domenica 22 settembre 2019

Di Maio vuole imitare Salvini: “Vado in Tunisia per fermare i migranti”. Ma prima spiegategli dov’è


Luigi Di Maio come Matteo Salvini? Il leader grillino, che ai tempi del Conte I aveva delegato interamente al segretario del Carroccio la materia dell’immigrazione, ora che sta con il Pd intende riappropriarsi di questa materia.

Venerdì, nelle stesse ore in cui Salvini lo accusava di “chiacchierare e intanto gli sbarchi di clandestini proseguono senza sosta, in aumento del 30% rispetto all’anno scorso“, Di Maio partecipava ad Assisi al convegno dal titolo “Libia: da Gheddafi ai centri di detenzione e la via del mare”.

Nel suo intervento, il responsabile della Farnesina ha detto che “la stabilizzazione duratura e sostenibile della Libia” rappresenta una “condizione imprescindibile per contrastare la minaccia terroristica, prevenire flussi migratori illegali e tutelare la nostra sicurezza nazionale“. Di Maio, che tra il 22 e il 26 settembre sarà a New York per la 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha poi aggiunto che “come governo, siamo convinti che solo attraverso un costante dialogo tra le varie parti della Libia le ragioni della pace potranno prevalere su quelle del conflitto militare“. È proprio nella gestione della partita libica che Di Maio si gioca un bel pezzo di credibilità. Soprattutto per le ripercussioni sul nostro Paese in termini di immigrazione clandestina.

Ma qualcosa sta cambiando. Infatti, le autorità tunisine hanno fermato cinque barchini con 75 migranti diretti verso l’Italia. A testimonianza di come preferiscano alla Libia la tranquilla Tunisia come luogo di partenza per l’Europa. Per impedirlo, Di Maio ha annunciato che “Mi recherò personalmente a salutare il nuovo governo e discuteremo di accordi di riammissione, di rimpatrio“, definendoli “una priorità”.

Per il capo politico del Movimento 5 Stelle, la redistribuzione dei migranti in tutti i Paesi europei va bene, a patto di non “enfatizzarla troppo“. Il rischio, per il leader grillino è di “mettere in moto un cosiddetto ‘pull factor’ per cui i trafficanti di uomini convincono con più facilità tanti disperati a partire dalle coste nordafricane e a venire sulle nostre coste“. Inoltre, ha aggiunto Di Maio, “come Farnesina nei prossimi giorni pubblicheremo delle novità sul meccanismo dei rimpatri“.

Come detto, oltre alla spinosissima questione libica, il ministro degli Esteri è atteso nei prossimi giorni a New York per l’Assemblea dell’Onu dedicata ad azione climatica e sviluppo sostenibile. Materie, queste, molto care al Movimento, autore nelle ultime settimane di una svolta “green” che potrebbe culminare con l’ingresso degli europarlamentari pentastellati nel gruppo dei Verdi.

sabato 21 settembre 2019

Savona, chiede il biglietto a un richiedente asilo senegalese: controllore preso a pugni in faccia finisce all’ospedale


Ancora un episodio di violenza a bordo di un autobus da parte di uno straniero senza biglietto, l’episodio è accaduto ieri mattina a Savona. Il responsabile è un senegalese di 27 anni richiedente asilo politico, tale Omar Jadama, che si trovava a bordo di un mezzo pubblico della linea 5.

Quando questo si è fermato all’altezza di via Mameli, a bordo sono saliti due operatori della Tpl, incaricati di verificare che i passeggeri fossero in possesso di regolare titolo di viaggio. Quando è arrivato il turno dell’africano, sprovvisto di biglietto, la situazione è immediatamente precipitata.

Dopo essere stato scoperto, infatti, il 27enne non ci ha pensato due volte prima di colpire con un forte pugno in pieno volto uno dei controllori e, approfittando di una fermata del mezzo pubblico, tentare la fuga attraverso le portine aperte.

La reazione dei due operatori è stata immediata, dato che si sono subito occupati di contattare le forze dell’ordine per segnalare quanto accaduto, per poi lanciarsi all’inseguimento dell’africano e fornire informazioni in tempo reale sui suoi spostamenti.

