mercoledì 9 ottobre 2019

Il patto di Malta è un grande flop: sono 3 Stati accoglieranno (il 10%) dei migranti. E la Germania mette i paletti


L’accordo di Malta si avvia verso un binario morto. Ancora una volta l’Europa si volta dall’altra parte. Nel vertice dei ministri dell’Interno in Lussemburgo si è delineato un vero e proprio flop per il patto che dovrebbe definire la redistribuzione dei migranti che arrivano in Europa (e soprattutto in Italia). Ad affossare l’intesa sono state le parole del ministro degli Interni tedesco, Horst Seehofer: “Se i migranti da salvare aumentano – afferma il ministro Horst Seehofer – Allora posso annunciare domani che il meccanismo di emergenza si ferma“.

Un’affermazione pesantissima che va a ridimensionare di gran lunga l’accordo di Malta. Ma a spiegare meglio il flop di questo patto sono i numeri. Solo quattro Paesi oltre a Italia, Francia, Germania e Malta hanno accettato di aderire alle nuove ricollocazioni dei migranti che, ricordiamo, sono su base volontaria. “Per adesso sono tre o quattro i paesi Ue che» hanno aderito al meccanismo di Malta in tema di gestione dei migrant, tra questi Lussemburgo, e Irlanda.

Questi sono i paesi che hanno dato già ora la disponibilità, ma dobbiamo operare perché l’accordo abbia una valenza su altri paesi“, ha affermato il ministro degli Interni Lamorgese. “Non c’è un numero minimo per iniziare”, ha aggiunto. Dal Viminale dunque c’è moderato ottimismo sulla possibile efficacia di un accordo di questo tipo. Sono ben lontani i toni dell’annuncio dell’accordo di qualche settimana fa.

E la Lamorgese ha incassato il colpo della Germania dando uno sguardo alle cifre degli sbarchi. Cifre che per il momento sono figlie del decreto Sicurezza messo sul campo dall’ex ministro Salvini, ma che di fatto potrebbero lievitare con la politica dei porti aperti del governo giallorosso: “Adesso siamo a numeri che sono abbastanza limitati e, quindi, possiamo ancora ragionare“. La sensazione è che questo accordo possa presto rivelarsi un bluff dell’Europa per fingere di dare una mano all’Italia sull’accoglienza per poi lasciare i migranti a casa nostra in nome del trattato di Dublino.

Le opposizioni sono già sul piede di guerra e la capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, riassume bene quanto sia debole il patto di Malta: “La ministra Lamorgese, al termine del Consiglio Ue a Lussemburgo, ha detto che oggi non darà i numeri sui Paesi che hanno aderito all’intesa di Malta, ma poi ha ammesso che a dire sì sono stati solo tre o quattro Stati. Altro che svolta storica: l’Italia è andata incontro all’ennesimo fallimento sulla redistribuzione dei migranti. Il governo smetta dunque di dare i numeri propagandando successi inventati“.

Giustizia scandalosa: pm chiede l’archiviazione sul caso Pamela Mastropietro. Ira della famiglia: “Martirio inutile”


La famiglia di Pamela Mastropietro e l’avvocato se lo aspettavano. Nessuna sorpresa. La decisione del gip di Macerata di riservarsi sull’archiviazione del processo ai danni di Lucky Desmond e di Awelima Lucky viene vista come “una prassi, vista la mole di carte da valutare”.

Quello che però i parenti della ragazza uccisa e fatta a pezzi a Macerata sperano di non dover affrontare è una chiusura “rapida” di un omicidio “diabolico”. “Questo è il processo del secolo e va celebrato fino in fondo – dice al Giornale.it Marco Valerio Verni, legale della famiglia e zio di Pamela – Dalla procura mi sarei aspettato più coraggio.

Non è possibile archiviare senza cercare di conoscere tutta la verità su quanto successo“.

