sabato 2 novembre 2019
Genova, marocchino semina il panico: “Allah Akbar, italiani morite…”. Ma rischia il linciaggio della folla. Salvato
Lancia un bottiglia di Wiskey vuota sulla folla al grido di “Allah Alakbar”. È l’ultima follia di uno straniero, marocchino e senza fissa dimora, che ha tentato di seminare il panico tra la gente nella città di Genova. Ma, stavolta, il facinoroso ha rischiato il linciaggio.
Era visibilmente su di giri. Anzi, a raccontarla giusta, era saturo di alcol fino al midollo. Così, fuori dai gangheri, si è divertito a spaventare le comitive di ragazzi che, come d’abitudine consolidata del venerdì sera, sostano nel centro cittadino del capoluogo ligure. Stando a quanto si apprende dal quotidiano online Liguria Notizie, i fatti sarebbero occorsi attorno alle ore 23 di ieri, 1 novembre, in Piazza San Donato, cuore della movida locale.
Lo staniero avrebbe lanciato all’aria la bottiglia di liquore vuota salvo poi gettarla in terra e mandarla in frantumi. Il fragore causato dalla rottura del vetro ha richiamato immediatamente l’attenzione del Reparto Sicurezza Urbana della polizia locale che è subito accorsa per farmarlo. Intanto la folla inferocita lo aveva già accerchiato con la volontà di malmenarlo. Per sua fortuna, gli agenti sono sopraggiunti prima che fosse linciato.
Alla vista della Polizia, lo straniero ha seguitato con la medesima condotta scellerata rifiutando persino di esibire il documento di identità. Messo alle strette, ha ben pensato di aggirare i controlli, dapprima millantando di non conoscer l’italiano poi, fornendo false generalità. Ma, neanche a dirlo, i poliziotti non l’hanno bevuta. Dunque ha cominciato a dimenarsi e, nel tentativo di seminare il panico, ha infierito verbalmente contro le autorità. “I fascisti e i nazisti hanno ammazzato troppi pochi italiani“, avrebbe detto senza sortire però, alcun effetto intimidatorio.
A quel punto, gli agenti hanno fatto scattare le manette. Durante l’arresto, l’uomo avrebbe finto una profonda crisi respiratoria rendendo necessario l’arrivo di un’ambulanza. Accertata l’entità del malore (una vera e propria farsa), l’uomo è stato condotto in Questura per gli accertamenti di rito.
Si tratta di un 38enne marocchino, senza fissa dimora e sprovvisto di permesso di soggiorno. Il nordafricano è stato denunciato per i reati di ubriachezza manifesta, minacce e resistenza a pubblico ufficiale, getto pericoloso di oggetti e, infine, gli è stato imposto un ordine di allontamento dal territorio genovese.
Macron torna a sfidare l’Italia: ci rimanda indietro un Tir carico di migranti. Salvini: “Conte è complice o incapace”
I clandestini, la gendarmerie li ha pizzicati a pochi chilometri da Nizza. Erano tutti e trentuno stipati su un camion che stava viaggiando su un’autostrada nel sud-est della Francia. Dopo essere stati fermati durante un controllo di routine, i pachistani sono stati portati nel nostro Paese mentre l’autista è stato arrestato e portato a Mentone.
Un’azione che, pur seguendo le procedure di non ammissione che sono entrate in vigore nel 2015 dopo la chiusura dei valichi con l’Italia, ha scatenato l’ira della Lega. “Altro che Orbàn, è l’europeista Macron a confermarsi spietato”, ha lamentato Matteo Salvini accusando il governo Conte di essere “complice” dei francesi o “incapace” a gestire l’emergenza immigrazione.
Dal 2015, con la scusa dell’emergenza terrorismo, il governo francese ha sospeso gli accordi di Schengen e ha iniziato a pattugliare tutti i confini e i valichi con l’Italia. Come già documentato la scorsa estate in un reportage del Giornale.it, il limite dei due anni imposto dai trattati è stato ampiamente aggirato. E così non passa giorno senza che la gendarmerie non batta a tappeto i treni provenienti dall’Italia in cerca di clandestini o le autostrade del sud del Paese per fermare i passeur.
