giovedì 26 settembre 2019

La folle clausola del patto truffa di Malta: sospensione della ripartizione se aumentano i flussi dei migranti


C’è una clausola nel documento sui migranti, che è stato sottoscritto dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Malta, che rischia di trasformarsi in una vera e propria fregatura per l’Italia Nel caso in cui i flussi dovessero farsi massicci, i Paesi che hanno aderito al piano di ripartizione, potranno infatti chiamarsi fuori e lasciare tutto il peso della gestione degli arrivi al nostro Paese.

Certo, non è l’unica, pesantissima falla di un’intesa che non è stata affatto pensata per arginare l’emergenza immigrazione ma per far ripartire il business dell’accoglienza, ma è senza alcun dubbio quella più smaccatamente anti italiana.

Che l’accordo di Malta, cinque paginette in tutto che dovranno essere ratificate il prossimo 8 ottobre, faccia acqua da tutte le parti, è apparso chiaro sin da subito. Non a caso, una volta avuto in mano il testo, a Bruxelles hanno immediatamente messo le mani avanti sottolineando più volte che “il meccanismo è su base volontaria”. Una puntualizzazione importantissima per far capire che è tutto campato per aria e che non c’è la fattiva volontà di aiutare l’Italia nella gestione dell’emergenza immigrazione. “Non è un accordo obbligatorio, né legislazione comunitaria – hanno spiegato all’agenzia Agi fonti europee vicine al dossier – non sarà legalmente vincolante”.

Oltre all’Italia Germania, Francia e Finlandia, che hanno già sottoscritto l’accordo, Portogallo, Belgio, Irlanda e Lussemburgo avrebbero già fatto capire alla Commissione europea di essere disposte a parteciparvi. Il punto è che, non essendo “vicolante”, non rischiano nulla a fare un passo avanti. Come si legge nel documento, infatti, “ogni Stato membro può sempre offrire un posto alternativo di sicurezza su base volontaria”. “Nel caso di uno sproporzionato aumento della pressione migratoria in uno degli Stati partecipanti, calcolato in relazione ai limiti delle capacità di accoglienza, o ad un alto numero di richieste per la protezione internazionale – si legge ancora – un posto di sicurezza alternativo sarà proposto su base volontaria”.

Nessun obbligo, insomma, solo buoni propositi. E tra le pieghe del documento, i cui dettagli sono “ancora vaghi” dal momento che si limitano solo a enucleare le “grandi linee” del meccanismo temporaneo, è già stata inserita una exit strategy che lascerà tutto il peso della ripartizione dei migranti sulle spalle degli italiani. Questa è stata, infatti, pensata solo per sei mesi che ovviamente potranno essere rinnovati, ma che potranno essere interroti non appena l’afflusso dovesse farsi eccessivo. In questo caso, gli Stati membri potranno infatti persino uscire dal patto in men che non si dica. Come rivela l’Ansa, il documento di Malta lo dice chiaro e tondo: se “nei sei mesi il numero dei ricollocati dovesse aumentare in modo sostanziale, gli Stati che partecipano si riuniranno per consultazioni. Durante le consultazioni – continua – il meccanismo potrà essere sospeso”.

L’unico effetto vero si avrà sulle partenze. Le organizzazioni non governative hanno già intravisto l’opportunità di poter riprendere le proprie incursioni nel Mar Mediterraneo. Dopo che il governo giallorosso ha riperto i porti chiusi dall’ex ministro Matteo Salvini, il documento di Malta mette nero su bianco la volontà di imprimere una forte discontinuità con quanto fatto sin qui dal leader leghista. Sebbene nella bozza i firmatari si siano impegnati a evitare che il meccanismo temporaneo di ripartizione “non apra nuove strade irregolari verso le coste europee” e non creai “nuovi fattori di attrazione”, la linea morbida, che di fatto accantona la lotta all’immigrazione clandestina, riaprirà i viaggi della speranza.

