domenica 22 settembre 2019
Inciucio in Umbria, Di Maolo gela Di Maio. Sms: “Candidarmi con PD e M5S? Ma non ci penso proprio”
Sembrava dovesse essere lei il volto nuovo, e un po’ a sorpresa, capace di incollare i pezzi del Pd umbro assieme al Movimento Cinque Stelle. Invece Francesca Di Maolo, a meno di sorprese dell’ultima ora, non sarà la candidata presidente dell’Umbria alle prossime elezioni del prossimo 27 ottobre.
Manca ancora l’ufficialità, certo. E in un periodo politico dove i due acerrimi nemici (Pd e M5S) riescono a trovare la quadra per governare assieme l’Italia e per sfidare il centrodestra alle regionali, è bene non dire “gatto” finché non lo hai “nel sacco”. Ma chi in queste ore ha potuto sentire la presidente dell’Istituto Serafico di Assisi assicura che non è affatto intenzionata a gettarsi nell’agone politico. Tutt’altro. In un sms di cui IlGiornale.it è venuto a conoscenza, infatti, la Di Maolo ha chiuso la porta ad ogni possibile candidatura digitando un definitivo “non ci penso proprio”.
Di qualità la presidente dell’Istituto Serafico ne ha diverse, ma l’esperienza politica le manca. E in un momento in cui nel Pd locale è in corso una lotta intestina, non sarebbe certo cosa semplice districarsi nel marasma elettorale. Se poi venisse eletta (la vittoria non è certo scontata), dovrebbe pure gestire il difficile rapporto tra grillini e piddini. Il rischio insomma è rimanerci impallinata. Non è un caso se molte persone a lei vicine, anche all’interno dell’Istituto, da giorni si chiedono: “Ma chi glielo fa fare?”.
In fondo la Di Maolo dal 2013 è alla guida di un istituto di eccellenza per bambini e ragazzi con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali. Gli impegni certo non ne le mancano. Inoltre ha diversi incarichi cui dovrebbe rinunciare in caso di elezione a presidente o a consigliera regionale. Insomma: “Chi glielo fa fare?”.
Una risposta ci sarebbe. Il mondo cattolico, cui è molto legata, la vedrebbe bene alla guida della regione. Tanto che ieri, parlando con i giornalisti, la Di Maolo aveva lasciato uno spiraglio aperto. Ai cronisti aveva sussurrato che questa “è l’ora di riflettere”, poi però nella tarda mattinata di oggi avrebbe comunicato la decisione (negativa) ai vertici di M5S e Pd.
Per Di Maio e Zingaretti si mette male. La piattaforma Rousseau ha dato il via libera al “patto civico” che ricalchi l’esperienza del Conte Bis. Ma alle buone intenzioni non sono per ora seguiti accordi concreti. Mancano sei giorni alla presentazione delle liste e un nome che possa mettere d’accordo tutti va trovato in fretta. L’idea di puntare sul “cattolicesimo progressista” aveva stuzzicato sia piddini che dem, ma il nome di Di Maolo non ha funzionato.
Cosa fare adesso? “Anche Di Maolo rifiuta la candidatura – ha scritto sui social il candidato civico, già scelto dal Pd, Andrea Fora – A questo punto è chiaro che c’è qualcosa che non va e che deve essere risolta al più presto”. Senza contare che ieri mattina pure il primo cittadino di Assisi Stefania Proietti, indicata da Di Maio, si è sfilata dalla corsa preferendo rimanere “a fare il sindaco” della città di San Francesco. Le pene dei giallorossi fanno gongolare Salvini (e il centrodestra): “Pd e grillini prendono in giro gli umbri – ha detto – cambiano ogni giorno squadra e candidati. Una vergogna senza precedenti”.
