domenica 22 settembre 2019

Roma, ora che non c’è più Salvini i clandestini tornano ad occupare la palazzina sgomberata un anno fa

Via Raffele Costi un anno dopo è tornata ad essere un approdo per disperati. La voce tra i migranti allo sbando nella Capitale si è sparsa in fretta. Così il rudere diroccato che svetta sulla periferia di Tor Sapienza è stato occupato di nuovo.

Qui le ruspe del ministro Salvini sono ormai un ricordo sbiadito. Non hanno retto all’urto di chi cerca riparo né il ferro delle recinzioni né il cemento con cui sono stati sigillati gli accessi. Il primo è stato divelto quel tanto che basta a ritagliarsi un varco, mentre il secondo è stato buttato a terra. Per chi ha seguito le vicende della vecchia occupazione è come un déjà-vu: i panni stesi, le sagome che si intravedono al di là dei vetri rotti e il fumo delle cucine improvvisate che si disperde nell’aria. Ogni cosa pian piano sta tornando al suo posto. Lì dove prima abitavano quasi 300 persone, oggi ce ne sono una quarantina.

Principalmente migranti dell’Africa subsahariana: gambiani, nigeriani, ghanesi e senegalesi. Sono arrivati qui tra luglio e agosto e ci raccontano di essere stati “deportati” dalla Germania. Fanno parte, insomma, della schiera di dublinanti che Berlino mette su un volo di sola andata verso l’Italia. Uno di loro si chiama Boubakar e ha 27 anni. Quando lo hanno riportato indietro non aveva nulla con sé ed è finito a dormire in mezzo alla strada, finché il passaparola non lo ha condotto in via Costi. Un’esperienza diversa, invece, è quella che ci racconta Reginald, originario del Ghana. Dopo lo sbarco in Sicilia è stato trasferito in una struttura di accoglienza qui a Roma.

Quando il centro ha chiuso i battenti, per lui si sono spalancate le porte di questa occupazione abusiva. Entrambi ci assicurano di avere i documenti in ordine e neppure un soldo in tasca. Sanno perfettamente che la situazione in cui si trovano non è legale ma non temono l’arrivo delle forze dell’ordine: “Siamo in regola e non abbiamo precedenti penali, se la polizia dovesse arrivare non può farci nulla, se non darci un posto dove stare”.

Parlando con loro scopriamo però che ci sono anche degli irregolari. Loro non dormono nell’edificio pericolante, ma si sono rifugiati qualche metro più in là, sotto al cavalcavia della A24 e nei canneti circostanti, proprio perché “da lì è più facile scappare in caso di blitz”. Quanti sono? “Tanti, ma è difficile dirlo con precisione”. Quando decidiamo di proseguire in direzione del viadotto, i due ci mettono in guardia. Dicono che la nostra presenza potrebbe non essere gradita. Solo uno di loro accetta di venire con noi. Sotto al cavalcavia il passaggio è continuo.

Tra i piloni di cemento spuntano tende, materassi, sedie e indumenti lasciati ad asciugare. C’è persino una bombola del gas. Mentre lo attraversiamo, Boubakar indica una pedana di legno: “Questo – dice – è uno spaccio alimentare”. Strabuzziamo gli occhi e gli chiediamo spiegazioni. La risposta ci lascia ancora più attonite: “È una specie di minimarket dove veniamo a comprare pane, acqua e bevande varie, anche alcolici ma io non li compro perché sono musulmano”. Il “gestore” (se così lo possiamo definire) è sempre uno di loro, che acquista i prodotti nei supermercati della zona per poi rivenderli a prezzi concorrenziali.

Non abbiamo il tempo di domandare di più perché alle nostre spalle sentiamo qualcuno strillare. Ce l’ha con noi. “Giornalisti, maiali, andate via che dopo di voi arriva sempre la polizia a sgomberare”, urla un africano che ci viene incontro sbracciando. Inutile provare e calmarlo, è fuori di sé. E dopo esser state apostrofate in tutti i modi, non ci rimane che allontanarci a passo svelto ed entrare nel primo bar che troviamo. Non è stupita di quello che ci è accaduto una delle cameriere. “Si vedono spesso barcollare in preda ai fumi dell’alcol o a chissà cosa, a me non hanno mai fatto nulla ma una nostra cliente – racconta – è stata aggredita due settimane fa: hanno cercato di rubarle il cellulare”.

