lunedì 23 settembre 2019
“L’Air Force Renzi” da 170 milioni di euro dice addio. Adesso è diventato un relitto da svendere a pezzi
Roma Il suo acquisto scatenò le ire dei partiti di centrodestra, che lo definirono «il più colossale spreco della storia d’Italia», ora l’Air Force Renzi, l’Airbus 340 preso in leasing all’epoca del governo dem per 168 milioni e 205mila euro rischia di fare una triste fine. Il velivolo si trova infatti in un hangar dell’aeroporto di Fiumicino, abbandonato a se stesso.
Le scritte «Repubblica italiana» e «Presidenza del Consiglio dei ministri» sono state tolte e nessuno fa più la manutenzione da lungo tempo. Dall’ufficio stampa di Alitalia fanno sapere che ad agosto 2018, «a seguito del ricevimento della richiesta del ministero della Difesa di scioglimento del contratto di leasing relativo all’Airbus A340-500 messo a disposizione del governo italiano, i commissari straordinari della Compagnia, valutato l’interesse dell’amministrazione straordinaria, hanno esercitato il potere ad essi conferito dalla legge e hanno inviato la comunicazione di scioglimento del contratto di leasing stipulato con Etihad relativamente al medesimo aereo». E mentre le cause vanno avanti il colosso dei cieli sta letteralmente cadendo a pezzi a Fiumicino.
Ogni tanto, quando Alitalia ha bisogno dell’hangar in cui è ospitato, lo tira fuori nel piazzale antistante, ma di fatto nessuno ha interesse a farlo volare di nuovo, anche perché per renderlo nuovamente idoneo al volo servirebbero centinaia di migliaia di euro. Oltretutto, il velivolo è vecchio e solo una compagnia inglese ha ancora in uso modelli simili, è quindi improbabile che qualcuno voglia acquistarlo, poiché sul mercato già nel 2016 si trovava a 50 milioni di euro. Oggi non vale più di 3 milioni. Ecco perché smantellarlo e venderlo a pezzi, per Ethiad che ne ha ancora la proprietà, potrebbe essere più vantaggioso.
All’epoca in cui fu fatto da Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio, lo sbaglio di prenderlo in leasing, come svelò il Giornale, si stipulò un contratto di 168 milioni 205mila euro. Per l’anno 2016 furono sborsati 39 milioni di euro, comprensivi della spesa per l’assicurazione. Per il 2017 si pagarono 23 milioni 505mila euro e oltre 15 milioni per il 2018, anno in cui il contratto di leasing fu sciolto.
Il Movimento 5 stelle, una volta andato al governo con la Lega, fece una campagna in pompa magna per denigrare le scelte di Renzi. A bordo dell’Airbus 340-500, nell’hangar dell’aeroporto romano, alla presenza di numerosi giornalisti, salirono l’allora vicepremier Luigi Di Maio, accompagnato dall’allora ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Danilo Toninelli. Dissero chiaramente che si era trattato di uno spreco, anche in considerazione del fatto che il velivolo aveva volato pochissime volte. Un mezzo di trasporto non necessario alla flotta blu, che già contava numerosi aerei in grado di svolgere i compiti istituzionali previsti.
Poi sulla questione calò un silenzio quasi surreale. Oggi chi si trova a passare da Fiumicino può ancora notare l’Air Force Renzi parcheggiato sporadicamente fuori dall’hangar. Nessuno ne parla più. Resta un relitto, che ricorda tempi in cui a certi premier era consentito fare tutto, anche di gettare quasi 170 milioni di euro per un velivolo antiquato e molto costoso dal punto di vista della manutenzione. Uno scandalo che in molti hanno voluto insabbiare, di cui a breve non rimarrà che la carcassa. Mentre chi ebbe la malsana idea di prenderlo in leasing tra lo stupore generale, siede ancora in Parlamento.
