sabato 21 settembre 2019

Il Pd con Salvini: tradimento a Di Maio? Zingaretti, la mossa che può far saltare tutto


Nicola Zingaretti potrebbe tradire a breve l'alleato grillino. Sulla legge elettorale infatti il Pd troverà sicuramente molta più sintonia fuori dalla maggioranza.

"Basta che non facciano il proporzionale, noi collaboriamo", ha detto Giancarlo Giorgetti sul palco della Festa di Fratelli d'Italia, ad Atreju prima di iniziare il dibattito col capogruppo Pd, Graziano Delrio.

Che davanti al pubblico dichiara: "Nel programma di governo non c'è il ritorno al proporzionale. C'è solo scritto che servono garanzie costituzionali per la rappresentanza". Con il proporzionale - sottolinea il Fatto Quotidiano - si punta a un'alleanza post-elettorale, mentre il maggioritario premia le coalizioni (e penalizza i piccoli partiti).

Per questo è chiaro che la Lega, forte nei sondaggi e nella possibilità di fare una coalizione (con Forza Italia e Fratelli d'Italia) punta al maggioritario.

Idem per i fondatori del Pd, Walter Veltroni e Romano Prodi, che sono più volte intervenuti per dire che il maggioritario è dentro il dna dei Democratici.
Di diverso parere Cinque Stelle e il neonato Italia Viva, entrambi godono di bassi consensi e il maggioritario sarebbe un suicidio.

Vittorio Feltri e il retroscena sul "no" all'arresto di Sozzani: "La prova del fatto che Renzi sbranerà Conte"


In teoria doveva essere il governo della rappacificazione, della concordia, dei toni bassi. Invece a una settimana dal varo, esso si annuncia tra i più litigiosi della storia repubblicana. Si trattava di votare sul richiesto arresto di Sozzani, nomen omen, e i 5 Stelle e il Pd si erano dichiarati in anticipo favorevoli all' ingabbiamento del parlamentare di Forza Italia, pare colpevole di aver ricevuto 10 mila euro di finanziamento elettorale illecito.

Al momento della conta, viceversa, 74 giustizialisti sono mancati all' appello e l' uomo politico in questione non è stato posto ai domiciliari. Segno che la nuova squinternata maggioranza non ha una linea comune. Della cosa ci rallegriamo poiché troviamo assurdo privare della libertà un signore, fosse anche colpevole, prima di essere processato e condannato.

La gente, di qualunque tipo, non va punita se non dopo sia stata dimostrata con regolare processo la sua partecipazione a un reato. In Italia chissà perché si mette ai ceppi perfino chi sia solo sospettato di aver violato la legge. Peggio. Basta ricevere un avviso di garanzia (che per definizione dovrebbe garantire il presunto reo da abusi e strumentalizzazioni) per essere sputtanato a vita, esposto al pubblico ludibrio.

Praticamente tale garanzia si trasforma automaticamente in sentenza di condanna definitiva. Se questo non è anticostituzionale ci domandiamo a che serva la Carta se non viene osservata con scrupolo. Noi non conosciamo Sozzani, ma ci sembra ovvio che un gruppo di rappresentanti del popolo, dissociandosi dalla coalizione, lo abbia difeso.

Anche se ciò dimostra in modo inequivocabile che l' esecutivo si regge su una armata brancaleone incapace di intendersi su un principio fondamentale: il diritto di qualunque cittadino di essere giudicato in tribunale e poi, eventualmente, incarcerato. Va da sé che il gabinetto Conte è partito col piede sbagliato ponendo le premesse per essere sbranato da Renzi, l' unico dotato di un minimo di senno. Non osiamo fare pronostici sulla durata dei giallorossi, tuttavia se il buongiorno si vede dal mattino, vediamo soltanto nuvole nere.

E non ce ne doliamo. Cari politici andate tutti a casa, e portateci a votare come avviene in ogni paese democratico che non tema il suffragio universale.

"Presidente, ci salvi da questo collage demenziale". Farina, il disperato appello a Mattarella


Gli ultimi accadimenti sul fronte di governo e maggioranza hanno sconcertato gli italiani a prescindere dai voti che esprimerebbero se gli fosse consentito. Persino a sinistra e tra i grillini, salvo chi si è spartito la torta del potere e i loro parenti stretti, adesso vedrebbero le elezioni come una liberazione. Tutti sconcertati e scontenti? Tutti no, tutti meno uno, a quanto pare: il presidente della Repubblica. Perché Sergio Mattarella lascia fare, e anzi si mostra seraficamente accondiscendente di fronte allo spettacolo da suburra che in fin dei conti coinvolge anche la massima istituzione? Non lo capiamo più.

