sabato 21 settembre 2019

Sandro Gozi lascia il PD e passa con Italia Viva: “Il nostro modello è Emmanuel Macron”. E non avevamo dubbi…


Tra chi ha seguito Matteo Renzi nel suo addio al Pd e nel lancio di Italia Viva c’è anche Sandro Gozi. Sottosegretario nei governi di Renzi e Gentiloni, attualmente consigliere agli Affari Ue di Emmanuel Macron – questione assai dibattuta e che ha sollevato grande scandalo -, Gozi si confessa in un’intervista a Repubblica.

 Colloquio nel quale dice chiaro e tondo che a livello europeo Italia Viva guarda proprio a Macron come leader politico europeo per rilanciare l’Unione. Al di là del macroscopico conflitto di interessi, stupisce come Italia Viva scelga da subito di sposare una delle linee più impopolari in tutta Italia: “corteggiare” il galletto Macron. Contenti loro…

Nell’intervista, Gozi, risponde a Romano Prodi, che sempre su Repubblica aveva definito il nuovo partitino “come uno yogurt“, ossia con data di scadenza a brevissimo termine. “Lo yogurt mi piace moltissimo – risponde beffardo -.

Poi il nostro è 4.0, un nuovo prodotto a scadenza lunghissima”. Quindi viene chiesto a Sandro Gozi come si collocherà Italia Viva in Europa: “En Marche è il nostro alleato naturale ed è chiaro che con il partito di Macron creeremo un’alleanza politica ancor più stretta – conferma -.

Io sono stato eletto in Europa con En Marche e il mio gruppo a Strasburgo è già Renew Europe. Italia Viva deciderà dopo la Leopolda la sua collocazione europea”, ha aggiunto. Una strada perfetta, quella delineata da Gozi, per raccogliere infinitesimali percentuali di consenso.

Non solo porti aperti, il piano del PD per “sostituire” gli italiani: “Chi studia in Italia deve avere la cittadinanza”


“Un bambino, figlio di stranieri, che concluda un ciclo di studi nel nostro paese deve avere la cittadinanza italiana con lo Ius Culturae: se lo Stato investe nella formazione di una persona, poi è giusto che la valorizzi.

Diversamente, è come far allenare un giocatore tutta la settimana e poi tenerlo in panchina”.Lo spiega Elena Bonetti, ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, in un’intervista alla “Stampa”.

Il cuore dell’ agenda della ministra è nel Family Act: asili nido gratis, assegno unico per ogni bambino ed estensione del congedo di paternità. “Questo governo vuole porre il tema della famiglia con un progetto di sistema che combatta la denatalità e rimetta l’ educazione al centro.

L’ asilo gratis e l’ assegno unico hanno un doppio significato – sottolinea – da una parte incentivare il ritorno al lavoro dopo la gravidanza, dall’ altra riconoscere il valore dell’ educazione e lottare contro le sacche di diseguaglianza che si creano già nella prima infanzia.

Vedremo cosa inserire nella manovra, in base alle risorse. Ma bisogna fare in fretta”.

Roberto Fico querela Libero, il giudice ci dà ragione: "Come funziona la libertà d'espressione"


Persino nei tribunali italiani, ogni tanto, accadono piccoli miracoli. Ti può capitare di spuntarla contro un politico che vuole limitare la tua libertà di scrivere, e con essa il diritto dei lettori ad avere un' informazione non allineata.

A noi di Libero è appena successo. Raccontarlo è un dovere, oltre che un innegabile piacere. Perché il personaggio in questione aveva strillato ai quattro venti, accusandoci di avere insultato la sua persona, il parlamento e addirittura «sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e quindi è giusto rivelare come è finita. E perché lui non è uno dei tanti peones che affollano i banchi di Montecitorio, bensì il capo di tutti loro: il grillino Roberto Fico, presidente della Camera.