E così, una volta che i migranti vengono pizzicati senza il permesso di soggiorno, vengono immediatamente caricati su un furgone, trasferiti al confine e consegnati alle autorità italiane per essere rimpatriati (guarda il video). Così è successo anche ieri, come annunciato dal procuratore di Nizza, quando durante un controllo su un’autostrada nel sud-est della Francia, a qualche chilometro dal confine italiano, trentun pachistani sono stati trovati dentro a un camion.
“Tra gli occupanti del camion – ha fatto sapere il procuratore di Nizza – c’erano tre adolescenti di circa 15 anni ma senza famiglia”. Senza pensarci troppo, i francesi hanno consegnati i trentun pachistani alle autorità italiane. “Abbiamo agito sulla base della procedura di non ammissione in vigore dal ripristino del controllo di frontiera nel novembre 2015″, ha dichiarato la prefettura francese ricordando che questo tipo di procedura si applica quando il controllo avviene in uno dei cosiddetti “valichi autorizzati”.
Una sorta di frontiera virtuale che permette agli agenti di fermare tutti gli irregolari, indipendentemente dall’età. Peccato che, come ricorda il vice presidente del Senato Roberto Calderoli, la decisione di sospendere gli accordi di Schengen e di ripristinare i controlli alla frontiera sia stata unilaterale. “Questa è l’Europa a cui siamo inchinati – tuona il leghista – veniamo trattati da repubblica delle banane e ci trattano come se fossimo un centro di raccolta di clandestini a cielo aperto”.
Ora l’ufficio del procuratore di Nizza si ripromette di mettersi al lavoro per rintracciare la rete di trafficanti che ha permesso ai trentun pachistani di arrivare fino a pochi chilometri da Nizza. La realtà, però, è che il loro unico scopo è di respingere il maggior numero di stranieri possibile. Tanto che la stessa prefettura delle Alpi Marittime ha rivendicato “l’efficacia delle misure per combattere l’immigrazione clandestina, che opera 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana”, per rimandare i clandestini nel Belpaese. Anche quelli che, come dimostrato dal Giornale.it, vengono beccati a centinaia di chilometri dal confine italiano (guarda il video).
E gli stratagemmi usati dalla gendarmerie, su impuslo del governo francese, sono molteplici. Tra questi anche la falsificazione dei documenti. Eppure, nonostante le continue denunce, l’Unione europea, che tanto si è spesa contro i porti chiusi dell’Italia e i respingimenti dell’Ungheria, non ha mai mosso un dito per contrastare il pugno duro di Emmanuel Macron.
Movimento 5 Stelle in paranoia: “In Emilia-Romagna Di Maio vuole far vincere Salvini”
Il «me ne frego» di Gigino Di Maio alla proposta fare fronte comune con il Pd alle prossime Regionali arriva forte e chiaro dal Marocco, dove ieri era in tour: «Non me ne importa nulla di parlare di coalizioni o altro, non importa agli italiani. È un dibattito che sta stancando i cittadini. Si parla di coalizioni, di accordi: invece credo che dobbiamo concentrarci sugli obiettivi».
L’occasione per mandare a quel paese il Pd, con cui pure ha fatto fronte comune a Roma per restare al governo, gli viene offerta dall’astuto Pierluigi Bersani, che ieri aveva provato a sedurre il capo grillino proponendo addirittura una «costituente» in cui fondere il Pd con i Cinque stelle (con l’aggiunta fondamentale della sua Leu), onde fermare il salvinismo e salvare l’Emilia Romagna, una Regione – dice – «che vale più del governo».
I sondaggi segnalano la necessità di allargare il fronte per resistere all’ondata di destra, e il governatore dem Stefano Bonaccini ha aperto ai Cinque stelle, sia pur con molta cautela perché «le alleanze fatte solo per battere gli avversari non mi troveranno mai d’accordo». E quindi prima di creare una coalizione bisogna «verificare se ci siano o meno convergenze sui programmi. Se non ci sono, arrivederci e amici come prima».