La Stampa, non smentita, dice che il capo dello Stato ha invitato il premier titubante «a non drammatizzare». Quando infatti Giuseppe Conte, meno impomatato del solito e forse con la pochette lievemente scomposta, si è recato al Quirinale sicuro di trovarsi davanti un Mattarella trasformato in Gorgone, con la canuta chioma ritta come una foresta di serpenti a sonagli, si è trovato invece di fronte un cherubino.

 Ma come? Renzi scotenna con nostro giubilo Zingaretti, gli taglia anche un braccio e fa uno scisma, e l' ordine è di «sdrammatizzare»? La condizione dichiarata dal capo dello Stato per lasciar tentare l' esperimento di una nuova maggioranza contro natura era stata la garanzia di stabilità, o ce lo siamo sognati? Bisognava perciò sostituire alla precarietà del contratto giallo-verde, una fusione di intendimenti, un' alleanza vera e propria tra fratelli. Non ha detto fratelli coltelli. O sì, e non avevamo capito?
INSIEME CON LO SCOTCH
Ed ecco che a Conte, pallido come un cencio, Mattarella ha regalato un altro pezzo di scotch per tenere insieme l' accozzaglia non più solo giallo-rossa ma anche rosa shocking a causa dell' aggiunta renziana. Un risotto di colori che se provate a mescolarli danno per esito quello che in Lombardia si chiama «trasù de ciòc», cioè vomito di ubriachi. Il dovere che Sergio Mattarella si sentiva addosso di lasciar verificare alle forze politiche la possibilità di una nuova maggioranza aveva un fondamento costituzionale.

La nostra infatti è una democrazia parlamentare. Brutta finché si vuole, ma queste sono le sue regole. Esiste però un limite non scritto, ma che inerisce l' essenza stessa del decoro pubblico, come dice l' articolo 54 della Costituzione medesima. È vero infatti che la nuova maggioranza vuole abrogare i confini, ma forse non avevano avvertito il capo dello Stato che nel concetto fosse compresa anche la frontiera della decenza. Al Quirinale risiede una grande personalità saggia e sensibile, come è universalmente acclarato, e non saremo certo noi a spezzare l' armonia del coro universale. Figuriamoci se abbiamo la pretesa di insegnare alcunché a Sergio Mattarella, ma riteniamo sia dover nostro di riferirgli l' immenso disagio che i fatti recenti hanno seminato trasformando in generale quello che pareva essere un' amarezza confinata nell' ambito degli esclusi dal Conte bis.

Siamo avvantaggiati, ci rendiamo conto, dal fatto di frequentare il bar per il caffè e di salire sui tram, cosa che ci imbeve degli umori che stiamo raccontando. Questo soprattutto dopo che mercoledì c' è stata una rottura clamorosa alla Camera a proposito del rifiuto della maggioranza dei deputati di voler consegnare agli arresti domiciliari l' onorevole Diego Sozzani di Forza Italia. I Cinque Stelle e il Partito democratico si erano accordati per farlo ammanettare, nonostante fosse un provvedimento vessatorio, oltretutto basato su intercettazioni furbescamente dichiarate casuali per aggirare la legge (un parlamentare non può essere, piaccia o no, intercettato, secondo Costituzione). Con ogni evidenza i renziani e altri loro affiliati presenti tra i dem, hanno rotto l' accordo.
SI CHIAMA DEMOCRAZIA
È stato detto minimizzando: non è una questione di politica ma un affare di coscienza. Ma la coscienza - e Mattarella potrebbe tenerci una lezione al riguardo - è ciò che dà forma alla politica, individua l' ideale e lo rende concreto. Ora è chiaro che su un tema decisivo come la giustizia la maggioranza non esiste, o almeno non è quella che regge il governo Conte-bis. Ora vogliamo escludere un Conte-tris che raduni centro-destra più renziani.