Nella zona sono tutti sul piede di guerra. Soprattutto perché si sentono beffati. “Hanno fatto uno sgombero, speso soldi pubblici e questi sono i risultati”, denuncia Roberto Torre, storico presidente del Comitato di quartiere Tor Sapienza. Allarga le braccia in preda allo sconforto. Non molto distante dal rudere c’è anche il campo rom di via Salviati, il terzo più grande della città per numero di presenze. I residenti si sentono circondati e dimenticati. Temono che con i nuovi equilibri politici e la saldatura tra Raggi e Zingaretti il ripristino della legalità non sia più all’ordine del giorno.

Roma, pesta una guardia giurata e tenta di rubargli la pistola: arrestato nigeriano dopo una colluttazione


Guardia Giurata picchiata all’ospedale Fatebenefratelli, arrestato 28enne. Occupava l’uscita di emergenza dell’ospedale con alcuni cartoni che usava per dormire.

All’invito di allontanarsi si è però scagliato contro una Guardia Particolare Giurata in servizio al nosocomio e l’ha picchiato dopo aver provato a sfilargli la pistola dalla fondina. E’ accaduto alle prime luci del giorno di sabato all’ospedale Fatebenefratelli. Vittima un uomo di 49 anni, aggredito da un 28enne poi arrestato dai carabinieri.

 I fatti hanno preso corpo intorno alle 6:30 del 21 settembre quando la GPG ha notato l’uomo, un senza fissa dimora nigeriano, che aveva posizionato dei cartoni dietro la porta dell’uscita di emergenza del laboratorio analisi del nosocomio dell’Isola Tiberina.

Il 49enne invita il giovane a spostarsi in quanto la porta deve essere sgombera in caso di emergenza, ma il 28enne reagisce in malo modo e si scaglia contro il vigilante provando a dargli una testata sul volto. La Guardia Giurata riesce a schivare il colpo ma viene aggredita dall’uomo che riesce a farla cadere in terra.

Poi prova a prendere la pistola che porta nella fondina. Il 49enne riesce a reagire e poi, con l’aiuto di alcune persone avvicinatesi dopo aver sentito le urla, riesce a bloccare l’aggressore. Già allertato il 112 sul posto arrivano nel volgere di breve i Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma che poi fermano ed arrestano il 28enne con le accuse di “violenza ad incaricato di pubblico servizio”, “tentata rapina” e “lesioni personali” a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Ferita invece la GPG, medicata in ospedale con 7 giorni di prognosi per una lieve distorsione al collo ed escoriazioni varie su gomiti e ginocchia.

Di Maio vuole imitare Salvini: “Vado in Tunisia per fermare i migranti”. Ma prima spiegategli dov’è


Luigi Di Maio come Matteo Salvini? Il leader grillino, che ai tempi del Conte I aveva delegato interamente al segretario del Carroccio la materia dell’immigrazione, ora che sta con il Pd intende riappropriarsi di questa materia.

Venerdì, nelle stesse ore in cui Salvini lo accusava di “chiacchierare e intanto gli sbarchi di clandestini proseguono senza sosta, in aumento del 30% rispetto all’anno scorso“, Di Maio partecipava ad Assisi al convegno dal titolo “Libia: da Gheddafi ai centri di detenzione e la via del mare”.

Nel suo intervento, il responsabile della Farnesina ha detto che “la stabilizzazione duratura e sostenibile della Libia” rappresenta una “condizione imprescindibile per contrastare la minaccia terroristica, prevenire flussi migratori illegali e tutelare la nostra sicurezza nazionale“. Di Maio, che tra il 22 e il 26 settembre sarà a New York per la 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha poi aggiunto che “come governo, siamo convinti che solo attraverso un costante dialogo tra le varie parti della Libia le ragioni della pace potranno prevalere su quelle del conflitto militare“. È proprio nella gestione della partita libica che Di Maio si gioca un bel pezzo di credibilità. Soprattutto per le ripercussioni sul nostro Paese in termini di immigrazione clandestina.