L’effetto buonista del governo abusivo Conte: Lampedusa sta per scoppiare. Sbarcati altri 108 clandestini
L’effetto “buonista” del governo Conte produce subito i suoi effetti. Se settembre fa registrare il nuovo record di sbarchi, l’ultima notte è stata davvero drammatica per Lampedusa dove sono approdati complessivamente 108 migranti. Intorno alle 23 un barcone con a bordo 92 persone è stato intercettato a poche miglia dall’isola da una motovedetta della capitaneria di porto.
Altri 16 migranti, a bordo di un barchino, sono giunti direttamente a terra. L’hot spot, dove in questo momento si trovano circa 200 extracomunitari a fronte di una capienza massima di un centinaio di ospiti, resta al collasso. Altri 90 migranti hanno lasciato in mattinata l’hotspot di Lampedusa per essere trasferiti in nave a Porto Empedocle.
Nel frattempo prosegue la protesta di un gruppo di tunisini che chiedono di non essere rimpatriati manifestando sulla piazza della chiesa madre dell’isola; di giorno rimanendo seduti e la notte dormendo a terra.
E le Ong? Lavorano di gran lena per recuperare migranti nelle acque prospicienti l’Italia: la nave umanitaria Ocean Viking, gestita in collaborazione da MSF e Sos Mediterranee, ha effettuato nei giorni scorsi quattro diversi salvataggi soccorrendo 217 persone, di cui 35 nella zona di ricerca e soccorso maltese sotto il coordinamento delle autorità maltesi. “Le 182 persone sulla Ocean Viking aspettano di ricevere un porto sicuro senza ulteriori ritardi”, conclude Msf.o senza ulteriori ritardi”, conclude Msf.
La mossa suicida del M5S: “Si allo Ius Culturae, Conte è d’accordo”. Vanno a schiantarsi come il PD
Lo Ius soli ha contribuito ad affondare il Pd nel 2018, lo Ius culturae potrebbe fare altrettanto con il Movimento 5 Stelle nei prossimi mesi.
Il tema immigrazione sarà ancora decisivo, ma qualcuno tra i grillini sembra sottovalutare la questione. Ad esempio, Giuseppe Brescia, presidente di 5 Stelle in Commissione Affari costituzionali alla Camera.
Non l’ultimo arrivato, insomma. “Io credo che sia arrivato il momento di ragionare sullo Ius culturae, che ritengo una norma di civiltà – spiega il deputato del Movimento in una intervista a La Stampa -: un bambino nato in Italia da genitori che siano regolarmente residenti da un certo periodo di tempo nel nostro Paese, che abbia completato un ciclo di studi in Italia, si può ritenere italiano“.
“Già a marzo scorso il presidente Giuseppe Conte si era espresso negli stessi termini, auspicando che il Parlamento si potesse esprimere sulla materia nonostante non fosse nell’accordo di maggioranza – ricorda ancora Brescia -.
È una questione che si trascina da molti anni ma non se ne è fatto mai niente, forse perché è ritenuta una misura impopolare. Governi di centrosinistra, lo stesso Pd, non sono mai passati dalle parole ai fatti. Ma io ritengo sia una norma giusta”, risponde. Ius culturae e non Ius soli, dunque. “Credo che lo Ius culturae sia un punto di caduta più equilibrato su cui ragionare, anche considerando che nel M5s molti hanno sensibilità diverse su questo tema”.
“Noi come Movimento quando ci sono temi divisivi di solito ci affidiamo alla democrazia diretta attraverso la piattaforma Rousseau: per un tema così importante si potrebbero interpellare gli iscritti. Decidere con loro, così come è stato fatto il nuovo governo”
Il governo dei “pagliacci”. Conte vuole aumentare le tasse, ma Di Maio lo sconfessa: “Vanno abbassate”
È già resa dei conti nel governo sulle tasse, con Luigi Di Maio che frena gli entusiasmo del premier Giuseppe Conte.