Il corpo di Pamela viene ritrovato nel gennaio 2018 all’interno di un trolley abbandonato per strada. ll 29 maggio scorso il nigeriano Innocent Oseghale è stato condannato in primo grado per aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi la giovane. Insieme a lui, nelle prime fasi dell’indagine, erano stati coinvolti anche Desmond e Awelima (che stanno scontando la condanna in secondo grado a 4 anni e 8 mesi per spaccio di droga). La procura per loro ha però chiesto l’archiviazione, ritenendo di non avere elementi contro di loro e considerando Oseghale l’unico responsabile della morte di Pamela. Decisione contestata dalla famiglia, che si è opposta: “Onestamente su Awelima non sono emersi elementi particolari, ma su Desmond abbiamo sospetti e vorremmo che venissero fugati”.

Secondo Verni “Oseghale non può aver fatto tutto da solo“. La famiglia ne è certa. “Mi chiedo perché Osegale si sia impegnato 6-8 ore per depezzare chirurgicamente il corpo di Pamela per poi abbandonarlo sul ciglio della strada dove avrebbero potuto trovarlo un secondo dopo. Non ha senso“. L’obiettivo dei parenti di Pamela non è quello di “mettere in mezzo a tutti i costi qualcun altro che magari non c’entra“, ma avere la certezza che effettivamente sia così. Evitare cioè “che ci sia una dissonanza tra verità storica e verità processuale“. Il rischio c’è. “Le indagini, secondo noi, sono state lacunose sotto diversi aspetti“, attacca Verni. Un esempio su tutti: “Le sembra normale che non abbiano messo una microspia nella cella di Oseghale?“.

I genitori di Pamela vorrebbero che un processo determinasse se Lucky Desmond è implicato in qualche modo oppure no. In fondo, diverse persone hanno fatto il suo nome. “Oseghale ha lo ha indicato come corresponsabile – spiega l’avvocato – e alcuni elementi sono stati raccontati anche da un collaboratore di giustizia e da un carcerato (ex poliziotto) che era in cella con il nigeriano“. Per la difesa di Desmond si tratta di “testimoni non attendibili”. Ma se le versioni dei teste non sono ritenute veritiere dalla procura, allora – si chiede Verni – “perché non sono stati indagati o denunciati per calunnia, Oseghale in primis?”.

I dubbi rimangono. Ma oggi non resta che affidarsi alle decisioni del gip. “Ci vorranno non meno di 12 giorni“, dice Gianfranco Borgani, difensore di Desmond Lucky, per sapere l’inchiesta finirà in un cassetto o se la procura sarà chiamata a svolgere ulteriori indagini. La famiglia Mastropietro spera. E attende. “La richiesta di archiviazione del pm è sbagliata – attacca il legale – si fonda, secondo noi, su presupposti che contraddicono alcuni atti di indagine e dibattimentali, emersi nel processo principale. E non solo“.

Il “processo del secolo” insomma deve andare avanti. E magari superare il singolo, orribile, caso. “Al di là del coinvolgimento di Desmond, noi insistiamo affinché la procura di Macerata invi la documentazione alla Direzione Distrettuale Antimafia perché dalle indagini sono emersi, secondo noi, degli indizi che permettono di sospettare che i tre nigeriani facciano parte di una associazione mafiosa“. Perché è solo scoperchiando “la ferocia” della mafia nigeriana che, conclude Verni, “riusciremo a non rendere inutile il martirio di Pamela“.

Altro che taglio dei parlamentari, il premier Conte spende 17 milioni di euro per acquistare nuove auto blu


“Un miliardo di motivi” per votare il ddl taglia-poltrone. È l’espressione usata su Facebook da Luigi Di Maio per annunciare la riduzione del numero dei parlamentari, al vaglio della Camera dopo il via libera espresso dal Senato lo scorso 11 luglio. Secondo i calcoli del Movimento 5 Stelle, passando da 945 a 600 tra deputati e senatori si otterrà un risparmio di 500 milioni a legislatura.

Una stima giudicata troppo ottimistica dall’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli, che parla di minori spese per 47 milioni l’anno e un risparmio allo Stato dello 0,007% della spesa pubblica. Tanto che lo stesso Cottarelli, su Twitter, si è divertito a scrivere: “Qual è il numero che unisce il taglio dei parlamentari e James Bond? 007”. Scettici anche alcuni deputati che, nonostante le indicazioni di voto dei loro partiti, si sono astenuti.