Ma Di Maio di programmi o coalizioni non vuol neanche parlare. Anzi, sussurrano alcuni parlamentari ormai sul piede di guerra, «Luigi vuole che il centrosinistra perda l’Emilia. Così come ha voluto scientificamente perdere l’Umbria: ha fatto una campagna elettorale anestetizzata, e iniziative solo in appoggio a due suoi protetti, per favorirli con le preferenze a discapito degli altri». Ma al di là delle beghe sulle cordate interne, il sospetto dell’ala filo-Pd dei grillini è che Di Maio voglia fare un «regalo a Salvini»: «la testa di Conte su un piatto d’argento».
La débâcle in Emilia Romagna, infatti, terremoterebbe il Pd e l’attuale maggioranza di governo, aprendo la strada alle elezioni anticipate vagheggiate dal capo della Lega. In cambio, Di Maio si libererebbe della concorrenza interna del premier e sconfiggerebbe sanguinosamente i suoi avversari interni filo-dem, come Roberto Fico (e indirettamente Beppe Grillo). E non solo si riguadagnerebbe un rapporto preferenziale con Salvini, suo primo amore politico, restando quindi nell’area di governo anche con il centrodestra ma otterrebbe anche un altro risultato non da poco, per un partito che si sta dissanguando elettoralmente. Il voto anticipato, infatti, bloccherebbe il «taglio dei parlamentari», la cosiddetta riforma voluta dai grillini, ma che ora rischia di penalizzarli più di tutti, decimando i loro gruppi parlamentari, e che quindi si vuole sventare.
Il tutto, dicono i boatos interni al M5s, con la silenziosa benedizione di Casaleggio junior, che ha ereditato il partito dal defunto genitore e che con la destra sovranista ha affinità elettive di vario genere, non solo ideale.
La risposta dei dem non si fa attendere: il segretario Nicola Zingaretti chiede agli alleati riottosi il rispetto dei patti, e fa annunciare che «nei prossimi giorni il Pd chiederà il ritiro o la modifica dei decreti sicurezza, così come stabilito nel programma di governo». Un messaggio a chi, dentro e fuori il partito (da Matteo Orfini a Emma Bonino) ha accusato il Pd di aver rinunciato, sull’altare del governo, alla battaglia contro la linea salvinista su sicurezza e immigrazione. E un tentativo di recuperare appeal a sinistra, e di dare un profilo più riconoscibile al partito, in vista di un voto che si preannuncia decisivo, e che il centrosinistra dovrà affrontare contando solo sulle proprie forze, visto che l’alleato di governo gioca, a quanto pare, su due tavoli.
Il piano “criminale” del PD che renderà l’Italia meno sicura: stralciare i Decreti Salvini e gli accordi con la Libia
Mentre continua il braccio di ferro sulla manovra economica, il governo ha un’altra gatta da pelare, ovvero il memorandum sulla Libia. La volontà dell’esecutivo, come spiegato in aula dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è di modificarne i contenuti. Ma in maggioranza non mancano i malpancisti che – oltre a rivedere il patto firmato nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti con le tribù libiche – vogliono cancellare con un tratto di penna i due decreti Sicurezza, simbolo del Viminale leghista.
In prima linea è scesa anche Laura Boldrini che, in una intervista a Repubblica, ha minacciato il governo che non voterà il rifinanziamento della Guardia costiera libica, se l’intesa con Tripoli non verrà modificata “radicalmente”.
Il fronte è caldissimo. A preoccupare maggiormente il premier Giuseppe Conte è il Memorandum con Tripoli. L’ala più oltranzista dell’esecutivo è pronta a dare battaglia affinché venga modificato “radicalmente”. Nelle ultime ore è scesa in campo la Boldrini che ha appunto minacciato di non votare il rifinanziamento della Guardia costiera libica. Per l’ex presidente della Camera, oggi deputata del Partito democratico, l’intesa “non va” perché “non tiene conto di quanto successo nel frattempo”. Sventolando i recenti rapporti dell’Onu, accusa il Paese nordafricano di non rispettare i diritti umani e i centri di detenzione di praticare la tortura. “Inoltre – continua – c’è una guerra civile e alcuni membri della Guardia costiera risultano collusi con i trafficanti di uomini. Il quadro di accordi va quindi radicalmente cambiato”.