Ospite a Lecce di Maurizio Landini nella festa della Cgil, Conte tira dritto sul Green New Deal, il piano per riconvertire l’industria in chiave sostenibile che si traduce in nuove tasse per gli italiani, da quella sulle merendine e le bevande gasate ai viaggi in aereo fino al diesel.
“Dobbiamo rassicurare il sistema industriale che noi abbiamo un piano. Già da questa manovra economica lavoriamo in questa prospettiva. Gli investimenti industriali hanno bisogno di chiarezza, non possiamo permetterci segnali contraddittori. Noi vogliamo realizzare e perseguire un Green New Deal, pensiamo a riorientare il nostro sistema produttivo verso l’economia circolare, con progressività. Vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti un Paese più sostenibile”.
Secca risposta via Facebook dal leader del Movimento 5 Stelle, nonché ministro degli Esteri. “Fermi tutti. Noi abbiamo come obiettivo quello di abbassare le tasse, non di aumentarle. E secondo me è totalmente sbagliato scatenare un dibattito ogni giorno per parlare di nuovi balzelli”. Un governo, continua il leader pentastellato, “che pensa ai cittadini lavora per bloccare l’aumento dell’Iva, che avrebbe comportato una spesa di più di 500 euro a famiglia, l’anno prossimo. Ed è questo governo che noi sosteniamo.
Un governo che vuole fare il bene delle persone toglie tasse sul lavoro per permettere alle imprese di assumere nuova gente. Ed è così che avrà i nostri voti in Parlamento”. “Sull’ambiente – prosegue un minaccioso Di Maio – un governo degno di questo nome premia chi non inquina e disincentiva chi se ne frega. Ma tutto deve prevedere una transizione su un arco temporale di anni e permettere di convertire i propri stili di vita e le produzioni industriali e aziendali”.
“Qualcuno dirà – conclude Di Maio – che stiamo dando un ultimatum al governo. Ma io non sono stato eletto per passare le mie giornate a dire che non è cosi’. A noi interessa parlare chiaro e portare a casa i risultati. E sempre per parlare chiaro, mercoledì alla Camera si decide quando calendarizzare l’ultimo voto sul taglio dei parlamentari. Ci aspettiamo tempi rapidi e zero scuse”.
Luigi Di Maio tuona contro le “ingerenze” di Viktor Orban. Ma tace sulle ingerenze di Merkel e Macron
Luigi Di Maio tuona contro Viktor Orban. Il neo ministro degli Esteri, dopo l’attacco del premier ungherese al governo giallorosso ha bollato le frasi di Orban come “inutili ingerenze”. E con una nota della Farnesina, il capo politico del Movimento Cinque Stelle ha risposto duramente al premier ungherese alzando i toni dello scontro: “Non permetto a nessuno di giudicare o attaccare l’Italia, men che meno a chi fa il sovranista ma con i nostri confini. Orban non conosce il popolo italiano, parli quindi del suo popolo, se vuole, non del nostro“.
Di Maio si scopre sovranista quindi. Non solo, ma anche molto geloso della politica italiana a tal punto da colpire chiunque provi a parlarne. Un affondo durissimo, quello del ministro degli Esteri, che però sconta un “piccolo” peccato originale.
Perché se Di Maio fa benissimo a ricordare che nessuno possa permettersi di giudicare l’Italia, si dimentica due particolari che farebbe invece bene a tenere a mente. Il primo, è che Orban non ha mai attaccato l’Italia ma il governo di Giuseppe Conte: quel premier che, con il Movimento 5 Stelle, ha abbandonato la linea simil-sovranista quando andava a braccetto con Matteo Salvini per lanciarsi tra le braccia dell’Europa franco-tedesca. Il secondo particolare che forse Di Maio dimentica è che se quelle di Orban sono “ingerenze” e se “nessuno si deve permettere di giudicare l’Italia”, forse queste frasi vanno rivolte non tanto a Budapest, quanto agli sponsor dell’attuale governo italiano: ovvero le cancellerie di Berlino, Parigi e Bruxelles.