Qualcuno ricorderà. Era il 7 novembre 2018 e il giorno prima la terza carica dello Stato aveva ricevuto con tutti gli onori Mai Al Kaila, ambasciatrice palestinese in Italia. Raccontammo di come costei, legata all' organizzazione politica e militare di sinistra Al Fatah, abbia due volti.

Quando si rivolge agli italiani, ripete che quella palestinese è una battaglia non violenta, perché questo è ciò che vogliono sentire i suoi interlocutori, innamorati della favoletta del povero popolo disarmato oppresso dal crudele regime sionista. Quando invece parla ai suoi, in arabo, tramite i social network, santifica come «martiri» i terroristi palestinesi che compiono attentati ai danni degli israeliani, civili inclusi. Dimostrando così di condividere le ragioni delle loro stragi. Un gioco fatto tante volte, che questo giornale aveva smascherato già nel 2014.
REAZIONE INDIGNATA
Per Fico e il suo nutritissimo staff stipendiato dai contribuenti, insomma, sarebbe stato facile informarsi su chi è veramente Mai Al Kaila, al di là del ruolo che ricopre come rappresentante del non-stato palestinese. Dunque contestavamo l' abbraccio del pentastellato, «sandinista del Vomero», con «i nemici di Israele e fiancheggiatori dei terroristi».

Tanto più deplorevole in quanto avvenuto negli uffici della presidenza della Camera, con tutti i crismi istituzionali. Pubblicammo la cosa in prima pagina. Sotto l' occhiello «Il presidente della Camera a gas» il titolo era: «Fico si avvicina ai terroristi palestinesi. Contento lui...». Fico ostentò una reazione indignata. Disse che il «titolo vergognoso» di Libero faceva «un raffronto inaccettabile, vigliacco e offensivo nei confronti dei sei milioni di ebrei vittime dell' Olocausto», e annunciò querela.

Durissimo il suo esposto alla procura di Milano, scritto mentre in pubblico diceva che «in Italia c' è la Costituzione, la libertà di stampa è tutelata e lo sarà fino alla fine», e si lamentava perché «la stampa influenza la politica e i politici influenzano i giornalisti» (anche con le querele, è il caso di dire). Il successore di Laura Boldrini imputava al nostro articolo di essere «palesemente diffamatorio» e privo di «qualsivoglia esimente, sia essa dell' esercizio del diritto di cronaca o di critica politica».

Sosteneva che esso conteneva una narrazione dei fatti «opposta alla verità», causando «un gravissimo danno» alla sua immagine e a quella della Camera, paragonata nella titolazione a una «camera a gas» e a una «camera mortuaria». Giudicava insultante l' espressione «sandinista del Vomero», dimostrando di non sapere chi sono i sandinisti. Inutili gli sforzi di Vittorio Feltri, il quale aveva provato a spiegargli che la metafora della camera a gas stava a indicare la trasformazione di Montecitorio in «un luogo invivibile dove ormai la democrazia è condannata». Fico pretendeva soddisfazione «in proprio e nella qualità di presidente della Camera» contro il sottoscritto, autore dell' articolo, Feltri e il direttore responsabile Pietro Senaldi.

Il 17 settembre ha avuto ciò che meritava: l' ordinanza che accoglie la richiesta di archiviazione fatta dalla procura. Documento interessante, nel quale il gip spiega al presidente della Camera come funzionano il diritto di critica e altre libertà tutelate da quella Costituzione che Fico adora citare.
LE PAROLE
«La critica», nota il giudice, «è per sua natura soggettiva, e può esprimersi attraverso l' interpretazione della realtà, o il dissenso verso quanto osservato». Nel caso in questione, «quanto scritto appare legittima espressione del diritto di critica così interpretato, come giudizio negativo espresso a fronte di un fatto reale», ovvero la scelta di Fico di ricevere l' ambasciatrice palestinese. «Tale giudizio negativo non si risolve in un' aggressione gratuita alla sfera morale altrui», come sostenuto dal grillino, «ma è basato su informazioni già oggetto di un precedente articolo».