A nulla, infatti, varranno le regole che l’intesa si ripropone di dare alle navi messe in mare dalle ong. Queste dovranno “essere registrate secondo la legge nazionale dello Stato di bandiera” e, laddove è possibile, saranno registrate come “imbarcazioni per il salvataggio”. Sarà lo stato di bandiera, poi, ad assicurarsi che “siano qualificate in modo adeguato ed equipaggiate per condurre tali operazioni”. Niente di più. Per il resto potranno andare avanti a fare quello che vogliono. Anche perché i dem e i Cinque Stelle hanno già fatto sapere che presto smantelleranno i decreti Sicurezza. A quel punto tutto sarà pronto per una nuova maxi ondata.

Vuole distruggere la Ferrero e non apre le scuole: ecco il nuovo “Toninelli” del governo giallorosso


Dopo l’uscita di scena di Danilo Toninelli, la storia e il governo ci offrono un nuovo eroe, il suo sostituto: il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Non era stato ancora nominato e aveva già rilasciato un’intervista al Corriere della sera che era una minaccia, ma anche una speranza: «Se entro Natale non si trova un miliardo per l’università sono pronto a dimettermi». Nella stessa intervista arricchiva il dibattito con l’idea più sconclusionata di sempre, la tassa sulle merendine, perché «così finanzio la scuola e stili di vita sani».

 Assecondato da Giuseppe Conte, non solo Fioramonti non ha ritrattato ma, ieri, alla Stampa, ha rilanciato: «Il business delle merendine fattura miliardi. Non è un caso che l’uomo più ricco del Paese sia un produttore di merendine». Faceva riferimento a Giovanni Ferrero e alla sua impresa che premia i dipendenti, esporta l’Italia nel mondo e la consola con il suo cioccolato. In breve, dopo le merendine, vuole toglierci anche la Nutella. Si pensava dunque che fosse tutto e invece era ancora poco. Da ministro ha proseguito annunciando il primo Fioramonti Act, la legge che ogni studente ha sempre sognato di notte: «Ho dato mandato di redigere una circolare che inviti le scuole a considerare giustificate le assenze occorse per la mobilitazione mondiale per il clima».

L’appuntamento è fissato per venerdì 27 e per la prima volta scendere in piazza sarà premiato mentre entrare a scuola sarà punito. Ebbene, un giorno bisognerà capire chi ha scoperto questo docente di Economia dell’università di Pretoria in Sudafrica, ma per due anni anche assistente parlamentare di Antonio Di Pietro. Insomma, che c’azzecca Fioramonti con la nostra scuola e, soprattutto, come gli rimane il tempo per parlare di qualsiasi cosa tranne che di quella? Per Marcello Pacifico, presidente del più tosto sindacato degli insegnanti, l’Anief, questo è l’anno dell’emergenza, della più grande «supplentite» mai registrata. «Mancano 60mila docenti di sostegno e abbiamo superato il record di supplenti del 2011 che era di 105mila.

Quest’anno saranno 240mila». Nessuno lo dice, ma mentre il ministro interviene, in ogni scuola c’è un preside che si supera. A Roma, all’istituto Villaggio Prenestino, gli insegnanti erano così pochi che chi la dirige, suo malgrado, ha dovuto tirare fuori una soluzione alla Fioramonti: gli insegnanti mancano? Studenti, uscite prima. All’ingresso della scuola materna Santa Maria Goretti, ancora a Roma, ad attendere i bambini, nel loro primo giorno, non c’era un «nuovo umanesimo» ma la solita putrescente immondizia. E che ne pensa Fioramonti di Ustica? Al momento, mancano cinque bidelli, tre assistenti amministrativi. Gli studenti sono 115 e tutti pronti a protestare, ma per riaprire la scuola che, nella piccola isola, è come salvare il pianeta (per loro giustifica ed encomio nostro).

A Bagnoli, all’istituto Madonna Assunta, siamo all’abc: non ci sono banchi e sedie. Anche qui, la preside Rosa Cassese ha lavorato di fantasia: turnazione. A Cesena, l’edificio della scuola Munari sarà inagibile per tutto l’anno. Gli alunni saranno divisi in altre scuole della città. Più preoccupante è quanto accaduto a Bologna. Un padre marocchino ha ritirato suo figlio perché la classe materna era tutta composta da bambini stranieri e giustamente ha denunciato: «Non è cosi che si fa integrazione. E lo dice un marocchino». E forse non è così che si fa il ministro.