Facile tuonare contro il leader magiaro quando si è passati dalle sfilate coi gilet gialli a stendere il tappeto rosso a Emmanuel Macron, ma il ministro degli Esteri forse si è dimenticato di quando il capo dell’Eliseo si augurava che Salvini abbandonasse il governo, di quando la Merkel ha costantemente preso di mira il leader della Lega e la politica migratoria voluta dal Viminale, così come di quando, uno a uno, tutti i commissari europei hanno tuonato contro Roma e contro qualsiasi deriva diversa dalla rotta imposta dall’Europa.
Ecco, il coraggio di Di Maio forse andrebbe rivalutato alla luce di questi fatti. Un ministro degli Esteri di un governo nato nelle cancelliera d’Europa e del mondo forse dovrebbe rivedere i suoi obiettivi quando parla di “inutili ingerenze”. Tra le visite a Washington, i placet da Pechino, i semafori verdi di Francia e Germania e con le garanzie volute dall’Unione europea di Ursula von der Leyen, le ingerenze sono talmente tante da chiedersi addirittura se quelle di Orban possano essere considerate come tali.
L’invocazione di Bergoglio: “Pregate per tutti i migranti e i rifugiati”. E per i cristiani perseguitati?
Il Papa, dopo aver officiato al consueto Angelus domenicale, ho voluto rammentare l’appuntamento centrale della prossima domenica di settembre: una giornata tematica dedicata ai migranti e ai rifugiati: “Vi invito a partecipare a questa celebrazione per esprimere anche con la preghiera le nostra vicinanza ai migranti e rifugiati del mondo intero”.
Un’occasione in cui il Santo Padre celebrerà una messa ad hoc, com’è già avvenuto nel recente passato. Il documento, quello che indirizza l’appuntamento, era già stato pubblicato mesi fa. Quello che introduce pure l’iniziativa. Il titolo è esemplificativo: “Non si tratta solo di migranti”. Quasi a ricordare come il tema dell’accoglienza coinvolga l’umanità intera e non solo una specifica parte di mondo o un particolare settore.
Un accento dettagliato è stato posto sulle periferie economico-esistenziali, cui il vertice della Chiesa cattolica, come anche il suo recente viaggio in Africa ha testimoniato, guarda con un’attenzione continua. L’ex arcivescovo di Buenos Aires non sarà il solo a presenziare. Stando a quanto riportato dall’Adnkronos, infatti, anche i vescovi italiani, con la Conferenza episcopale in testa, prenderanno parte all’appuntamento.
I presuli hanno chiesto partecipazione. I cattolici sono chiamati a far sentire la loro voce. San Pietro, insomma, si annuncia gremita per l’ultima importante celebrazione prima del concistoro del quattro ottobre, quello in cui verranno creati dieci cardinali, tra cui l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Maria Zuppi, e l’inizio del Sinodo panamazzonico, che si svolgerà in Vaticano a partire dal sei dello stesso mese.
Fasi intense, quindi, per un pontificato, quello di Papa Bergoglio, che sta premendo l’acceleratore sul campo delle riforme interne, ma che non dimentica la centralità degli ultimi. La GMMR farà anche da apripista a un periodo davvero importante per la Chiesa cattolica universale.
Crotone, Guardia di Finanza preleva 58 clandestini pakistani: sono tutti maschi tra cui un presunto minore
Cinquantotto persone, di nazionalità pakistana, sono state prelevate e condotte al porto di Crotone da una unità della Guardia di Finanza della sezione navale di Vibo Valentia.
I migranti – tutti uomini, tra loro solo un minore – si trovavano a bordo di una imbarcazione a vela intercettata al largo della costa calabrese la scorsa notte.
