mercoledì 13 novembre 2019
Ha una dipendenza da sostanze alcoliche: pakistano viene in Italia e chiede protezione internazionale
Ha chiesto di ottenere lo status di rifugiato adducendo, come motivazione, il fatto di essere stato a lungo alcolizzato.
Una richiesta che, sulle prime, ha lasciato comprensibilmente perplessa la commissione deputata a valutare queste istanze, che ha negato il riconoscimento di questo status; stessa reazione, di fronte al Tribunale che, in seconda battuta, era chiamato a valutare il ricorso del cittadino pakistano, proveniente dal Punjab, che, assistito da un avvocato del foro di Rovigo, aveva presentato impugnazione. Anche i giudici di secondo grado, infatti, hanno dato parere negativo. Nonostante questo, è arrivato anche il ricorso in Cassazione.
Nel primo motivo addotto, il ricorrente ha segnalato la “mancata verifica delle attuali condizioni socio politiche del Pakistan, con specifico riguardo allo ‘ status sociale delle persone affette da dipendenza per abuso di sostanze alcoliche‘”. Ad avviso suo e dell’avvocato, infatti, un passaggio di questo tipo sarebbe stato doveroso, al momento di valutare la sua istanza, in una ottica di cooperazione istruttoria.
Ad avviso dei giudici della Cassazione, però, nel ricorso non si indica per quale motivo il problema della dipendenza dovrebbe dare diritto all’ottenimento della protezione internazionale. “In punto di protezione umanitaria – chiudono i giudici della Cassazione – il ricorrente non allega la presenza di situazioni di vulnerabilità specificatamente attinenti alla propria persona”. Anche l’ultimo grado di giudizio, quindi, non ha visto accolta la domanda di protezione internazionale.
Ora i grillini aprono all’invasione. Accordo con +Europa di Bonino per regolarizzare migliaia di clandestini
Il deputato grillino Giuseppe Brescia appoggia pubblicamente la proposta di legge per regolarizzare i clandestini al fine di combattere il lavoro nero e garantire maggiori introiti per lo Stato.
Lo scrive Gianni Carotenuto sul sito del quotidiano il Giornale. Nel mirino del parlamentare il decreto flussi annuale, giudicato ormai inadatto a “garantire i fabbisogni del mercato del lavoro.
Lo dimostrano i dati: a inizio luglio – ha spiegato – erano più di 44mila le domande presentate per i lavoratori stagionali a fronte di 18mila ingressi autorizzati” D’accordo anche il deputato ex Radicale Riccardo Magi, relatore in commissione della proposta di legge popolare che vuole superare la legge Bossi-Fini.
Attualmente all’esame della commissione Affari costituzionali, questa pdl ha raccolto 90mila firme e per i suoi promotori sarebbe uno “straordinario provvedimento di emersione” per gli “stranieri irregolari e costretti al lavoro nero”.
Infine ci sarebbe anche un pacchetto di norme per l’introduzione di un “meccanismo di regolarizzazione su base individuale, a fronte di un contratto di lavoro, con il rilascio di un permesso di soggiorno per comprovata integrazione”.
martedì 12 novembre 2019
“Leghista attento, ancora fischia il vento”: da sinistra minacce di morte contro Luca Zaia e 4 consiglieri regionali
CONEGLIANO (TREVISO) – «Leghista attento, ancora fischia il vento». Una frase ripresa da una famosa canzone partigiana e sovrapposta a una foto del governatore veneto Luca Zaia a testa in giù.
E come se non bastasse ecco in fila i nomi, con tanto di foto, dei quattro consiglieri leghisti di Conegliano, secondo comune per grandezza e importanza della provincia di Treviso.
Tutti messi nel mirino come «fascisti istituzionalizzati» e indicati nientemeno che come obiettivi da «cacciare dalle nostre città». Quando i quattro consiglieri leghisti di Conegliano hanno visto il profilo Instagram di Mcsplinterman, un anonimo 18enne originario della provincia di Napoli ma con ogni probablità residente nella Marca trevigiana, non hanno avuto dubbi.
Dopo essersi consultati con il commissario provinciale della Lega Gianangelo Bof, hanno deciso di andare dai Carabinieri e hanno presentato querela contro l’autore del profilo Instagram.