Né Fico può sostenere di essere stato insultato: «L' espressione "sandinista del Vomero" non ha di per sé un contenuto offensivo o negativo, riferendosi semplicemente al modo ("rivoluzionari") in cui gli esponenti del movimento Cinque Stelle spesso si identificano». Anche l' espressione «presidente della camera a gas», conclude il gip, «sebbene piuttosto forte, può ritenersi funzionale alla critica, e non vuole creare alcun nesso con lo sterminio degli ebrei, tema del tutto estraneo all' articolo».

Resta da dire che in questa battaglia non ci ha aiutato nessuno. Dall' ineffabile ordine dei giornalisti non è arrivato alcun supporto. Niente di cui stupirsi, ma chissà cosa sarebbe successo se una testata progressista fosse stata portata in tribunale da Matteo Salvini con pretesti simili.

Sapevamo di avere ragione, ma sapevamo pure che ciò non sempre basta per avere giustizia. Ci è andata bene. Abbiamo avuto dalla nostra i bravissimi avvocati dello studio Ramella, e la fortuna di trovare magistrati con una visione liberale del diritto e delle garanzie individuali. Come dovrebbe essere normale, ma non lo è.

Una pioggia di nuove tasse Lo conferma Giuseppe Conte: tripla rapina, cosa colpiranno


Ad Atreju, la kermesse di Fratelli d'Italia, Giuseppe Conte - ospite d'onore nella fossa dei leoni - presenta l'Italia del governo giallorosso di Pd e M5s. Un'Italia che sarà colpita da una nuova pioggia di tasse, lo conferma proprio il presidente del Consiglio.

Spiegando a Bruno Vespa le vie che percorrerà l'esecutivo per evitare l'aumento dell'Iva, Conte spiega che l'obiettivo verrà raggiunto introducendo nuove tasse su beni che sarebbero considerati di lusso, quali trasporto aereo, bevande gasate e merendine.

"Credo sia una soluzione praticabile", afferma Giuseppe Conte commentando l'ipotesi di un sovrapprezzo di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro per quelli internazionali. Ma non è finita. Dunque rilancia la lotta all'evasione fiscale grazie a una vera e propria guerra al contante, con la quale finanziare "asili nido gratuiti per famiglie con redditi medi e bassi".

Sui migranti, spiega Conte, la politica resta quella improntata nei primi giorni del Conte bis: porti aperti ma con una redistribuzione migliore dei naufraghi: "La linea dura è un interesse di tutti in Europa", assicura, "Come anche la redistribuzione, si accettano cose belle e meno belle. Serve un meccanismo automatico europeo che si applichi subito. Non ho mutato idea su questo punto: non ho detto che oggi in Italia entra chiunque.

Ormai hanno capito che l'Italia non accetterà più i migranti come in passato e non se li terrà da sola sul territorio". Poco importa che l'accordo con Francia e Germania riguardi in realtà solo quelli con diritto d'asilo e non i migranti economici (e che l'onere della prova spetterà con tutta probabilità all'Italia: lunedì il premier sarà a Malta per firmare l'intesa.

Matteo Salvini e Matteo Renzi, scoop di Bruno Vespa: "Frequenti contatti dopo le politiche 2018"


"Carissimi nemici". Questo il titolo dell'editoriale firmato da Bruno Vespa, appuntamento del sabato sulle colonne de Il Giorno. I due soggetti sono Matteo Salvini e Matteo Renzi, ovviamente.

Il leader della Lega e l'ex Pd che, come è noto, a metà ottobre si sfideranno in un attesissimo duello televisivo proprio nello studio di Vespa, a Porta a Porta su Rai 1. "Come si guarderanno? Aria beffarda o severa? Ironica o arrogante? Conciliante o minacciosa?", s'interroga Vespa facendo crescere ulteriormente l'attesa.