L’imbarcazione è stata scortata dalla Guardia di Finanza fino a Crotone dove le operazioni di sbarco – coordinate dalla Prefettura di Crotone – sono avvenute poco dopo le 2 del mattino.
I sanitari del Suem 118 hanno accertato le condizioni di salute dei migranti. La Croce Rossa ha provveduto all’accoglienza ed al loro trasferimento nell’Hub regionale di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto.
E’ quinto sbarco in meno di un mese sulle coste crotonesi. Nei giorni precedenti erano avvenuti tre sbarchi : 52 persone a Le Castella il 3 settembre, 57 a Cirò il 6 settembre, 39 su un veliero il 9 settembre, 56 migranti l’11 settembre.
Il premier Conte (purtroppo) non scherzava: “Si a tassare merendine, bibite gassate e i biglietti aerei”
Il premier Giuseppe Conte interviene alla festa dei giovani di Fratelli d’Italia e parla anche di manovra appoggiando in sostanza la tassa proposta dal ministro dell’Istruzione Fioramonti.
“Mi pare praticabile”, dice rispondendo a Bruno Vespa che gli chiede sulla proposta del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti: trovare risorse tassando merendine, bibite gassate e aumentando i biglietti aerei di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro quelli internazionali.
Sull’ambiente “chiederò un patto con tutto il mondo industriale e produttivo: io devo poter orientare il nostro sistema ma non posso mettere meccanismi incentivanti o disincentivanti senza nessun discernimento.
Elaboriamo un piano industriale con un patto con tutto il mondo produttivo per cui progressivamente, attraverso meccanismi soprattutto incentivanti, riusciamo a orientare tutto il sistema verso la transizione energetica, verso un Green New Deal”
I gilet gialli scaricano il “venduto” Di Maio: “È diventato ‘l’amiconè’ di Macron. Sui migranti ha cambiato linea”
Ve lo ricordate il discusso incontro tra i vertici grillini e quelli dei gilet gialli? Tutto da dimenticare. Luigi Di Maio, che con Alessandro Di Battista era uno dei due pentastellati presenti al summit dello scorso inverno, non sembra poter contare più sulle simpatie e sul sostegno dei movimentisti d’Oltralpe. E la sincronia tra le due forze “antisistema” è venuta meno.
Certo non perché i transalpini abbiano cambiato visione del mondo. Semmai è avvenuto il contrario. Una delle figure più in vista dei gilet, Eric Drouet, lo aveva già fatto capire ad inizio anno. Ma era solo una delle opinioni. Adesso però è arrivata anche quella di Christophe Chalençon, capo riconosciuto, che ha spiegato come stanno le cose all’Adnkronos. I gilet gialli sono per un’opposizione senza sconti ad Emmanuel Macron, mentre il MoVimento 5 Stelle ha coadiuvato volentieri la nascita della “coalizione Ursula”, di cui il presidente francese è parte. Ma il gilet ha esposto anche un’altra argomentazione.
“Se Di Maio non tiene la linea che ci ha illustrato a febbraio scorso per due ore – ha dichiarato l’esponente francese all’agenzia citata – , in particolare sul tema dei migranti, rischia di perdere consensi”. Viene ancora usato il “se”, ma il fatto che Di Maio adesso faccia parte di un governo formato in coalizione con il Partito Democratico può essere utile a sgombrare il campo dai dubbi.
E Chalençon specifica meglio: “Sui migranti ci aveva detto che voleva impedire che la Francia e altri paesi europei continuassero a saccheggiare l’Africa e che era quindi necessario aiutare i paesi africani intervenendo localmente”. “Se cambia linea e diventa ‘l’amiconè di Macron penso Di Maio si debba preoccupare” . Le considerazioni ipotetiche vengono meno quando il vertice del movimento di protesta colloca la parabola del neo ministro degli Esteri: “Luigi Di Maio sta scivolando verso sinistra”, ha sentenziato.
