sabato 28 settembre 2019
Jacques Chirac morto a 86 anni: ex presidente francese e tra i padri dell'euro
È morto, a 86 anni, l’ex presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac. Lo notizia della scomparsa è stata data dalla famiglia oggi, giovedì 26 settembre.
"Il presidente Jacques Chirac si è spento questa mattina nel cerchio della sua famiglia, pacificamente", ha rivelato Salat-Baroux, marito di Claude Chirac. Presidente della Repubblica francese dal 1995 al 2007, si era ritirato da diversi anni dalla politica e della vita pubblica.
Chirac viveva con la moglie Bernadette nella sua casa a Parigi. Nel 2005 fu vittima di un ictus e prima di lasciare l’Eliseo fu costretto a diversi ricoveri in ospedale. Negli ultimi tempi era apparso pochissimo in pubblico. Subito dopo l’annuncio della morte, l’Assemblea nazionale e il Senato francesi hanno osservato un minuto di silenzio.
Di centro-destra, ha ricoperto negli anni vari incarichi: prima di arrivare all’Eliseo, dove ha avuto due mandati presidenziali, è stato sindaco di Parigi, primo ministro e ministro dell’Interno. Una volta persa l’immunità presidenziale, nel 2011 fu condannato nell’ambito del dossier dei falsi impieghi al Comune di Parigi con le accuse di appropriazione indebita di fondi pubblici, relative al suo periodo alla guida della capitale.
La sua presidenza fu segnata dall'ingresso della Francia nell'euro, dal taglio del mandato presidenziale da sette a cinque anni, dalla fine del servizio militare e dal rifiuto di intervenire in Iraq a fianco degli Usa nel 2003.
Genova, immigrato tenta il suicidio: poliziotto lo salva e lui tenta di ucciderlo a coltellate. Arrestato
Tenta il suicidio e ferisce con il coltello l’agente che gli ha salvato la vita, arrestato per resistenza e lesioni aggravate. È successo la notte scorsa a Genova, a Piazzale Marassi, dove un immigrato 21enne, dopo una lite con la fidanzata, si è barricato in camera da letto con l’intenzione di uccidersi con un coltello.
Le urla della ragazza hanno richiamato l’attenzione di alcuni residenti che hanno telefonato al 112. Gli agenti delle volanti intervenuti hanno cercato di far ragionare il 21enne, di origine brasiliana, che nel frattempo si era inferto alcune coltellate per poi scavalcare con una gamba la finestra della camera minacciando di lanciarsi.
A quel punto gli agenti, se pur minacciati con il coltello dal ragazzo, hanno afferrato per una gamba il giovane che era ormai sospeso nel vuoto. A fatica i poliziotti sono riusciti a sollevare il ragazzo mettendolo in sicurezza in casa.
L’immigrato è stato arrestato dalla polizia di GenovaDurante il salvataggio un poliziotto è stato colpito con due fendenti uno al braccio ed uno alla mano; trasportato in codice giallo presso il Pronto Soccorso del San Martino è stato medicato e giudicato guaribile in 15 giorni. Il 21enne, con svariati precedenti di Polizia sia in materia di stupefacenti sia specifici, è al momento in prognosi riservata.
Bruno Vespa, il retroscena su Luigi Di Maio: "Cosa è accaduto appena è partito per New York"
Sul ruolo di Luigi Di Maio, capetto in crisi nera all'interno di un M5s che lo contesta e in cui molti lo vorrebbero detronizzare, ragiona Bruno Vespa nel suo fondo su Il Giorno di sabato 28 settembre. Si parte dal presupposto che Giuseppe Conte, ora, "può approfittare delle difficoltà di Luigi Di Maio, che pure l'ha voluto confermare ad ogni costo".
Ne può approfittare per rafforzare la sua posizione, ma quello del premier è un altro paio di maniche. Sotto ai riflettori c'è il ministro degli Esteri. Un dicastero "di grande prestigio - sottolinea il conduttore di Porta a Porta -, ma tradizionalmente assegnato a personalità di primo livello estranee al gioco politico quotidiano". Insomma, chi finisce agli Esteri ha sì una poltrona pesante, ma il cui peso non si fa sentire sulle vicende politiche interne.