Avevamo sorriso quando, da sottosegretario all’Istruzione dello scorso governo, Fioramonti aveva chiamato al ministero la Iena disoccupata Dino Giarrusso e, ancora, quando scambiava propensità per propensione e inveiva contro l’Eni che definiva «Ente nazionale idrocarburi» in realtà chiuso ventisette anni fa. È chiaro che lo avevamo sottovalutato. La sua ultimissima? Sulla facciata del Miur ha fatto appendere lo slogan «Istruzione, non estinzione». Se continua così, metterà gli studenti al posto dei professori.

Eutanasia, sentenza choc della Corte Costituzionale: i giudici sdoganano “l’omicidio” assistito



Non è l’apertura totale all’eutanasia che molti speravano e molti temevano. Ma è comunque una rivoluzione. Lasciata da sola a decidere sul reato di agevolazione del suicidio, dopo avere concesso un anno al Parlamento per intervenire con una legge al passo con i tempi, la Corte Costituzionale imbocca una strada decisa: cancella dal codice il reato di “agevolazione al suicidio” previsto dall’articolo 580 del codice penale, e che finora era punito allo stesso modo della istigazione.

Invece d’ora in avanti a determinate condizioni chi aiuta il prossimo a morire non sarà più punibile. Le condizioni sono che il proposito di suicidio sia “autonomamente e liberamente formatosi” e che il paziente sia “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intolerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Inoltre ogni caso dovrà essere sottoposto al servizio sanitario nazionale e alla commissione etica provinciale. Nessun via libera dunque all’apertura anche in Italia delle “cliniche della dolce morte” che fioriscono appena oltre il confine svizzero. Non si decide che il diritto del malato a suicidarsi si debba tradurre automaticamente nel diritto di chiunque voglia aiutarlo a mettere fine ai suoi giorni.

Ma l’apertura, a determinate condizioni, è netta. E avvia verso una assoluzione il processo da cui tutto è scaturito: quello a carico del radicale Marco Cappato per avere accompagnato a morire nel febbraio 2017 il disc jockey Fabiano Antoniani, detto Dj Fabo, reso cieco e paralitico da un incidente stradale.

Che la Consulta non fosse orientata a lasciare la legge così com’è lo si era intuito già un anno fa, quando in occasione della prima udienza i giudici avevano deciso di non decidere, concedendo un anno di tempo al Parlamento per intervenire con una nuova legge. Ma più passava il tempo, e più diventava chiaro che il tema dell’eutanasia non era nell’agenda nè del governo Conte 1 nè del Conte 2: e d’altra parte, in entrambe le versioni di maggioranza, ben difficilmente il governo avrebbe trovato in Parlamento i voti per una norma che aprisse le porte al suicidio assistito. Così ormai era evidente che a sciogliere il nodo avrebbe dovuto essere la Consulta, sostituendosi di fatto al legislatore.

Non è stata una scelta facile, perchè all’interno della Corte Costituzionale hanno dovuto confrontarsi anime e culture diverse, con la componente cattolica fortemente rappresentata dalla vicepresidente (e futura presidente) Marta Cartabia. Ma alla fine l’ala moderata, in minoranza, ha dovuto rassegnarsi.

Roma, senatore 5 Stelle e giudice della Cassazione rapinati da una banda di nordafricani in Stazione Termini


Sono stati derubati nel giro di poco tempo dagli stessi ladri, una banda di giovani nord africani che ha messo a segno i colpi nella zona della stazione Termini. Vittime di questa brutta esperienza sono stati il senatore del Movimento 5 Stelle Gabriele Lanzi e un giudice della Corte di Cassazione.

Come riporta Metro News, due componenti della banda sono stati presi e arrestati con l’accusa di furto aggravato in concorso. Si tratta di un algerino di 20 e un altro di 27 anni della stessa nazionalità. Il terzo è ancora ricercato. I ladri hanno colpito per primo il magistrato, che stava pranzando in un ristorante vicino alla stazione.