Non solo Lampedusa, sbarchi anche nel crotonese: grazie a PD e M5S sul fronte migranti l’Italia è sotto assedio
Non solo Lampedusa, ma anche il crotonese adesso assiste alla repentina impennata del numero degli sbarchi lungo le proprie coste.
Soltanto nella scorsa notte, sono in 58 a sbarcare con il consueto metodo già verificato in altre occasioni in questa parte della Calabria jonica. Gli approdi in questa zona del meridione avvengono tramite barche a vela che riescono, partendo dall’Egeo, ad arrivare dopo alcuni giorni di viaggio in acque italiane e poi a far approdare decine di migranti.
Nel caso dello sbarco delle scorse ore, le 58 persone arrivate a Crotone sono tutte di origine pakistana. Tra il gruppo sbarcato si contano solo uomini, con la presenza inoltre di un minore.
L’imbarcazione viene notata durante la scorsa notte da un’imbarcazione della Guardia di Finanza, la quale scorta i migranti fin dentro il porto di Crotone. E, come detto, questa provincia dall’inizio di questo mese fa i conti con un repentino aumento del numero degli sbarchi.
Alcuni vengono notati ed i migranti quindi intercettati dalle forze dell’ordine, altri invece arrivano autonomamente lungo le spiagge calabresi con le persone a bordo delle barche a vela che fuggono e fanno perdere le proprie tracce. In poche parole, anche la Calabria fa i conti con gli sbarchi fantasma, un fenomeno notato negli ultimi due anni soprattutto tra Sicilia meridionale ed il Sulcis in Sardegna.
Cirò Marina, Le Castella, così come Roccella Jonica, sono alcune delle località della parte jonica della Calabria che fanno i conti con molti sbarchi di barche a vela in grado di raggiungere le spiagge sia della provincia di Crotone, che di Reggio Calabria.
Ma sembra soprattutto il crotonese la meta privilegiata degli scafisti che partono dall’Egeo. Così come mette in evidenza la stampa locale, quello di questa notte è il quinto sbarco in meno di un mese sulle coste crotonesi. Nei giorni precedenti, si contano tre approdi con 52 persone soccorse a Le Castella il 3 settembre, 57 a Cirò il 6 settembre, 39 il 9 settembre. Infine, ancora a Le Castella, 56 migranti vengono intercettati l’ 11 settembre a poche miglia dalla costa.
Il fenomeno degli sbarchi fantasmi del crotonese è in stretta correlazione con quello dell’impennata delle partenze dal Mar Egeo. Come scritto nei giorni scorsi, dalla Turchia molte imbarcazioni quasi sempre guidate da scafisti originari dell’est Europa, soprattutto ucraini, partono alla volta dell’Italia. Vengono usate barche a vela ed a volte anche yatch, in modo da confondersi spesso con le imbarcazioni dei turisti che navigano lungo questa tratta.
Un’impennata, quella delle partenze dalla Turchia, a sua volta figlia probabilmente delle minacce di Erdogan di non considerare più valido l’accordo con l’Ue sui migranti. Anche in Grecia, nelle ultime settimane, si assiste alla ripresa degli sbarchi nelle isole dell’Egeo e non solo.
A preoccupare e non poco comunque, è la situazione in generale sul fronte migratorio in tutto il sud Italia. A Lampedusa soltanto ieri arrivano 108 migranti, con il locale hotspot a rischio collasso, mentre in queste ore Alarm Phone annuncia diverse chiamate da parte di barchini presenti nel Mediterraneo che provano a raggiungere Malta o l’Italia: “Alarm Phone non è mai stato contattato da così tante barche nel Mediterraneo centrale in così poco tempo”, scrive l’Ong su Twitter, “Negli ultimi cinque giorni, dal 16 al 20 settembre, siamo stati chiamati da 10 imbarcazioni in pericolo, con in totale circa 720 migranti in fuga dalla Libia”.