Credo che quanto a duttilità la democrzia parlamentare abbia già dato abbastanza. Ecco, non restano che elezioni. Presto. L' unico motivo che - a detta del medesimo Renzi - giustifica il perdurare di questo collage demenziale che ci governa è di resistere fino all' elezione del prossimo capo dello Stato. E capiamo che esistano ragioni inconsce di benevolenza verso chi ti ha scelto e ti ha fatto ascendere al Quirinale. Ma questo vale una volta, due no. Elezioni per favore. Si chiama democrazia parlamentare non democrazia goliardica.

Senza Salvini sono sbarcati 1.435 clandestini in 18 giorni: così grazie a PD e M5S i trafficanti tornano a fare affari


I numeri parlano chiaro. I primi ad approfittare dell’addio di Matteo Salvini e dell’arrivo del governo giallorosso pronto a riaprire i porti a Ong e migranti sono i trafficanti di uomini. Le prove della nuova cinica cuccagna arrivano da quello stesso ministero dell’Interno chiamato a garantire una netta «discontinuità» con l’era Salvini. Un obbiettivo raggiunto con tempestività a dir poco sconfortante. I 1.435 sbarchi contati nei primi 18 giorni di questo mese superano di gran lunga i 947 arrivi del settembre 2018 e segnano la prima drastica inversione di tendenza nell’arco di quasi 18 mesi.

 Ma cosa rende possibile un effetto così rapido e immediato? La risposta è semplice. Il principale incentivo all’attività dei trafficanti è la possibilità di garantire ai loro clienti il superamento dell’«ultimo miglio» ovvero di quel tratto di mare dove, esauritasi l’autonomia di gommoni e barchini, il migrante ha disperatamente bisogno di qualcuno pronto a soccorrerlo. Le cronache del traffico di umani dalla Libia insegnano che solo quella certezza garantisce lauti affari ai trafficanti. È così alla fine del 2013 quando la missione Mare Nostrum attira sulle coste libiche decine di migliaia di disperati in poche settimane.

Continua a esser così negli anni successivi quando a sostenere e incentivare l’effetto calamita ci pensano la missione Sophia e le navi delle Ong. Proprio per questo il principale impegno di Marco Minniti prima e di Matteo Salvini poi è cancellare la certezza dell’ultimo miglio. Per riuscirci Minniti finanzia e incoraggia la nascita della Guardia Costiera e il riconoscimento di una Sar (Search and Rescue Area Zona di salvataggio) libica dove il salvataggio dei migranti si concluda con il ritorno alla casella di partenza. Assicurare la salvezza escludendo la possibilità di raggiungere l’Italia è già di per sé sufficiente a disincentivare le partenze. Anche perché in alcuni casi il ritorno coincide con la ricaduta nell’inferno dei campi di detenzione gestiti dalle milizie.

Contemporaneamente Minniti inizia però quell’operazione di contrasto alle Ong sospettate di precisa connivenza con i trafficanti. Un’operazione resa ancor più radicale da Salvini grazie alla chiusura dei porti e all’imposizione di multe e sequestri delle navi.

Tutto questo non fa però sparire le organizzazioni criminali. Bloccati dalla cancellazione dell’ultimo miglio, sopravvivono dedicandosi allo sfruttamento dei migranti mantenuti sotto il proprio controllo. A regalar loro la prospettiva di un nuovo Bengodi ci pensa oggi il governo giallorosso. Se nell’ottica del nuovo esecutivo la Guardia Costiera di Tripoli non è più un prezioso alleato, ma una complice delle peggiori milizie, allora anche la missione navale italiana incaricata di garantire l’efficienza delle sue motovedette finisce con il perdere mordente rendendone più aleatoria l’operatività. Dall’altra parte il cambio di atteggiamento nei confronti delle Ong, con cui molti esponenti di Pd e 5 Stelle sono ansiosi di tornare a flirtare, fa intravvedere a milizie e organizzazioni criminali l’opportunità di nuovi lucrosi affari.

A tutto questo va aggiunto il ruolo assunto in questi cinque mesi di guerra con il nemico Haftar da una Turchia che, grazie anche alle ingenti quantità di armamenti sbarcati a Tripoli, s’è imposta come il principale alleato militare e commerciale del governo di Fayez Serraj. Un governo che a questo punto può anche permettersi di non rispettare gli impegni assunti con Roma e ritornare agli antichi patteggiamenti e compromessi con milizie e organizzazioni criminali.