Quello di cui la Boldrini non tiene conto è che l’Italia rischia grosso a stralciare il memorandum. Una presa di posizione così netta lascerebbe uno spazio vuoto a Tripoli con il presidente Fayez Al Sarraj subito pronto a cercare altri partner. E il presidente francese Emmanuel Macron è in pole position per prendere il posto del governo italiano che oggi sostiene le forze governative libiche anche con 300 soldati presenti a Misurata e con un rapporto che permette a Roma di avere l’unica ambasciata di un Paese occidentale operativa a Tripoli. Per l’ex presidente della Camera, come per tutti gli ultrà dell’accoglienza, ora il premier Giuseppe Conte “deve fare sul serio”.
La parola d’ordine è svuotare i centri di detenzione dove attualmente sono ospitati circa 5mila migranti. “Bisogna organizzare l’evacuazione umanitaria di queste persone verso altri Paesi”, conclude la Boldrini che vorrebbe anche togliere alla Guardia costiera libica il ruolo di coordinamento dei soccorsi. Il combinato delle misure, però, porterebbe una nuova ondata di partenze dalle coste libiche e una conseguente recrudescenza degli sbarchi di clandestini nei nostri porti.
Presto i nodi dovranno venire al pettine. Fonti parlamentari fanno sapere all’agenzia LaPresse che già nei prossimi giorni i dem chiederanno l’abolizione, o quantomeno la modifica, dei decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini. “Un punto che – sottolineano – è stabilito nel programma di governo”. L’accelerata, però, sarebbe stata decisa nelle stanze del Partito democratico sia come vendetta alla chiusura di Luigi Di Maio all’alleanza in Emilia Romagna sia per spostare il baricentro dell’esecutivo più a sinistra.
“Non rassegniamoci alla barbarie”, fa eco anche Matteo Orfini chiedendo, oltre alla cancellazione dei decreti Salvini, anche il ripristino delle missioni di salvataggio in mare e l’interruzione immediata di qualsiasi collaborazione con la Guardia costiera libica. In questa battaglia i piddini potrebbero trovare la sponda del partito di Matteo Renzi, Italia viva, e sarebbe la prima volta dopo la scissione. Il tutto nel segno della discontinuità e dell’anti salvinismo
L’Italia senza Salvini al governo cala le braghe e spalanca i porti alle Ong: la Alan Kurdi sbarca a Taranto
È bastato l’ingresso nelle acque territoriali italiane per convincere il governo giallorosso ad aprire il porto di Taranto. I migranti a bordo della Alan Kurdi dell’ong Sea Eye sbarcheranno in Puglia nelle prossime ore. Dopo sette giorni di attesa in mare, oggi l’equipaggio ha deciso di entrare nelle notre acque sfidando anche le norme del decreto Sicurezza. Il Viminale in serata ha indicato il porto di sbarco a Taranto.
Di fatto i migranti a bordo dovrebbero essere ricollocati seguendo gli accordi di Malta. La Germania e la Francia accoglieranno 60 migranti, il Portogallo 5 e l’Irlanda 2.
Nelle ultime ore l’equipaggio aveva mandato un messaggio per chiedere al governo italiano l’immediata assegnazione di un porto di sbarco: “Siamo entrati nelle acque territoriali italiane per cercare riparo dal vento e dalle onde“, aveva spiegato l’Ong, “nonostante la soluzione diplomatica per le rimanenti 88 persone salvate a bordo della Alan Kurdi, non ci è stato ancora assegnato un porto sicuro. Un altro capitolo oscuro della fortezza Europa“.
In mattinata una persona di 20 anni è stata evacuata dalla nave per motivi di salute e portata a terra. Sempre oggi i cadaveri in decomposizione di due uomini, presumibilmente nordafricani, sono stati trovati a bordo di un piccolo gommone davanti alle coste di Arbatax, nel Nuorese. Il gommone non aveva motore nè remi ed è quindi un mistero come possa essere arrivato fin lì.