Ma il fondo del giornalista di Rai 1 non riguarda la sua trasmissione, bensì le due figure politiche, delineate mettendone in evidenza affinità e divergenze, affinità in verità che anche secondo Vespa si esauriscono sostanzialmente con "il dato anagrafico, sono due giovani leader (...). Per il resto, davvero poco simili. Se si eccettua il fatto che sono due eretici. Renzi lo è per natura e la scissione ne è una conferma. Salvini a lungo lo è stato nella Lega, partito nel quale non riscuoteva certo le simpatie di Bossi e in cui a contribuito all'ascesa di Maroni, proprio in rotta col fondatore".

Ma è nelle battute successive dell'articolo che Bruno Vespa sgancia la bomba. Prima premette come l'appuntamento a Porta a Porta sia importante per Renzi in vista della Leopolda, che si terrà il 18 ottobre, così come sarà importante per Salvini, che il 19 ottobre riunirà il centrodestra a Piazza San Giovanni a Roma.

"I due leader vogliono quindi caricare i rispettivi campi", sottolinea mister Porta a Porta. Che poi aggiunge: "Renzi e Salvini se le sono dette di ogni tipo. Eppure - ed eccoci alla bomba - dopo le elezioni del 2018 si sono scambiati una infinità di WhatsApp, mentre - per dire - Renzi e Di Maio non si sono mai parlati fino a qualche giorno fa quando è stato il nuovo ministro degli Esteri a chiamare l'ex presidente del Consiglio".

Insomma, contatti, secondo Vespa anche molto frequenti, tra Salvini e Renzi dopo le politiche dello scorso anno. Contatti i cui contenuti restano misteriosi, ma che possono far intendere come i due si sentano i protagonisti della politica del presente e del futuro. Certo Salvini, ad oggi, con un consenso decisamente superiore al fu rottamatore.

E non a caso, Vespa, dopo aver parlato degli scambi su WhatsApp, rimarca: "La vera ragione del confronto (in televisione, ndr) può essere il comune desiderio di legittimarsi a vicenda. Renzi è un peso massimo allo stato con poche truppe. Salvini ha un consenso molto alto, ma minore esperienza di governo. Il segretario della Lega è dichiaratamente un candidato premier. Renzi lo è stato e se lo conosciamo un poco tornerà ad esserlo", sottolinea sornione Bruno Vespa.

Conte svela la folle manovra dettata da Bruxelles: una nuova valanga di tasse e guerra al contante


Nuove tasse, lotta al contante e una nuova politica sull’immigrazione. Ma soprattutto attacchi a quello che solo fino a poche settimane fa era a tutti gli effetti un alleato di governo (spesso difeso e i cui decreti sono stati controfirmati). Giuseppe Conte va da premier ad Atreju, la tradizionale convention di Fratelli d’Italia.

Una scelta coraggiosa, sottolinea Giorgia Meloni chiedendo per lui un applauso: “Noi siamo i veri democratici in questa nazione”, spiega la leader di Fdi introducendolo sul palco, “Oggi fa un gesto non scontato, un atto di coraggio”. Anche perché il premier – intervistao da Bruno Vespa – difende la svolta imposta al suo secondo esecutivo dall’accordo con il Partito democratico e snocciola le sue idee per trovare le risorse che scongiurerebbero un aumento dell’Iva.

Come? Introducendo nuove tasse su beni che rischiano così di essere considerati di lusso, come trasporto aereo, bevande gassate e merendine. “Credo che sia una soluzione praticabile”, ha detto il premier commentando l’ipotesi di un sovrapprezzo di un euro per i voli nazionali e di 1,5 euro per quelli internazionali. Ma anche con la lotta all’evasione fiscale grazie a una vera e propria “guerra” al contante. In cambio, promette, “asili nido gratuiti per famiglie con redditi medi e bassi”.