Sbarcati nella notte altri 108 clandestini a Lampedusa e 41 in Calabria a bordo di una barca a vela. È invasione


Ancora sbarchi in nottata a Lampedusa, dove sono approdati complessivamente 108 migranti. Intorno alle 23:00 un barcone con a bordo 92 persone è stato intercettato a poche miglia dall’isola da una motovedetta della capitaneria di porto.

Altri 16 migranti, a bordo di un barchino, sono giunti direttamente a terra. L’hot spot, dove in questo momento si trovano circa 300 extracomunitari a fronte di una capienza massima di un centinaio di ospiti, resta al collasso.

Inoltre stando alle previsioni meteo, che sono in peggioramento, il traghetto che assicura i trasferimenti dall’isola verso la terraferma rischia di restare bloccato a Porto Empedocle.

Nel frattempo prosegue la protesta di un gruppo di tunisini che chiedono di non essere rimpatriati manifestando sulla piazza della chiesa madre dell’isola; di giorno rimanendo seduti e la notte dormendo a terra.
Invasione anche nelle coste della Calabria:
Nuovi sbarchi in Calabria: 41 migranti di nazionalità irachena e iraniana sono stati intercettati e bloccati dalla guardia costiera alla periferia di Brancaleone, nella Locride.

Tra loro anche 4 donne e 5 minori (tra cui 2 bimbi di 6 anni). Sono arrivati sulle coste calabresi a bordo di una barca a vela di una quindicina di metri. Subito dopo lo sbarco, le autorità hanno posto in stato di fermo due cittadini ucraini ritenuti gli scafisti.

Ma quali ricollocamenti? Si moltiplicano i respingimenti della Francia. E Ventimiglia sta per esplodere


“Quando i problemi non vengono gestiti vanno in cancrena e producono risultati deleteri: a Ventimiglia la situazione è già oltre il limite di guardia sul problema dell’immigrazione”. Lo dichiara in una nota il deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè dopo aver incontrato questa mattina a Ventimiglia il sindaco della cittadina ligure Gaetano Scullino.

“Da settimane, casualmente da quando è arrivato il governo giallo-rosso, i respingimenti da parte della Gendarmerie si sono moltiplicati di giorno in giorno con effetti immediati su Ventimiglia e i centri che gravitano intorno“.

“È di pochi giorni fa un terribile episodio di molestie su una bambina di 10 anni in pieno centro città ad opera di un immigrato bloccato in seguito dai carabinieri. – prosegue Mulè – Un episodio sconcertante che si aggiunge a numerose altre segnalazioni legate alla difficile convivenza con le centinaia di extracomunitari ospitati nei Centri di Accoglienza di Ventimiglia”.

“Dal momento che, a causa della dissennata nuova politica sull’immigrazione del governo giallo-rosso, il problema non ha una soluzione nell’immediato, bisogna correre ai ripari prevedendo il loro spostamento in una località lontana dal centro abitato, in modo da non turbare ulteriormente la serenità di una città che sa essere accogliente ma che non può essere invasa da un’immigrazione incontrollata. – conclude l’on. Mulè – Solleciterò a tal proposito i ministri competenti affinché gestiscano un’emergenza sociale e di sicurezza”.

Nuova pagliacciata su Rousseau: il 60,9% dice sì all’inciucio in Umbria con gli indagati del Partito Democratico


“Come sempre nel Movimento vince la democrazia”. Così il Blog delle Stelle saluta il fatto che “oggi migliaia di cittadini hanno scelto, attraverso la partecipazione su Rousseau, di dare vita a un Patto civico per l’Umbria”.

A dare il proprio consenso i 21.320 iscritti alla piattaforma Rousseau (il 60,9%), mentre si sono espresse per il no 13.716 persone (39,1%). “Questa è la strada che abbiamo proposto e che i cittadini hanno confermato per poter cambiare un sistema che in Umbria – si legge ancora – ha creato ulteriore sfiducia delle persone verso le istituzioni.

Ed è comprensibile, visto anche lo scandalo della corruzione nella sanità”. “Siamo consapevoli che questo è un esperimento, innovativo, e che comporta un’altra grande responsabilità, ma la partecipazione delle persone che votano e scelgono di dire la loro ci dà forza. E siamo orgogliosi – rivendicano i 5 stelle – di questo metodo”.