Vespa ricorda come "da oltre dieci anni alla Farnesina non ha messo piede nessun leader. Per un giovane come Di Maio gli Esteri sono una straordinaria finestra sul mondo. Sul mondo, non sull'Italia - rimarca -. Se poi lui volesse far bene anche il ministro per il Commercio con l'Estero che ha tolto allo Sviluppo economico, dovrebbe rientrare in Italia solo per cambiare la biancheria". Insomma sarebbe sempre lontano, fuori dai giochi.
Ed è a questo punto che Vespa nota: "È bastato infatti che il nostro si allontanasse qualche giorno per l'Assemblea generale dell'Onu perché gli scontenti del Movimento gli organizzassero al Senato una riunione non precisamente amichevole". Episodio che dimostra in modo plastico tutta la debolezza politica di Di Maio, anche e soprattutto dentro al M5s.
Bruno Vespa sottolinea poi come "il M5s è una macchina molto accentrata, anche nella comunicazione, e infatti i dissensi sono stati derubricati a contributi costruttivi". Poi, attacca: "Ma non serve sognare una impossibile riforma del vincolo di mandato o minacciare multe forti e praticamente inesigibili per tenere i parlamentari nel recinto della fedeltà. Di Maio - sottolinea Vespa - deve riappropriarsi della leadership operativa se vuole contendere a Conte il ruolo di candidato premier di domani sul quale il presidente del Consiglio calibra abilmente ogni mossa.
Per questo - conclude Vespa allusivo .- appena rientrato da New York ha convocato alla Farnesina tutti i ministri e i vice ministri del Movimento". Perché Di Maio sa che la sua parabola politica potrebbe essere molto vicina ai titoli di coda.
Sondaggio, centrodestra in vantaggio in 18 regioni su 20: la mappa che spaventa il governo
L'Italia è sempre più blu. Inteso come colore identificante il centrodestra. Coalizione che, al momento, risulta primeggiare nei sondaggi in tutte le Regioni, eccezion fatta per Toscana, che resta appannaggio del Pd, e Campania, dove il Movimento 5 Stelle resta il partito più forte.
Ma è un caso isolato. Il Mezzogiorno, che alle elezioni politiche del 2018 aveva ampiamente premiato i grillini, adesso volta le spalle a Luigi Di Maio e compagni. Tornando a guardare al centrodestra.
Un sondaggio BiDiMedia fa un quadro molto preciso della situazione. E dice che, se si votasse domani, la coalizione prevalente sarebbe quella capitanata da Matteo Salvini. Oltre al Nord, tradizionale feudo leghista, l' alleanza avrebbe il sopravvento anche in una Regione rossa come l' Emilia-Romagna (40,5 per cento). E in Umbria (44,8), Marche (41), Lazio (43,3). Al Sud sono tinte di azzurro pure Molise (41), Puglia (40,2), Basilicata (34,8), Sardegna (39) e Sicilia (39,7). Ci sono tuttavia delle variabili. Quella più grande è la possibile alleanza giallorossa. Che, sperimentata al governo, potrebbe trovare declinazione anche sul territorio.
Il primo esperimento è già in atto in Umbria, dove Pd e Cinquestelle si sono accordati per una corsa in tandem a sostegno di un candidato civico esterno ai partiti (Vincenzo Bianconi). Se funziona, e i sondaggi non sono sfavorevoli, il matrimonio tra ex nemici sarà probabilmente ripetuto anche altrove: da qui alla fine del 2020 si vota in 9 Regioni. Se si escludono Lombardia, Veneto e Friuli, altrove la somma dei voti dem e pentastellati può ribaltare l' esito elettorale un po' ovunque. Ma c' è un "ma". Più d' uno, a dire il vero.
L'alleanza giallorossa non fa bene ai suoi soci contraenti. Secondo un sondaggio Youtrend per l' Agenzia Italia il Pd nell' ultima settimana ha perso il 2,5 per cento. La causa? Sicuramente il patto con i grillini, indigesto a molti elettori di sinistra. Ma anche la scissione di Matteo Renzi: Italia Viva è quotata al 4,1 per cento. Pure i 5Stelle pagano dazio per aver mollato Salvini ed essersi alleati con il proprio nemico giurato. Dopo un piccolo rimbalzo estivo, il movimento di Di Maio torna sotto quota venti, al 19,6 per cento, rimettendoci in pochi giorni l' 1,4 per cento. La Lega rimane nettamente il primo partito con il 32,1 per cento. Fratelli d' Italia è al 7,4, Forza Italia al 6,4.