Grazie al loro prezioso contributo, gli agenti della questura di Savona sono riusciti ad individuare lo straniero in piazza Leon Pancaldo ed a far scattare le manette ai suoi polsi.

Per lui l’accusa è quella di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Uno dei due ispettori, infatti, è dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale San Paolo, dove gli sono stati attribuiti 7 giorni di prognosi.

Fatto fuori Salvini la Procura archivia l’indagine per sequestro di persona. Ormai l’obiettivo è raggiunto


La Procura di Catania ha chiesto al giudice l’archiviazione per Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona in relazione alla nave “Gregoretti” della Guardia costiera bloccata nel porto di Augusta con 115 clandestini a bordo.

Il fascicolo era stato aperto a fine luglio dalla Procura di Siracusa contro ignoti e il comandante della nave era stato anche chiamato in Procura per essere sentito dagli inquirenti.

Successivamente gli atti vennero trasferiti da Siracusa a Catania ritenendo che ci fosse il reato di sequestro di persona con eventuali responsabilità a livello ministeriale.

A quel punto, però, il pm catanese Andrea Bonomo iscrisse il fascicolo a carico di noti, cioè di Matteo Salvini. Successivamente lo stesso pm, ha ritenuto «non sussistente il reato di sequestro di persona» chiedendo l’archiviazione al Tribunale di Catania. Che ora è chiamato a decidere.

«Sabato pomeriggio, a casa coi bimbi a fare i compiti e guardare i cartoni, suonano alla porta e ti consegnano una busta chiusa che arriva dalla Procura di Catania… – scrive in un post su Facebook il leader della Lega Matteo Salvini – Mah… Che dite, buone o cattive notizie? La apriamo insieme più tardi e ne parliamo – conclude -. Paura? Di niente e di nessuno!».

Alla motovedetta della Guardia costiera Gregoretti che aveva imbarcato a fine luglio in mare 135 clandestini era stato impedito l’attracco su ordine dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini: «Non darò nessun permesso allo sbarco finché dall’Europa non arriverà l’impegno concreto ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave», aveva avvertito all’epoca Salvini.

La “Gregoretti” aveva preso a bordo 50 clandestini imbarcati, in precedenza, dal peschereccio “Accursio Giarratano” ed altri 91 recuperati da un pattugliatore della Guardia di finanza.

Nei giorni successivi furono fatti sbarcare al porto di Catania una donna all’ottavo mese di gravidanza insieme al suo nucleo familiare composto da marito e due figli piccoli e, ad Augusta, presso il molo Nato, 16 persone che si sono dichiarate minorenni.

Il caso è analogo a quello della nave “Ubaldo Diciotti”, il pattugliatore della guardia costiera italiana che il 16 agosto 2018 recuperò al largo di Malta – nella zona Sar maltese – 190 clandestini. Malta non autorizzò lo sbarco e la “Diciotti” fece prua sul Porto di Catania ma il 20 agosto al comandante della nave Massimo Kothmeir arrivò l’ordine, direttamente dal ministero dell’interno, Matteo Salvini, di non far scendere i clandestini.

Salvini finì, così, indagato dalla Procura di Agrigento per il reato di sequestro di persona aggravato e i clandestini vennero fatti sbarcare dalla Procura il 26 agosto.

La Giunta per le immunità del Senato non concesse il via libera a procedere nei confronti del ministro, via libera chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania al quale il fascicolo era giunto per ragioni di competenza territoriale.

A fine ottobre la Procura di Catania aveva chiesto al Tribunale dei ministri di archiviare il procedimento nei confronti di Salvini sostenendo che il ritardo nello sbarco dei clandestini della Diciotti è «giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede europea la distribuzione dei migranti (e il 24 agosto si è riunita la Commissione europea) in un caso in cui secondo la convenzione Sar sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro».