Quando è venuto il momento di pagare, il giudice della Cassazione si è accorto che la sua valigetta 24 ore era sparita. Dentro c’erano dei documenti riservati e gli atti di un convegno al quale avrebbe dovuto partecipare. Poco dopo è toccato all’onorevole Lanzi.

Il senatore grillino stava cercando un taxi in via Amendola e in quel momento si è avvicinato a lui un ragazzo per chiedergli un’indicazione stradale mentre un altro giovane faceva da palo. Ma era una scusa. Un attimo di distrazione è costato caro a Lanzi perché è arrivato un altro componente della banda che ha portato via i bagagli che il politico aveva con sè. All’interno c’erano un pc, un iPad e alcuni documenti.

 La banda si è poi allontanata. Dopo il furto, il senatore è andato dalla polizia. Gli agenti hanno setacciato le strade vicino alla stazione, dopo aver riconosciuto i responsabili dei furti. Hanno identificato un algerino e hanno notato che aveva con sé le chiavi con il logo di un bed and breakfast. Una volta giunti nell’alloggio, hanno trovato gli oggetti rubati a Lanzi e alcuni documenti del magistrato.

mercoledì 25 settembre 2019

Vescovo riscrive il Vangelo per difendere il business: “Gesù, Maria e Giuseppe prima famiglia di profughi”. Ma è falso


“Il Figlio di Maria e di Giuseppe, la prima famiglia di profughi dell’era cristiana, dice oggi alla comunità civile e cristiana di Lampedusa: “Sii porto di approdo; sii porto salvo”.

“Perché attorno a Maria, con questo titolo, Porto Salvo, ti sei da sempre ritrovata e continui a ritrovarti”. “Sii porto di salvati e porto di salvezza soprattutto per chi è destinatario della predilezione di Dio: i suoi figli affamati, assetati, nudi, perseguitati, forestieri, ammalati, carcerati.

A noi cristiani, il Signore, rivestendoci della sua Luce, continua a dire: “Voi siete la luce del mondo, il sale della terra”. Rinnova la sua chiamata: “venite vi farò pescatori di uomini”.

 Lo ha detto l’Arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel corso dell’omelia pronunciata ieri mattina a Lampedusa, durante la concelebrazione Eucaristica, presieduta nella Parrocchia di San Gerlando per i festeggiamenti in onore della patrona dell’isola delle Pelagie. Mons.

Lorefice, per l’occasione, ha utilizzato il pastorale realizzato con il legno dei barconi, che ha usato Papa Francesco, nel suo primo viaggio l’8 luglio 2013. A sovrastare l’abside della chiesa parrocchiale, la Croce “Milagro” donata all’isola dallo stesso Pontefice, realizzata con i remi dei barconi dei migranti.

 Ma le parole dell’arcivescovo sono false e anti-bibliche: la sacra famiglia si spostava all’interno delle province dell’impero romano, nel caso specifico Galilea e Egitto, dunque non furono profughi di guerra o rifugiati.

Boldrini fa la vittima: “Salvini ha fatto una campagna criminale contro di me per ogni crimine dei migranti” Mario Monti che dice?


“Io un’icona anti-Salvini? Non ho cercato questo riconoscimento. E’ la conseguenza del suo martellamento strumentale che va avanti da anni nei miei confronti. Ha fatto una campagna che oserei definire criminale nei miei confronti per ogni crimine compiuto da un migrante. E’ stata un’operazione disgustosa con l’hashtag ‘risorse boldriniane’”. Sono le parole di Laura Boldrini a Sky Tg24.

Salvini “tutti i giorni mi chiama in causa nelle sue dirette Facebook, io lascio quasi sempre cadere. Ieri però ho risposto, da quando non è più ministro lo vedo irrequieto: gli ho detto di trovarsi un hobby e ho chiesto se il Papeete fosse ancora aperto. Invece di stare lì a provocare l’avversario politico per creare polemiche. E’ senatore, andasse in Commissione a lavorare”.


Mario Monti ammette: “Il governo PD-M5S è nato per fermare Matteo Salvini che attaccava l’Unione Europea”



Giù la maschera. Non che avessimo troppi dubbi al riguardo, ma in collegamento a DiMartedì – il programma condotto da Giovanni Floris su La7 e tornato in onda martedì 24 settembre – il senatore a vita Mario Monti conferma che questo governo è nato solo ed esclusivamente contro Matteo Salvini, così come sostiene lo stesso Salvini.