L'ultima variabile, infine, riguarda il sistema elettorale. Con il Rosatellum, un misto di proporzionale e maggioritario, il centrodestra avrebbe i numeri per assicurarsi una solida maggioranza parlamentare sia alla Camera che al Senato. Se dovesse andare in porto la riforma che hanno in mente i giallorossi, ovvero il ritorno a un proporzionale puro, il vantaggio dell' alleanza Salvini-Meloni-Berlusconi non sarebbe sufficiente ad ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Ma nemmeno il patto giallorosso sarebbe autosufficiente. Si andrebbe dunque verso una paralisi istituzionale. Di nuovo.
Ius Soli, Meloni dichiara guerra al governo dei traditori della patria: “Barricate contro questo scempio”
«Io ho sempre avuto ragazzi figli di immigrati in classe, parlano italiano come me, hanno studiato quello che ho studiato io, perché pensa che possano essere un problema e perché essere contro lo Ius soli?». La domanda rivolta a Giorgia Meloni ha il volto pulito e aggraziato di una ragazza ospite della trasmissione Diritto e Rovescio, della quale la leader di FdI è ospite. Forse voleva metterla in difficoltà, diventa invece un’occasione per chiarire che dietro l’insistenza del Pd per la cittadinanza automatica si nasconde un inganno, di cui i dem sarebbe gli unici – eventualmente – ad avvantaggiarsi.
Meloni svela l’inganno dello Ius soli«Io non penso affatto che questi ragazzi rappresentino un problema per la società, se si integrano, se rispettano come facciamo noi le norme, le regole e la cultura, la lingua, la storia di questa nazione. Penso anzi che se lo fanno siano un valore aggiunto», ha risposto Meloni, sottolineando poi che lo Ius soli non esiste quasi da nessuna parte, e questa è una tutela del minore. «L’Italia – ha chiarito la leader di FdI – è la seconda nazione europea per concessione di cittadinanza. Due anni fa, ultimo dato disponibile, abbiamo concesso la cittadinanza a 200mila persone, il 40% delle quali minori».
Dunque, «non è vero che nReserve al Senato morte feroceon concediamo la cittadinanza, ma la diamo collegata alla famiglia perché molti Paesi non riconoscono la doppia cittadinanza e se i genitori decidono di tornare nel loro Paese quel bambino per quel Paese – ha spiegato Meloni – diventa uno straniero in patria». E questo è il motivo per cui lo Ius soli «non ha alcun senso», tranne che per il Pd. «In Italia – ha chiarito ancora la leader di FdI – si vuole fare lo Ius soli perché, dando la cittadinanza al minore, la si darà poi anche ai suoi genitori», creando a tavolino un bacino elettorale che – è la presunzione – poi voterà a sinistra.
Quini, il Pd «visto che gli italiani non lo vogliono più votare, vuole lo Ius soli perché spera di essere votato dagli immigrati», è stata la conclusione dell’intervento di Meloni a Diritto e Rovescio.
La mobilitazione di FdI per fermare lo «scempio»È stato poi stamattina, nel corso della presentazione a Perugia dei candidati alle regionali in Umbria, che Meloni ha annunciato una mobilitazione nazionale contro la legge per la cittadinanza «automatica». «Il governo rossogiallo ancora non ha chiarito se riuscirà a disinnescare le clausole di salvaguardia e impedire l’aumento dell’Iva dal primo gennaio 2020, ma in compenso è occupato a mandare avanti la legge per concedere la cittadinanza automatica agli immigrati.
Contro questa vergogna – ha annunciato Meloni – Fratelli d’Italia è già mobilitata: giovedì saremo davanti al Parlamento a raccogliere le firme. Le raccoglieremo in tutta Italia anche nel prossimo fine settimana per dire al presidente della Repubblica di fermare questo scempio».
Pietro Senaldi: ormai Luigi Di Maio è rimasto solo
Tre sono gli sconfitti del governo giallorosso: i cittadini, che in maggioranza avrebbero voluto votare, Matteo Salvini, che fino a due mesi fa era l' uomo più potente d' Italia, e Luigi Di Maio, che sta sperimentando la solitudine del numero zero, solo con la sua poltrona.