Ma il Tribunale dei ministri non accettò la richiesta di archiviazione. Per il Tribunale dei ministri c’era, invece, stata «la precisa volontà del ministero dell’Interno» di privare della libertà personale le persone a bordo della Diciotti

Orban: “Ho visto che sono tornati Renzi e Gentiloni. Loro sanno solo far entrare migranti e alzare le tasse


L’Europa colpisce i governi sovranisti, “ho visto che anche in Italia il governo è stato separato dal popolo”. “Vedo – ha detto – arrivare nuovi e vecchi politici di sinistra che non hanno capito niente dagli errori commessi, vedo Renzi, vedo Gentiloni e vedo che dove la sinistra riprende il governo succede sempre la stessa cosa: fa entrare i migranti e aumenta le tasse.

Questi due errori la sinistra li commette sempre”. Sugli aiuti dell’Ungheria all’Italia ha dato poi la disponibilità a dare una mano solo se l’Italia si decide a difendere i propri confini: “Se Conte ci chiederà di portare migliaia di migranti dall’Italia nei loro paesi di provenienza noi siamo pronti ad aiutare”. Orban ha quindi esposto alcune riflessioni sul modello ungherese, che – ha spiegato – ha una base, la nuova Costituzione approvata nel 2011, e tre pilastri: la famiglia tradizionale da difendere, la difesa della tradizione cristiana, l’identità nazionale.

La famiglia, ha aggiunto, per noi è quella composta da un uomo e una donna, perché “ogni bambino ha diritto ad avere un padre e una madre”. “Io non so se questo modello può funzionare in altri Paesi – ha aggiunto – so che ha riportato l’Ungheria a crescere, ha diminuito la disoccupazione, passata dal 12% al 3%, ha fatto crescere i salari e ha permesso al ceto medio di espandersi”.

Prima di chiudere un’ultima stoccata a Ursula von der Leyen che – ha osservato – vuole difendere lo stile di vita europeo ma non aggiunge l’aggettivo “cristiano”. Al termine del suo applaudito discorso Orban, intervistato da Gennaro Sangiuliano, ha parlato del risveglio dell’Ungheria dopo l’occupazione sovietica: “Abbiamo sofferto perdite terribili ma siamo ancora vivi e vegeti. Ma una cosa gli ungheresi hanno imparato: abbiamo imparato che i comunisti capiscono solo la forza e non si ravvedono mai. Ma loro hanno imparato che con gli ungheresi non possono oltrepassare un certo limite”.

Orban ad Atreju: “La sinistra usa i migranti per smantellare l’Europa cristiana. L’Ungheria difende i suoi confini”


Il premier ungherese Viktor Orban dal palco di Atreju risponde al premier Giuseppe Conte sul fronte dell’immigrazione: “Prima il vostro premier mi ha chiesto perché l’Ungheria non aiuta di più l’Italia con gli immigrati. Come ho risposto a lui, vi dico che noi vogliamo aiutarvi. Non siamo disposti a prenderci degli immigrati in Ungheria con la redistribuzione.

 Ma siamo disposti ad aiutarvi con i rimpatri di quelli sul vostro territorio. Siamo pronti a riportarli nei Paesi da dove sono venuti”. Salutato dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, come “un patriota come noi, che non ha paura di difendere l’identità cristiana europea dal processo di islamizzazione in corso. Non ha paura di andare contro il politicamente corretto per il bene del suo Paese.

Noi guardiamo all’Ungheria come un modello di Europa diversa e possibile”, Orban ha parlato a lungo dell’immigrazione e di come il suo Paese difende i propri confini da questa invasione. A proposito dell’immigrazione, sempre la Meloni ha replicato al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ieri a proposito dell’Ungheria ha detto che “è facile fare i sovranisti con i confini degli altri”. Ebbene, dice la Meloni: “Regaliamo un mappamondo a Di Maio. L’Ungheria difende i suoi confini dall’immigrazione. Siamo noi che non li difendiamo“.
Il premier ungherese cita “Avanti ragazzi di Buda”
“Il vostro interesse mi fa onore e mi commuove. Ho riflettuto su perché mai voi vi interessate così tanto all’Ungheria – dice Orban dal palco della festa di FdI -. Credo che il vostro interesse derivi da due motivi: Tutti coloro che conoscono la mappa del mondo, sanno che in Europa ci sono due porte, quella dell’Italia, che è la porta del mare, e quella dell’Ungheria, che è la porta della terraferma. Sono le due entrate in Europa.
Un italiano può comprendere un ungherese? Noi abbiamo passato quasi 50 anni sotto i comunisti mentre voi avevate la libertà. Però voi italiani avete scritto ‘Avanti ragazzi di Buda’, la canzone più bella sulla rivoluzione del 1956. Siete un popolo che ci comprende senz’altro”. Orban è stato poi interrotto dalla platea che ha intonato la canzone da lui citata sulla rivoluzione anticomunista ungherese”.