Un vero e proprio assedio, un incubo che fa di questo settembre sempre più il mese più nero degli ultimi due anni per quanto riguarda l’emergenza immigrazione. Un trend in rialzo su base annuale, che fin quando le condizioni del mare saranno ottimali non sembra arrestarsi.
domenica 22 settembre 2019
Inciucio in Umbria, Di Maolo gela Di Maio. Sms: “Candidarmi con PD e M5S? Ma non ci penso proprio”
Sembrava dovesse essere lei il volto nuovo, e un po’ a sorpresa, capace di incollare i pezzi del Pd umbro assieme al Movimento Cinque Stelle. Invece Francesca Di Maolo, a meno di sorprese dell’ultima ora, non sarà la candidata presidente dell’Umbria alle prossime elezioni del prossimo 27 ottobre.
Manca ancora l’ufficialità, certo. E in un periodo politico dove i due acerrimi nemici (Pd e M5S) riescono a trovare la quadra per governare assieme l’Italia e per sfidare il centrodestra alle regionali, è bene non dire “gatto” finché non lo hai “nel sacco”. Ma chi in queste ore ha potuto sentire la presidente dell’Istituto Serafico di Assisi assicura che non è affatto intenzionata a gettarsi nell’agone politico. Tutt’altro. In un sms di cui IlGiornale.it è venuto a conoscenza, infatti, la Di Maolo ha chiuso la porta ad ogni possibile candidatura digitando un definitivo “non ci penso proprio”.
Di qualità la presidente dell’Istituto Serafico ne ha diverse, ma l’esperienza politica le manca. E in un momento in cui nel Pd locale è in corso una lotta intestina, non sarebbe certo cosa semplice districarsi nel marasma elettorale. Se poi venisse eletta (la vittoria non è certo scontata), dovrebbe pure gestire il difficile rapporto tra grillini e piddini. Il rischio insomma è rimanerci impallinata. Non è un caso se molte persone a lei vicine, anche all’interno dell’Istituto, da giorni si chiedono: “Ma chi glielo fa fare?”.
In fondo la Di Maolo dal 2013 è alla guida di un istituto di eccellenza per bambini e ragazzi con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali. Gli impegni certo non ne le mancano. Inoltre ha diversi incarichi cui dovrebbe rinunciare in caso di elezione a presidente o a consigliera regionale. Insomma: “Chi glielo fa fare?”.
Una risposta ci sarebbe. Il mondo cattolico, cui è molto legata, la vedrebbe bene alla guida della regione. Tanto che ieri, parlando con i giornalisti, la Di Maolo aveva lasciato uno spiraglio aperto. Ai cronisti aveva sussurrato che questa “è l’ora di riflettere”, poi però nella tarda mattinata di oggi avrebbe comunicato la decisione (negativa) ai vertici di M5S e Pd.
Per Di Maio e Zingaretti si mette male. La piattaforma Rousseau ha dato il via libera al “patto civico” che ricalchi l’esperienza del Conte Bis. Ma alle buone intenzioni non sono per ora seguiti accordi concreti. Mancano sei giorni alla presentazione delle liste e un nome che possa mettere d’accordo tutti va trovato in fretta. L’idea di puntare sul “cattolicesimo progressista” aveva stuzzicato sia piddini che dem, ma il nome di Di Maolo non ha funzionato.
Cosa fare adesso? “Anche Di Maolo rifiuta la candidatura – ha scritto sui social il candidato civico, già scelto dal Pd, Andrea Fora – A questo punto è chiaro che c’è qualcosa che non va e che deve essere risolta al più presto”. Senza contare che ieri mattina pure il primo cittadino di Assisi Stefania Proietti, indicata da Di Maio, si è sfilata dalla corsa preferendo rimanere “a fare il sindaco” della città di San Francesco. Le pene dei giallorossi fanno gongolare Salvini (e il centrodestra): “Pd e grillini prendono in giro gli umbri – ha detto – cambiano ogni giorno squadra e candidati. Una vergogna senza precedenti”.