Come Angela Schirò (Pd), per la quale la riforma voluta dai 5 Stelle comporta un “taglio lineare” che “acuisce uno squilibrio di rappresentatività nella circoscrizione estero, rispetto alle altre, portando a una rappresentanza simbolica”. Anche Forza Italia, pur votando a favore, ha criticato il ddl taglia-poltrone. Il senatore Franco Dal Mas lo ha definito “una misura demagogica varata con spirito anticasta” che “non produrrà grandi benefici”.

Ancora più feroce il commento del deputato di Fratelli d’Italia, Emanuele Prisco. Durante le dichiarazioni di voto sul taglio dei parlamentari, Prisco ha rivendicato che “Fdi è l’unico partito di opposizione che nelle tre precedenti letture ha espresso voto favorevole senza essere legato né da accordi programmatici né da contratti di governo“.

Poi il carico da novanta contro il governo: “Mentre noi stiamo discutendo del taglio dei parlamentari che produce un risparmio di circa 60 milioni di euro, Palazzo Chigi – ha accusato Prisco – spende 170 milioni per rifare il parco auto. Alla faccia dei tagli che ci propone il Movimento 5 Stelle, alla faccia dei privilegi dei politici: ai suoi ministri il M5S le auto blu le compra e le compra care“.

Anche Fdi, come tutti gli altri partiti a eccezione di +Europa, ha votato a favore della riduzione dei parlamentari. “Siamo l’unico partito di opposizione – ha aggiunto il deputato – che nelle tre precedenti letture ha espresso voto favorevole senza essere legato né da accordi programmatici né da contratti di governo, coerente con la propria storia“. Quindi l’affondo contro Di Maio: “Si impegni a dire subito che si va a casa se dovessero mancare i voti al Pd“, ha concluso l’onorevole.

martedì 8 ottobre 2019

Venezia, romeno ferisce un agente: giudice lo scarcera, dopo 2 giorni ne ferisce altri 3. Ira della polizia


Si è reso protagonista dell’aggressione di ben 4 agenti di polizia di Venezia in due diverse occasioni a pochi giorni di distanza, ma dopo il primo fermo era tornato subito in libertà, per cui i sindacati del settore lanciano per l’ennesima volta l’allarme.

Il responsabile è un senzatetto 35enne di nazionalità romena, uomo definito di costituzione robusta, molto forte, ma affetto da problemi di natura psichiatrica. Lo straniero è individuo ben noto alle forze dell’ordine a causa di numerosi episodi di cui si è reso protagonista tra Venezia e Mestre. Comportamento fortemente aggressivo, insulti e minacce ai passanti e l’abitudine di attar briga coi gestori di alcuni bar e locali nei quali pretendeva di mangiare senza dover pagare.

 Almeno una decina di segnalazioni, tra carabinieri e polizia, che non hanno, tuttavia, portato ad alcuna soluzione dello spinoso problema del senzatetto. Fino ad arrivare allo scorso venerdì, quando lo straniero ha dato in escandescenze all’interno della stazione ferroviaria di Santa Lucia. Secondo quanto riportato dai quotidiani locali, a rimanere feriti in quell’occasione sono stati un agente della Polfer ed alcune guardie giurate intervenute in suo supporto.

Il poliziotto, rimasto ferito lievemente, cercava solo di identificare il 35enne quando è stato attaccato. Arrestato, il romeno era tornato immediatamente a piede libero nell’attesa dello svolgimento di un controllo di tipo psichiatrico. Una decisione avventata, a cui ha fatto seguito, solo due giorni dopo, il secondo ed ancora più grave episodio.

Durante un intervento da parte della Polfer, 3 agenti sono stati aggrediti e feriti dal facinoroso. Il più grave ha subìto la frattura di un polso, ricevendo una prognosi di 30 giorni, mentre i due colleghi hanno riportato ferite giudicate guaribili in 5 e 15 giorni al pronto soccorso. Tornato in manette, visti i precedenti, il 35enne è stavolta finito dietro le sbarre in attesa dell’udienza di convalida, come stabilito dal Pm di turno.