Da noi la Meloni starebbe al centro, io più a destra di lei”
“Faccio politica dal 1984, nella resistenza anticomunista io organizzavo i gruppi studenteschi, dopo le prime elezioni libere, nel 1990, sono diventato membro del Parlamento ungherese”. In tanti anni, spiega Orban, “4 volte ho vinto e 4 volte ho perso.

Per me la politica è servizio non una carriera. E’ essere al servizio del proprio Paese. L’Ungheria è un Paese strutturalmente conservatore, da noi non ci sono mai state elezioni anticipate”. Poi il premier ungherese rivolto alla Meloni dice: “Nel nostro panorama politico la vostra presidente sarebbe al centro, io sono più a destra di lei. Sono un uomo d’azione, vi parlo dal punto di vista del combattente politico, non sono né un filosofo né uno scienziato.
“La sinistra usa l’immigrazione per smantellare l’Europa cristiana”
“Dal 2015 ha preso inizio una invasione dell’Europa. Da subito si capiva che erano migranti economici e non rifugiati. Tutti i leader europei lo sapevano. E’ da allora che ho capito che ci sono leader politici che avrebbero rovinato questo nostro stile di vita, oltre che l’ecoonomia.

La concezione spirituale sinistra diche che l’Europa deve lasciare alle spalle tradizione cristiana e democratica e deve entrare in una fase post cristiana, lo strumento è Bruxelles. Noi invece parliamo dell’alleanza delle nazioni. L’immigrazione serve a scopi ideologici della sinistra e poi c’è un business, a braccetto con gli scafisti, e fanno molti soldi con gli sbarchi. La sinistra non fa altro che far sbarcare futuri elettori. Ecco perché lo fa.

Ma questi sono musulmani che non appoggeranno mai politiche su basi cristiane. Ecco perché li vogliono. Dopo il 2015, la destra in Europa ha fatto partire un contropiede. Perché è giusto portare a casa loro il nostro aiuto e non importare il peggio da loro qui da noi. Con Salvini anche l’Italia era diventato un Paese come noi, ma ora il governo è stato separato dal popolo. Ecco perché noi dei Paesi di Visegrad cerchiamo di sottrarre la commissione europea sull’immigrazione che sta nascendo alle pressioni della sinistra.

Sandro Gozi lascia il PD e passa con Italia Viva: “Il nostro modello è Emmanuel Macron”. E non avevamo dubbi…


Tra chi ha seguito Matteo Renzi nel suo addio al Pd e nel lancio di Italia Viva c’è anche Sandro Gozi. Sottosegretario nei governi di Renzi e Gentiloni, attualmente consigliere agli Affari Ue di Emmanuel Macron – questione assai dibattuta e che ha sollevato grande scandalo -, Gozi si confessa in un’intervista a Repubblica.

 Colloquio nel quale dice chiaro e tondo che a livello europeo Italia Viva guarda proprio a Macron come leader politico europeo per rilanciare l’Unione. Al di là del macroscopico conflitto di interessi, stupisce come Italia Viva scelga da subito di sposare una delle linee più impopolari in tutta Italia: “corteggiare” il galletto Macron. Contenti loro…

Nell’intervista, Gozi, risponde a Romano Prodi, che sempre su Repubblica aveva definito il nuovo partitino “come uno yogurt“, ossia con data di scadenza a brevissimo termine. “Lo yogurt mi piace moltissimo – risponde beffardo -.

Poi il nostro è 4.0, un nuovo prodotto a scadenza lunghissima”. Quindi viene chiesto a Sandro Gozi come si collocherà Italia Viva in Europa: “En Marche è il nostro alleato naturale ed è chiaro che con il partito di Macron creeremo un’alleanza politica ancor più stretta – conferma -.