Il Loden, che al Senato ha accordato il suo voto di fiducia all’esecutivo giallorosso, interpellato dal conduttore proprio sul governo, sottolinea come sia “improbabile ma indispensabile, visto che Salvini insultava gli altri governi e anche l’Unione europea.

In questo senso almeno qualche passo in avanti è stato fatto”, conclude Monti. Insomma, governo “improbabile ma indispensabile” perché, questo il succo del suo ragionamento, le politiche di Salvini che disturbavano l’Europa andavano estirpate ad ogni costo.

Parole, quelle di Monti, che confermano ancora come i giallorossi avranno il fiato cortissimo.

Il comunista (vero) Rizzo: “Il Conte-bis è un golpe”. “Salvini? Il solo a non pensare che la povera gente puzzi”


Non chiamatelo governo giallorosso. E quella che è convolata a nozze coi grillini non chiamatela sinistra, altrimenti Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, s’arrabbia.

Meglio parlare di “governo giallo-ravanello” e di un’accozzaglia politica che ha abdicato ai valori della sinistra per salire sul carro dei poteri forti. Contro l’ennesimo “golpe” di questa Repubblica, Rizzo ha chiamato i suoi alla mobilitazione il prossimo 5 ottobre a Roma. Ma non è affatto stupito: “Se solo Salvini avesse letto Lenin…”

Lo hanno definito il governo più a sinistra della storia…

“Per come la vedo io non si può neppure parlare di governo giallorosso. Dove sarebbe il rosso? L’unico rosso che c’è è quello della vergogna. È un’operazione sponsorizzata dai poteri della globalizzazione capitalista: Trump, Moscovici, Junker e via dicendo. Persino il presidente della Bce Christine Lagarde ha dato il suo endorsement a Roberto Gualtieri, ben prima che venisse nominato ministro dell’Economia.”

A proposito del neoministro circola un video in cui suona Bella Ciao con la chitarra acustica…
“Francamente ho visto quel video e mi fa pensare a tutto fuorché alla montagna. Ho conosciuto e amato dei comandanti partigiani, ne cito uno su tutti, Gianni Dolino, mio maestro di vita, e non c’è nulla di più plasticamente distante dalla passione e dalla lotta di quegli uomini che quella esibizione.”

E lei quale canzone sceglierebbe per descrivere questa stagione?

“Ti Lasci Andare di Charles Aznavour.”

Non proprio un canto di lotta…

“È un canto d’amore per una donna irrequieta, vissuta, avvelenata. Una donna alla ricerca di riscatto, che assomiglia tanto alla nostra povera Italia…”

Tornando al governo, di che colore è?

“È giallo-ravanello, perché è rosso di fuori e bianco nel cervello. Non dimentichiamoci che al suo interno è ben rappresentato dal Partito Democratico. Dagli stessi che hanno abrogato l’articolo 18, approvato il Job Act e la legge Fornero, gente come Zingaretti, che ha votato per sciogliere il Partito Comunista Italiano. È a tutti gli effetti un governo voluto dalle banche e dai poteri forti. Salvini, invece di andare a messa e sgranare rosari, avrebbe fatto meglio a leggere Lenin.”

Perché?

“I meccanismi del potere sono mutevoli e la lezione leninista insegna che le democrazie borghesi ti fanno vincere solo quando lo scelgono loro, non lo aveva capito neppure Allende e gli hanno fatto contro un golpe.”

Anche quello a cui abbiamo assistito nelle scorse settimane è un “golpe”?

“Dal punto di vista costituzionale non c’è nulla di illegittimo, ma di certo ci dà la misura di quanto queste forze di classe abbiano una capacità enorme di influenza, anche nelle crisi parlamentari.”

Sarebbe stato meglio andare al voto…

 “Il potere vero non si manifesta nel governo del Paese, oggi governi e parlamenti contano pochissimo, anzi, sempre meno. Le stesse forze che hanno determinato questo inciucio avrebbero comunque trovato il modo di condizionare l’esito delle votazioni e le stesse politiche di Salvini se avesse governato.”