Ma qualcosa sta cambiando. Infatti, le autorità tunisine hanno fermato cinque barchini con 75 migranti diretti verso l’Italia. A testimonianza di come preferiscano alla Libia la tranquilla Tunisia come luogo di partenza per l’Europa. Per impedirlo, Di Maio ha annunciato che “Mi recherò personalmente a salutare il nuovo governo e discuteremo di accordi di riammissione, di rimpatrio“, definendoli “una priorità”.

Per il capo politico del Movimento 5 Stelle, la redistribuzione dei migranti in tutti i Paesi europei va bene, a patto di non “enfatizzarla troppo“. Il rischio, per il leader grillino è di “mettere in moto un cosiddetto ‘pull factor’ per cui i trafficanti di uomini convincono con più facilità tanti disperati a partire dalle coste nordafricane e a venire sulle nostre coste“. Inoltre, ha aggiunto Di Maio, “come Farnesina nei prossimi giorni pubblicheremo delle novità sul meccanismo dei rimpatri“.

Come detto, oltre alla spinosissima questione libica, il ministro degli Esteri è atteso nei prossimi giorni a New York per l’Assemblea dell’Onu dedicata ad azione climatica e sviluppo sostenibile. Materie, queste, molto care al Movimento, autore nelle ultime settimane di una svolta “green” che potrebbe culminare con l’ingresso degli europarlamentari pentastellati nel gruppo dei Verdi.

sabato 21 settembre 2019

Savona, chiede il biglietto a un richiedente asilo senegalese: controllore preso a pugni in faccia finisce all’ospedale


Ancora un episodio di violenza a bordo di un autobus da parte di uno straniero senza biglietto, l’episodio è accaduto ieri mattina a Savona. Il responsabile è un senegalese di 27 anni richiedente asilo politico, tale Omar Jadama, che si trovava a bordo di un mezzo pubblico della linea 5.

Quando questo si è fermato all’altezza di via Mameli, a bordo sono saliti due operatori della Tpl, incaricati di verificare che i passeggeri fossero in possesso di regolare titolo di viaggio. Quando è arrivato il turno dell’africano, sprovvisto di biglietto, la situazione è immediatamente precipitata.

Dopo essere stato scoperto, infatti, il 27enne non ci ha pensato due volte prima di colpire con un forte pugno in pieno volto uno dei controllori e, approfittando di una fermata del mezzo pubblico, tentare la fuga attraverso le portine aperte.

La reazione dei due operatori è stata immediata, dato che si sono subito occupati di contattare le forze dell’ordine per segnalare quanto accaduto, per poi lanciarsi all’inseguimento dell’africano e fornire informazioni in tempo reale sui suoi spostamenti.

Grazie al loro prezioso contributo, gli agenti della questura di Savona sono riusciti ad individuare lo straniero in piazza Leon Pancaldo ed a far scattare le manette ai suoi polsi.

Per lui l’accusa è quella di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Uno dei due ispettori, infatti, è dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale San Paolo, dove gli sono stati attribuiti 7 giorni di prognosi.

Fatto fuori Salvini la Procura archivia l’indagine per sequestro di persona. Ormai l’obiettivo è raggiunto


La Procura di Catania ha chiesto al giudice l’archiviazione per Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona in relazione alla nave “Gregoretti” della Guardia costiera bloccata nel porto di Augusta con 115 clandestini a bordo.

Il fascicolo era stato aperto a fine luglio dalla Procura di Siracusa contro ignoti e il comandante della nave era stato anche chiamato in Procura per essere sentito dagli inquirenti.

Successivamente gli atti vennero trasferiti da Siracusa a Catania ritenendo che ci fosse il reato di sequestro di persona con eventuali responsabilità a livello ministeriale.

A quel punto, però, il pm catanese Andrea Bonomo iscrisse il fascicolo a carico di noti, cioè di Matteo Salvini. Successivamente lo stesso pm, ha ritenuto «non sussistente il reato di sequestro di persona» chiedendo l’archiviazione al Tribunale di Catania. Che ora è chiamato a decidere.