Io sono stato eletto in Europa con En Marche e il mio gruppo a Strasburgo è già Renew Europe. Italia Viva deciderà dopo la Leopolda la sua collocazione europea”, ha aggiunto. Una strada perfetta, quella delineata da Gozi, per raccogliere infinitesimali percentuali di consenso.

Non solo porti aperti, il piano del PD per “sostituire” gli italiani: “Chi studia in Italia deve avere la cittadinanza”


“Un bambino, figlio di stranieri, che concluda un ciclo di studi nel nostro paese deve avere la cittadinanza italiana con lo Ius Culturae: se lo Stato investe nella formazione di una persona, poi è giusto che la valorizzi.

Diversamente, è come far allenare un giocatore tutta la settimana e poi tenerlo in panchina”.Lo spiega Elena Bonetti, ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, in un’intervista alla “Stampa”.

Il cuore dell’ agenda della ministra è nel Family Act: asili nido gratis, assegno unico per ogni bambino ed estensione del congedo di paternità. “Questo governo vuole porre il tema della famiglia con un progetto di sistema che combatta la denatalità e rimetta l’ educazione al centro.

L’ asilo gratis e l’ assegno unico hanno un doppio significato – sottolinea – da una parte incentivare il ritorno al lavoro dopo la gravidanza, dall’ altra riconoscere il valore dell’ educazione e lottare contro le sacche di diseguaglianza che si creano già nella prima infanzia.

Vedremo cosa inserire nella manovra, in base alle risorse. Ma bisogna fare in fretta”.

Roberto Fico querela Libero, il giudice ci dà ragione: "Come funziona la libertà d'espressione"


Persino nei tribunali italiani, ogni tanto, accadono piccoli miracoli. Ti può capitare di spuntarla contro un politico che vuole limitare la tua libertà di scrivere, e con essa il diritto dei lettori ad avere un' informazione non allineata.

A noi di Libero è appena successo. Raccontarlo è un dovere, oltre che un innegabile piacere. Perché il personaggio in questione aveva strillato ai quattro venti, accusandoci di avere insultato la sua persona, il parlamento e addirittura «sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e quindi è giusto rivelare come è finita. E perché lui non è uno dei tanti peones che affollano i banchi di Montecitorio, bensì il capo di tutti loro: il grillino Roberto Fico, presidente della Camera.

Qualcuno ricorderà. Era il 7 novembre 2018 e il giorno prima la terza carica dello Stato aveva ricevuto con tutti gli onori Mai Al Kaila, ambasciatrice palestinese in Italia. Raccontammo di come costei, legata all' organizzazione politica e militare di sinistra Al Fatah, abbia due volti.

Quando si rivolge agli italiani, ripete che quella palestinese è una battaglia non violenta, perché questo è ciò che vogliono sentire i suoi interlocutori, innamorati della favoletta del povero popolo disarmato oppresso dal crudele regime sionista. Quando invece parla ai suoi, in arabo, tramite i social network, santifica come «martiri» i terroristi palestinesi che compiono attentati ai danni degli israeliani, civili inclusi. Dimostrando così di condividere le ragioni delle loro stragi. Un gioco fatto tante volte, che questo giornale aveva smascherato già nel 2014.
REAZIONE INDIGNATA
Per Fico e il suo nutritissimo staff stipendiato dai contribuenti, insomma, sarebbe stato facile informarsi su chi è veramente Mai Al Kaila, al di là del ruolo che ricopre come rappresentante del non-stato palestinese. Dunque contestavamo l' abbraccio del pentastellato, «sandinista del Vomero», con «i nemici di Israele e fiancheggiatori dei terroristi».

Tanto più deplorevole in quanto avvenuto negli uffici della presidenza della Camera, con tutti i crismi istituzionali. Pubblicammo la cosa in prima pagina. Sotto l' occhiello «Il presidente della Camera a gas» il titolo era: «Fico si avvicina ai terroristi palestinesi. Contento lui...». Fico ostentò una reazione indignata. Disse che il «titolo vergognoso» di Libero faceva «un raffronto inaccettabile, vigliacco e offensivo nei confronti dei sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e annunciò querela.