L’effetto buonista del governo abusivo Conte: Lampedusa sta per scoppiare. Sbarcati altri 108 clandestini
L’effetto “buonista” del governo Conte produce subito i suoi effetti. Se settembre fa registrare il nuovo record di sbarchi, l’ultima notte è stata davvero drammatica per Lampedusa dove sono approdati complessivamente 108 migranti. Intorno alle 23 un barcone con a bordo 92 persone è stato intercettato a poche miglia dall’isola da una motovedetta della capitaneria di porto.
Altri 16 migranti, a bordo di un barchino, sono giunti direttamente a terra. L’hot spot, dove in questo momento si trovano circa 200 extracomunitari a fronte di una capienza massima di un centinaio di ospiti, resta al collasso. Altri 90 migranti hanno lasciato in mattinata l’hotspot di Lampedusa per essere trasferiti in nave a Porto Empedocle.
Nel frattempo prosegue la protesta di un gruppo di tunisini che chiedono di non essere rimpatriati manifestando sulla piazza della chiesa madre dell’isola; di giorno rimanendo seduti e la notte dormendo a terra.
E le Ong? Lavorano di gran lena per recuperare migranti nelle acque prospicienti l’Italia: la nave umanitaria Ocean Viking, gestita in collaborazione da MSF e Sos Mediterranee, ha effettuato nei giorni scorsi quattro diversi salvataggi soccorrendo 217 persone, di cui 35 nella zona di ricerca e soccorso maltese sotto il coordinamento delle autorità maltesi. “Le 182 persone sulla Ocean Viking aspettano di ricevere un porto sicuro senza ulteriori ritardi”, conclude Msf.o senza ulteriori ritardi”, conclude Msf.
La mossa suicida del M5S: “Si allo Ius Culturae, Conte è d’accordo”. Vanno a schiantarsi come il PD
Lo Ius soli ha contribuito ad affondare il Pd nel 2018, lo Ius culturae potrebbe fare altrettanto con il Movimento 5 Stelle nei prossimi mesi.
Il tema immigrazione sarà ancora decisivo, ma qualcuno tra i grillini sembra sottovalutare la questione. Ad esempio, Giuseppe Brescia, presidente di 5 Stelle in Commissione Affari costituzionali alla Camera.
Non l’ultimo arrivato, insomma. “Io credo che sia arrivato il momento di ragionare sullo Ius culturae, che ritengo una norma di civiltà – spiega il deputato del Movimento in una intervista a La Stampa -: un bambino nato in Italia da genitori che siano regolarmente residenti da un certo periodo di tempo nel nostro Paese, che abbia completato un ciclo di studi in Italia, si può ritenere italiano“.
“Già a marzo scorso il presidente Giuseppe Conte si era espresso negli stessi termini, auspicando che il Parlamento si potesse esprimere sulla materia nonostante non fosse nell’accordo di maggioranza – ricorda ancora Brescia -.
È una questione che si trascina da molti anni ma non se ne è fatto mai niente, forse perché è ritenuta una misura impopolare. Governi di centrosinistra, lo stesso Pd, non sono mai passati dalle parole ai fatti. Ma io ritengo sia una norma giusta”, risponde. Ius culturae e non Ius soli, dunque. “Credo che lo Ius culturae sia un punto di caduta più equilibrato su cui ragionare, anche considerando che nel M5s molti hanno sensibilità diverse su questo tema”.
“Noi come Movimento quando ci sono temi divisivi di solito ci affidiamo alla democrazia diretta attraverso la piattaforma Rousseau: per un tema così importante si potrebbero interpellare gli iscritti. Decidere con loro, così come è stato fatto il nuovo governo”
Il governo dei “pagliacci”. Conte vuole aumentare le tasse, ma Di Maio lo sconfessa: “Vanno abbassate”
È già resa dei conti nel governo sulle tasse, con Luigi Di Maio che frena gli entusiasmo del premier Giuseppe Conte.