Se però gli elettori, presto o tardi, torneranno a dire la loro e il leader leghista, come guida dell' opposizione e capo del primo partito italiano, può ambire a giocarsi una seconda mano, stavolta secondo le sue regole, l' attuale ministro degli Esteri non ha alcuna prospettiva futura. Né dentro al Parlamento, visto che non controlla il suo partito, né mai l' ha fatto davvero, né fuori, non sapendo fare nulla. Nel suo ufficio alla Farnesina, Di Maio dovrebbe mettere la foto del suo predecessore Alfano, del quale rischia la medesima sorte, con la differenza che Luigino non ha un lavoro al quale tornare, mentre ad Angelino, che fornisce consulenze legali di alto livello, le cose fuori dalla politica vanno meglio che dentro.
Recentemente un' ottantina di parlamentari grillini ha scritto una lettera sostenendo che l' ex vicepremier, ora che è stato declassato, ha troppi impegni. Luigino starà sempre via per lavoro, e in più dovrà anche studiare inglese 3-4 ore al giorno, molti tra i cinquestelle sono convinti che sarebbe meglio se il partito si dotasse di una nuova guida, o lo sostituisse con un direttorio: visto che Grillo si crede Gesù Cristo, si parla di dodici persone al tavolo, come gli apostoli. Di Maio nega che ci siano problemi, ma è una balla e già sta studiando per il ruolo di Giuda Iscariota. In realtà quello che sta accadendo è più che logico, anzi è la prova che, a suo modo, M5S è diventato un partito normale, come gli altri: il capo è sull' orlo del precipizio e tutti sgomitano per dargli la spinta e salvarsi loro.
Stavolta però è difficile dare torto ai cospiratori. Da capo, Di Maio ha dimezzato i consensi del partito, facendosi mangiare una buona fetta del voto di protesta dalla Lega e spingendo a tornare all' ovile molti delusi del Pd che avevano optato per M5S. Quando si è aperta la crisi poi, l' allora vicepremier ha fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote al governo giallorosso, facendosi tentare dalle sirene di Salvini, che gli offriva Palazzo Chigi, senza probabilmente avere la minima intenzione di metterlo. Luigino, del quale girano video comici nei quali giura che non andrà mai con il partito di Bibbiano, «che toglieva i bambini alle famiglie con l' elettrochoc per venderseli» ha acconsentito solo per l' intervento di Grillo e alzato il prezzo fino all' ultimo, ottenendo la Farnesina. Una vittoria di Pirro, perché tutti i suoi colleghi hanno capito che non gli importa di nulla fuorché di sé e che per una poltrona è pronto a mandare in malora tutto il Movimento.
Questione vitale - Liberarsi di Luigino per i grillini è questione di vita o di morte: se resta capo, trascina tutti nel precipizio. Si dice che spesso le qualità che fanno la fortuna di un uomo sono anche quelle che ne determinano la rovina. È il caso dell' ex ragazzo d' oro di Pomigliano d' Arco. Era stato scelto da Casaleggio e Grillo proprio perché non aveva una sola idea personale, era un bicchiere vuoto pronto per essere riempito e andare in tv a ripetere la lezione a memoria.
Erano certi che, finché gli avessero garantito una poltrona, non avrebbe mai preso un' iniziativa personale, mica come Di Battista, Fico, ma perfino Fioramonti o la Lezzi che, seppur sbagliato, almeno qualche pensiero politico ce l' hanno. Luigi invece no, può essere indifferentemente pro o contro la Tav, pro o contro l' Europa, pro o contro l' autonomia, pro o contro la Lega come il Pd. È Gommaflex, infatti non cambia mai espressione né tono di voce. Salvini se lo teneva stretto, consapevole che mai la sorte gli avrebbe potuto regalare un altro alleato così arrendevole e politicamente comprabile. Oggi però la sua impalpabilità politica ne è anche la palla al piede. Con un Movimento da rilanciare e un' alleanza da reinventare, il suo incarico all' interno di M5S è un monumento all' inutilità. Il suo essere senz' anima e senza direzione esaspera lo stato di confusione nel quale versa il Movimento.
