misura pari ad un decimo per importi dovuti fino a 2.500 euro, ed in misura pari ad un settimo per importi tra i 2.500 e i 5.000 euro. Se un soggetto deve più di 5.000 euro all’ente creditore, la quota massima pignorabile è un quinto dello stipendio”.

sabato 23 novembre 2019

Rackete in Rai, ira di Meloni: “Trasporta clandestini e torturatori, sperona la GdF. Risultato? Ospite d’onore di Fazio”



Giorgia Meloni attacca pesantemente Fabio Fazio che nella puntata di domenica 24 novembre, a Che tempo che fa, su Rai due, ospiterà la Capitana anti-Salvini Carola Rackete: “Trasporta in Italia immigrati clandestini, di cui tre presunti torturatori libici, viola i nostri confini e sperona una motovedetta della Guardia di Finanza. Risultato?”, scrive in un post pubblicato sul suo profilo Twitter la presidente di Fratelli D’Italia: “Carola Rackete ospite d’onore in Rai da Fazio”.
Quindi l’affondo della Meloni: “Ma esattamente cosa vi hanno fatto gli italiani per essere presi in giro così?”.

Un post che ha raccolto molti commenti. “E noi italiani dobbiamo pagare il canone Rai a questa gente?”, si legge. “Non esiste. Concordo in toto con quanto scritto. A parti opposte avrebbero gridato con interpellanza parlamentare. Iitaliani sveglia prima che sia troppo tardi”.

E ancora: “Ho scritto sul profilo di Che tempo che fa il mio disappunto e la mia nausea. Ma con quale coraggio si parla di legalità se poi si dà voce a chi ha tentato di speronare (e poteva scapparci il morto) degli uomini della GdF. Che vergogna Fazio, lei ha passato ogni limite”.


Ilaria Cucchi querela Salvini e pubblica tutto sui social. La rete insorge: Chi è che fa spettacolo sulla pelle degli altri?”


Nei giorni scorsi la sorella di Stefano Cucchi aveva annunciato di voler agire legalmente contro le dichiarazioni dell’ex ministro subito dopo la sentenza. A commento della condanna in primo grado di due carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, a dodici anni di reclusione per il reato di omicidio preterintenzionale, Salvini aveva espresso solidarietà alla famiglia. «Sono vicinissimo alla famiglia, la sorella l’ho invitata al Viminale. Se qualcuno ha usato violenza ha sbagliato e pagherà. Questo testimonia che la droga fa male, sempre e comunque. E io combatto la droga in ogni piazza».
Ilaria Cucchi sui social
Ora è arrivata la querela. «Le dichiarazioni di Matteo Salvini sembrano diffondere il messaggio che se Cucchi, nel momento in cui fu fermato dai Carabinieri, non fosse stato trovato in possesso di sostanza stupefacente non sarebbe deceduto». È quanto scrive la sorella di Stefano nella querela per diffamazione presentata in Procura a Roma.
«Stefano è morto per le percosse»
«In sostanza – si legge – dalle dichiarazioni di Matteo Salvini di evince senza dubbio che il possesso di droga da parte di Stefano Cucchi sia stata la causa prima e unica della sua morte, la quale quindi sarebbe paradossalmente imputabile alla stessa vittima defunta. Mentre, invece, secondo la sentenza di primo grado, Stefano Cucchi è stato vittima di percosse reiterate e violentissime da parte dei due carabinieri condannati che lo hanno portato a morte senza che la droga (non si capirebbe poi se il possesso o l’uso) abbia giocato un ruolo nel provocare le lesioni mortali».
La risposta del web
Il post ha creato polemiche nel web. Infatti c’è chi ha espresso solidarietà a Ilaria Cucchi. Ma anche chi l’ha criticata. Scrive un utente: «Non capisco, non ci arrivo e in ogni caso non lo comprendo. Perché sbandierare ai quattro venti di avere prodotto una querela contro un’altra persona (che sia Salvini o pincopallino…..). Ce n’era l’assoluto bisogno?». E un altro ancora osserva: «Chi sarebbe quello che fa spettacolo sulla pelle degli altri?»

Bonaccini terrorizzato dal voto s’inginocchia ai 5 Stelle: “Se corriamo da soli è un regalo alla destra”



Il giorno dopo la decisione dei grillini di correre da soli in Emilia Romagna, il candidato del Pd, presidente uscente della Regione, Stefano Bonaccini, trema e accusa: «Rinunciare ad assumersi responsabilità significa precludersi la possibilità di contare e lavorare per i propri obiettivi. Oltre che, naturalmente, regalare un vantaggio ad una destra che non sta mostrando particolare interesse per questa regione.