Sono termini decisamente diversi rispetto a quelli utilizzati da Chalençon nelle fasi in cui si era persino arrivati a parlare di una “alleanza organica”.
Roma, ora che non c’è più Salvini i clandestini tornano ad occupare la palazzina sgomberata un anno fa
Via Raffele Costi un anno dopo è tornata ad essere un approdo per disperati. La voce tra i migranti allo sbando nella Capitale si è sparsa in fretta. Così il rudere diroccato che svetta sulla periferia di Tor Sapienza è stato occupato di nuovo.
Qui le ruspe del ministro Salvini sono ormai un ricordo sbiadito. Non hanno retto all’urto di chi cerca riparo né il ferro delle recinzioni né il cemento con cui sono stati sigillati gli accessi. Il primo è stato divelto quel tanto che basta a ritagliarsi un varco, mentre il secondo è stato buttato a terra. Per chi ha seguito le vicende della vecchia occupazione è come un déjà-vu: i panni stesi, le sagome che si intravedono al di là dei vetri rotti e il fumo delle cucine improvvisate che si disperde nell’aria. Ogni cosa pian piano sta tornando al suo posto. Lì dove prima abitavano quasi 300 persone, oggi ce ne sono una quarantina.
Principalmente migranti dell’Africa subsahariana: gambiani, nigeriani, ghanesi e senegalesi. Sono arrivati qui tra luglio e agosto e ci raccontano di essere stati “deportati” dalla Germania. Fanno parte, insomma, della schiera di dublinanti che Berlino mette su un volo di sola andata verso l’Italia. Uno di loro si chiama Boubakar e ha 27 anni. Quando lo hanno riportato indietro non aveva nulla con sé ed è finito a dormire in mezzo alla strada, finché il passaparola non lo ha condotto in via Costi. Un’esperienza diversa, invece, è quella che ci racconta Reginald, originario del Ghana. Dopo lo sbarco in Sicilia è stato trasferito in una struttura di accoglienza qui a Roma.
Quando il centro ha chiuso i battenti, per lui si sono spalancate le porte di questa occupazione abusiva. Entrambi ci assicurano di avere i documenti in ordine e neppure un soldo in tasca. Sanno perfettamente che la situazione in cui si trovano non è legale ma non temono l’arrivo delle forze dell’ordine: “Siamo in regola e non abbiamo precedenti penali, se la polizia dovesse arrivare non può farci nulla, se non darci un posto dove stare”.
Parlando con loro scopriamo però che ci sono anche degli irregolari. Loro non dormono nell’edificio pericolante, ma si sono rifugiati qualche metro più in là, sotto al cavalcavia della A24 e nei canneti circostanti, proprio perché “da lì è più facile scappare in caso di blitz”. Quanti sono? “Tanti, ma è difficile dirlo con precisione”. Quando decidiamo di proseguire in direzione del viadotto, i due ci mettono in guardia. Dicono che la nostra presenza potrebbe non essere gradita. Solo uno di loro accetta di venire con noi. Sotto al cavalcavia il passaggio è continuo.
Tra i piloni di cemento spuntano tende, materassi, sedie e indumenti lasciati ad asciugare. C’è persino una bombola del gas. Mentre lo attraversiamo, Boubakar indica una pedana di legno: “Questo – dice – è uno spaccio alimentare”. Strabuzziamo gli occhi e gli chiediamo spiegazioni. La risposta ci lascia ancora più attonite: “È una specie di minimarket dove veniamo a comprare pane, acqua e bevande varie, anche alcolici ma io non li compro perché sono musulmano”. Il “gestore” (se così lo possiamo definire) è sempre uno di loro, che acquista i prodotti nei supermercati della zona per poi rivenderli a prezzi concorrenziali.