C’è sempre il caso che Renzi, dopo la scissione, stacchi la spina…

“Non ne sarei così sicuro. Renzi è una sintesi di astuzia, e di uomini che hanno ascoltato le sirene e sono rimasti fregati ne è piena la storia, basti pensare a Gianfranco Fini…”

Migranti, il leader di sinistra Bergoglio attacca i sovranisti: “Vogliono fermare il meticciato. Mescolare ti fa crescere”


“Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità”.

Papa Francesco, in una intervista a La Repubblica, insiste sull’importanza dell’immigrazione che porta al meticciato appunto: “Il meticciato è quello che abbiamo sperimentato, ad esempio, in America Latina.

 Da noi c’è tutto: lo spagnolo e l’indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato”. Invece, continua il Pontefice, “costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica”.

Poi l’attacco al sovranismo: “La xenofobia e l’aporofobia (la paura per la povertà, ndr) oggi sono parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli. La xenofobia distrugge l’unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio. E il popolo siamo tutti noi: quelli che sono nati in un medesimo Paese, non importa che abbiano radici in un altro luogo o siano di etnie differenti”.

 Oggi, sottolinea Bergoglio, “siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura, come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla”.

Patto Italia-Ue per riaprire i porti: tornano in mare clandestini, Ong e scafisti. E riparte l’immigrazione selvaggia


E la montagna Europa partorì il topolino, un topolino particolarmente insidioso in grado di riaprire il grande business dell’ immigrazione clandestina. Succede che ieri a Malta i ministri dei Paesi Ue hanno trovato un accordo che prevede, su base volontaria, la suddivisione degli immigrati che sbarcano nei porti italiani.

Ma e qui si infila il topolino – solo di quelli salvati in mezzo al mare dalle Ong o da navi militari, non dei disperati che arrivano fino alle nostre coste con mezzi propri (i famosi «barchini») che oggi rappresentano il 90 per cento degli sbarchi.

Facile prevedere che da adesso in avanti i «fai da te» aiutati dagli scafisti non faranno che aspettare i soccorsi al largo della Libia e poi, una volta trasbordati, si troveranno automaticamente al sicuro, sia fisicamente che legalmente, indipendentemente dal fatto che essi siano profughi politici o economici. Pensavamo che l’ Europa, respinto l’ assalto sovranista, trovasse soluzioni capaci di sminare il problema non dico definitivamente (cosa oggettivamente impossibile), ma almeno in buona parte.

A prima vista è invece successo l’ inverso, sia pure con un contentino al nuovo governo italiano che potrà sbandierare di avere finalmente ottenuto una «redistribuzione» degli arrivi secondo quote certe con altri Paesi «volonterosi», in primis Francia e Germania, rompendo così l’ odioso isolamento in cui si era cacciata. Più «ripartizioni» ma, in prospettiva, molti più arrivi, il che si presume porterà a un saldo di fatto invariato o addirittura peggiorativo in termini di accoglienza.

Ma, al di là della matematica, a preoccupare è il segnale che l’ Europa dà a chi ci guarda speranzoso dalle coste nordafricane: chi parte ed è in difficoltà sarà aiutato e diventerà di fatto cittadino europeo.

I trafficanti per un verso e le Ong per un altro si apprestano a festeggiare: torna il lavoro a tempo pieno senza più vincoli o limiti, tornano gli affari. Un tuffo indietro di anni che azzera la linea del rigore intrapresa in Italia prima da Minniti e poi da Salvini, ma anche da Francia, Spagna e Germania.

 Dal «dissuadere» con ogni mezzo al «rassicurare» chi intende sbarcare in Italia e in Europa il passo è stato breve, brusco e non privo di rischi. Più che un piano politico mi sembra una scommessa da giocatori d’ azzardo

Vietato parlare male di Greta e delle “gretinate” sul clima: adesso scatta la censura pure tra gli scienziati


Non c’è bisogno dell’olio di ricino: per un pestaggio bastano le parole. Succede che un gruppo di otto scienziati italiani rediga un documento che contesta l’allarme sul cambiamento climatico e il legame con le attività umane, una «Petizione sul Riscaldamento Globale Antropico».