“Adesso in Umbria andiamo avanti, valorizzando i migliori profili e le eccellenze della società. Siamo liberi di agire e proporre soluzioni e percorsi diversi. E se altri ci attaccano, noi andiamo avanti con umiltà, ma anche con coraggio”. Insomma, altro inciucio Pd e Cinque Stelle.

Massacrano di botte un 48enne fino a rompergli le ossa: la rapina choc di 2 stranieri a Reggio Calabria


Sono stati finalmente incriminati a Reggio Calabria i due stranieri accusati di aver aggredito e rapinato un 48enne italiano durante lo scorso 20 marzo.

A dare esecuzione al provvedimento della locale Procura della Repubblica sono stati i carabinieri del comando stazione di Reggio Calabria Principale.

Il primo dei due responsabili, l’ivoriano di 28 anni Sangare Bangali, si trovava già in carcere proprio per un simile episodio commesso in città nei confronti di una donna lo scorso maggio. Il secondo, ovvero il 22enne guineano Mohamed Bashir Diallo, anch’egli un senza fissa dimora ma incensurato, è stato invece tratto in arresto dai militari nella mattinata di ieri.

Era stata la vittima, un reggino di 48 anni, a presentare denuncia per quanto gli era accaduto in pieno centro storico durante quella terribile notte del 20 marzo. Mentre si trovava ad un distributore automatico, l’uomo era stato raggiunto alle spalle dai due malviventi africani che lo avevano pedinato per un breve tratto di strada. Violenta l’aggressione nei suoi confronti, con colpi che avevano provocato fratture e lesioni di una certa entità.

Al pronto soccorso furono refertati 25 giorni di prognosi, salvo ulteriori complicazioni. Dopo le botte, i due rapinatori erano fuggiti col denaro ed il cellulare della vittima, prima di far perdere le proprie tracce.

Grazie alla visione delle immagini riprese da alcune videocamere di sorveglianza presenti in zona, gli inquirenti sono riusciti a risalire all’identità dei due responsabili. Non difficile da riconoscere, proprio per la lunga lista di precedenti alle sue spalle, l’ivoriano Sangare Bangali, che era già dietro le sbarre.

venerdì 20 settembre 2019

Atreju, Salvini avverte il poltronaro: “Conte ha svenduto i confini italiani, aspetto al varco i vigliacchi traditori”


Roma, 20 set – “Conte ha svenduto i confini, di Renzi non mi frega nulla. Vinceremo sia in Umbria che in Calabria”. Così Matteo Salvini ad Atreju, nel primo dei tre giorni dell’annuale festa di Fratelli d’Italia all’Isola Tiberina di Roma. Dal palco della manifestazione di Fdi, intervistato dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, il leader della Lega ha attaccato duramente il governo giallofucsia: “Possono scappare dal voto per qualche mese, ma non posso scappare all’infinito dal giudizio degli italiani. Aspetto al varco questi vigliacchi che hanno tradito. Passando dal voto e non dalle renzate“, ha detto Salvini. “E’ il primo mese da due anni a questa parte che aumentano gli sbarchi. Conte ha riaperto i porti, non fa un dispetto a me ma a milioni di italiani”, ha dichiarato l’ex ministro dell’Interno.

Salvini ha poi tuonato contro certa stampa stampa: “I Cinque Stelle erano degli incapaci fino a ieri e diventano degli intellettuali oggi.

Il Pd in molte redazioni sta molto più simpatico della Lega e del centrodestra“. Sulle prossime elezioni regionali il leader leghista si è poi detto sicuro di vincere ovunque: “La sinistra è contro le piazze perché hanno capito che se ci vanno loro in piazza raccolgono pomodori. Si alleano Pd e M5S? Ci sarà più gusto vincere battendoli insieme tutti e due in una volta sola“. Auspicando poi di arrivare a costituire “alleanze ampie, allargate anche a liste civiche”.

Frecciata poi a Berlusconi: “Chiede una coalizione moderata? Che vuol dire moderato? Anche Conte è moderato. Se con moderazione provi a tornare alla legge Fornero non ti faccio moderatamente uscire dal Parlamento“. E duro attacco al M5S: “Mi metto nei panni dell’elettore Cinque Stelle. E’ partito dalla rivoluzione per arrivare a Gentiloni. Mi fanno pena”. Salvini ha detto inoltre di temere le mire del Pd e i giochetti di Renzi: “Si sono già spartiti i prossimi 3 presidenti della Repubblica. Mi piacerebbe un presidente della Repubblica eletto dagli italiani. Occorre i numeri però per cambiare la Costituzione. Una parlamentare eletta col centrodestra è passata con Renzi? A me queste persone provocano disgusto, mi fanno schifo. Questi sono ladri di voti e di democrazia”. Mentre “Renzi è uno che non conosce dignità, di quello che fa non mi frega nulla. Avrà telefonato a Conte dicendo “Giuseppi” stai sereno”.