Ospite a Lecce di Maurizio Landini nella festa della Cgil, Conte tira dritto sul Green New Deal, il piano per riconvertire l’industria in chiave sostenibile che si traduce in nuove tasse per gli italiani, da quella sulle merendine e le bevande gasate ai viaggi in aereo fino al diesel.
“Dobbiamo rassicurare il sistema industriale che noi abbiamo un piano. Già da questa manovra economica lavoriamo in questa prospettiva. Gli investimenti industriali hanno bisogno di chiarezza, non possiamo permetterci segnali contraddittori. Noi vogliamo realizzare e perseguire un Green New Deal, pensiamo a riorientare il nostro sistema produttivo verso l’economia circolare, con progressività. Vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti un Paese più sostenibile”.
Secca risposta via Facebook dal leader del Movimento 5 Stelle, nonché ministro degli Esteri. “Fermi tutti. Noi abbiamo come obiettivo quello di abbassare le tasse, non di aumentarle. E secondo me è totalmente sbagliato scatenare un dibattito ogni giorno per parlare di nuovi balzelli”. Un governo, continua il leader pentastellato, “che pensa ai cittadini lavora per bloccare l’aumento dell’Iva, che avrebbe comportato una spesa di più di 500 euro a famiglia, l’anno prossimo. Ed è questo governo che noi sosteniamo.
Un governo che vuole fare il bene delle persone toglie tasse sul lavoro per permettere alle imprese di assumere nuova gente. Ed è così che avrà i nostri voti in Parlamento”. “Sull’ambiente – prosegue un minaccioso Di Maio – un governo degno di questo nome premia chi non inquina e disincentiva chi se ne frega. Ma tutto deve prevedere una transizione su un arco temporale di anni e permettere di convertire i propri stili di vita e le produzioni industriali e aziendali”.
“Qualcuno dirà – conclude Di Maio – che stiamo dando un ultimatum al governo. Ma io non sono stato eletto per passare le mie giornate a dire che non è cosi’. A noi interessa parlare chiaro e portare a casa i risultati. E sempre per parlare chiaro, mercoledì alla Camera si decide quando calendarizzare l’ultimo voto sul taglio dei parlamentari. Ci aspettiamo tempi rapidi e zero scuse”.
Luigi Di Maio tuona contro le “ingerenze” di Viktor Orban. Ma tace sulle ingerenze di Merkel e Macron
Luigi Di Maio tuona contro Viktor Orban. Il neo ministro degli Esteri, dopo l’attacco del premier ungherese al governo giallorosso ha bollato le frasi di Orban come “inutili ingerenze”. E con una nota della Farnesina, il capo politico del Movimento Cinque Stelle ha risposto duramente al premier ungherese alzando i toni dello scontro: “Non permetto a nessuno di giudicare o attaccare l’Italia, men che meno a chi fa il sovranista ma con i nostri confini. Orban non conosce il popolo italiano, parli quindi del suo popolo, se vuole, non del nostro“.
Di Maio si scopre sovranista quindi. Non solo, ma anche molto geloso della politica italiana a tal punto da colpire chiunque provi a parlarne. Un affondo durissimo, quello del ministro degli Esteri, che però sconta un “piccolo” peccato originale.
Perché se Di Maio fa benissimo a ricordare che nessuno possa permettersi di giudicare l’Italia, si dimentica due particolari che farebbe invece bene a tenere a mente. Il primo, è che Orban non ha mai attaccato l’Italia ma il governo di Giuseppe Conte: quel premier che, con il Movimento 5 Stelle, ha abbandonato la linea simil-sovranista quando andava a braccetto con Matteo Salvini per lanciarsi tra le braccia dell’Europa franco-tedesca. Il secondo particolare che forse Di Maio dimentica è che se quelle di Orban sono “ingerenze” e se “nessuno si deve permettere di giudicare l’Italia”, forse queste frasi vanno rivolte non tanto a Budapest, quanto agli sponsor dell’attuale governo italiano: ovvero le cancellerie di Berlino, Parigi e Bruxelles.