«Sabato pomeriggio, a casa coi bimbi a fare i compiti e guardare i cartoni, suonano alla porta e ti consegnano una busta chiusa che arriva dalla Procura di Catania… – scrive in un post su Facebook il leader della Lega Matteo Salvini – Mah… Che dite, buone o cattive notizie? La apriamo insieme più tardi e ne parliamo – conclude -. Paura? Di niente e di nessuno!».

Alla motovedetta della Guardia costiera Gregoretti che aveva imbarcato a fine luglio in mare 135 clandestini era stato impedito l’attracco su ordine dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini: «Non darò nessun permesso allo sbarco finché dall’Europa non arriverà l’impegno concreto ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave», aveva avvertito all’epoca Salvini.

La “Gregoretti” aveva preso a bordo 50 clandestini imbarcati, in precedenza, dal peschereccio “Accursio Giarratano” ed altri 91 recuperati da un pattugliatore della Guardia di finanza.

Nei giorni successivi furono fatti sbarcare al porto di Catania una donna all’ottavo mese di gravidanza insieme al suo nucleo familiare composto da marito e due figli piccoli e, ad Augusta, presso il molo Nato, 16 persone che si sono dichiarate minorenni.

Il caso è analogo a quello della nave “Ubaldo Diciotti”, il pattugliatore della guardia costiera italiana che il 16 agosto 2018 recuperò al largo di Malta – nella zona Sar maltese – 190 clandestini. Malta non autorizzò lo sbarco e la “Diciotti” fece prua sul Porto di Catania ma il 20 agosto al comandante della nave Massimo Kothmeir arrivò l’ordine, direttamente dal ministero dell’interno, Matteo Salvini, di non far scendere i clandestini.

Salvini finì, così, indagato dalla Procura di Agrigento per il reato di sequestro di persona aggravato e i clandestini vennero fatti sbarcare dalla Procura il 26 agosto.

La Giunta per le immunità del Senato non concesse il via libera a procedere nei confronti del ministro, via libera chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania al quale il fascicolo era giunto per ragioni di competenza territoriale.

A fine ottobre la Procura di Catania aveva chiesto al Tribunale dei ministri di archiviare il procedimento nei confronti di Salvini sostenendo che il ritardo nello sbarco dei clandestini della Diciotti è «giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede europea la distribuzione dei migranti (e il 24 agosto si è riunita la Commissione europea) in un caso in cui secondo la convenzione Sar sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro».

Ma il Tribunale dei ministri non accettò la richiesta di archiviazione. Per il Tribunale dei ministri c’era, invece, stata «la precisa volontà del ministero dell’Interno» di privare della libertà personale le persone a bordo della Diciotti

Orban: “Ho visto che sono tornati Renzi e Gentiloni. Loro sanno solo far entrare migranti e alzare le tasse


L’Europa colpisce i governi sovranisti, “ho visto che anche in Italia il governo è stato separato dal popolo”. “Vedo – ha detto – arrivare nuovi e vecchi politici di sinistra che non hanno capito niente dagli errori commessi, vedo Renzi, vedo Gentiloni e vedo che dove la sinistra riprende il governo succede sempre la stessa cosa: fa entrare i migranti e aumenta le tasse.

Questi due errori la sinistra li commette sempre”. Sugli aiuti dell’Ungheria all’Italia ha dato poi la disponibilità a dare una mano solo se l’Italia si decide a difendere i propri confini: “Se Conte ci chiederà di portare migliaia di migranti dall’Italia nei loro paesi di provenienza noi siamo pronti ad aiutare”. Orban ha quindi esposto alcune riflessioni sul modello ungherese, che – ha spiegato – ha una base, la nuova Costituzione approvata nel 2011, e tre pilastri: la famiglia tradizionale da difendere, la difesa della tradizione cristiana, l’identità nazionale.