Il prete rosso “anti-Salvini” Zanotelli offende gli eroi caduti a Nassiriya: “Non sono martiri, erano lì per il petrolio”
Un delirio che offende la memoria dei nostri soldati morti, quello del prete no global Alex Zanotelli. «L’Iraq è davvero una grande patata bollente… Ma la presenza militare italiana non deve più esserci. Non possiamo più stare in un Paese che abbiamo contribuito a distruggere. Diverso è il discorso relativo alla presenza civile italiana, di assistenza alla popolazione». È quanto sostiene all‘AdnKronos il missionario e pacifista, tra i riferimenti ideologici più considerati dai no global, nonché amico di Roberto Fico.
L’Iraq – secondo padre Zanotelli – “è stato distrutto da una guerra completamente ingiusta, tutta costruita sulle menzogne dell’Occidente”. «Contro cui una delle poche voci che si sollevò allora fu quella di Papa Giovanni Paolo II – sottolinea il religioso – il popolo è stato annientato, tutte le relazioni sono saltate. Restare in una situazione del genere è un obbligo morale per la comunità internazionale, anche per noi italiani. Ma non con i militari: servono ben altre presenze per ricostruire quel territorio e rimettere in piedi quella società».
Per padre Zanotelli, poi, vaal dunque. «Anche i militari vittime dell’attentato a Nassiriya non andrebbero definiti martiri, in quanto noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio. Guardiamoci in faccia e diciamoci queste cose, anche se purtroppo in Italia sembra impossibile dirlo e costa una valanga di insulti… ma è questa la cruda verità. Cosa ci stanno a fare, ancora oggi, i soldati italiani in Iraq, come del resto anche in Afghanistan? Noi occidentali li aiutiamo a fare la guerra all’Isis? Ma se in Siria abbiamo abbandonato i curdi, che hanno davvero lottato contro l’Isis…».
La reazione di La Russa«Preti così possono far perdere la fede. Il Papa, o chi per lui, dovrebbe esaminare le parole” pronunciate da padre Alex Zanotelli sulla presenza militare italiana in Iraq e sull’attentato di Nassirya, “che per un cattolico possono essere vere e proprie bestemmie». Lo dice all’Adnkronos Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ex ministro della Difesa e vicepresidente del Senato.
Nassiriya, oggi il sedicesimo anniversarioOggi si celebra il sedicesimo anniversario della strage di Nassiriya nella quale morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’Esercito, due civili italiani e nove iracheni. L’attacco alla base ‘Maestrale’ di sedici anni fa fu l’episodio più drammatico della missione militare italiana ‘Antica Babilonia’ in Iraq. Erano le 10.40 (le 8.40 in Italia) di quella mattina quando un veicolo pesante sfondò la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri a Nassiriya, aprendo un varco ad un’autobomba che esplose subito dopo.
Le vittime furono: i militari dell’Arma Domenico Intravaia, Horatio Majorana, Giuseppe Coletta, Giovanni Cavallaro, Alfio Ragazzi, Ivan Ghitti, Daniele Ghione, Enzo Fregosi, Alfonso Trincone, Massimiliano Bruno, Andrea Filippa, Filippo Merlino; i militari dell’Esercito Massimiliano Ficuciello, Silvio Olla, Emanuele Ferraro, Alessandro Carrisi, Pietro Petrucci. Stefano Rolla e Marco Beci sono i due civili. Nell’esplosione morirono anche nove iracheni, numerosi furono i feriti.
Inchiesta Termometro Politico: “Segre non riceveva 200 insulti al giorno, non aveva bisogno di scorta”. Ma poi Repubblica…
Liliana Segre vittima di odio online? E’ vero, peccato che l’odio sia aumentato esponenzialmente solo dopo l’articolo di Repubblica che denunciava la discriminazione sui social della senatrice, poi diventata simbolo e testa d’ariete della Commissione che ne riprende il nome. E dietro ci sarebbe una bieca strategia di marketing.
L’inchiesta di Termometro PoliticoLo svela in un’inchiesta per Termometro politico Nicolò Zuliani. Rifacendosi ai dati dell’Osservatorio sull’Antisemitismo italiano, Zuliani commenta: “Sabato 26 ottobre, su Repubblica, a firma di Pietro Colaprico è uscito un articolo intitolato “Liliana Segre, ebrea. Ti odio” Quegli insulti quotidiani online. All’interno cita un rapporto dell’osservatorio antisemita e sostiene che la Segre riceva 200 insulti al giorno. Il rapporto esce due giorni dopo e dice una cosa diversa; i dati si riferiscono al 2018, non al 2019. Gli episodi di antisemitismo sono 197 all’anno, non 200 al giorno“.