Durissimo il suo esposto alla procura di Milano, scritto mentre in pubblico diceva che «in Italia c' è la Costituzione, la libertà di stampa è tutelata e lo sarà fino alla fine», e si lamentava perché «la stampa influenza la politica e i politici influenzano i giornalisti» (anche con le querele, è il caso di dire). Il successore di Laura Boldrini imputava al nostro articolo di essere «palesemente diffamatorio» e privo di «qualsivoglia esimente, sia essa dell' esercizio del diritto di cronaca o di critica politica».

Sosteneva che esso conteneva una narrazione dei fatti «opposta alla verità», causando «un gravissimo danno» alla sua immagine e a quella della Camera, paragonata nella titolazione a una «camera a gas» e a una «camera mortuaria». Giudicava insultante l' espressione «sandinista del Vomero», dimostrando di non sapere chi sono i sandinisti. Inutili gli sforzi di Vittorio Feltri, il quale aveva provato a spiegargli che la metafora della camera a gas stava a indicare la trasformazione di Montecitorio in «un luogo invivibile dove ormai la democrazia è condannata». Fico pretendeva soddisfazione «in proprio e nella qualità di presidente della Camera» contro il sottoscritto, autore dell' articolo, Feltri e il direttore responsabile Pietro Senaldi.

Il 17 settembre ha avuto ciò che meritava: l' ordinanza che accoglie la richiesta di archiviazione fatta dalla procura. Documento interessante, nel quale il gip spiega al presidente della Camera come funzionano il diritto di critica e altre libertà tutelate da quella Costituzione che Fico adora citare.
LE PAROLE
«La critica», nota il giudice, «è per sua natura soggettiva, e può esprimersi attraverso l' interpretazione della realtà, o il dissenso verso quanto osservato». Nel caso in questione, «quanto scritto appare legittima espressione del diritto di critica così interpretato, come giudizio negativo espresso a fronte di un fatto reale», ovvero la scelta di Fico di ricevere l' ambasciatrice palestinese. «Tale giudizio negativo non si risolve in un' aggressione gratuita alla sfera morale altrui», come sostenuto dal grillino, «ma è basato su informazioni già oggetto di un precedente articolo».

Né Fico può sostenere di essere stato insultato: «L' espressione "sandinista del Vomero" non ha di per sé un contenuto offensivo o negativo, riferendosi semplicemente al modo ("rivoluzionari") in cui gli esponenti del movimento Cinque Stelle spesso si identificano». Anche l' espressione «presidente della camera a gas», conclude il gip, «sebbene piuttosto forte, può ritenersi funzionale alla critica, e non vuole creare alcun nesso con lo sterminio degli ebrei, tema del tutto estraneo all' articolo».

Resta da dire che in questa battaglia non ci ha aiutato nessuno. Dall' ineffabile ordine dei giornalisti non è arrivato alcun supporto. Niente di cui stupirsi, ma chissà cosa sarebbe successo se una testata progressista fosse stata portata in tribunale da Matteo Salvini con pretesti simili.

Sapevamo di avere ragione, ma sapevamo pure che ciò non sempre basta per avere giustizia. Ci è andata bene. Abbiamo avuto dalla nostra i bravissimi avvocati dello studio Ramella, e la fortuna di trovare magistrati con una visione liberale del diritto e delle garanzie individuali. Come dovrebbe essere normale, ma non lo è.

Una pioggia di nuove tasse Lo conferma Giuseppe Conte: tripla rapina, cosa colpiranno


Ad Atreju, la kermesse di Fratelli d'Italia, Giuseppe Conte - ospite d'onore nella fossa dei leoni - presenta l'Italia del governo giallorosso di Pd e M5s. Un'Italia che sarà colpita da una nuova pioggia di tasse, lo conferma proprio il presidente del Consiglio.

Spiegando a Bruno Vespa le vie che percorrerà l'esecutivo per evitare l'aumento dell'Iva, Conte spiega che l'obiettivo verrà raggiunto introducendo nuove tasse su beni che sarebbero considerati di lusso, quali trasporto aereo, bevande gasate e merendine.