Ora l’ennesimo sbarco sulle nostre coste, questa volta con l’indicazione del porto da parte del governo. Le ong dunque tornano ad attraccare in Italia. E il Pd, sempre più determinato a dare una svolta a sinistra a questo esecutivo, ha annunciato che chiederà modifiche o l’abolizione integrale dei decreti Sicurezza voluti da Salvini. Una mossa per riaprire definitivamente le porte del Paese a migranti e ong.
La nave Alan Kurdi con 88 migranti entra in acque italiane senza permesso. Ma Lamorgese: “Non c’è invasione”
La nave Alan Kurdi, poche ore fa, è entrata in acque territoriali italiane. Lo ha annunciato su Twitter la Ong Sea Eye spiegando che la nave cerca un riparo dal vento e dalle onde. “Nonostante la soluzione diplomatica per le 88 persone salvate a bordo della Alan Kurdi – continua il tweet -, non c’è ancora l’assegnazione di un porto sicuro.
Un altro capitolo buio per la fortezza Europa”. Da una settimana la nave attende l’assegnazione di un porto dove far sbarcare i migranti.
Gordon Isler, portavoce della Sea-Eye, ha usato parole dure nei confronti del governo italiano: “Il governo italiano sta probabilmente aspettando, come nel caso della Sea Watch 3 o della nave Eleonore, che il capitano dichiari uno stato di emergenza per poi entrare in porto senza autorizzazioni. Sebbene non siamo stati più insultati dai ministri italiani con il cambio di governo non ci sono stati reali segnali di cambiamento nei confronti delle Ong”.
La nave Alan Kurdi senza porto ma per Lamorgese l’accordo di Malta funzionaIl ministro dell’Interno Luciana Lamorgese nega tuttavia l’evidenza e afferma che non c’è un’emergenza sbarchi. “Non siamo di fronte ad alcuna invasione. Basti pensare che nel 2019 gli arrivi sono stati circa 9.600 rispetto ai 22mila di tutto il 2018”. Lo ha detto in un’intervista a La Repubblica contestando i dati forniti da Salvini .
“I dati a cui si fa riferimento sono relativi al solo mese di settembre. Raffrontando gli sbarchi di settembre 2018 e 2019, in effetti l’incremento numerico c’è stato, ma è riconducibile soprattutto all’aumento degli sbarchi autonomi, che non costituisce un fenomeno nuovo”. In particolare, aggiunge, “nel 2018 i migranti approdati qui con piccole imbarcazioni sono stati circa 6mila, mentre dall’inizio di quest’anno sono circa 7.500, e la tendenza all’incremento s’era registrata già dal mese di aprile.
Un fatto importante si è verificato con l’ultimo sbarco della Ocean Viking, in quest’occasione Francia e Germania hanno offerto la disponibilità ad accogliere il 72 per cento dei migranti, dando di fatto già attuazione al pre-accordo di Malta, che comincia quindi a dare i primi risultati”.
Ma dimentica di rispondere su un punto: la bozza di Malta prevedeva anche la rotazione dei porti che, finora, è rimasta lettera morta.
La batosta in Umbria non è bastata, il M5S insiste: “Regionali in Calabria? Ragioniamo col Partito Democratico”
“Quello col Pd in Umbria era un esperimento e non ha funzionato. Dunque questa strada non è più praticabile“. Pochi giorni fa Luigi Di Maio aveva chiuso definitivamente a nuove alleanze territoriali con il Partito democratico, alla luce dell’umiliante risultato rimediato domenica 27 ottobre.
Peccato però che in Calabria ora si stia vociferando tutt’altro. Qui M5S e Pd potrebbero presentarsi insieme trovando una convergenza in Filippo Callipo: si tratta di un profilo che potrebbe davvero rappresentare un punto d’incontro comune tra le due forze politiche in vista delle elezioni Regionali che potrebbero tenersi il 26 gennaio, ma non vi è ancora stata l’ufficialità della data.
Calabria, M5S-Pd insieme?Un’apertura è arrivata da Riccardo Tucci: “Dobbiamo dialogare con un Pd profondamente rinnovato, che riesca a mettere da parte i vecchi capibastone e che adegui il programma elettorale a quello che ci è più funzionale“. Il deputato grillino calabrese fa il tifo per la candidatura dell’imprenditore del Vibonese: “Sarebbe perfetto.