Dura la condanna dei sindacati di polizia Sap e Siulp, che denunciano ancora una volta l’inadeguatezza dei mezzi di difesa in dotazione agli agenti. “Quando tutti i poliziotti saranno dotati di idonei strumenti di difesa per poter esercitare le proprie funzioni, evitando continui contatti fisici con soggetti considerati socialmente pericolosi?”, attaccano nel comunicato riportato da “VeneziaToday”. “Tragedie come quella di Trieste vanno evitate”.

Saviano specula sul naufragio a Lampedusa per fare propaganda: “Senza le ong ancora più morti”


Interviene anche Roberto Saviano sulle ultime vicende riguardanti l’immigrazione e, in particolare, quelle relative alla sciagura di Lampedusa. L’autore di Gomorra punta il dito contro la criminalizzazione delle Ong e contro l’incapacità, da parte dei vari governi sia italiani che europei, di risolvere i motivi che causano le emigrazioni dall’Africa.

Saviano affida il suo pensiero sul naufragio di Lampedusa ai social: è qui che, nelle scorse ore, ha esposto il suo punto di vista sulla tragedia di ieri.

“Hanno bandito le Ong – scrive Saviano – eppure si continua a morire, come dimostra il naufragio a poche miglia da Lampedusa: su 50 naufraghi, solo 22 sono stati tratti in salvo”.

“Anzi – continua poi lo scrittore – nel Mediterraneo si muore di più, proprio perché hanno bandito le Ong. Si morirà sempre nel Mediterraneo, fino a quando ci saranno ragioni per partire, e su quelle nessuno ha idea di come agire, non solo: petrolio e armi ci legano le mani”. Dunque, secondo Saviano è la mancanza delle navi delle organizzazioni non governative a causare le peggiori tragedie relative all’immigrazione: senza Ong, è il ragionamento dello scrittore, nessun governo vuole farsi carico di mettere la gente in salvo.

Anche perché, sempre secondo Saviano, occorre ammettere la sconfitta delle stesse organizzazioni nella guerra intentata contro di loro. Questa volta non si scorgono, a differenza di altre uscite, riferimenti solo anti Salvini, chiamato “ministro della malavita” quando il leader della Lega siede al Viminale.

In realtà questa volta lo scrittore campano sembra puntare il dito contro lo stesso governo trainato del Pd in carica nel 2017: parte da lì l’analisi dell’autore di Gomorra. “Era il 2017 – si legge infatti nel post di Saviano – era appena partita la “guerra” alle Ong, una guerra orchestrata solo per racimolare voti, una guerra combattuta e vinta (dobbiamo prenderne atto) comunicando con crudeltà e diffondendo fake news. E dopo migliaia di morti senza volto né nome, siamo sempre qui, al punto di partenza”.

Sempre al 2017 e dunque al governo Gentiloni è l’altro riferimento contenuto nel suo post: “Hanno bandito le Ong chiamandole scafisti, trafficanti di uomini, ma poi a trattare con gli scafisti, con Bija, il noto trafficante di uomini libico (“uno dei più brutali aggressori di migranti, secondo l’Onu)”, abbiamo visto solo persone che agivano in nome e rappresentanza del governo italiano”.

Un post, quello dell’autore di Gomorra, in linea con il suo pensiero e la sua retorica molto vicina alle Ong. L’interpretazione da lui data sul naufragio di Lampedusa del resto, appare vicina a quella di molti esponenti delle organizzazioni non governative, molte delle quali sottolineano, come Open Arms, che con loro presenza avrebbero potuto salvare i migranti coinvolti poi nel naufragio.

In poche parole, anche Saviano dopo la tragedia di Lampedusa torna a tuonare contro i vari governi ed a favore di una maggiore attività delle Ong

Stazione Termini è un inferno, la rabbia della polizia: “Chi arrestiamo oggi lo ritroviamo domani a delinquere”



Furti, spaccio, aggressioni e prostituzione notturna. La stazione Termini di Roma offre un’ampia gamma di reati nei quali turisti, lavoratori e residenti si imbattono quotidianamente. È di pochi giorni fa la notizia dell’arresto di 12 algerini che, pur vivendo stabilmente in Francia e Spagna, frequentavano lo scalo esclusivamente per delinquere.