La famiglia, ha aggiunto, per noi è quella composta da un uomo e una donna, perché “ogni bambino ha diritto ad avere un padre e una madre”. “Io non so se questo modello può funzionare in altri Paesi – ha aggiunto – so che ha riportato l’Ungheria a crescere, ha diminuito la disoccupazione, passata dal 12% al 3%, ha fatto crescere i salari e ha permesso al ceto medio di espandersi”.

Prima di chiudere un’ultima stoccata a Ursula von der Leyen che – ha osservato – vuole difendere lo stile di vita europeo ma non aggiunge l’aggettivo “cristiano”. Al termine del suo applaudito discorso Orban, intervistato da Gennaro Sangiuliano, ha parlato del risveglio dell’Ungheria dopo l’occupazione sovietica: “Abbiamo sofferto perdite terribili ma siamo ancora vivi e vegeti. Ma una cosa gli ungheresi hanno imparato: abbiamo imparato che i comunisti capiscono solo la forza e non si ravvedono mai. Ma loro hanno imparato che con gli ungheresi non possono oltrepassare un certo limite”.

Orban ad Atreju: “La sinistra usa i migranti per smantellare l’Europa cristiana. L’Ungheria difende i suoi confini”


Il premier ungherese Viktor Orban dal palco di Atreju risponde al premier Giuseppe Conte sul fronte dell’immigrazione: “Prima il vostro premier mi ha chiesto perché l’Ungheria non aiuta di più l’Italia con gli immigrati. Come ho risposto a lui, vi dico che noi vogliamo aiutarvi. Non siamo disposti a prenderci degli immigrati in Ungheria con la redistribuzione.

 Ma siamo disposti ad aiutarvi con i rimpatri di quelli sul vostro territorio. Siamo pronti a riportarli nei Paesi da dove sono venuti”. Salutato dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, come “un patriota come noi, che non ha paura di difendere l’identità cristiana europea dal processo di islamizzazione in corso. Non ha paura di andare contro il politicamente corretto per il bene del suo Paese.

Noi guardiamo all’Ungheria come un modello di Europa diversa e possibile”, Orban ha parlato a lungo dell’immigrazione e di come il suo Paese difende i propri confini da questa invasione. A proposito dell’immigrazione, sempre la Meloni ha replicato al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ieri a proposito dell’Ungheria ha detto che “è facile fare i sovranisti con i confini degli altri”. Ebbene, dice la Meloni: “Regaliamo un mappamondo a Di Maio. L’Ungheria difende i suoi confini dall’immigrazione. Siamo noi che non li difendiamo“.
Il premier ungherese cita “Avanti ragazzi di Buda”
“Il vostro interesse mi fa onore e mi commuove. Ho riflettuto su perché mai voi vi interessate così tanto all’Ungheria – dice Orban dal palco della festa di FdI -. Credo che il vostro interesse derivi da due motivi: Tutti coloro che conoscono la mappa del mondo, sanno che in Europa ci sono due porte, quella dell’Italia, che è la porta del mare, e quella dell’Ungheria, che è la porta della terraferma. Sono le due entrate in Europa.
Un italiano può comprendere un ungherese? Noi abbiamo passato quasi 50 anni sotto i comunisti mentre voi avevate la libertà. Però voi italiani avete scritto ‘Avanti ragazzi di Buda’, la canzone più bella sulla rivoluzione del 1956. Siete un popolo che ci comprende senz’altro”. Orban è stato poi interrotto dalla platea che ha intonato la canzone da lui citata sulla rivoluzione anticomunista ungherese”.

Da noi la Meloni starebbe al centro, io più a destra di lei”
“Faccio politica dal 1984, nella resistenza anticomunista io organizzavo i gruppi studenteschi, dopo le prime elezioni libere, nel 1990, sono diventato membro del Parlamento ungherese”. In tanti anni, spiega Orban, “4 volte ho vinto e 4 volte ho perso.