Da 10 anni a questa parte, ogni anno suddivide gli utili con i dipendenti delle sue aziende, è un imprenditore stimato da chiunque abbia avuto a che fare con lui“. A rafforzare questa ipotetica strada ci ha pensato Antonio Viscomi: “Credo che la dichiarazione di Tucci meriti non solo di essere condivisa, ma anche di essere presa, da tutti, in seria considerazione“.
Il deputato del Partito democratico infine, considerando l’esigenza di rinnovamento e l’apertura di una nuova porta alla classe dirigente, ha concluso: “Su questi temi dobbiamo lavorare insieme, come già tante volte abbiamo fatto nella comune commissione lavoro della Camera“.
venerdì 1 novembre 2019
Un nuovo assalto alle coste italiane. L’Ong tedesca Alan Kurdi fa pressing su Conte: “Fateci sbarcare in Italia”
Dopo l’ingresso della Ocean Viking, alle porte dell’Italia a bussare adesso è anche la nave dell’Ong tedesca Sea Eye: la Alan Kurdi infatti, si trova a poche miglia alla Sicilia. A bordo del mezzo, da oramai una settimana ci sono quasi 90 migranti.
La missione della nave è iniziata sabato scorso con uno scontro sfiorato con alcune motovedette della Guardia Costiera libica. In particolare, dopo aver recuperato 92 migranti da un barcone non lontano dalle coste del paese nordafricano, mezzi di Tripoli hanno raggiunto la zona circondando la Alan Kurdi.
I libici hanno chiesto di interrompere le operazioni di salvataggio, in quanto le acque in cui si stava operando erano di propria competenza. Ne è nata una situazione di tensione in cui peraltro, secondo alcune testimonianze riportate dagli stessi membri dell’equipaggio della nave dell’Ong tedesca, da parte dei militari libici sono stati esplosi alcuni colpi di arma da fuoco.
Nessun ferito tra i 17 membri dell’equipaggio, così come tra i migranti. Alla fine quella situazione di tensione si è risolta con le 92 persone notate a bordo del barcone in avaria raccolte a bordo della Alan Kurdi. Da quel momento, la nave ha iniziato il consuetudinario giro lungo il tratto di mare che separa la Libia dall’Italia.
Ed ora, come spesso capitato già in passato, i membri della Sea Eye hanno affidato le proprie richieste ai social: “Ottantotto persone rimangono con noi – si legge sul canale Twitter dell’Ong – Quando termina questo blocco?”. Dei 92 migranti, quattro sono stati evacuati per ragioni di salute nelle scorse ore. L’ultimo proprio questa mattina: una ragazza di 20 anni, secondo i medici non poteva rimanere ancora a bordo e dunque si sono attivati i soccorsi che hanno portato a terra la giovane.
Dal messaggio lanciato su Twitter, ben si intuisce dunque come la Sea Eye abbia come primo obiettivo quello di sbarcare in Italia, emulando la Ocean Viking che, proprio pochi giorni fa, è stata autorizzata dal Viminale per la quarta volta in due mesi ad approdare in uno dei porti del nostro paese. I membri dell’Ong tedesca sperano in un atteggiamento del governo giallorosso diverso da quello gialloverde, anche se per il momento da Roma non è arrivato alcun segnale. Possibile che, a causa del maltempo che nella zona sta per imperversare, la pressione da parte della Sea Eye nelle prossime ore si faccia più forte.
La questione legata alla Sea Eye, ha mostrato come i flussi migratori siano in ripresa anche lungo la rotta libica, circostanza questa che ha contribuito a far aumentare su base annuale il numero di migranti approdati anche nel mese appena trascorso.
“Ma il signore in studio è nervoso? Ha mangiato pesante?”: Salvini asfalta il comunista Vauro in diretta
Matteo Salvini, in collegamento con Dritto e Rovescio, non nasconde di festeggiare la ricorrenza di Ognissanti con tanto di salumi: “Finchè non verrà messa fuori legge per rispetto di chi sbarca domattina, stavo mangiando pane, salame e coppa piacentina”.
