venerdì 20 settembre 2019

Sempre peggio in Gran Bretagna e legale mangiare cani e gatti per non offendere altre culture”


È di ieri la notizia della bocciatura, da parte del Ministero della Giustizia del Regno Unito, del disegno di legge volto a bandire completamente il consumo di carne di cani e gatti sul terreno britannico.

Michael Gove, ex segretario del Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali, è l’uomo che durante l’ estate ha spinto per l’approvazione del divieto e che ieri ha esternato la sua delusione in merito alla decisione del Ministero coinvolto, soprattutto per le motivazioni addotte.

Il Ministero ha infatti bloccato la mozione perché ritenuta “culturalmente offensiva” nei confronti delle popolazioni dell’Estremo Oriente: in diverse regioni della Cina, ma anche nelle Filippine, in Indonesia, in Tailandia, nel Laos, in Vietnam o in Cambogia, la carne di cane è considerata una vera e propria leccornia e le vengono attribuite anche caratteristiche mediche di dubbia veridicità.

Si tratta di un traffico stimato in trenta milioni di cani macellati ogni anno, principalmente animali catturati per la strada: in Cina, ad esempio, nonostante non sia illegale il consumo di carne di cane, non esistono normative in merito all’allevamento e alla filiera, il che si traduce in una completa assenza di regolamentazione, anche da un punto di vista sanitario.

Tra i sostenitori del divieto, anche il conservatore Giles Watling ha protestato contro la motivazione fornita: “Il Ministero ha detto che è irrispettoso delle altre culture dire loro cosa devono o non devono mangiare. Ma noi non mangiamo i cani, sono nostri amici, sono i nostri animali da compagnia, e non stiamo dettando regole per altre nazioni: stiamo soltanto affermando quel che si può e non si può fare nella nostra nazione”.

Eppure, evidentemente, il politicamente corretto ormai è la priorità assoluta nel Regno Unito: in un mondo dove i cani sono al contempo creature che hanno pressoché sostituito i figli per molti adulti e semplice carne da macello, viene spontaneo chiedersi se un domani si legifererà anche a favore delle spose bambine o dei matrimoni combinati, per non offendere i miliziani dell’Isis.

Luigi Di Maio, diktat al Pd: "Taglio parlamentari entro la metà di ottobre. Il governo? Non lo volevo"


Un governo che non esiste. Sotto attacco da parte di Matteo Renzi e, ora e soprattutto, anche da parte di Luigi Di Maio, il quale ha scritto una pesantissima lettera pubblicata sul Blog delle Stelle. Missiva in cui sì lancia il "Patto Civico" in Umbria, ma avverte anche il Pd su quale debba essere il futuro dell'esecutivo.

In premessa, Di Maio prende di fatto le distanze da questo governo, rispondendo in modo indiretto alle critiche della vigilia di Alessandra Di Battista: "Insieme, abbiamo gestito la nascita del governo con il Pd, ascoltando tutti. Non è una novità che io fossi quello più scettico. Ma questa ipotesi di governo ha ricevuto il record di sempre di voti sulla piattaforma Rousseau, ha anche il pieno sostegno di Beppe Grillo che ci ha riunito ad agosto per condividere questo percorso insieme a tante persone che sono pilastri del MoVimento e che hanno dato il loro sostegno in diverse occasioni, e ha ricevuto l'ok del 99% del gruppo parlamentare". Insomma, fosse stato per Di Maio, il governo giallorosso, non sarebbe dovuto nascere.

La replica a Di Battista, pur senza mai citarlo, si fa poi più esplicita. Replica che serve però a mettere subito alle strette i democratici: "Qualcun altro dice: non vi fidate del Pd, attenti, non fatevi fregare". Io dico a tutti: la fiducia si dimostra! E in questo caso alla prova dei voti in Parlamento. E la prima prova di questo Governo è il taglio dei parlamentari. Va fatto nelle prime due settimane di ottobre". Altrimenti, s'intende, la parabola di questo esecutivo può considerarsi già esaurita. Ma non è finita. Di Maio detta l'agenda del Conte-bis, e prosegue: Il minimo sindacale è evitare l'aumento dell'Iva. Si rischiava che ogni famiglia pagasse circa 540 euro in più l'anno prossimo. E poi c'è tanto da fare nella stessa legge: dobbiamo dare ai lavoratori un salario minimo e abbassare le tasse. Altrimenti che cavolo ci stiamo a fare al governo?", s'interroga.

Parole durissime, insomma, contro quel governo appena nato e di cui fa parte con il ruolo decisivo di capo politico del partito di maggioranza relativa. Dure, infine, anche le parole contro Matteo Salvini. Sulla rottura con la Lega, Giggino scrive: "È stato difficile cambiare coalizione di governo in una estate, lo ammetto. È stata durissima non vedere riconfermati alcuni dei nostri ministri, è stato difficilissimo creare un programma in pochi giorni, per me non è stato semplice per nulla ed è per questo che alzavo la voce sui venti punti del programma. Punti che parlavano di ambiente, di giustizia sociale, di economia sostenibile", ha concluso Luigi Di Maio.

In 72 ore i trafficanti di Ocean Viking ha recuperato 218 clandestini: ora chiedono un porto sicuro all’Italia


Dai 109 di martedì ai 218 di oggi. Esattamente il doppio. Su Twitter, la nave ong Ocean Viking aggiorna di ora in ora il conto dei migranti salvati nel Mediterraneo nella nuova spedizione dopo quella culminata qualche giorno fa con lo sbarco a Lampedusa. “L’ultima operazione, coordinata dalle autorità marittime maltesi, porta a 218 il numero totale di superstiti a bordo”, comunica l’imbarcazione di proprietà di Sos Mediterranée e Medico senza Frontiere.