Altre vittime, meno “eccellenti”“La scorta è stata data a Liliana Segre e non a Gad Lerner, a Parenzo, a Mentana o Fiano” commenta Zuliani “eppure la nostra Liliana nazionale non era presa più di mira di Gad Lerner”. Secondo i dati riportati da Zuliani, infatti, i giornalisti di origine ebraica come la Segre hanno ricevuto la medesima quantità di “insulti” sui social, se non maggiore. Eppure, non sono stati resi protagonisti di una crociata contro l’hatespeech.
“Una crociata farneticante”Come osserva acutamente il giornalista, ciò che è scaturito dal primo articolo di Repubblica a firma di Colaprico “è stata una decisione emotiva costruita su un articolo emotivo scritto sulla base di commenti emotivi concepiti da scimmie emotive che ora sono ancora più emotive, sono ancora più determinate nella loro crociata farneticante, che non è l’antisemitismo o il razzismo: è l’ego“.
L’impennata di “odio”Secondo Zuliani, inoltre, prima dell’articolo in cui si denunciavano questi famosi “200 insulti al giorno” la Segre non riceveva affatto quell’attenzione sgradita sui social, mentre dopo sì, eccome: “Prima dell’articolo Liliana Segre non riceveva 200 insulti e non aveva bisogno di scorta” ora invece “è pure diventata un bersaglio per tutti quegli animali analfabeto-psicotici che se sentono profumo di cinepresa non esitano a fare le cose più turpi e immonde col sorrisetto ebete
La strategia dell’hatebaiting“Si potrebbe dire che è procurato allarme” scrive Zuliani. , ma ripeto, non è questo il punto. Tutto ciò che è acccaduto farebbe parte di una precisa strategia di hatebaiting, termine coniato dal cosiddetto clickbaiting, ovvero fare titoli “esca” (accattivanti o fuorvianti) per far sì che l’utente social “abbocchi” e regali una visualizzazione al proprio contenuto: “Oggi pubblicare articoli di hatebaiting è la norma. Basta pubblicare belle donne, gente ricca e/o famosa, immigrati, ebrei, perché sotto appaiano due o tre commenti ripugnanti. Sulla pagina Facebook della testata i numeri si possono tranquillamente quintuplicare”, scrive Zuliani.
“Chi scrive articoli pensi alle conseguenze”Il giornalista osserva come questo fenomeno dei commentatori di “odio” trovi radici nel paravento dell’”anonimato, non nella convinzione politica. Nel fatto che i loro autori sono persone frustrate dalla sensazione d’irrilevanza che hanno come unica valvola di sfogo un sacchettino di pietre da tirare a chi vedono come rilevante, ebrei o immigrati, destra o sinistra”.
Ma non risparmia una critica anche a chi, in prima istanza, fu autore di un articolo sulla Segre di tale tenore: “E per la cronaca, questo dovrebbe valere anche per chi scrive articoli senza pensare alle conseguenze che avranno sulle persone, esponendole a rischi che prima di reinterpretare a la pénis du chien un report non correvano, e forse non avevano nemmeno bisogno di una scorta”.
La toga rossa “anti-Salvini” e “pro-migranti” in tour per propagandare l’accoglienza. Alla faccia dell’imparzialità dei giudici
Nell’ordinamento italiano, l’imparzialità del giudice è disciplinata dal Codice penale e dalla Costituzione. Come noto, i magistrati devono limitarsi ad applicare la legge. Senza farsi fuorviare dalle proprie convinzioni politiche, filosofiche e culturali. Una mission che non viene bene a molti esponenti dell’ordine giudiziario, tra cui Luciana Breggia.
Presidente della sezione specializzata per l’immigrazione e la protezione internazionale del tribunale di Firenze, Breggia è nota nel mondo dei giudici e non solo per le sue prese di posizione in materia di immigrazione clandestina, ong e sbarchi. Tutte a favore dell’immigrazione illegale e di chi la fomenta in maniera più o meno diretta. Di recente, lo scorso 15 maggio, il giudice Breggia ha emesso una sentenza con cui ha negato al Ministero dell’Interno (allora guidato da Matteo Salvini) la possibilità di impugnare una decisione del tribunale di Firenze che aveva precedentemente disposto l’immediata iscrizione all’anagrafe del Comune di Scandicci di un richiedente asilo somalo.