Una dichiarazione, quella dell’ex ministro, che inorridisce Vauro Senesi. Il vignettista, presente in studio da Paolo De Debbio, si appella ai soliti argomenti della sinistra: “Lei Salvini sa che anche gli ebrei non mangiano salumi? Oggi la Lega ha fatto una figuraccia con la sopravvissuta Liliana Segre“.
Senesi fa riferimento all’astensione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia sulla creazione della Commissione straordinaria per combattere razzismo, antisemitismo e ogni forma di istigazione all’odio. Idea della Segre stessa. “Ma il signore in studio è nervoso? Ha mangiato pesante? – chiede il leader leghista -. Adesso se uno mangia i salumi antisemita. Basta con questi paralleli.
Polizia in rivolta contro il PD: “Ci marchiano come il bestiame”. “Schedate i delinquenti, non gli agenti”
La proposta di legge del Pd prosegue il suo corso, approda in Commissione alla Camera, poi forse arriverà in Aula. Ma l’idea di ritrovarsi con dei codici identificativi su casco e divisa non piace per nulla ai poliziotti. Anzi. Lo considerano un “pericolo” in un “momento storico” in cui gli agenti sono sempre più esposti alle aggressioni. Prima i fatti. Il pdl è stato partorito da Giuditta Pini, onorevole esponente del Partito Democratico.
La legge di cinque articoli prevede che i poliziotti debbano portare su casco, gilet tattico e uniforme un “codice alfanumerico che consenta l’identificazione dell’operatore che lo indossa”. L’obiettivo è quello di adeguarsi di “strumenti per la tutela dei cittadini” contro “eventuali abusi del diritto che occasionalmente si potrebbero verificare”.
Cioè permettere ai manifestanti di denunciare gli agenti. Per addolcire la pillola, la proposta prevede anche di disporre le divise di una bodycam per registrare gli scontri di piazza. La seconda parte del testo trova il consenso di buona parte degli operatori di polizia e carabinieri, ma la “schedatura” è vista con forte avversione. “È assurdo che proprio in questo momento storico, di vera ecatombe fra gli appartenenti alle Forze dell’ordine, il meglio che si riesca a proporre è di marchiare gli agenti come capi di bestiame, anche se in effetti vengono mandati al macello durante le manifestazioni”, attacca Valter Mazzetti, segretario generale dell’Fsp.
Sulla stessa linea anche Domenico Pianese, segretario generale del Coisp: “È una vergogna: i nostri agenti non sono da schedare e monitorare con sospetto”. Mentre Andrea Cecchini, di Italia Celere, sottolinea come in piazza al fianco delle divise la scorsa settimana non sia sceso nessun parlamentare della maggioranza giallorossa.
“Noi chiediamo tutele e regole d’ingaggio e loro – dice – dopo il reato di tortura, vogliono marchiarci per renderci inermi e inutili e assicurare impunità a violenti e delinquenti”. Quello che stupisce è che “alle doglianze della politica quando i nostri colleghi perdono la vita durante il servizio, seguano fatti che vanno nella direzione diametralmente opposta alla doverosa tutela delle donne e degli uomini in divisa”. In fondo ogni anno 4mila operatori vengono feriti in servizio. C’è anche chi muore.
La mossa dem ha subito scatenato la polemica politica. L’ex sottosegretario leghista Nicola Molteni si chiera con le divise e promette battaglia in Parlamento. “È necessario schedare i delinquenti – dice – non chi rischia la vita per difendere gli italiani”. A ben vedere, gli identificativi sono un vecchio cavallo di battaglia sia del Pd che del M5S, che in più occasioni hanno cercato di infilare emendamenti nelle leggi sulla sicurezza nazionale.
Priorità di una “politica ipocrita e miope”. “Così si nega la realtà – attacca Mazzetti – i criminali sono altri”. L’equivoco è assurdo e forse anche dannoso. “Rendere donne e uomini riconoscibili significa esporli a un ulteriore grave pericolo – continua il segretario dell’Fsp – Le Forze dell’ordine accudiscono con eccezionale professionalità una media di 12mila manifestazioni all’anno, eppure assurgono alle cronache per incidenti solo quelle in cui agisce parte di quel mondo antagonista fatta da professionisti della criminalità di piazza che hanno come bersaglio chi veste l’uniforme”.