Facile tuonare contro il leader magiaro quando si è passati dalle sfilate coi gilet gialli a stendere il tappeto rosso a Emmanuel Macron, ma il ministro degli Esteri forse si è dimenticato di quando il capo dell’Eliseo si augurava che Salvini abbandonasse il governo, di quando la Merkel ha costantemente preso di mira il leader della Lega e la politica migratoria voluta dal Viminale, così come di quando, uno a uno, tutti i commissari europei hanno tuonato contro Roma e contro qualsiasi deriva diversa dalla rotta imposta dall’Europa.
Ecco, il coraggio di Di Maio forse andrebbe rivalutato alla luce di questi fatti. Un ministro degli Esteri di un governo nato nelle cancelliera d’Europa e del mondo forse dovrebbe rivedere i suoi obiettivi quando parla di “inutili ingerenze”. Tra le visite a Washington, i placet da Pechino, i semafori verdi di Francia e Germania e con le garanzie volute dall’Unione europea di Ursula von der Leyen, le ingerenze sono talmente tante da chiedersi addirittura se quelle di Orban possano essere considerate come tali.
L’invocazione di Bergoglio: “Pregate per tutti i migranti e i rifugiati”. E per i cristiani perseguitati?
Il Papa, dopo aver officiato al consueto Angelus domenicale, ho voluto rammentare l’appuntamento centrale della prossima domenica di settembre: una giornata tematica dedicata ai migranti e ai rifugiati: “Vi invito a partecipare a questa celebrazione per esprimere anche con la preghiera le nostra vicinanza ai migranti e rifugiati del mondo intero”.
Un’occasione in cui il Santo Padre celebrerà una messa ad hoc, com’è già avvenuto nel recente passato. Il documento, quello che indirizza l’appuntamento, era già stato pubblicato mesi fa. Quello che introduce pure l’iniziativa. Il titolo è esemplificativo: “Non si tratta solo di migranti”. Quasi a ricordare come il tema dell’accoglienza coinvolga l’umanità intera e non solo una specifica parte di mondo o un particolare settore.
Un accento dettagliato è stato posto sulle periferie economico-esistenziali, cui il vertice della Chiesa cattolica, come anche il suo recente viaggio in Africa ha testimoniato, guarda con un’attenzione continua. L’ex arcivescovo di Buenos Aires non sarà il solo a presenziare. Stando a quanto riportato dall’Adnkronos, infatti, anche i vescovi italiani, con la Conferenza episcopale in testa, prenderanno parte all’appuntamento.
I presuli hanno chiesto partecipazione. I cattolici sono chiamati a far sentire la loro voce. San Pietro, insomma, si annuncia gremita per l’ultima importante celebrazione prima del concistoro del quattro ottobre, quello in cui verranno creati dieci cardinali, tra cui l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Maria Zuppi, e l’inizio del Sinodo panamazzonico, che si svolgerà in Vaticano a partire dal sei dello stesso mese.
Fasi intense, quindi, per un pontificato, quello di Papa Bergoglio, che sta premendo l’acceleratore sul campo delle riforme interne, ma che non dimentica la centralità degli ultimi. La GMMR farà anche da apripista a un periodo davvero importante per la Chiesa cattolica universale.
Crotone, Guardia di Finanza preleva 58 clandestini pakistani: sono tutti maschi tra cui un presunto minore
Cinquantotto persone, di nazionalità pakistana, sono state prelevate e condotte al porto di Crotone da una unità della Guardia di Finanza della sezione navale di Vibo Valentia.
I migranti – tutti uomini, tra loro solo un minore – si trovavano a bordo di una imbarcazione a vela intercettata al largo della costa calabrese la scorsa notte.
L’imbarcazione è stata scortata dalla Guardia di Finanza fino a Crotone dove le operazioni di sbarco – coordinate dalla Prefettura di Crotone – sono avvenute poco dopo le 2 del mattino.