Conte, Renzi e Zingaretti l' hanno fatto fuori: l' hanno messo agli Esteri per levarselo di torno, per sottolineare la sua cupidigia di poltrone qualunque siano, anche se non ha le competenze per sederci sopra. Tanto la politica estera la faranno il premier e Mattarella nel mondo e nella Ue, Gentiloni per il piccolo cabotaggio europeo e la ministra Lamorgese, la sostituta di Salvini, sul fronte immigrazione. Di Maio farà soltanto viaggi di studio all' estero. La sua parabola è tutta all' incontrario. Normalmente le persone studiano, fanno esperienza e poi ricoprono gli incarichi per i quali hanno accumulato il giusto bagaglio di sapere e pratica. Luigino invece prima ha ricoperto incarichi senza averne alcun titolo, dalla vicepresidenza della Camera a quella del governo, poi ha iniziato a fare esperienza ai nostri danni, come ministro del Lavoro e dello Sviluppo, varando provvedimenti devastanti come il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e le norme che hanno ammazzato i ciclo-fattorini, infine oggi studia lingue e diplomazia a nostre spese.
Spalle al muro - Farà ancora male, ma ci consoliamo con il fatto che probabilmente finirà anche male. Ha le spalle al muro, siccome Conte l' ha estromesso dal governo è tornato a strizzare l' occhio all' antigovernativo Di Battista e ai movimentisti grillini di sinistra, perché in politica il nemico del mio nemico è il mio migliore amico, anche se fino a ieri ci facevo a botte. Se avesse il coraggio e le capacità tattiche di Renzi, mollerebbe M5S prima che M5S molli del tutto lui e si farebbe il suo partitino del 3%, utile a nulla se non a tornare a contare qualcosa e a non dover chiedere permesso prima di sedersi in consiglio dei ministri come è costretto a fare ora. Peccato per lui che, per farlo, deve prima pagare i centomila euro di multa che ha messo per qualunque parlamentare voglia lasciare Cinquestelle. Infatti fa i suoi conti e lancia il vincolo di mandato. Ancora una volta ragiona in piccolo.
Cittadinanza ai figli degli immigrati, svolta “boldriniana” di PD e M5S: ora lo chiamano ius culturae
Non ci sono riusciti con lo ius soli, ci riprovano con lo ius culturae. Ma la sostanza non cambia. A mutare è solo l’assetto del governo, che pur mantenendo uno dei protagonisti in campo (il M5S) ha decisamente virato a sinistra. Per la gioia di Laura Boldrini – recente transfuga verso il Pd – e sodali, Papa Francesco in primis, che possono lanciare di nuovo la loro crociata per la cittadinanza aperta a tutti.
Ritorna lo ius soliLa trattativa, come previsto, si snoda attorno alla decurtazione dei parlamenti. Meno seggi tra Camera e Senato per accontentare le richieste grilline, in cambio lo ius soli caro a Pd e LeU. In quest’ordine. Se il taglio degli scranni è stato calendarizzato, a breve lo sarà anche la riforma della cittadinanza. La quale, alla Camera, già scalpita in commissione Affari Costituzionali dove il suo esame inizierà il prossimo 3 ottobre. Il testo riprende quanto messo nero su bianco da LeU lo scorso autunno.
Il relatore era Roberto Speranza, oggi divenuto ministro nel governo giallofucsia. Nuovo relatore sarà Giuseppe Brescia del M5S, con Laura Boldrini prima firmataria della proposta che prevede la concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati che abbiano concluso un ciclo di studi in Italia, a prescindere dal luogo di nascita. Le maglie di questo “ius culturae”, dunque, potrebbero persino essere più larghe rispetto allo ius soli sul quale si era dibattuto al termine della scorsa legislatura.
Esulta la sinistraIl tema, pur essendo estremamente divisivo stando ai sondaggi (i quali non sono univoci ma tendono ad escludere che la maggioranza degli italiani siano d’accordo), trova invece piena sintonia nelle frange di sinistra dell’esecutivo.
“Se per tagliare i parlamentari ci vogliono solo 2 ore, come dice spesso Di Maio – ha spiegato l’ex presidente del Pd e deputato Matteo Orfini – per fare lo ius soli ci vogliono solo pochi giorni. Pochi giorni per restituire un diritto negato a tante persone”.
Parole alle quali si è accodato anche Matteo Renzi, che con la sua neoformazione Italia Viva rilancia: “La battaglia sullo Ius Soli non può essere una battaglia su cui si cambia idea, a seconda dei sondaggi”.