Una storia che la diceva lunga sull’evidente partigianeria del magistrato fiorentino, ostinata nel dire no alle leggi leghiste e in particolare ai decreti sicurezza firmati dall’ex capo del Viminale. Il quale, dopo avere appreso della decisione di Breggia, l’aveva ironicamente invitata “a candidarsi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide”.
Da allora sono passati pochi mesi, il governo è cambiato e con esso il ministro dell’Interno, non più Salvini ma Luciana Lamorgese, decisamente più incline alle posizioni buoniste espresse da una certa sinistra (e non solo). Tuttavia, i decreti sicurezza sono rimasti in piedi e con essi i criticatissimi accordi con la Libia, sottoscritti dal Pd Marco Minniti nel 2017, per frenare l’immigrazione illegale dal Nordafrica.
Nel Pd, però, c’è chi come Matteo Orfini combatte da tempo una battaglia contro tutto e tutti per imporre l’accoglienza a tutti i costi. Un’ideologia pericolosa che vanta un discreto numero di affiliati, in politica come nella società civile. E nella magistratura. Tra gli ultras pro-migranti c’è proprio Luciana Breggia che, notizia di queste ore, è volata con altri colleghi al salone congressi dell’aeroporto di Lampedusa davanti a una platea di magistrati, avvocati ed esperti di immigrazione nel quadro di un evento promosso dalle correnti Area democratica (le “toghe rosse”) e Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione).
Il convegno, dal titolo “La frontiera del diritto e il diritto della frontiera – Dieci anni dopo di nuovo insieme a Lampedusa”, si è svolto il 9 e 10 novembre. Si è discusso di “migrazioni ed Europa, dell’attuazione del diritto dell’immigrazione, di una legislazione dell’immigrazione giusta ed efficace e di immigrazione nella cultura, nella storia e nell’informazione”, il tutto all’insegna della solidarietà nei confronti di clandestini e ong. Pezzo forte della due giorni lo spettacolo “Invece accade – dal diario di un giudice dell’asilo”, con testi del giudice Breggia. Che, per l’occasione, come ricorda Repubblica, si è trasformata in sceneggiatrice. Restando sempre parzialissima.
“Io ho sempre applicato le norme, naturalmente interpretandole con rigore e imparzialità – aveva detto – ma il giudice ha una testa e un cuore, non è disincarnato. Avere un pensiero ed esprimerlo lo rende anzi più trasparente. Il giudice parziale, quello che sfoga nei suoi provvedimenti un sentire di parte, è un giudice muto“.
La Corte dei Conti smonta la manovra dei giallorossi: “Manca quadro organico. La plastic tax non tiene conto delle imprese”
Confindustria, Abi, Alleanza Cooperative e soprattutto la Corte dei Conti. Le audizioni di oggi in Senato sul testo della manovra approdato in Parlamento dopo l’ok in Consiglio dei Ministri riservano una bocciatura dietro l’altra al governo e al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.
Nella loro relazione davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, i giudici contabili rilevano nella Finanziaria giallorossa “la mancanza di un quadro organico“, esortando il governo a procedere con un “severo” contenimento della spesa. “La scelta adottata con la manovra – scrive la Corte dei Conti – appare quella di confermare l’obiettivo del consolidamento fiscale“, puntando su “misure redistributive”, come “l’annullamento della clausola Iva”, capaci di ridurre il “carico fiscale, stimolare gli investimenti pubblici e di promuovere le condizioni per una crescita più sostenuta“.
Corte dei Conti: “Manovra senza un quadro organico”Impostazione che i giudici definiscono “condivisibile”, evidenziando però “la mancanza di un quadro organico delle misure” che il governo intende assumere, non permettendo – ravvisano i giudici – “di valutare pienamente come si intenda intervenire sulle principali criticità del nostro sistema economico e istituzionale“.
Se “lo sforzo” per combattere evasione ed elusione fiscale “è sicuramente importante”, grazie al “ricorso a strumenti di emersione spontanea delle basi imponibili“, la Corte dei Conti si dice preoccupata dal fatto che “tali misure” non sembrano andare a inserirsi “in un processo di riforma più complessivo“, capace di rispondere “a criteri di equità e semplificazione del sistema”. Lo stato di salute dell’economia italiana, insomma, non è ottimale.