I sanitari del Suem 118 hanno accertato le condizioni di salute dei migranti. La Croce Rossa ha provveduto all’accoglienza ed al loro trasferimento nell’Hub regionale di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto.
E’ quinto sbarco in meno di un mese sulle coste crotonesi. Nei giorni precedenti erano avvenuti tre sbarchi : 52 persone a Le Castella il 3 settembre, 57 a Cirò il 6 settembre, 39 su un veliero il 9 settembre, 56 migranti l’11 settembre.
Il premier Conte (purtroppo) non scherzava: “Si a tassare merendine, bibite gassate e i biglietti aerei”
Il premier Giuseppe Conte interviene alla festa dei giovani di Fratelli d’Italia e parla anche di manovra appoggiando in sostanza la tassa proposta dal ministro dell’Istruzione Fioramonti.
“Mi pare praticabile”, dice rispondendo a Bruno Vespa che gli chiede sulla proposta del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti: trovare risorse tassando merendine, bibite gassate e aumentando i biglietti aerei di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro quelli internazionali.
Sull’ambiente “chiederò un patto con tutto il mondo industriale e produttivo: io devo poter orientare il nostro sistema ma non posso mettere meccanismi incentivanti o disincentivanti senza nessun discernimento.
Elaboriamo un piano industriale con un patto con tutto il mondo produttivo per cui progressivamente, attraverso meccanismi soprattutto incentivanti, riusciamo a orientare tutto il sistema verso la transizione energetica, verso un Green New Deal”
I gilet gialli scaricano il “venduto” Di Maio: “È diventato ‘l’amiconè’ di Macron. Sui migranti ha cambiato linea”
Ve lo ricordate il discusso incontro tra i vertici grillini e quelli dei gilet gialli? Tutto da dimenticare. Luigi Di Maio, che con Alessandro Di Battista era uno dei due pentastellati presenti al summit dello scorso inverno, non sembra poter contare più sulle simpatie e sul sostegno dei movimentisti d’Oltralpe. E la sincronia tra le due forze “antisistema” è venuta meno.
Certo non perché i transalpini abbiano cambiato visione del mondo. Semmai è avvenuto il contrario. Una delle figure più in vista dei gilet, Eric Drouet, lo aveva già fatto capire ad inizio anno. Ma era solo una delle opinioni. Adesso però è arrivata anche quella di Christophe Chalençon, capo riconosciuto, che ha spiegato come stanno le cose all’Adnkronos. I gilet gialli sono per un’opposizione senza sconti ad Emmanuel Macron, mentre il MoVimento 5 Stelle ha coadiuvato volentieri la nascita della “coalizione Ursula”, di cui il presidente francese è parte. Ma il gilet ha esposto anche un’altra argomentazione.
“Se Di Maio non tiene la linea che ci ha illustrato a febbraio scorso per due ore – ha dichiarato l’esponente francese all’agenzia citata – , in particolare sul tema dei migranti, rischia di perdere consensi”. Viene ancora usato il “se”, ma il fatto che Di Maio adesso faccia parte di un governo formato in coalizione con il Partito Democratico può essere utile a sgombrare il campo dai dubbi.
E Chalençon specifica meglio: “Sui migranti ci aveva detto che voleva impedire che la Francia e altri paesi europei continuassero a saccheggiare l’Africa e che era quindi necessario aiutare i paesi africani intervenendo localmente”. “Se cambia linea e diventa ‘l’amiconè di Macron penso Di Maio si debba preoccupare” . Le considerazioni ipotetiche vengono meno quando il vertice del movimento di protesta colloca la parabola del neo ministro degli Esteri: “Luigi Di Maio sta scivolando verso sinistra”, ha sentenziato.
Sono termini decisamente diversi rispetto a quelli utilizzati da Chalençon nelle fasi in cui si era persino arrivati a parlare di una “alleanza organica”.
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