"Credo sia una soluzione praticabile", afferma Giuseppe Conte commentando l'ipotesi di un sovrapprezzo di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro per quelli internazionali. Ma non è finita. Dunque rilancia la lotta all'evasione fiscale grazie a una vera e propria guerra al contante, con la quale finanziare "asili nido gratuiti per famiglie con redditi medi e bassi".

Sui migranti, spiega Conte, la politica resta quella improntata nei primi giorni del Conte bis: porti aperti ma con una redistribuzione migliore dei naufraghi: "La linea dura è un interesse di tutti in Europa", assicura, "Come anche la redistribuzione, si accettano cose belle e meno belle. Serve un meccanismo automatico europeo che si applichi subito. Non ho mutato idea su questo punto: non ho detto che oggi in Italia entra chiunque.

Ormai hanno capito che l'Italia non accetterà più i migranti come in passato e non se li terrà da sola sul territorio". Poco importa che l'accordo con Francia e Germania riguardi in realtà solo quelli con diritto d'asilo e non i migranti economici (e che l'onere della prova spetterà con tutta probabilità all'Italia: lunedì il premier sarà a Malta per firmare l'intesa.

Matteo Salvini e Matteo Renzi, scoop di Bruno Vespa: "Frequenti contatti dopo le politiche 2018"


"Carissimi nemici". Questo il titolo dell'editoriale firmato da Bruno Vespa, appuntamento del sabato sulle colonne de Il Giorno. I due soggetti sono Matteo Salvini e Matteo Renzi, ovviamente.

Il leader della Lega e l'ex Pd che, come è noto, a metà ottobre si sfideranno in un attesissimo duello televisivo proprio nello studio di Vespa, a Porta a Porta su Rai 1. "Come si guarderanno? Aria beffarda o severa? Ironica o arrogante? Conciliante o minacciosa?", s'interroga Vespa facendo crescere ulteriormente l'attesa.

Ma il fondo del giornalista di Rai 1 non riguarda la sua trasmissione, bensì le due figure politiche, delineate mettendone in evidenza affinità e divergenze, affinità in verità che anche secondo Vespa si esauriscono sostanzialmente con "il dato anagrafico, sono due giovani leader (...). Per il resto, davvero poco simili. Se si eccettua il fatto che sono due eretici. Renzi lo è per natura e la scissione ne è una conferma. Salvini a lungo lo è stato nella Lega, partito nel quale non riscuoteva certo le simpatie di Bossi e in cui a contribuito all'ascesa di Maroni, proprio in rotta col fondatore".

Ma è nelle battute successive dell'articolo che Bruno Vespa sgancia la bomba. Prima premette come l'appuntamento a Porta a Porta sia importante per Renzi in vista della Leopolda, che si terrà il 18 ottobre, così come sarà importante per Salvini, che il 19 ottobre riunirà il centrodestra a Piazza San Giovanni a Roma.

"I due leader vogliono quindi caricare i rispettivi campi", sottolinea mister Porta a Porta. Che poi aggiunge: "Renzi e Salvini se le sono dette di ogni tipo. Eppure - ed eccoci alla bomba - dopo le elezioni del 2018 si sono scambiati una infinità di WhatsApp, mentre - per dire - Renzi e Di Maio non si sono mai parlati fino a qualche giorno fa quando è stato il nuovo ministro degli Esteri a chiamare l'ex presidente del Consiglio".

Insomma, contatti, secondo Vespa anche molto frequenti, tra Salvini e Renzi dopo le politiche dello scorso anno. Contatti i cui contenuti restano misteriosi, ma che possono far intendere come i due si sentano i protagonisti della politica del presente e del futuro. Certo Salvini, ad oggi, con un consenso decisamente superiore al fu rottamatore.

E non a caso, Vespa, dopo aver parlato degli scambi su WhatsApp, rimarca: "La vera ragione del confronto (in televisione, ndr) può essere il comune desiderio di legittimarsi a vicenda. Renzi è un peso massimo allo stato con poche truppe. Salvini ha un consenso molto alto, ma minore esperienza di governo. Il segretario della Lega è dichiaratamente un candidato premier. Renzi lo è stato e se lo conosciamo un poco tornerà ad esserlo", sottolinea sornione Bruno Vespa.