Chi frequenta il perimetro della stazione deve fare la gincana tra ladri, spacciatori e clochard ubriachi. “Ormai hanno capito che qui possono fare di tutto, rubare, ubriacarsi, spaccare bottiglie, tanto è diventata terra di nessuno”, dice Alessandro Vallocchia, portavoce del Comitato Difesa Esquilino Monti. “È una situazione completamente allo sbando: ti può succedere qualsiasi cosa”, aggiunge confermandoci una prassi che è divenuta consolidata, ossia che molti ormai “non vanno più nemmeno a fare le denunce”.

Poliziotti sotto organico e sotto assedio

 Le forze dell’ordine, dal canto loro, fanno quel che possono. “Siamo sotto organico e, poi, ovviamente c’è sempre il problema che chi arrestiamo oggi, domani lo ritroviamo di nuovo in strada a commettere esattamente lo stesso crimine”, spiega Michele Sprovara, segretario generale aggiunto di Roma del sindacato di polizia Coisp. Ma non solo. Molto spesso sono gli stessi agenti ad essere oggetto di aggressioni da parte degli sbandati che si aggirano a ridosso dei binari, per la maggior parte migranti nordafricani.

Uno dei casi più recenti, racconta il Messaggero, è quello di un ghanese di 35 anni che, dopo essere salito a bordo di un treno sprovvisto di biglietto, è stato fermato, ammanettato e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo, infatti, una volta fuori dalla stazione, ha preso un sasso e lo ha scagliato contro un’auto parcheggiata in via Marsala, colpendo anche gli agenti della PolFer.

Se a piazzale dei Cinquecento, l’ingresso principale della stazione, le barriere dei lavori in corso hanno contribuito ad allontanare i clochard, all’interno della struttura e nelle vie limitrofe verso le otto di sera decine di persone iniziano a preparare i propri giacigli. Di notte i dintorni di Termini si trasformano in un girone infernale. Il lato di via Giolitti è in mano agli spacciatori che si riuniscono in piccoli gruppi sotto le insegne di un noto fast food, importunando chiunque passi da quelle parti per cercare di smerciare qualche grammo di hashish.

Roma alle prese con la carenza di posti letto per clochard

Dall’altra parte invece, in via Marsala, dopo il tramonto decine di senzatetto italiani e stranieri si sistemano sui cartoni o si avvolgono nei sacchi a pelo. Qui incontriamo Alessandro Radicchi, presidente di Binario 95, un’associazione che dal 2002 si occupa di aiutare gli emarginati che ruotano attorno alla stazione. Ci spiega che qui migranti “si sentono protetti dalla presenza degli agenti della polizia ferroviaria”. “Che poi – aggiunge – sono gli stessi che li cacciano via”. La maggior parte di loro appena arriva a Roma, si rivolge all’ufficio immigrazione per fare domanda di protezione umanitaria. Ma la lista d’attesa è lunga. Per ottenere un documento possono passare anche due o tre mesi.

Un ragazzo del Mali, che si ripara dal freddo coperto da uno scatolone sulla stessa via, è in strada da diverse settimane. È arrivato da Foggia, dove lavora come bracciante agricolo, per rinnovare i documenti. E nell’attesa si è sistemato con alcuni connazionali a ridosso della stazione. “A Roma ci sono circa 20mila richieste da parte di persone in condizioni di fragilità, ma i posti letto messi a disposizione sul territorio sono soltanto 750”, spiega Radicchi. “Se non si danno risposte a queste persone – continua – è inevitabile una parte di loro finisca nel giro della malavita”. Le associazioni del terzo settore chiedono alla politica di intervenire aumentando i posti letto disponibili di almeno 300 unità l’anno, per arrivare ad un’offerta congrua di almeno 2mila posti letto.

“In mezzo a questo esercito di vagabondi – ricorda – ci sono anche tanti italiani stremati dalla crisi”. “Anziani senza pensione sociale, che non hanno un tetto sopra la testa e che devono guardarsi le spalle per evitare di essere aggrediti”, ci dice Fabrizio Lastei, residente della zona e membro del volontariato cattolico, che la notte distribuisce cibo e bevande calde ai clochard. “Il tutto – denuncia – senza il minimo interesse del Comune di Roma”.