Ma il palco di Atreju è anche l’occasione per attaccare – ancora – il suo “nemico”. Ampio lo spazio riservato da Conte a Matteo Salvini durante il suo intervento. A partire dal fuorionda in cui chiedeva alla Mekel consigli per fermare la Lega. “Sono frammenti di una chiacchierata un po’ rilassata tra due esponenti di governo davanti ad un drink”, si difende oggi, “Vedo che Salvini ci sta ricamando molto sopra: io non mi sono mai permesso di denigrare una forza politica che sosteneva il precedente governo. Eravamo nella prospettiva di una votazione europea: come io ho chiesto alla Merkel, lei ha chiesto a me come si preparavano le forze politiche. Io dicevo che il rischio dell’isolamento, dal mio punto di vista, era evidente“.

Isolamento che invece avrebbe ottenuto proprio l’ex ministro dell’Interno: “Oggi pomeriggio viene Orban qui chiedete a lui perchè non ha seguito Salvini ed è rimasto nel Ppe. La Lega si è ritrovata completamente isolata, ed era quello che io intuivo anche allora. L’Italia, a partire dai temi dell’immigrazione, raramente è stata supportata dai Paesi del patto di Visegrad“.

Sui migranti, quindi, la politica resta quella improntata nei primi giorni del Conte bis: porti aperti ma con una redistribuzione migliore dei naufraghi: “La linea dura è un interesse di tutti in Europa”, assicura, “Come anche la redistribuzione, si accettano cose belle e meno belle. Serve un meccanismo automatico europeo che si applichi subito. Non ho mutato idea su questo punto: non ho detto che oggi in Italia entra chiunque.

Ormai hanno capito che l’Italia non accetterà più i migranti come in passato e non se li terrà da sola sul territorio“. Poco importa che l’accordo con Francia e Germania riguardi in realtà solo quelli con diritto d’asilo e non i migranti economici (e che l’onere della prova spetterà con tutta probabilità all’Italia: lunedì il premier sarà a Malta per firmare l’intesa.

Qualche stoccata anche a Matteo Renzi che però “non ha motivo di credere” sia una sorta di demolition man. Ma traspare tutta l’amarezza per una scissione avvenuta solo a governo formato: “Con lui sono stato molto chiaro, se mi avesse chiamato prima, perchè è evidente la aveva maturata almeno qualche giorno prima la sua scelta, io avrei preteso che l’interlocuzione avvenisse anche con il suo gruppo“, spiega Conte.

Il premier ha anche tenuto a smentire l’idea che possa essere vicino ai dem fin da prima della nascita del nuovo esecutico: “Il Pd non lo ho mai frequentato”, sottolinea, “Non ho mai avuto una tessera né partecipato ad un convegno. La mia formazione è il cattolicesimo democratico, un centro che guarda a sinistra”.

Ventimiglia, senza Salvini i respingimenti dalla Francia sono passati da 10 a 100 al giorno. L’accusa della polizia


“È giusto chiedersi come sia possibile che dopo solo pochi giorni dall’insediamento del nuovo Governo Contebis a Ventimiglia i respingimenti al confine francese si siano decuplicati (in media sono passati da 10 a 100 al giorno).

È giusto chiedersi come mai e da dove sono spuntati moltissimi migranti sul territorio Ligure, visto che improvvisamente a Ventimiglia ci sono di nuovo migranti ovunque e che ovviamente non possono essere quelli sbarcati nell’arco di pochi giorni. È giusto chiedersi se esiste in Liguria chi è in grado di lavorare nell’ombra per condizionare fenomeni sociali che si ripercuotono sulla sicurezza del territorio”. Queste sono alcune domande poste dal SIAP (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia) di Genova a seguito del cambiamento di situazione nella città di Confine.