Il documento viene diffuso tra i colleghi senza particolare battage mediatico, soprattutto se comparato all’eco planetaria ottenuta dai fautori delle tesi opposte che hanno eletto a simbolo la giovane Greta Thunberg. Succede anche che, nonostante la disparità di forze, la petizione raccolga duecento firme di scienziati, tra cui quella del fisico Antonino Zichichi.

Il testo viene inoltre tradotto in inglese e comincia a circolare fuori dall’Italia con un titolo più aggressivo: «European Declaration: There is No Climate Emergency». Si arriva in breve a 500 firme di studiosi di tutto il mondo e viene preparata una conferenza per discuterne a Oslo il 18 e 19 ottobre. Al centro dell’offensiva «scettica» ci sono tra l’altro dati presentati dal gruppo di studiosi che mostrano un aumento delle temperature minore delle previsioni dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), l’organismo dell’Onu che indaga il «climate change».

Fin qui pare trattarsi di un normale confronto di idee, a fronte di un tema dalle tante implicazioni, anche politiche. Che però inevitabilmente attirano l’attenzione anche del movimento d’opinione che ha eletto il complesso discorso sul «global warming» a una forma di religione. In Italia il dibattito scientifico è subito diventato questione per curve da stadio.

Succede ancora che l’Accademia dei Lincei organizzi un convegno sull’argomento previsto per il 12 novembre e inviti anche uno scienziato che sostiene tesi opposte a quelle dell’Ipcc, il professor Franco Battaglia, uno degli otto promotori originali della petizione (nel gruppo c’è anche il professor Franco Prodi). Un membro del comitato organizzatore del convegno, il professor Guido Visconti, climatologo di fama che non ha mai nascosto i suoi dubbi sul modelli di ricerca dell’Ipcc ma che conferma il rapporto tra attività umana e cambiamento climatico, si dimette in polemica con la scelta dei Lincei.

Parte immediata la bastonatura contro il professor Battaglia. Il quotidiano Repubblica pubblica un articolo in cui sbeffeggia gli articoli del docente, storica firma del Giornale e punta a metterne in ridicolo l’attività scientifica. Il titolo dell’articolo, soprattutto, è già un marchio: «I Lincei organizzano un convegno sul clima. E fanno parlare il negazionista Battaglia». La scelta del termine è significativa: «negazionista» è il vocabolo usato per indicare gli estremisti convinti contro ogni evidenza che l’Olocausto sia una montatura del popolo ebraico. Un modo piuttosto scoperto non di confutarne le tesi scientifiche, ma la stessa legittimazione sociale a esprimere un’opinione.

Con il risultato che ora appare lecito inserire questi studiosi in una lista di bersagli da colpire. Come fa il meteorologo Luca Mercalli in un articolo: «Comunque la petizione degli scienziati negazionisti ha almeno un vantaggio: rende disponibile ai nostri giovani studenti che, sollecitati da Greta Thunberg, lottano per il loro futuro, una lista autografa dei loro nemici». Frase che, in altri tempi, sarebbe stata degna dei «cattivi maestri» dell’estremismo rosso. Davvero un brutto clima.

Migranti, il leader di sinistra Bergoglio attacca i sovranisti: “Vogliono fermare il meticciato. Mescolare ti fa crescere”


“Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità”.

Papa Francesco, in una intervista a La Repubblica, insiste sull’importanza dell’immigrazione che porta al meticciato appunto: “Il meticciato è quello che abbiamo sperimentato, ad esempio, in America Latina.

Da noi c’è tutto: lo spagnolo e l’indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato”. Invece, continua il Pontefice, “costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica”.

 Poi l’attacco al sovranismo: “La xenofobia e l’aporofobia (la paura per la povertà, ndr) oggi sono parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli. La xenofobia distrugge l’unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio.

E il popolo siamo tutti noi: quelli che sono nati in un medesimo Paese, non importa che abbiano radici in un altro luogo o siano di etnie differenti”.

 Oggi, sottolinea Bergoglio, “siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura, come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla”.

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