Per me la politica è servizio non una carriera. E’ essere al servizio del proprio Paese. L’Ungheria è un Paese strutturalmente conservatore, da noi non ci sono mai state elezioni anticipate”. Poi il premier ungherese rivolto alla Meloni dice: “Nel nostro panorama politico la vostra presidente sarebbe al centro, io sono più a destra di lei. Sono un uomo d’azione, vi parlo dal punto di vista del combattente politico, non sono né un filosofo né uno scienziato.
“La sinistra usa l’immigrazione per smantellare l’Europa cristiana”
“Dal 2015 ha preso inizio una invasione dell’Europa. Da subito si capiva che erano migranti economici e non rifugiati. Tutti i leader europei lo sapevano. E’ da allora che ho capito che ci sono leader politici che avrebbero rovinato questo nostro stile di vita, oltre che l’ecoonomia.

La concezione spirituale sinistra diche che l’Europa deve lasciare alle spalle tradizione cristiana e democratica e deve entrare in una fase post cristiana, lo strumento è Bruxelles. Noi invece parliamo dell’alleanza delle nazioni. L’immigrazione serve a scopi ideologici della sinistra e poi c’è un business, a braccetto con gli scafisti, e fanno molti soldi con gli sbarchi. La sinistra non fa altro che far sbarcare futuri elettori. Ecco perché lo fa.

Ma questi sono musulmani che non appoggeranno mai politiche su basi cristiane. Ecco perché li vogliono. Dopo il 2015, la destra in Europa ha fatto partire un contropiede. Perché è giusto portare a casa loro il nostro aiuto e non importare il peggio da loro qui da noi. Con Salvini anche l’Italia era diventato un Paese come noi, ma ora il governo è stato separato dal popolo. Ecco perché noi dei Paesi di Visegrad cerchiamo di sottrarre la commissione europea sull’immigrazione che sta nascendo alle pressioni della sinistra.

Sandro Gozi lascia il PD e passa con Italia Viva: “Il nostro modello è Emmanuel Macron”. E non avevamo dubbi…


Tra chi ha seguito Matteo Renzi nel suo addio al Pd e nel lancio di Italia Viva c’è anche Sandro Gozi. Sottosegretario nei governi di Renzi e Gentiloni, attualmente consigliere agli Affari Ue di Emmanuel Macron – questione assai dibattuta e che ha sollevato grande scandalo -, Gozi si confessa in un’intervista a Repubblica.

 Colloquio nel quale dice chiaro e tondo che a livello europeo Italia Viva guarda proprio a Macron come leader politico europeo per rilanciare l’Unione. Al di là del macroscopico conflitto di interessi, stupisce come Italia Viva scelga da subito di sposare una delle linee più impopolari in tutta Italia: “corteggiare” il galletto Macron. Contenti loro…

Nell’intervista, Gozi, risponde a Romano Prodi, che sempre su Repubblica aveva definito il nuovo partitino “come uno yogurt“, ossia con data di scadenza a brevissimo termine. “Lo yogurt mi piace moltissimo – risponde beffardo -.

Poi il nostro è 4.0, un nuovo prodotto a scadenza lunghissima”. Quindi viene chiesto a Sandro Gozi come si collocherà Italia Viva in Europa: “En Marche è il nostro alleato naturale ed è chiaro che con il partito di Macron creeremo un’alleanza politica ancor più stretta – conferma -.

Io sono stato eletto in Europa con En Marche e il mio gruppo a Strasburgo è già Renew Europe. Italia Viva deciderà dopo la Leopolda la sua collocazione europea”, ha aggiunto. Una strada perfetta, quella delineata da Gozi, per raccogliere infinitesimali percentuali di consenso.

Non solo porti aperti, il piano del PD per “sostituire” gli italiani: “Chi studia in Italia deve avere la cittadinanza”


“Un bambino, figlio di stranieri, che concluda un ciclo di studi nel nostro paese deve avere la cittadinanza italiana con lo Ius Culturae: se lo Stato investe nella formazione di una persona, poi è giusto che la valorizzi.

Diversamente, è come far allenare un giocatore tutta la settimana e poi tenerlo in panchina”.Lo spiega Elena Bonetti, ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, in un’intervista alla “Stampa”.

Il cuore dell’ agenda della ministra è nel Family Act: asili nido gratis, assegno unico per ogni bambino ed estensione del congedo di paternità. “Questo governo vuole porre il tema della famiglia con un progetto di sistema che combatta la denatalità e rimetta l’ educazione al centro.