Ma solo l’intenzione di mandare a casa il governo Conte». Le dichiarazioni son state rilasciate in una intervista al Corriere della Sera. Il governatore regionale lascia intendere che la partita con il Pd non è chiusa.

E chiede a Di Maio, che gli aveva promesso di non “disturbare” la sua corsa presentando delle liste proprie, di ripensarci. I toni sono accorati, quasi disperati. «Non rincorro nessuno perché le alleanze si fanno su programmi chiari. Ma ribadisco – aggiunge Bonaccini – che commettono un errore a non confrontarsi sul merito dei problemi che abbiamo davanti. E sulle questioni che ho proposto in modo aperto per i prossimi 5 anni».

Al giornale milanese Bonaccini analizza così i suoi rapporti con i grillini, in Regione. «La collaborazione c’è stata sui diritti civili, su quelli sociali, da ultimo anche sul plastic free e che negli ultimi mesi sono più le cose che ci hanno visti uniti rispetto a quelle che ci hanno diviso».
L’ottimismo di Bonaccini sfuma…
Solo una settimana fa, Bonaccini, allo stesso giornale, aveva mostrato grande ottimismo: «A me hanno insegnato che le alleanze si costruiscono sulle cose da fare, non per battere qualcuno o per un accordo a tavolino sui nomi, magari chiuso a Roma. Qui si parte da una condizione molto differente. Oltre 200 sindaci dell’Emilia-Romagna hanno sottoscritto un appello in mio sostegno. E alcuni di loro guidano liste civiche, anche di centrodestra, che magari alle ultime elezioni comunali hanno battuto il centrosinistra.

Ci unisce il modo in cui abbiamo insieme governato nei territori. Stiamo lavorando a un centrosinistra largo, aperto ai civici, alla sinistra, ai moderati che non si riconoscono nella destra sovranista. Sulla base di un programma per l’Emilia-Romagna del futuro, aperta, innovativa, sostenibile. Se i 5 Stelle decidono di non provare nemmeno a confrontarsi, perdono un’occasione». Se prima i sondaggi parlavano di un testa a testa con la Borgonzoni, adesso, dopo la decisione della piattaforma Rosseau, la partita divenga ancora più difficile.

Mirandola, sul giornale diocesano sostiene le politiche di Salvini: sacerdote cacciato dalla parrocchia dal vescovo



Don Caccia deve lasciare la parrocchia di Mortizzuolo. Il vescovo gli ha imposto di tornare in Veneto entro il primo dicembre.

La comunicazione è arrivata al parroco con una lettera da Modena: “Il 30 settembre è scaduta la concessione dell’indulto di esclaustrazione che le era stato concesso il 17 settembre 2018 dal delegato della sede apostolica per la Confederazione dell’Oratorio San Filippo Neri, in accordo con il delegato per la Congregazione di Chioggia, relativamente al permesso di vivere fuori dalla Congregazione per prestare servizio nella Diocesi di Carpi.

 Sentito il Collegio dei Consultori le comunico che non le sarà più possibile continuare a operare come presbitero in Diocesi di Carpi, le regole prevedono infatti che lei ritorni in Congregazione a Chioggia, sede giuridica di appartenenza”, si legge a commento della notizia che c’è un cavillo relativo alla concessione dell’indulto di esclaustrazione (attività al di fuori della Congregazione).

 La lettera arriva dopo che don Ermanno ha perso la direzione del giornale diocesano Notizie a causa di un suo editoriale in cui faceva un endorsement a Matteo Salvini. Un prete scomodo, insomma, che deve andare il più lontano possibile.
IL COMMENTO DI MARIAN LUGLI , CONSIGLIERE COMUNALE DI MORTIZZUOLO
La notizia ci giunge come un fulmine a ciel sereno. Certamente ciò che don Ermanno in questi due anni ha fatto sono cose nel segno del mantenimento delle cose essenziali che lo riguardano innanzitutto come prete: la centralità delle funzioni sacre che erano ridotte al lumicino, la difesa ad oltranza non senza problemi della scuola paritaria Filomena Budri, il potenziamento del servizio volontà doposcuola, il proseguimento delle attività catechistiche nonostante la defezione di volontari e delle reverende suore e sopratutto la normalizzazione e trasparenza nella gestione amministrativa della parrocchia non senza difficoltà e non senza defezioni e cattiverie. 

Raccogliere delle firme? Non penso sia la strada da percorrere non si tratta di un referendum pro i contro don Ermanno certamente un colloquio o un’incontro con i vertici diocesani penso sua desiderabile e auspicabile. Io spero che rimanga per il bene della comunità e per le tante iniziative che stiamo facendo e vogliamo fare per la nostra frazione. W Mortizzuolo.

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