Non abbiamo il tempo di domandare di più perché alle nostre spalle sentiamo qualcuno strillare. Ce l’ha con noi. “Giornalisti, maiali, andate via che dopo di voi arriva sempre la polizia a sgomberare”, urla un africano che ci viene incontro sbracciando. Inutile provare e calmarlo, è fuori di sé. E dopo esser state apostrofate in tutti i modi, non ci rimane che allontanarci a passo svelto ed entrare nel primo bar che troviamo. Non è stupita di quello che ci è accaduto una delle cameriere. “Si vedono spesso barcollare in preda ai fumi dell’alcol o a chissà cosa, a me non hanno mai fatto nulla ma una nostra cliente – racconta – è stata aggredita due settimane fa: hanno cercato di rubarle il cellulare”.
Nella zona sono tutti sul piede di guerra. Soprattutto perché si sentono beffati. “Hanno fatto uno sgombero, speso soldi pubblici e questi sono i risultati”, denuncia Roberto Torre, storico presidente del Comitato di quartiere Tor Sapienza. Allarga le braccia in preda allo sconforto. Non molto distante dal rudere c’è anche il campo rom di via Salviati, il terzo più grande della città per numero di presenze. I residenti si sentono circondati e dimenticati. Temono che con i nuovi equilibri politici e la saldatura tra Raggi e Zingaretti il ripristino della legalità non sia più all’ordine del giorno.
Qui le ruspe del ministro Salvini sono ormai un ricordo sbiadito. Non hanno retto all’urto di chi cerca riparo né il ferro delle recinzioni né il cemento con cui sono stati sigillati gli accessi. Il primo è stato divelto quel tanto che basta a ritagliarsi un varco, mentre il secondo è stato buttato a terra. Per chi ha seguito le vicende della vecchia occupazione è come un déjà-vu: i panni stesi, le sagome che si intravedono al di là dei vetri rotti e il fumo delle cucine improvvisate che si disperde nell’aria. Ogni cosa pian piano sta tornando al suo posto. Lì dove prima abitavano quasi 300 persone, oggi ce ne sono una quarantina.
Principalmente migranti dell’Africa subsahariana: gambiani, nigeriani, ghanesi e senegalesi. Sono arrivati qui tra luglio e agosto e ci raccontano di essere stati “deportati” dalla Germania. Fanno parte, insomma, della schiera di dublinanti che Berlino mette su un volo di sola andata verso l’Italia. Uno di loro si chiama Boubakar e ha 27 anni. Quando lo hanno riportato indietro non aveva nulla con sé ed è finito a dormire in mezzo alla strada, finché il passaparola non lo ha condotto in via Costi. Un’esperienza diversa, invece, è quella che ci racconta Reginald, originario del Ghana. Dopo lo sbarco in Sicilia è stato trasferito in una struttura di accoglienza qui a Roma.
Quando il centro ha chiuso i battenti, per lui si sono spalancate le porte di questa occupazione abusiva. Entrambi ci assicurano di avere i documenti in ordine e neppure un soldo in tasca. Sanno perfettamente che la situazione in cui si trovano non è legale ma non temono l’arrivo delle forze dell’ordine: “Siamo in regola e non abbiamo precedenti penali, se la polizia dovesse arrivare non può farci nulla, se non darci un posto dove stare”.
Parlando con loro scopriamo però che ci sono anche degli irregolari. Loro non dormono nell’edificio pericolante, ma si sono rifugiati qualche metro più in là, sotto al cavalcavia della A24 e nei canneti circostanti, proprio perché “da lì è più facile scappare in caso di blitz”. Quanti sono? “Tanti, ma è difficile dirlo con precisione”. Quando decidiamo di proseguire in direzione del viadotto, i due ci mettono in guardia. Dicono che la nostra presenza potrebbe non essere gradita. Solo uno di loro accetta di venire con noi. Sotto al cavalcavia il passaggio è continuo.