L’ asilo gratis e l’ assegno unico hanno un doppio significato – sottolinea – da una parte incentivare il ritorno al lavoro dopo la gravidanza, dall’ altra riconoscere il valore dell’ educazione e lottare contro le sacche di diseguaglianza che si creano già nella prima infanzia.

Vedremo cosa inserire nella manovra, in base alle risorse. Ma bisogna fare in fretta”.

Roberto Fico querela Libero, il giudice ci dà ragione: "Come funziona la libertà d'espressione"


Persino nei tribunali italiani, ogni tanto, accadono piccoli miracoli. Ti può capitare di spuntarla contro un politico che vuole limitare la tua libertà di scrivere, e con essa il diritto dei lettori ad avere un' informazione non allineata.

A noi di Libero è appena successo. Raccontarlo è un dovere, oltre che un innegabile piacere. Perché il personaggio in questione aveva strillato ai quattro venti, accusandoci di avere insultato la sua persona, il parlamento e addirittura «sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e quindi è giusto rivelare come è finita. E perché lui non è uno dei tanti peones che affollano i banchi di Montecitorio, bensì il capo di tutti loro: il grillino Roberto Fico, presidente della Camera.

Qualcuno ricorderà. Era il 7 novembre 2018 e il giorno prima la terza carica dello Stato aveva ricevuto con tutti gli onori Mai Al Kaila, ambasciatrice palestinese in Italia. Raccontammo di come costei, legata all' organizzazione politica e militare di sinistra Al Fatah, abbia due volti.

Quando si rivolge agli italiani, ripete che quella palestinese è una battaglia non violenta, perché questo è ciò che vogliono sentire i suoi interlocutori, innamorati della favoletta del povero popolo disarmato oppresso dal crudele regime sionista. Quando invece parla ai suoi, in arabo, tramite i social network, santifica come «martiri» i terroristi palestinesi che compiono attentati ai danni degli israeliani, civili inclusi. Dimostrando così di condividere le ragioni delle loro stragi. Un gioco fatto tante volte, che questo giornale aveva smascherato già nel 2014.
REAZIONE INDIGNATA
Per Fico e il suo nutritissimo staff stipendiato dai contribuenti, insomma, sarebbe stato facile informarsi su chi è veramente Mai Al Kaila, al di là del ruolo che ricopre come rappresentante del non-stato palestinese. Dunque contestavamo l' abbraccio del pentastellato, «sandinista del Vomero», con «i nemici di Israele e fiancheggiatori dei terroristi».

Tanto più deplorevole in quanto avvenuto negli uffici della presidenza della Camera, con tutti i crismi istituzionali. Pubblicammo la cosa in prima pagina. Sotto l' occhiello «Il presidente della Camera a gas» il titolo era: «Fico si avvicina ai terroristi palestinesi. Contento lui...». Fico ostentò una reazione indignata. Disse che il «titolo vergognoso» di Libero faceva «un raffronto inaccettabile, vigliacco e offensivo nei confronti dei sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e annunciò querela.

Durissimo il suo esposto alla procura di Milano, scritto mentre in pubblico diceva che «in Italia c' è la Costituzione, la libertà di stampa è tutelata e lo sarà fino alla fine», e si lamentava perché «la stampa influenza la politica e i politici influenzano i giornalisti» (anche con le querele, è il caso di dire). Il successore di Laura Boldrini imputava al nostro articolo di essere «palesemente diffamatorio» e privo di «qualsivoglia esimente, sia essa dell' esercizio del diritto di cronaca o di critica politica».

Sosteneva che esso conteneva una narrazione dei fatti «opposta alla verità», causando «un gravissimo danno» alla sua immagine e a quella della Camera, paragonata nella titolazione a una «camera a gas» e a una «camera mortuaria». Giudicava insultante l' espressione «sandinista del Vomero», dimostrando di non sapere chi sono i sandinisti. Inutili gli sforzi di Vittorio Feltri, il quale aveva provato a spiegargli che la metafora della camera a gas stava a indicare la trasformazione di Montecitorio in «un luogo invivibile dove ormai la democrazia è condannata». Fico pretendeva soddisfazione «in proprio e nella qualità di presidente della Camera» contro il sottoscritto, autore dell' articolo, Feltri e il direttore responsabile Pietro Senaldi.