Il comunista Vauro non si smentisce mai: “Il reddito di cittadinanza va garantito anche ai brigatisti assassini”


Vauro Senesi non si smentisce mai. Il fumettista, in diretta a Quarta Repubblica su Rete Quattro, commenta la notizia del reddito di cittadinanza (tanto voluto dai Cinque Stelle) al’ex brigatista Federica Saraceni, condannata a 21 anni per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona.

 “Il reddito è una legge normata – riferisce al conduttore Nicola Porro – e la ex brigatista ha i requisiti, quindi non capisco la polemica. Se una legge sancisce un diritto quel diritto deve essere garantito”.

Una dichiarazione che non è piaciuta agli ospiti in studio, i quali hanno ricordato a Senesi le atrocità di cui si è macchiata la donna agli arresti domiciliari.


Milano, 45enne tenta di sottrarre la pistola ad un agente: vigilessa lo “azzanna” al braccio ed evita il peggio


Milano, 7 ott – Prontezza di riflessi e metodologia d’azione non comune ma sicuramente efficace. Una vigilessa ha morso al braccio un uomo di 45 anni che tentava di sottrarre la pistola a un agente.

L’episodio è avvenuto oggi a Rho, vicino a Milano, ed è stato riferito da Riccardo De Corato, assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia.

 Il 45enne si trovava su un cavalcavia autostradale e intendeva suicidarsi gettandosi di sotto. Sono accorsi prontamente sul posto, chiamati dai cittadini, Carabinieri e Polizia locale. L’uomo è stato bloccato dalla vigilessa e da un carabiniere, ma anche per via della stazza (oltre cento chili) li ha messi in seria difficoltà riuscendo a liberarsi.

A quel punto è intervenuto un secondo vigile, e il 45enne ha tentato di sottrargli la pistola dalla fondina, che fortunatamente non si è aperta grazie alla chiusura di sicurezza. Per far desistere l’aggressore dai suoi pericolosi intenti, la vigilessa allora non ci ha pensato due volte e lo ha morso al braccio. L’uomo infine è stato ammanettato e portato all’ospedale di Rho per un Tso.

“A questa vigilessa va il mio plauso e quello della Regione. Le daremo un’onorificenza – ha dichiarato l’assessore De Corato in un video su Facebook – per aver reagito in maniera chiara, precisa, contro questo delinquente che voleva rubare l’arma in dotazione a un uomo della polizia locale”.

La giravolta di Laura Boldrini: “Il Movimento 5 Stelle è cambiato. Pronta ad incontrare Beppe Grillo”


Laura Boldrini cambia idea sul Movimento 5 Stelle. In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, l’ex presidente della Camera ha rivelato che alcuni pentastellati “hanno cambiato il loro comportamento e anche opinione“. Più in generale è arrivato un mutamento anche “nei modi di fare politica”
Apertura a Grillo
La neo entrata nel Partito democratico si è detta pronta a incontrare Beppe Grillo, precisando che non si tratta di un’apertura “a livello personale“, ma solamente perché crede sia giusto “unire le forze per migliorare la situazione” in quanto hanno “delle responsabilità verso la collettività, che devono necessariamente andare oltre le questioni personali.

Penso sia arrivato il tempo giusto, vale la pena provarci“. Una tematica su cui discutere sarà quella dell’odio in rete: “Deve essere urgentemente affrontato. E siccome Grillo con il Movimento 5 Stelle ha fatto del digitale uno strumento essenziale del suo agire politico, il suo contributo può essere molto prezioso“.

 La Boldrini vorrebbe parlare con il fondatore del M5S anche delle “tantissime questioni legate alla rete“. Su tutte quella relativa “alle tasse che questi giganti non pagano“. Infine ha lanciato un appello, riferendosi ad Amazon, Google, Uber, Facebook, Amazon, Apple e Twitter: “Le multinazionali del web hanno pagato in Italia nel 2018 tasse per 37 milioni di euro! Vogliamo o no mettere la parola fine a questa situazione?“.