“Fondamentale contenere la spesa pubblica”Ecco perché, per i giudici contabili, “un severo percorso di contenimento e riqualificazione della spesa rimane indispensabile“. Di qui la necessità di “operare un’attenta selezione” delle attività “da finanziare e abbandonare” al fine di liberare risorse per la riduzione delle tasse e “del debito”. Tornando sul tema dell’evasione e dell’elusione fiscale, la Corte dei Conti si dice ottimista sulla “limitazione dell’uso del contante” come strumento per la “riduzione di tali fenomeni”, pur non costituendone “la soluzione” definitiva.
Positiva, dunque, “l’adozione di forme di incentivazione per promuovere la diffusione dei pagamenti elettronici“. Al governo, per rendere più efficace la lotta ad evasione ed elusione, la Corte dei Conti propone inoltre di “estendere l’obbligo di pagamento elettronico per “i canoni di locazione immobiliare o la corresponsione degli emolumenti ai collaboratori familiari“.
Bocciate tasse su auto aziendali e imballaggiAnche i possibili danni alle imprese al centro delle riflessioni dei magistrati contabili. I quali prima criticano – “pur comprendendolo” – il ritorno al regime Ace (Aiuto alla crescita economica), considerandolo un esempio delle “frequenti modificazioni nella normativa” fiscale con cui si influisce in maniera negativa “sui processi decisionali degli amministratori delle aziende“.
E poi, sempre a proposito di imprese, smontano la tassa sulle auto aziendali. “La finalità della norma, volta a favorire la diffusione delle auto a trazione elettrica o ibrida, potrebbe essere fortemente condizionata dai limiti che caratterizzano attualmente l’offerta di veicoli con le caratteristiche considerate, accrescendo gli effetti meramente tributari della disposizione“. Stroncata senz’appello anche la plastic tax, rispetto alla quale “vanno tenuti presenti il notevole impatto finanziario della disposizione già nel 2020 – 1.079,5 milioni di euro – e i conseguenti prevedibili riflessi sul sistema produttivo e distributivo nazionale“.
Un’aspra critica nei confronti del balzello sugli imballaggi, come quella espressa poco prima da Confindustria: “Tassa inutile e dannosa, con un impatto sulla spesa delle famiglie stimabile in circa 109 euro annui“, la stima del dg di viale dell’Astronomia, Marcella Panucci.
Forza Italia: “La Corte dei Conti d’accordo con noi”Più ombre che luci, insomma, nella relazione della Corte dei Conti. Che, per la vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, “stronca la manovra e in generale la politica di un governo che, avendo quale unico collante quello che lo tiene ben saldo alle poltrone, non è mai d’accordo su nulla“, costretto dunque “a rinviare l’effettiva definizione di qualsiasi decisione appena abbozzata a provvedimenti successivi“. Proprio come osservato dai giudici contabili. Secondo i quali l’Italia non può più tirare a campare.
“Abbiamo colpito dei crociati e quattro apostati”: I terroristi Isis rivendicano l’attentato contro i soldati italiani
Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco di ieri mattina avvenuto nella provincia di Diyala, non lontano dalla frontiera iraniana al confine tra le provincie di Salahuddin e Kirkuk, ma ignora praticamente tutto. L’organizzazione terroristica, ad esempio, ignora che a bordo del convoglio colpito ci fossero degli italiani.
Iraq, lo Stato islamico rivendicaLo Stato islamico ha rivendicato il vile attentato avvenuto ieri contro le truppe militari italiane in Iraq. In due comunicati diffusi secondo procedura prima su Amaq e poi su Islamic State, l’organizzazione terroristica conferma il suo coinvolgimento in un’operazione avvenuta nei pressi di Kirkuk, in Iraq. Prestiamo attenzione.
Nei suoi due comunicati diffusi su Telegram (escludiamo il video di Quraysh, molto furbo) i terroristi non menzionano mai l’Italia. Lo Stato islamico non utilizza mai le parole “Italia” o “italiani”, ma soltanto la frase “coalizione crociata”. Troveremo altri dettagli sul settimanale al-Naba. Al-Naba esce nella notte tra giovedì e venerdì di ogni settimana da quasi cinque anni.