Cremona, straniero irregolare prende a pugni e bottigliate una famiglia: giorni prima aveva molestato una donna
Attimi di paura davanti a un supermercato a Pandino, comune in provincia di Cremona, dove un immigrato irregolare, come raccontato da ilGiorno, avrebbe preso a pugni una intera famiglia. Alla fine sono dovuti intervenire i carabinieri che hanno fermato e preso in consegna l’uomo.
Secondo quanto ricostruito tutto sarebbe iniziato quando lo straniero, risultato in seguito un immigrato irregolare nel nostro Paese, ha avvicinato e molestato una donna davanti a un supermercato. L’uomo sembra stesse chiedendo l’elemosina.
Quando la signora è tornata a casa ha raccontato quanto avvenuto al proprio marito. Questi ha quindi deciso di accompagnare la moglie al supermercato, con tanto di figlie piccole al seguito. Una volta arrivata la famigliola davanti all’esercizio commerciale, il coniuge si è fermato a chiacchierare con il fratello e il nipote, incontrati per caso, mentre la consorte è andata a prendere il carrello.
Durante il tragitto è però stata nuovamente avvicinata dal 35enne straniero, presa per un braccio e strattonata. I tre uomini si sono precipitati dalla donna per cercare di aiutarla ma, quando hanno chiesto all’uomo spiegazioni, di tutta risposta questi ha sferrato al marito della vittima un pugno in piena faccia. Subito dopo si è scagliato contro il nipote, un ragazzo di 20 anni, colpendolo al volto con una bottiglia.
La famiglia, feriti compresi, ha cercato quindi rifugio all’interno del supermercato, preoccupata di mettere al sicuro le due bambine. Sono quindi intervenuti i carabinieri che hanno bloccato lo straniero, con bottiglia rotta alla mano, e lo hanno preso in custodia.
L’ambulanza del 118 si è occupata di trasferire il ragazzo aggredito al pronto soccorso dove ha ricevuto tre punti di sutura sul sopracciglio e cinque giorni di prognosi. Il sindaco, Piergiacomo Bonaventi, ha voluto commentatre l’episodio e dare alcune spiegazioni in proposito “Esiste già un’ordinanza che impedisce di mendicare.
Da oggi ho dato disposizione alla polizia locale di controllare queste persone, che alla fine sono cinque. Due episodi in poche ore fanno pensare. Domenica sera uno straniero ubriaco ha preso a calci le auto in paese. Hanno dovuto sedarlo per portarlo via. Mercoledì il fatto del supermercato: tutto questo impone di prendere provvedimenti senza attendere fatti peggiori”.
Migranti, Lucia Borgonzoni senza peli sulla lingua: “L’Europa prende per il cu*** l’Italia”
“L’Europa prende per il c**o gli italiani”. Lucia Borgonzoni, ospite a Dritto e Rovescio, liquida così il patto di Malta.
La senatrice leghista non è d’accordo con l’altro politico presente in studio, il dem Davide Faraone: “L’Europa ha proposto una bozza d’accordo che è una presa in giro”.
A nulla sono servite le parole del piddino, che a Paolo Del Debbio assicura: “Se l’Europa non manterrà la sua parola, sarò il primo a venire a protestare con la Lega”.
La Borgonzoni non cambia idea sull’accordo firmato tra Italia, Malta, Francia e Germania. Patto che prevede lo sbarco nei nostri porti e in quelli maltesi, purché poi i migranti vengano ridistribuiti.
“In pratica alcuni stati – prosegue la Borgonzoni – su base volontaria, prenderanno degli immigrati solo se non sono troppi. Questa è l’Europa che ci prende in giro. Lo aveva fatto con Alfano, lo fa con i pochi sbarchi fatti con noi e lo rifarà ora”.
venerdì 27 settembre 2019
Milano, iracheno pesta un vigilante con un palo di ferro. Giudice lo libera: “Reato non grave. Arresto esagerato”
Il riassunto che fa una fonte del Giornale.it è più o meno questa: se provi a rubare due bottiglie di vino, pesti prima un vigilantes e poi due carabinieri non meriti il carcere perché provare a sgraffignare un po’ di alcol non è un reato grave.