“Occorre indagare seriamente ed in profondità – spiega il segretario Roberto Traverso – su un territorio dove le Forze dell’Ordine sono impiegate per scortare le processioni religiose in odore di mafia ma come denuncia il SIAP da tempo i numeri di Poliziotti impiegati per l’attività investigativa anche a supporto della D.I.A. è assolutamente insufficiente”.

La realtà è questa: a Ventimiglia dopo una surreale calma piatta terminata con la caduta del primo Governo Conte si è magicamente ripresentato lo scenario critico di mesi e mesi fa ed i Poliziotti che lavorano a Ventimiglia (Frontiera, Commissariato, Polfer, Reparto Prevenzione Crimine, Reparto Mobile, Questura, Stradale, Scientifica ect..) si trovano alle prese con criticità di ordine e sicurezza pubblica molto delicate… mentre sul fronte investigativo le risorse, come suddetto, non ci sono”.

“Poliziotti, che hanno atteso invano il realizzarsi di promesse elettorali fatte, da parte di chi è andato in Parlamento su aumenti di stipendi mirabolanti, e che invece ad oggi stanno ancora aspettando il pagamento delle ore di straordinario lavorate da circa 20 mesi (Gennaio 2018). I Poliziotti – conclude Traverso – hanno bisogno di certezze per garantire sicurezza democratica e non promesse demagogiche”

Choc a Milano: nigeriano ferisce alla gola una giovane donna incinta. Era stato scarcerato da pochissimo


Milano, giovane incinta ferita alla gola in via Arcivescovo Calabiana. A Milano una ragazza è stata colpita con un coccio di bottiglia alla gola: arrestato un uomo 33enne.

La giovane, in attesa di un bambino, era cosciente al momento dell’arrivo dei soccorsi e non sarebbe in pericolo di vita. La ragazza, nigeriana di 25 anni, è stata aggredita in via Arcivescovo Calabiana.

E’ successo tutto intorno alle 21. La giovane è stata subito soccorsa dal personale del 118 arrivato con ambulanza e automedica in codice rosso. E’ stata trasportata all’ospedale San Paolo. La polizia poco dopo ha bloccato un connazionale, con la quale la giovane aveva litigato prima di essere accoltellata: i due si conoscevano da tempo.

Gli agenti delle volanti sono intervenuti mentre l’uomo era ancora lì vicino alla ragazza: stava strappando la carta d’identità della donna. Era stato scarcerato da pochissimo e in passato era stato ospite del dormitorio pubblico di viale Ortles, non lontano dal luogo dell’aggressione.

Pedofilia, inchiesta choc in Vaticano: bambini abusati persino nella sacrestia della basilica di San Pietro


CITTÀ DEL VATICANO Persino nella sacrestia della basilica di San Pietro. Persino lì, in quel luogo sacro e inviolabile, sarebbero avvenuti degli abusi sessuali tra due ragazzi quasi coetanei, entrambi ex studenti al pio collegio Opera di Don Folci, il pre-seminario vaticano, situato a due passi da Santa Marta, finito al centro di due differenti inchieste, una vaticana e l’altra avviata dalla Procura di Roma.

Dagli elementi in mano ai magistrati italiani si fa riferimento a reati continuati relativi a violenze che si sarebbero sviluppate in un tempo ampio, attraverso imposizioni, abuso d’autorità, costrizioni, sudditanza psicologica tali da rendere la vittima – L.G. – impossibilitata a reagire con forza e autonomia.
LA STRUTTURA EDUCATIVA
Ad aggravare il quadro di tormento ci sarebbe stata anche la condizione di libertà limitata della vittima, visto che la struttura educativa è una specie di convitto in cui tante famiglie (soprattutto del Nord Italia) mandano i propri figli in modo che possano frequentare gratuitamente il San Pio X, uno dei licei privati più prestigiosi di Roma. Ogni mattina i ragazzi escono per le lezioni e rientrano di pomeriggio varcando il confine di Stato – per studiare, partecipare alle funzioni liturgiche del Papa e coltivare la eventuale futura vocazione sacerdotale.