Lo Stato islamico ha dimostrato di possedere le risorse e l’intelligence necessaria per colpire sistematicamente l’Iraq, ma potrebbe non aver avuto contezza dell’identità del bersaglio colpito ieri nei pressi di Kirkuk. Potrebbe non essersi trattato di un attacco concepito per colpire proprio gli italiani. L’organizzazione terroristica avrebbe probabilmente colpito un qualsiasi convoglio militare della coalizione internazionale in transito su quella specifica arteria. Questa volta su quel convoglio c’erano gli incursori della Task Force 44.
“Colpita coalizione crociata”Il comunicato dello Stato islamico “Feriti otto elementi della coalizione crociata e dei Peshmerga con un ordigno esplosivo improvvisato in Iraq – Un dispositivo esplosivo improvvisato ha distrutto un veicolo a nord di Kufri, ferendo quattro appartenenti all’organizzazione internazionale dei crociati e quattro apostati”.
Anche al-Shabaab ignorava che fossero italianiIl 30 settembre scorso, a Mogadiscio, un’autobomba di al-Shabaab colpì un convoglio dell’UE. Nonostante le risorse sul campo, la filiale di al Qaeda ignorava che su quei mezzi si trovassero dei militari italiani. Nel rivendicare l’attentato, l’organizzazione terroristica utilizzò la frase “convoglio dell’UE”. La parola Italia o italiani non è stata mai utilizzata nei due comunicati diffusi da al-Kataib. Al-Shabaab possiede le risorse e l’intelligence necessaria per colpire la Somalia ed i Paesi vicini, ma potrebbe non aver avuto contezza dell’identità del bersaglio colpito a Mogadiscio.
La filiale di al Qaeda avrebbe probabilmente colpito un qualsiasi convoglio militare EUTM di pattuglia. Potrebbe non essersi trattato di un attacco concepito per colpire proprio gli italiani. Ricordiamo che per l’attacco dello scorso anno avvenuto contro un convoglio militare italiano di pattuglia nel distretto di Hodan, a Mogadiscio, al-Shabaab non utilizzò mai le parole Italia o italiani, ma soltanto “forze dell’Unione Europea”.
lunedì 11 novembre 2019
“Occhio che l’aria fischia”: ancora minacce di morte contro Salvini. Ma lui: “Non mi fate paura, mi fate pena”
“Salvini occhio, che l’aria fischia…”. E poi quella lettera “A” maiuscola cerchiata, simbolo del movimento anarchico. Matteo Salvini ha postato su Twitter una foto che testimonia l’ennesima minaccia subita, questa volta su un muro di Roma. La scritta immortalata e firmata da qualche sedicente anarchico è stata realizzata a Torpignattara, quartiere alla periferia Ovest di Roma. Dove, a quanto pare il leader politico della Lega non è gradito a qualche d’uno.
“Proiettili, minacce, scritte sui muri. Non mi fate paura, mi fate pena e mi date ancora più forza e coraggio: non mollo e non mollerò, mai!”, il commento dell’ex ministro dell’Interno allo scatto che ritrae l’intimidazione ricevuta.
Tra i commenti ricevuti sul social network, molti utenti esprimono solidarietà al numero uno del Carroccio – “Solo vili esseri che si pensano di essere uomini, ma nella sostanza sono dei vigliacchi“, “L’80 per cento degli italiani è con Lei. Le vogliamo bene oltre a stimarla” e “Speriamo che gli autori di tale scritta siano presto presi e con giusti giudici condannati pesantemente. Questo è segno che si sta percorrendo la strada giusta e i delinquenti temono una politica giusta”, giusto per fare un esempio, ma non mancano i commenti di chi osteggia l’ex titolare del Viminale, polemizzando sul caso Segre.
Il caso Salvini-SegreNei giorni scorsi, ricordiamolo, Matteo Salvini è stato al cento delle polemiche per la seguente frase, in seguito all’assegnazione della scorta alla senatrice a vita, sopravvissuta all’Olocausto:“Anche io, ogni giorno, ricevo minacce. Le minacce contro la Segre, contro Salvini, contro chiunque, sono gravissime”. Un’uscita strumentalizzata dai cosiddetti “benpensanti”.
La testimone degli orrori del nazismo è finita nel mirino di Forza Nuova, che in occasione di un incontro della Segre con alcuni studenti – dedicato proprio alla Shoah – aveva affisso uno striscione di protesta contro l’evento. Alla 89enne, per regioni di sicurezza (in seguito agli insulti antisemiti ricevuti, anche sui social), proprio settimana scorsa è stata assegnata ufficialmente la scorta.