Il 17 settembre ha avuto ciò che meritava: l' ordinanza che accoglie la richiesta di archiviazione fatta dalla procura. Documento interessante, nel quale il gip spiega al presidente della Camera come funzionano il diritto di critica e altre libertà tutelate da quella Costituzione che Fico adora citare.
LE PAROLE
«La critica», nota il giudice, «è per sua natura soggettiva, e può esprimersi attraverso l' interpretazione della realtà, o il dissenso verso quanto osservato». Nel caso in questione, «quanto scritto appare legittima espressione del diritto di critica così interpretato, come giudizio negativo espresso a fronte di un fatto reale», ovvero la scelta di Fico di ricevere l' ambasciatrice palestinese. «Tale giudizio negativo non si risolve in un' aggressione gratuita alla sfera morale altrui», come sostenuto dal grillino, «ma è basato su informazioni già oggetto di un precedente articolo».

Né Fico può sostenere di essere stato insultato: «L' espressione "sandinista del Vomero" non ha di per sé un contenuto offensivo o negativo, riferendosi semplicemente al modo ("rivoluzionari") in cui gli esponenti del movimento Cinque Stelle spesso si identificano». Anche l' espressione «presidente della camera a gas», conclude il gip, «sebbene piuttosto forte, può ritenersi funzionale alla critica, e non vuole creare alcun nesso con lo sterminio degli ebrei, tema del tutto estraneo all' articolo».

Resta da dire che in questa battaglia non ci ha aiutato nessuno. Dall' ineffabile ordine dei giornalisti non è arrivato alcun supporto. Niente di cui stupirsi, ma chissà cosa sarebbe successo se una testata progressista fosse stata portata in tribunale da Matteo Salvini con pretesti simili.

Sapevamo di avere ragione, ma sapevamo pure che ciò non sempre basta per avere giustizia. Ci è andata bene. Abbiamo avuto dalla nostra i bravissimi avvocati dello studio Ramella, e la fortuna di trovare magistrati con una visione liberale del diritto e delle garanzie individuali. Come dovrebbe essere normale, ma non lo è.

Una pioggia di nuove tasse Lo conferma Giuseppe Conte: tripla rapina, cosa colpiranno


Ad Atreju, la kermesse di Fratelli d'Italia, Giuseppe Conte - ospite d'onore nella fossa dei leoni - presenta l'Italia del governo giallorosso di Pd e M5s. Un'Italia che sarà colpita da una nuova pioggia di tasse, lo conferma proprio il presidente del Consiglio.

Spiegando a Bruno Vespa le vie che percorrerà l'esecutivo per evitare l'aumento dell'Iva, Conte spiega che l'obiettivo verrà raggiunto introducendo nuove tasse su beni che sarebbero considerati di lusso, quali trasporto aereo, bevande gasate e merendine.

"Credo sia una soluzione praticabile", afferma Giuseppe Conte commentando l'ipotesi di un sovrapprezzo di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro per quelli internazionali. Ma non è finita. Dunque rilancia la lotta all'evasione fiscale grazie a una vera e propria guerra al contante, con la quale finanziare "asili nido gratuiti per famiglie con redditi medi e bassi".

Sui migranti, spiega Conte, la politica resta quella improntata nei primi giorni del Conte bis: porti aperti ma con una redistribuzione migliore dei naufraghi: "La linea dura è un interesse di tutti in Europa", assicura, "Come anche la redistribuzione, si accettano cose belle e meno belle. Serve un meccanismo automatico europeo che si applichi subito. Non ho mutato idea su questo punto: non ho detto che oggi in Italia entra chiunque.

Ormai hanno capito che l'Italia non accetterà più i migranti come in passato e non se li terrà da sola sul territorio". Poco importa che l'accordo con Francia e Germania riguardi in realtà solo quelli con diritto d'asilo e non i migranti economici (e che l'onere della prova spetterà con tutta probabilità all'Italia: lunedì il premier sarà a Malta per firmare l'intesa.

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