Gli 81,6 milioni di euro di debiti dei DS per L’Unità? Li pagheranno tutti gli italiani


Lo scandalo è di quelli che fanno tremare le fondamenta dei palazzi. Tremila e duecento per l’esattezza, secondo i bene informati. Tanti erano infatti gli immobili dati in garanzia dai Democratici di sinistra utili ad assumere un debito milionario del giornale per eccellenza della sinistra, L’Unità, verso un gruppo di banche. Debito garantito dalla presidenza del Consiglio dei ministri il 5 febbraio del 2000. La notizia è che ora quel debito, che oggi ammonta a 81,6 milioni di euro, pesa proprio sulle spalle di Palazzo Chigi, ma che alla fine a pagare saranno i cittadini italiani.

La storia inizia a cavallo del nuovo secolo. All’epoca Massimo D’Alema è presidente del Consiglio dei ministri e anche presidente dei Ds (Democratici di sinistra). L’Unità ha contratto molti anni prima (si parla di 31 anni fa) un debito di 200 milioni di euro con le banche, ma i soldi non ci sono, quindi i Ds propongono alla presidenza Consiglio, cioè a D’Alema, di assumere su se stessa quel debito grazie a una legge del 1998, frutto del governo Prodi, che però concedeva la garanzia statale all’editoria.

Le banche accettano, in quanto il partito si dimostra capiente perché titolare di immobili. Circa la metà della cifra viene saldata con le entrate del finanziamento pubblico ai partiti, il resto manca. Peccato che quel patrimonio immobiliare da tempo non esista più. Risulta anche da una perizia dell’ingegner Marco De Angelis fatta per il Tribunale di Roma che, nei giorni scorsi, con tre sentenze ha rigettato tre ricorsi fotocopia presentati dall’Avvocatura dello Stato in opposizione ai decreti ingiuntivi di Intesa, UniCredit, Bpm e Bnl e legati al rimborso dei crediti utilizzando la garanzia dello Stato. Come si legge nelle sentenze, il giudice Alfredo Maria Sacco ha dato autorizzazione alle banche a rivalersi sui debitori per inadempimento e quindi non per insolvenza.

Il tutto nonostante l’Avvocatura dello Stato avesse chiesto e ottenuto dal magistrato di valutare a quanto ammontasse il patrimonio del partito, che il consulente del giudice di Roma ha censito in una perizia molto accurata e per certi aspetti incompleta, atteso che lo stesso giudice ha disatteso la richiesta di poter proseguire le indagini peritali. Nonostante questo, però, il magistrato ha deciso che a pagare i debiti dei Democratici di Sinistra dovrà essere la presidenza del Consiglio dei ministri, appurato che, si legge nelle sentenze, il partito di D’Alema & C., ha posto in essere una serie di condotte «apparentemente elusive (e forse fraudolente), per sottrarre i propri beni dalla garanzia, patrimonio» che poi, nel 2007, l’allora tesoriere Ds Ugo Sposetti, poi senatore Pd, ha provveduto a «collocare» in 57 fondazioni e che, a dire dello stesso Sposetti, non è più aggredibile dalle banche.

Palazzo Chigi ha anche chiamato in giudizio i Ds, oggi presieduti da Antonio Corvasce, che si sono costituiti con il nuovo tesoriere Vito Carlo D’Aprile il quale, da tempo, per poter fare fronte a tutti i debiti, ha chiesto il conto della sua gestione al senatore Sposetti, nel 2008 parlamentare del Pds, senza esito. Dalle carte risulta che le banche coinvolte devono avere indietro diversi milioni di euro: UniCredit 22 milioni circa, Intesa San Paolo 35 milioni, Bpm 14,7 milioni di euro e Bnl 14 milioni.

Già nel 2014, all’epoca del governo Renzi, la presidenza del Consiglio aveva presentato opposizione, facendo ricorso attraverso l’Avvocatura dello Stato, perché non sussistevano «i presupposti per l’escussione della garanzia stessa chiedendo e ottenendo di chiamare in manleva l’associazione Democratici di Sinistra, già Partito democratico della Sinistra».

Ma il decreto fu dichiarato immediatamente esecutivo. Con le sentenze del 10 settembre si chiude il primo capitolo della vicenda. Tocca allo Stato, che potrà rivalersi sui Democratici di sinistra, che sono i recenti antenati del Partito democratico. Solo che non c’è più un euro, visto che il patrimonio un tempo millantato non è che una scatola vuota. Dove sono finiti quei 3.200 immobili di cui solo una piccola parte è stata censita nella perizia fatta fare dal Tribunale di Roma? Che farà il premier Giuseppe Conte? Darà ordine di rivalsa sul partito dei Ds o andrà in appello? Il rischio è che a pagare i debiti di un partito siano i cittadini.