È in questa cornice, evidentemente sotto uno scarso controllo, che sono andate a svilupparsi amicizie morbose, legami malati e quasi patologici sfuggiti di mano agli educatori che non sono riusciti a riportare alla normalità. L’allora rettore del pre seminario, monsignor Enrico Radice, viene ritenuto responsabile di omissioni proprio per non aver fermato quelle violenze. Si parla anche di rapporti completi tra adolescenti.

Quattro giorni fa il tribunale vaticano ha chiesto il rinvio a giudizio di due preti, don Gabriele Martinelli, il presunto abusatore, all’epoca dei fatti era ancora studente, oggi sacerdote ammesso ai sacri ordini e consacrato dalle autorità ecclesiali; e don Radice. Entrambi erano stati ascoltati nei giorni scorsi. La settimana prima, invece, con una contemporaneità che forse potrebbe spiegare l’annuncio del Vaticano, la magistratura italiana ha effettuato una perquisizione nella casa di don Martinelli, in un paesino del comasco, per prelevare messaggi e conversazioni utili al caso, file audio, video, e documenti cartacei.

Non solo. La Procura di Roma ha anche inoltrato la domanda di rogatoria internazionale in Vaticano ai fini di un processo in Italia. I reati contestati sono pesanti. Violenza continuata e abuso di autorità contestati nel periodo in cui Martinelli è maggiorenne, mentre gli altri episodi relativi a quando era minorenne sono stati stralciati e inviati alla Procura dei minori.

Si è trattato «di un disegno criminoso» che portava Martinelli, all’epoca minore ad esigere dalla vittima, suo coetaneo di sei mesi più giovane, «prestazioni sessuali, in più occasioni, con una media di due volte la settimana, iniziando le condotte fin dal primo settembre 2006; fatti per i quali procede la Procura». Gli episodi sarebbero avvenuti all’interno del pre seminario e nelle aree limitrofe «in particolare nelle camerate, nella camera singola di Martinelli, nonché in altri luoghi dentro la Città del Vaticano, tra cui la sacrestia della basilica di San Pietro».

Il quadro complessivo che sembra affiorare dalle carte e da diverse testimonianze, a proposito dell’ambiente circostante al convitto dei chierichetti, mostra di avere una dinamica non sempre lineare, come del resto provano anche alcune lettere anonime e ricattatorie che arrivarono in Segreteria di Stato già nel 2012 per descrivere comportamenti immorali e una sorta di giro gay parallelo che gravitava su San Pietro, e che difficilmente si concilia con un ambiente sacro. Per i magistrati italiani si tratta ora di ricostruire quelle relazioni e non sarà facile. L’omertà sembra contrassegnare la vita interna, così come la scarsa trasparenza.
UN ALTRO ALLIEVO
I vertici dell’istituto Don Folci, tuttavia, hanno sempre smentito con forza che vi siano stati abusi sessuali di qualsiasi natura all’interno, minimizzando e sconfessando anche le dichiarazioni di un altro allievo coinvolto, Kamil Jarembowki. Questo ragazzo entrato nel preseminario nel 2009 all’età di 13 anni venne allontanato per comportamenti immorali nel 2013. Fuggì dal preseminario per raggiungere un amico in Veneto, un altro ex alunno, per poi essere riammesso nella scuola previo impegno a mantenere fede alla vita comunitaria.

È lui ad avere parlato con Gianluigi Nuzzi, il primo ad avere raccolto la testimonianza di Kamil che ha dato il via a tutto il filone di inchiesta. Due anni fa in Vaticano ci fu una riunione piuttosto burrascosa in cui si decise se procedere o meno per diffamazione contro Nuzzi per la pubblicazione del libro. Ma memori dei problemi che avevano dato i due processi precedenti di Vatileaks 1 e Vatileaks 2 si decise di lasciare correre. Adesso però i nodi sembrano essere arrivati al pettine.