Conte svela la folle manovra dettata da Bruxelles: una nuova valanga di tasse e guerra al contante


Nuove tasse, lotta al contante e una nuova politica sull’immigrazione. Ma soprattutto attacchi a quello che solo fino a poche settimane fa era a tutti gli effetti un alleato di governo (spesso difeso e i cui decreti sono stati controfirmati). Giuseppe Conte va da premier ad Atreju, la tradizionale convention di Fratelli d’Italia.

Una scelta coraggiosa, sottolinea Giorgia Meloni chiedendo per lui un applauso: “Noi siamo i veri democratici in questa nazione”, spiega la leader di Fdi introducendolo sul palco, “Oggi fa un gesto non scontato, un atto di coraggio”. Anche perché il premier – intervistao da Bruno Vespa – difende la svolta imposta al suo secondo esecutivo dall’accordo con il Partito democratico e snocciola le sue idee per trovare le risorse che scongiurerebbero un aumento dell’Iva.

Come? Introducendo nuove tasse su beni che rischiano così di essere considerati di lusso, come trasporto aereo, bevande gassate e merendine. “Credo che sia una soluzione praticabile”, ha detto il premier commentando l’ipotesi di un sovrapprezzo di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro per quelli internazionali. Ma anche con la lotta all’evasione fiscale grazie a una vera e propria “guerra” al contante. In cambio, promette, “asili nido gratuiti per famiglie con redditi medi e bassi”.

Ma il palco di Atreju è anche l’occasione per attaccare – ancora – il suo “nemico”. Ampio lo spazio riservato da Conte a Matteo Salvini durante il suo intervento. A partire dal fuorionda in cui chiedeva alla Mekel consigli per fermare la Lega. “Sono frammenti di una chiacchierata un po’ rilassata tra due esponenti di governo davanti ad un drink”, si difende oggi, “Vedo che Salvini ci sta ricamando molto sopra: io non mi sono mai permesso di denigrare una forza politica che sosteneva il precedente governo. Eravamo nella prospettiva di una votazione europea: come io ho chiesto alla Merkel, lei ha chiesto a me come si preparavano le forze politiche. Io dicevo che il rischio dell’isolamento, dal mio punto di vista, era evidente“.

Isolamento che invece avrebbe ottenuto proprio l’ex ministro dell’Interno: “Oggi pomeriggio viene Orban qui chiedete a lui perchè non ha seguito Salvini ed è rimasto nel Ppe. La Lega si è ritrovata completamente isolata, ed era quello che io intuivo anche allora. L’Italia, a partire dai temi dell’immigrazione, raramente è stata supportata dai Paesi del patto di Visegrad“.

Sui migranti, quindi, la politica resta quella improntata nei primi giorni del Conte bis: porti aperti ma con una redistribuzione migliore dei naufraghi: “La linea dura è un interesse di tutti in Europa”, assicura, “Come anche la redistribuzione, si accettano cose belle e meno belle. Serve un meccanismo automatico europeo che si applichi subito. Non ho mutato idea su questo punto: non ho detto che oggi in Italia entra chiunque.

Ormai hanno capito che l’Italia non accetterà più i migranti come in passato e non se li terrà da sola sul territorio“. Poco importa che l’accordo con Francia e Germania riguardi in realtà solo quelli con diritto d’asilo e non i migranti economici (e che l’onere della prova spetterà con tutta probabilità all’Italia: lunedì il premier sarà a Malta per firmare l’intesa.

Qualche stoccata anche a Matteo Renzi che però “non ha motivo di credere” sia una sorta di demolition man. Ma traspare tutta l’amarezza per una scissione avvenuta solo a governo formato: “Con lui sono stato molto chiaro, se mi avesse chiamato prima, perchè è evidente la aveva maturata almeno qualche giorno prima la sua scelta, io avrei preteso che l’interlocuzione avvenisse anche con il suo gruppo“, spiega Conte.

Il premier ha anche tenuto a smentire l’idea che possa essere vicino ai dem fin da prima della nascita del nuovo esecutico: “Il Pd non lo ho mai frequentato”, sottolinea, “Non ho mai avuto una tessera né partecipato ad un convegno. La mia formazione è il cattolicesimo democratico, un centro che guarda a sinistra”.

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