Poi il leader della Lega si è detto sicurissimo che “sulla Russia non verrà fuori niente. Io ritengo Putin e Trump grandi uomini di stato, senza che nessuno mi abbia pagato per pensarlo. Non so se Trump sa che dietro “Giuseppi” Conte ci sono Boldrini, Fratoianni etc.”. Salvini è infine tornato a tuonare contro Pd e M5S: “Non sanno di aver perso, hanno vinto solo dentro il palazzo. Ci rivediamo qua l’anno prossimo e sono sicuro che noi saremo molto più forti. Loro avranno perso quello che gli rimane della loro credibilità e della loro dignità”.

Massimo D'Alema e Davide Casaleggio, il retroscena che spiega come è nato il governo Pd-M5s



Una insospettabile rete dietro l'inciucio Pd-M5s. Sarebbe stato Massimo D'Alema a mettere in contatto Davide Casaleggio con Nicola Zingaretti, dando il "La" al ribaltone anti-Salvini. A sostenerlo, in un retroscena dettagliatissimo, è Ilario Lombardo su La Stampa, riferendo di "contatti" tra l'ex premier e il figlio del fondatore del Movimento, forse addirittura di una cena.

Accade tutto tra agosto e settembre, ma a leggere i nomi dei protagonisti viene il dubbio che il piano in realtà possa essere aver preso forma già qualche tempo addietro.

Casaleggio e D'Alema sono soltanto l'iceberg di un network composito fatto di politici, imprenditori, una Onlus attiva con i migranti e soprattutto di interessi comuni. Il frutto finale di questa manovra, non casuale, è Roberto Speranza (uomo di Baffino, come lui in LeU) ministro della Salute dopo che D'Alema aveva provato a mettere le mani sull'Ambiente (Beppe Grillo ha imposto la conferma di Costa). Il suo vice è invece il senatore M5s Pierpaolo Sileri, presidente della Commissione Sanità.

Coincidenza vuole, ricorda la Stampa, che Sileri sia molto vicino a un imprenditore, Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi group, azienda di Roma con sede a Tirana, in Albania, nata per dare tutela ai medici specializzandi e ora attiva nel settore tech con grandi interessi sulla blockchain, il sistema di sicurezza delle transazioni informatiche su cui anche la Casaleggio Associati lavora da tempo. Tortorella, insiste Lombardo, è anche grande amico di D'Alema, di cui ha visitato l'azienda vinicola in Umbria.

A unirli è anche l'università Link, maltese, la cui sede romana è stata fondata dall'ex ministro Dc Enzo Scotti, centro di formazione di tanti ministri e sottosegretari grillini. Alla Link insegna anche D'Alema (Relazioni internazionali) e un giorno partecipa alla presentazione, all'ateneo, di un libro di Tortorella.

In platea ci sono anche Michela De Biase (consigliera regionale Pd e moglie di Dario Franceschini, oggi ministro giallorosso) e il senatore Sileri. Tutti questi nomi, la butta lì la Stampa, "ritornano anche nella onlus Sanità di Frontiera", associazione che si occupa di promuovere la difesa della salute di "soggetti vulnerabili e discriminati, quali minori, donne e migranti" e di cui D'Alema è diventato presidente da qualche giorno. "Tra i partner c'è anche Consulcesi Group, Tortorella fa parte del consiglio direttivo.

Ne era membro anche la De Biase mentre Sileri ci è entrato da ex componente del comitato scientifico". In questo quadro, il fatto che il premier Giuseppe Conte abbia partecipato alla festa di Articolo 1 di D'Alema stupisce, sì, ma molto meno di quanto dovrebbe.

M5$, Pronta la Divisione. Ecco la conferma e tutti i nomi in gioco



E ora anche i Cinquestelle si scindono. Per osmosi. Forse. Le cronache parlamentari riportano la notizia di una suggestione che attraversa i grillini. Cioè, fare come Matteo Renzi, che ha lasciato il Pd per farsi Italia Viva, un partito tutto suo.