Tra i piloni di cemento spuntano tende, materassi, sedie e indumenti lasciati ad asciugare. C’è persino una bombola del gas. Mentre lo attraversiamo, Boubakar indica una pedana di legno: “Questo – dice – è uno spaccio alimentare”. Strabuzziamo gli occhi e gli chiediamo spiegazioni. La risposta ci lascia ancora più attonite: “È una specie di minimarket dove veniamo a comprare pane, acqua e bevande varie, anche alcolici ma io non li compro perché sono musulmano”. Il “gestore” (se così lo possiamo definire) è sempre uno di loro, che acquista i prodotti nei supermercati della zona per poi rivenderli a prezzi concorrenziali.
Non abbiamo il tempo di domandare di più perché alle nostre spalle sentiamo qualcuno strillare. Ce l’ha con noi. “Giornalisti, maiali, andate via che dopo di voi arriva sempre la polizia a sgomberare”, urla un africano che ci viene incontro sbracciando. Inutile provare e calmarlo, è fuori di sé. E dopo esser state apostrofate in tutti i modi, non ci rimane che allontanarci a passo svelto ed entrare nel primo bar che troviamo. Non è stupita di quello che ci è accaduto una delle cameriere. “Si vedono spesso barcollare in preda ai fumi dell’alcol o a chissà cosa, a me non hanno mai fatto nulla ma una nostra cliente – racconta – è stata aggredita due settimane fa: hanno cercato di rubarle il cellulare”.
Nella zona sono tutti sul piede di guerra. Soprattutto perché si sentono beffati. “Hanno fatto uno sgombero, speso soldi pubblici e questi sono i risultati”, denuncia Roberto Torre, storico presidente del Comitato di quartiere Tor Sapienza. Allarga le braccia in preda allo sconforto. Non molto distante dal rudere c’è anche il campo rom di via Salviati, il terzo più grande della città per numero di presenze. I residenti si sentono circondati e dimenticati. Temono che con i nuovi equilibri politici e la saldatura tra Raggi e Zingaretti il ripristino della legalità non sia più all’ordine del giorno.
Roma, pesta una guardia giurata e tenta di rubargli la pistola: arrestato nigeriano dopo una colluttazione
Guardia Giurata picchiata all’ospedale Fatebenefratelli, arrestato 28enne. Occupava l’uscita di emergenza dell’ospedale con alcuni cartoni che usava per dormire.
All’invito di allontanarsi si è però scagliato contro una Guardia Particolare Giurata in servizio al nosocomio e l’ha picchiato dopo aver provato a sfilargli la pistola dalla fondina. E’ accaduto alle prime luci del giorno di sabato all’ospedale Fatebenefratelli. Vittima un uomo di 49 anni, aggredito da un 28enne poi arrestato dai carabinieri.
I fatti hanno preso corpo intorno alle 6:30 del 21 settembre quando la GPG ha notato l’uomo, un senza fissa dimora nigeriano, che aveva posizionato dei cartoni dietro la porta dell’uscita di emergenza del laboratorio analisi del nosocomio dell’Isola Tiberina.
Il 49enne invita il giovane a spostarsi in quanto la porta deve essere sgombera in caso di emergenza, ma il 28enne reagisce in malo modo e si scaglia contro il vigilante provando a dargli una testata sul volto. La Guardia Giurata riesce a schivare il colpo ma viene aggredita dall’uomo che riesce a farla cadere in terra.
Poi prova a prendere la pistola che porta nella fondina. Il 49enne riesce a reagire e poi, con l’aiuto di alcune persone avvicinatesi dopo aver sentito le urla, riesce a bloccare l’aggressore. Già allertato il 112 sul posto arrivano nel volgere di breve i Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma che poi fermano ed arrestano il 28enne con le accuse di “violenza ad incaricato di pubblico servizio”, “tentata rapina” e “lesioni personali” a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Ferita invece la GPG, medicata in ospedale con 7 giorni di prognosi per una lieve distorsione al collo ed escoriazioni varie su gomiti e ginocchia.
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