Il Partito Democratico si rituffa nel business-migranti: ai sindaci rossi che accolgono 700 euro l’anno a straniero
Roma – La tentazione del Pd di accaparrarsi anche una fetta delle politiche sull’accoglienza mettendo in piedi l’Authority per gli immigrati cresce di ora in ora.Tanto più che l’ente sarebbe totalmente svincolato dalla durata del traballante governo Conte due. Tre anni almeno e con i vertici ripartiti tra Italia Viva e Leu oltre alla schiera d’apparato di segretari e portaborse: una svolta per rastrellare un po’ di voti, in caso di elezioni anticipate, da onlus, enti benefici e cooperative.
Senza nulla togliere alle politiche del Viminale, i commissari si metterebbero subito all’opera per accaparrarsi anche i consensi di quei sindaci che hanno storto il naso quando è entrato in vigore il primo Decreto Sicurezza di Matteo Salvini.
Il provvedimento infatti ha depauperato tutti gli Sprar (i servizi di accoglienza per i richiedenti asilo), escludendo chi ancora non aveva il titolo di rifugiato, lasciando nelle comunità solo una manciata di minori. L’Authority potrebbe riformulare la ripartizione dei richiedenti asilo con un espediente in modo tale da riservargli un trattamento di favore, fuori sì dalle grandi città, ma non distante dalle comunità dell’hinterland. E non è marginale neppure l’introito che ogni sindaco recupererebbe mettendo in piedi uno o più progetti per l’accoglienza. Almeno 700 euro l’anno a straniero ospitato come previsto dall’ultimo decreto Minniti già per gennaio 2018.
Piaceva parecchio ai sindaci il motto «più l’ente locale accoglie più viene finanziato, meno accoglie più è penalizzato». A dicembre 2017 con il decreto Mezzogiorno l’allora governo Gentiloni aveva conteggiato che l’entità della prima tranche di soldi da sborsare nel 2018 per l’accoglienza diffusa si aggirava sui 150 milioni di euro indirizzati ai comuni parte attiva nei servizi di protezione per i richiedenti asilo. Lo scopo era quello di incoraggiare le realtà locali a occuparsi direttamente dei progetti di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento e costruire percorsi di inserimento socio-economico.
Ecco qui che l’Authority di garanzia dei migranti andrebbe a innestare il suo ruolo anche in questo settore. Non è peregrino rammentare il famoso modello allestito dall’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, che fin dal 2004 aveva utilizzato le molte case abbandonate del paese per ospitare centinaia di richiedenti asilo. Ma non solo. Lavorava sul doppio binario: favoriva l’accoglienza diffusa e anche su quella straordinaria dei Cas. Il Pd, con i commissari per l’immigrazione, vorrebbe ritornare indietro nel tempo. Come se i 15 mesi di Salvini al Viminale potessero essere cancellati con un colpo di spugna. E con essi anche le tendenze di voto degli italiani, il pentimento di aver votato Cinquestelle e il disappunto – per essere cortesi nei confronti di Giuseppe Conte. Lui che per Salvini oramai è anche «l’avvocato delle cause perse e dei clandestini».
Tra Soros, gli Agnelli e Sindona Jr: una pioggia di denaro per Emma Bonino e i Radicali Italiani
Che fine hanno fatto i Radicali? Parafrasando uno slogan molto utilizzato nel mondo dell’estrema sinistra, sono vivi e lottano insieme a noi. Anche se pochi se ne accorgono. In effetti, sembra passato un secolo da quando Marco Pannella dettava l’agenda della politica italiana su diritti civili e laicità tra referendum e scioperi della fame. Ancora prima della scomparsa di Pannella, avvenuta tre anni fa, l’eredità culturale del Partito Radicale fondato nel 1955 da una costola del Pli era stata raccolta dal Club Pannella-Riformatori e soprattutto dai Radicali Italiani, sigla nata nel 2001 (e presente ancora oggi anche se azzoppata nel 2016 da una scissione).