Firenze, il sindaco PD consegna le chiavi della città al buonista Richard Gere: centrodestra e M5S in rivolta


L’attore statunitense Richard Gere riceverà le chiavi della città di Firenze, come segno di riconoscenza per il suo impegno nella difesa dei diritti umani, “come ha dimostrato lo scorso agosto – si legge nella motivazione – quando si è recato a Lampedusa”.

La consegna avverrà il 14 ottobre, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. A consegnargli le chiavi il sindaco Dario Nardella. Si tratta di una riproduzione fedele delle chiavi delle antiche porte della città di Firenze. La cerimonia si aprirà con i saluti istituzionali del sindaco Nardella e del presidente del Consiglio comunale Luca Milani. Seguirà l’intervento del direttore del Migration Policy Center dell’Eui, professor Andrew Geddes, e un dialogo tra il sindaco e l’attore, moderato dalla giornalista Eva Giovannini. “Hanno tutti toccato il mio cuore – raccontò l’attore lo scorso agosto dopo essere salito sulla Open Arms – .

Ho parlato con un gruppo di donne sulla nave: una nonna, con la figlia e i nipotini e la loro storia è orribile. Hanno minacciato di fare del male al resto della famiglia se la mamma dei bambini non si fosse concessa sessualmente più volte e lei si è sacrificata. Mio figlio che è qui con me a Lampedusa è rimasto molto colpito da questa vicenda e soprattutto dagli operatori di Open Arms, che hanno un cuore enorme oltre a una grande professionalità: io stesso dopo questa esperienza farò ancora di più”.
La Lega: “È solo una provocazione”
“La consegna delle chiavi della città di Firenze a Richard Gere è solo mera pubblicità a buon mercato per Nardella – tuona il consigliere regionale della Toscana Jacopo Alberti (Lega) -. Una passerella hollywoodiana inutile, ma soprattutto, è una provocazione politica. Quali sarebbero i meriti che si riconoscono all’attore americano Richard Gere rispetto a Firenze? Quale sarebbe il legame con la città? Nardella sfrutta un simbolo di Firenze per fare propaganda politica e farsi pubblicità. Ma la città è di tutti, non solo di una parte politica”.

E ancora: “Usare questi eventi per la politica, come era già accaduto in occasione del viaggio della Fiorentina in tramvia verso l’aeroporto, con tanto di foto con Nardella, è proprio marketing spicciolo, non degno di una città come Firenze. Per fortuna – conclude Alberti – a Firenze non abbiamo un porto, altrimenti a Richard Gere gli avrebbero dato le chiavi e saremmo diventati un campo profughi”.
Critiche anche da M5S, FdI e Forza Italia
“Il sindaco Nardella ne ha pensata un’altra delle sue”, affermano in una nota congiunta i capigruppi dell’opposizione in Palazzo Vecchio, Ubaldo Bocci (coordinatore), Federico Bussolin (Lega), Jacopo Cellai (Forza Italia), Alessandro Draghi (Fratelli d’Italia) e Roberto De Blasi (Movimento 5 Stelle) -. Consegnare le chiavi della città di Firenze a Richard Gere, noto attore e sex symbol hoolywoodiano, famoso negli ultimi tempi, più che per le sue interpretazioni, per le ‘imprese’ umanitarie, come trascorrere una mezza giornata a bordo di una nave di una ong piena di migranti clandestini a Lampedusa.

Una scelta, quella del sindaco, che non ci sorprende, vista la parte politica da cui proviene, ma che non di meno ci indigna come fiorentini. Nardella stavolta, per conquistare le prime pagine dei giornali e assicurarsi le telecamere dei tg fa uno spot per l’immigrazione clandestina, rendendo Firenze capitale mondiale del buonismo radical chic. Semplicemente, una vergogna per Firenze e i fiorentini”. Sul proprio profilo Facebook Ubaldo Bocci (ex candidato sindaco per il centrodestra) ironizza: “Quando le chiavi a Carola?”

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