Ci sarebbe una pattuglia di deputati 5s tentati da questo percorso. Ne scrive il Messaggero, in un resoconto in cui si elencano anche i nomi degli scissionisti. È un fritto misto: ci sono un po' di ex ministri trombati, dirigenti delusi perché esclusi dalle nomine, esponenti dell' area vicina al presidente della Camera Roberto Fico, che in realtà dovrebbero essere felici per l'accordo con i dem, partito a loro ideologicamente più affine della Lega. E invece no.

L'articolo, firmato da Mario Ajello, cronista parlamentare sempre ben informato, tira in ballo, tra gli altri, Barbara Lezzi, Carla Ruocco, Nicola Morra, Massimo Misiti, Giuseppe Brescia, Luigi Gallo, Mattia Fantinati, addirittura il capogruppo 5s a Montecitorio Francesco D'Uva. L' intenzione sarebbe quella di costituire una quarta gamba della maggioranza, uguale e contraria a quella renziana. Per tenerlo a bada. Però c' è anche una motivazione interna. L' onnipotenza di Luigi Di Maio non è più tollerata da molti e questa non è una notizia. Allora il dissenso diffuso potrebbe incanalarsi e prendere la forma di un Movimento bis, con l' obiettivo di ritrovare lo spirito scamiciato delle origini.

L'articolo del quotidiano romano comunque fa impazzire i grillini. Alle sette del mattino, quando i quotidiani ancora odorano di inchiostro, già mandano la smentita: «È clamorosamente inventato il retroscena pubblicato sul Messaggero. Una totale invenzione del giornalista che ipotizza una scissione nel gruppo parlamentare M5S con tanto di elenco di nostri portavoce che vorrebbero lasciare il Movimento. Ancora una volta ci ritroviamo a dover smentire una fake news che mira a disinformare i cittadini e screditare il MoVimento».

Il Messaggero conferma la notizia. L'articolo, fa sapere il quotidiano romano, «è frutto di una verifica con più fonti, anche le più qualificate, del Movimento stesso». Ma questo non frena la veemenza grillina: «Abbiamo capito che dopo i renziani e i Thegiornalisti la scissione va di moda, ma in questo caso è una notizia totalmente infondata». Così scrive il Blog delle Stelle.

Cosa c'è di vero? Sicuramente il malessere nel Movimento è un fatto. La sete di vendetta verso Matteo Salvini, la fretta di togliergli il ministero dell' Interno, ha spinto i grillini a sottovalutare l'impatto negativo che un'alleanza con il Pd poteva avere sul proprio elettorato. Ma anche sui quadri locali. In Umbria, per esempio, è in corso una rivolta interna contro l'ipotesi di un patto civico per correre insieme ai dem alle Regionali. Oggi l'ultima parola toccherà a Rousseau.

A placare gli animi non aiutano le uscite di Alessandro Di Battista. Che si mette alla testa dell'ala anti-Pd, dicendo che lui, l'accordo giallorosso, non l'avrebbe mai fatto. «Non vi fidate del Pd derenzizzato, Renzi ci ha lasciato dentro decine di pali, non è affatto andato via». Ma per l'ex deputato M5s bisognerà stare attenti anche alle «smielate parole» di Dario Franceschini. E ai veri propositi dei dem, come sulle concessioni autostradali. «Ho sempre reputato il Pd il partito del sistema per eccellenza, quindi il più pericoloso». Però, conclude, «non voglio destabilizzare nulla e nessuno». Figurarsi se voleva picconare .

Le parole di Di Battista fanno proseliti. Il sottosegretario ai Rapporti col Parlamento, Gianluca Castaldi, concorda: «Farei un post identico, cambiando solo l' ultimo passaggio: io da dentro farò le mie battaglie». Anche Nicola Morra, presidente dell' Antimafia, applaude: «Concordo, siamo al governo con il partito più ipocrita della storia d' Italia» ma, ricorda a Dibba, «abbiamo deciso di sporcarci le mani e ce le siamo già sporcate con la Lega». Il Pd si offende: «Consiglierei al premier Conte e al ministro di Maio di tenere a bada i deliri di Di Battista», ammonisce Andrea Marcucci.

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