Il governo PD-M5S riapre il “campo profughi Italia”: in soli due mesi sbarcati 4.352 migranti
Il nostro Paese sta tornando ad essere considerato il campo profughi d’Europa. Non è solo l’impennata di sbarchi registrata nelle ultime settimane a farcelo dire. Ci sono diversi atteggiamenti all’interno del governo e in seno all’Unione europea che stanno mettendo a nudo la pericolosa inversione di rotta impressa dal Conte bis.
A rompere gli argini, dopo la batosta elettorale in Umbria, è stata la decisione del governo di inchinarsi a piedi di una Ong francese, la Sos Mediterranée, e di far attraccare la Ocean Viking, nave battente bandiera olandese, nel porto di Pozzallo per farvi sbarcare i 104 immigrati clandestini che ha a bordo. Una presa di posizione netta a favore delle organizzazioni non governative che incoraggia gli scafisti in un momento in cui continuano gli sbarchi non accennano a diminuire. Dall’inizio del mese, tanto per dare un’idea al lettore, si sono registrati 1.854 arrivi di immigrati contro i 1.007 di tutto ottobre 2018. E ancora: a settembre gli stranieri arrivati sulle nostre coste sono stati 2.498 contro i 947 arrivati nello stesso periodo dell’anno scorso.
Il problema è che il governo giallorosso non intende mettere un freno a questa nuova ondata di immigrati. Anzi, sembra seriamente intenzionato a riproporre quelle politiche buoniste messe in campo dai governi Letta, Renzi e Gentiloni e che hanno portato il Paese al collasso mentre gli ultrà dell’immigrazione si arricchivano con il business dell’accoglienza. Le linee guida illustrate nelle scorse ore dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, davanti alla commissione antimafia della Camera, sono di mettere mano, “nel giro di poco”, ai decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini quando sedeva al suo posto al Viminale.
Già nei giorni scorsi, dal Partito democratico hanno fatto sapere di aver già pronti gli emendamenti necessari a smontare “pezzo per pezzo” i due decreti invisi alla sinistra. “Sui decreti sicurezza c’è stato un intervento del capo dello Stato – ha confermato la Lamorgese – quindi noi certamente in prima battuta opereremo quelle modifiche per renderli conformi alle osservazioni che erano venute dal Quirinale”. Una volta compiuto questo colpo di spugna i porti torneranno ad essere aperti a tutti gli effetti e le Ong non avranno più alcun impedimento a scaricarci tutti i disperati raccolti nel Mar Mediterraneo.
Anche a Bruxelles l’esecutivo sta tenendo la stessa linea che porterà l’Italia ad essere considerata il campo profughi d’Europa. Secondo un’indiscrezione pubblicata dal quotidiano Die Welt dopo aver sentito fonti del Bundestag, il premier Giuseppe Conte avrebbe accettato un piano che prevede il rientro nel nostro Paese dei “dublinanti” presenti in Germania. Va detto che queste espulsioni forzate vanno avanti da sempre. Anzi, nei mesi scorsi era venuto anche alla luce che le autorità tedesche sono solite stordire con medicinali gli immigrati prima di imbarcarli in volo. Quando al Viminale sedeva Salvini, la cancelliera Angela Merkel non era mai riuscita a far sottoscrivere un accordo per un rientro sistematico dei dublinanti. Adesso, invece, si parla di due voli al mese dalla Germania verso l’Italia con a bordo un massimo di 25 migranti.
Già dopo il via libera alla Ocean Viking, la Alan Kurdi e la Open Arms hanno chiesto al nostro governo di poter avere un porto sicuro. Molto probabilmente vedremo gli effetti di queste scellerate decisioni la prossima primavera quando, complice le buone condizioni meteorologiche, gli sbarchi torneranno a farsi massicci. Entro allora i giallorossi avranno preparato la strada per una nuova ondata di arrivi che rimetterà in moto la macchina da soldi gestita dagli ultrà dell’accoglienza e dalle solite cooperative rosse.
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