Via Riccardo Magi ed Emma Bonino, confluiti insieme al Centro Democratico di Bruno Tabacci in +Europa, nel partito è rimasta l’anima più “pannelliana” rappresentata da Rita Bernardini e Maurizio Turco. Pur avendo imboccato direzioni diverse, le due ali della galassia radicale hanno un punto in comune non indifferente: le donazioni. Infatti, come racconta il Fatto Quotidiano, Radicali e +Europa non si finanziano soltanto con le iscrizioni. Ma usufruiscono (soprattutto il partito di cui è segretario l’ex finiano Benedetto Della Vedova) di ingentissime elargizioni da parte di imprenditori e filantropi, italiani e stranieri.
George Soros, il benefattore di +EuropaPartiamo da chi è rimasto. I Radicali Italiani si auto-finanziano con 1.300 tessere. La situazione economica non è florida, dal momento che gli ultimi tre anni sono stati impiegati per ripagare i debiti. Diverso il discorso di +Europa, che dal 2018 – anno delle Politiche – ha beneficiato di introiti davvero significativi. Come gli altri partiti, anche quello di Emma Bonino ricava parte delle sue entrate dalle iscrizioni.
Al 20 giugno gli iscritti erano 5.807. Ogni tessera ha un costo variabile dai 25 ai 50 euro per un incasso totale vicino ai 200mila euro. Spiccioli rispetto al valore delle donazioni, provenienti da sostenitori che non hanno grossi problemi a investire cifre importanti. È il caso di Peter Baldwin. Docente di storia, filantropo e marito di Lisbet Rausing (erede dei fondatori della TetraPak), per le elezioni dell’anno scorso Baldwin ha donato a +Europa 1,6 milioni di euro così suddivisi: 100mila al partito e un milione e mezzo ai singoli candidati, tra cui 260mila euro a Della Vedova.
Quindi il nome più celebre (e contestato): quello di George Soros. Nel gennaio 2019, il filantropo ungherese ha donato 99.789 euro, curiosamente la stessa cifra sborsata dalla moglie Tamiko Bolton. Soros è indubbiamente il principale finanziatore della galassia radicale. Nel 2018, la sua Open Society Foundation aveva elargito 50.412 euro al movimento, oltre ai 298.550 donati l’anno prima a favore di “Ero straniero – l’ umanità che fa bene”, una campagna per l’abolizione della legge Bossi-Fini. Sempre nel 2017, lo stesso Soros aveva donato 85.844 euro all’associazione Luca Coscioni, il cui principale esponente è quel Marco Cappato rinviato a giudizio per istigazione al suicidio dopo avere accompagnato Dj Fabo in Svizzera. E non è finita qui, dato che nel 2016 Soros – ricordato per le sue speculazioni su lira e sterlina – aveva regalato altri 41.504 euro a “No Peace Without Justice”, associazione fondata – guarda caso – dalla solita Emma Bonino.
Tra i mecenati anche Agnelli e Sindona Jr.Basta così? Manco per idea. Il 2019 è stato un anno particolarmente florido per +Europa. Malgrado il fallimento delle Europee di maggio, dove non ha superato la soglia di sbarramento del 4% fermandosi a uno stentato 3,1%, il partito di Della Vedova è diventato come il deposito di Paperon de’ Paperoni. Oltre ai 30mila euro di Emma Bonino, sono arrivati i 45mila di Marco Marazzi, avvocato e già vicepresidente della Camera di Commercio Ue in Cina. Quindi i 5 e 4mila euro di Lupo e Delfina Rattazzi, nipoti di Gianni Agnelli, e i 1.000 di Marco Sindona, figlio del faccendiere Michele. Situazione ben diversa da quella dei Radicali Italiani, che per il 99% si finanziano solo con le tessere.
Inoltre, nel computo totale andrebbero inclusi anche i fondi a Radio Radicale, l’emittente che trasmette in diretta le sedute del Parlamento e i principali avvenimenti della politica in virtù di una convenzione con lo Stato da 8 milioni l’anno (a cui aggiungerne altri 4 come fondo per l’editoria). Senza contare tutte le altre convenzioni stipulate con le istituzioni, per progetti specifici, dalle varie associazioni della galassia radicale. Come i 1.154.463 euro raccolti nel 2018 da No Peace Without Justice dai “contratti con enti pubblici” e i 300.579 di Nessuno Tocchi Caino messi insieme nel 2017 tra fondi Ue e “contributi da enti pubblici”. Insomma, la galassia radicale è come una torta divisa a fette. Ognuna con la sua ciliegina
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