Sandro Gozi su Italia Viva: "Emmanuel Macron il nostro riferimento"


Tra chi ha seguito Matteo Renzi nel suo addio al Pd e nel lancio di Italia Viva c'è anche Sandro Gozi. Sottosegretario nei governi di Renzi e Gentiloni, attualmente consigliere agli Affari Ue di Emmanuel Macron - questione assai dibattuta e che ha sollevato grande scandalo -,

Gozi si confessa in un'intervista a Repubblica. Colloquio nel quale dice chiaro e tondo che a livello europeo Italia Viva guarda proprio a Macron come leader politico europeo per rilanciare l'Unione. Al di là del macroscopico conflitto di interessi, stupisce come Italia Viva scelga da subito di sposare una delle linee più impopolari in tutta Italia: "corteggiare" il galletto Macron. Contenti loro...

Nell'intervista, Gozi, risponde a Romano Prodi, che sempre su Repubblica aveva definito il nuovo partitino "come uno yogurt", ossia con data di scadenza a brevissimo termine. "Lo yogurt mi piace moltissimo - risponde beffardo -. Poi il nostro è 4.0, un nuovo prodotto a scadenza lunghissima". Quindi viene chiesto a Sandro Gozi come si collocherà Italia Viva in Europa: "En Marche è il nostro alleato naturale ed è chiaro che con il partito di Macron creeremo un'alleanza politica ancor più stretta - conferma -.

Io sono stato eletto in Europa con En Marche e il mio gruppo a Strasburgo è già Renew Europe. Italia Viva deciderà dopo la Leopolda la sua collocazione europea", ha aggiunto. Una strada perfetta, quella delineata da Gozi, per raccogliere infinitesimali percentuali di consenso.

Matteo Renzi, il sondaggio-Pagnoncelli boccia Italia Viva: quanto vale, quanti voti ruba al Pd


Puntuale, come quasi ogni sabato, sulle colonne del Corriere della Sera ecco far capolino l'attesissimo sondaggio firmato da Nando Pagnoncelli. Va da sé, in una settimana come questa i riflettori di Ipsos sono puntati in primis su Matteo Renzi e sulla sua Italia Viva, la nuova formazione politica nata in seguito alla scissione dal Pd con la creazione di gruppi autonomi a Camera e Senato.

"Non saremo un partitino", ha assicurato Maria Elena Boschi, esponente di spicco della nuova formazione, in un'intervista concessa sempre al Corriere della Sera. Eppure, ad oggi, le dimensioni di Italia Viva sono proprio quelle, di un partitino che non sembra godere granché dell'effetto-novità che, solitamente, aiuta le novità. Parola dunque alle cifre.

Secondo Pagnoncelli, il partito di Renzi oggi è al 4,4 per cento. Poca, pochissima roba. Dunque la rilevazione mette in luce da dove arrivino questi voti: per il 64% da ex elettori Pd, per il 12% dai partiti di centrodestra (Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia), per il 6% da altre liste di centrosinistra, per un altro 6% da altre liste extra-sinistra e infine per il 12% da chi si diceva indeciso o astenuto. Ma vi sono altre pessime notizie per il fu rottamatore, altri numeri destinati a farlo riflettere.

Ipsos ha chiesto al campione che giudizio dà alla scelta di Renzi di uscire dal partito per fondarsene uno suo. Giudizio negativo per il 52% del campione totale, positivo per il 28% mentre il restante 20% non indica. E colpisce come il 64% degli elettori Pd giudichi negativamente la mossa, quasi come gli elettori M5s, che bocciano la scissione al 65 per cento. Gli elettori leghisti al 51% si esprimono negativamente sullo strappo, percentuale che scende al 50% tra elettori di Forza Italia e Fratelli d'Italia. Insomma, per Matteo Renzi una bocciatura a tutto tondo. La sua strada appare davvero in salita.

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