L’aggressione? Per il pm sembra essere solo un dettaglio. Siamo a Milano, viale delle Forze Armate 312. Ore 21 circa. Un cittadino iracheno, irregolare sul territorio italiano, entra nel Carrefour per fare la spesa senza pagare il conto. Il vigilantes lo blocca e gli chiede di mostrare cosa nasconde sotto il giubbotto: a quel punto il malvivente “inizia sclerare”, spiega la fonte, e “prendo il paletto divisorio del supermercato e lo usa per colpire il testa la guardia giurata” che riesce nel parapiglia a recuperare una bottiglia. L’iracheno scoperto se la dà a gambe e si infila nel parco delle Cave.
I carabinieri, avvertiti dal vigilantes, si mettono sulle sue tracce. “Dopo pochi istanti” viene acciuffato, “capisce di essere stato scoperto” e invece di arrendersi aggredisce pure i militari. Non c’è due senza tre. Solo alla fine la pattuglia riesce a caricarlo in macchina e a portarlo via, non senza difficoltà. E qui viene il bello. L’immigrato, K.A., “proveniente dalla Germania”, viene denunciato per rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale.
Il suo curriculum dice che è un clandestino che, dopo aver presentato richiesta di asilo all’Italia, si è visto respingere al mittente la domanda di accoglienza. In teoria dovrebbe essere altrove, invece si trova a bighellonare per la città meneghina. Direte: l’avranno arrestato. E invece no. Come fanno sapere fonti militari al Giornale.it, infatti, la toga di turno ha deciso di non farlo arrestare perché “secondo il pm per due bottiglie di vino l’arresto è esagerato”.
Il fatto è che ha preso in considerazione “come metro di valutazione la merce e non il gesto”. Cioè l’aver opposto resistenza al pubblico ufficiale e aver ferito il vigilantes. Certo, la guardia giurata ha preferito non farsi medicare al pronto soccorso e questo forse ha influito.
Ma è inevitabile che i carabinieri storcano il naso: si gettano all’inseguimento, faticano a fermare il bandito e dopo cinque minuti se lo ritrovano nuovamente in strada. Altre volte, sussurrano i militari, “ce li fanno arrestare anche solo per uno spintone”. Stavolta invece no. Tecnicamente si dice: denunciato a piede libero. Ovvero, una beffa.
Gad Lerner torna a provocare: “Milano è ricca grazie ai migranti”. Ma viene subito “massacrato” sui social
La grande e operosa Milano? Tutto merito degli immigrati. Almeno secondo Gad Lerner. Il giornalista su Twitter pubblica il rapporto sull’immigrazione (2018-2019) di Caritas e Migrantes e si avventura in un’analisi piuttosto discutibile: “Ma che coincidenza: #Milano è la provincia con più residenti stranieri (470.273 cioè il 14,5% degli abitanti) e contemporaneamente dà il maggior contributo al Pil, con reddito pro capite fra i più alti. Sicuri che l’immigrazione fa male? #Rapportoimmigrazione @CaritasItaliana”.
Parole che hanno scatenato subito la reazione infuriata dei follower dello stesso Lerner. La teoria che Milano sia tra le città più ricche d’Italia grazie agli immigrati infatti va del tutto dimostrata con cifre alla mano. E così sui social c’è chi già mette nel mirino Lerner senza usare giri di parole: “Milano dava il maggiore contributo al PIL italiano (in proporzione anche nel 1880 o nel 1900 o nel 1930 o nel 1960….. (forse anche ai tempi di Napoleone…)
Non ha cominciato a industrializzarsi quando sono arrivati magrebini, nigeriani e pakistani”, scrive un utente. Poi c’è chi chiede un’analisi più approfondita di questi dati e così punge Lerner proprio sulle cifre: “Di questo 14% che contribuisce al Pil, quanti sono maghrebini o centraficani e quanti giapponesi, cinesi, tedeschi, francesi, americani? Ah Gad, ma falla finita va!”. C’è anche chi fa un’altra riflessione contestando la tesi di Lerner: “Se mettiamo tutti i migranti in Calabria il Pil non cresce, non c’è industria e non c’è commercio.
La provincia di Milano da sempre è quella che da il maggior contributo al Pil anche quando non c’erano migranti. Io non ho niente contro i migranti ma la sua è informazione faziosa”. Insomma il tweet di Lerner si è trasformato in un vero e proprio autogol. Chissà se tra gli immigrati “virtuosi” che avrebbero contribuito alla crescita del Pil di Milano, Lerner trova un posto anche per tutti quelli che sono stati protagonisti di stupri, scippi e rapine…
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