L’altra volta, erano stati “solo” 82 i migranti a essere sbarcati sulle coste italiane e poi ricollocati in alcuni Paesi europei. Oggi, invece,, il loro numero è decisamente più alto. Portando con sé un’aria di tempesta. Infatti, nel giro di appena 72 ore, la situazione a bordo della Ocean Viking è letteralmente esplosa.

Dopo essere tornata nel Mediterraneo centrale per riprendere le operazioni di ricerca e soccorso, la nave ha effettuato vari interventi al largo delle coste libiche per salvare centinaia di naufraghi in difficoltà. Il numero di “ospiti” a bordo è cresciuto lentamente e irreversibilmente. La mattina del 17 settembre la ong aveva fatto sapere di avere soccorso 48 persone.

Qualche ora dopo, altri 61 migranti trovati su un gommone in difficoltà. Portati a bordo, i medici della ong hanno dovuto curare alcune di loro per avere inalato del carburante. La situazione, per qualche ora, si è stabilizzata. Le autorità marittime libiche hanno concesso alla Ocean Viking il porto di Khoms, ma per la Ong “la Libia non è un porto sicuro, come più volte stabilito dall’Unhcr. Abbiamo chiesto un altro porto”, avevano fatto sapere su Twitter Sos Mediterranée e Medici senza Frontiere.

I giallorossi sono già ai diktat, Di Maio al PD: “A metà ottobre taglio dei parlamentari. Il governo? Non lo volevo”


Un governo che non esiste. Sotto attacco da parte di Matteo Renzi e, ora e soprattutto, anche da parte di Luigi Di Maio, il quale ha scritto una pesantissima lettera pubblicata sul Blog delle Stelle. Missiva in cui sì lancia il “Patto Civico” in Umbria, ma avverte anche il Pd su quale debba essere il futuro dell’esecutivo.

In premessa, Di Maio prende di fatto le distanze da questo governo, rispondendo in modo indiretto alle critiche della vigilia di Alessandra Di Battista: “Insieme, abbiamo gestito la nascita del governo con il Pd, ascoltando tutti. Non è una novità che io fossi quello più scettico.

Ma questa ipotesi di governo ha ricevuto il record di sempre di voti sulla piattaforma Rousseau, ha anche il pieno sostegno di Beppe Grillo che ci ha riunito ad agosto per condividere questo percorso insieme a tante persone che sono pilastri del MoVimento e che hanno dato il loro sostegno in diverse occasioni, e ha ricevuto l’ok del 99% del gruppo parlamentare”. Insomma, fosse stato per Di Maio, il governo giallorosso, non sarebbe dovuto nascere.

La replica a Di Battista, pur senza mai citarlo, si fa poi più esplicita. Replica che serve però a mettere subito alle strette i democratici: “Qualcun altro dice: non vi fidate del Pd, attenti, non fatevi fregare“. Io dico a tutti: la fiducia si dimostra! E in questo caso alla prova dei voti in Parlamento. E la prima prova di questo Governo è il taglio dei parlamentari.

Va fatto nelle prime due settimane di ottobre“. Altrimenti, s’intende, la parabola di questo esecutivo può considerarsi già esaurita. Ma non è finita. Di Maio detta l’agenda del Conte-bis, e prosegue: Il minimo sindacale è evitare l’aumento dell’Iva. Si rischiava che ogni famiglia pagasse circa 540 euro in più l’anno prossimo.

E poi c’è tanto da fare nella stessa legge: dobbiamo dare ai lavoratori un salario minimo e abbassare le tasse. Altrimenti che cavolo ci stiamo a fare al governo?”, s’interroga. Parole durissime, insomma, contro quel governo appena nato e di cui fa parte con il ruolo decisivo di capo politico del partito di maggioranza relativa. Dure, infine, anche le parole contro Matteo Salvini. Sulla rottura con la Lega, Giggino scrive: “È stato difficile cambiare coalizione di governo in una estate, lo ammetto.

È stata durissima non vedere riconfermati alcuni dei nostri ministri, è stato difficilissimo creare un programma in pochi giorni, per me non è stato semplice per nulla ed è per questo che alzavo la voce sui venti punti del programma. Punti che parlavano di ambiente, di giustizia sociale, di economia sostenibile”, ha concluso Luigi Di Maio.

“Ora parliamo del sindaco PD di Bibbiano”: Borgonovo asfalta Boldrini che rimane pietrificata


Uno scontro durissimo quello tra Laura Boldrini e Francesco Borgonovo a Piazza Pulita, condotta da Corrado Formigli su La7. L’ex presidente della Camera, recitando sempre lo stesso copione, attacca Matteo Salvini perché «non ha preso le distanze da Savoini» sul caso Russiagate.

Ma il giornalista replica in diretta: «Dirò una cosa populista, ma come il Pd non ha preso distanze da vicende orribili che accadono da mesi in Emilia Romagna…». Il riferimento a Bibbiano manda in tilt la Boldrini. Prima resta quasi a bocca aperta, sembra pietrificata.

Poi tenta una difesa del Pd, «ha chiarito, non è coinvolto». E Borgonovo le risponde con un secco «ma come non è coinvolto». Per quella orribile vicenda dei bambini tolti alle famiglie, «è indagato anche un sindaco del Pd». La Boldrini viene saltata dal suono del gong.
Non solo Piazza Pulita, innumerevoli gli scontri
La Boldrini soffre di “salvinite”. Numerosi gli attacchi al leader della Lega (puntualmente rispediti al mittente). Ultimamente ecco cosa ha scritto su Twitter rivolta a Salvini: «Non sono mai stata al governo e non tratto poltrone.

Ma, poi, di poltrone proprio tu parli? Sei da 26 anni in politica a fare inciuci, da sempre mantenuto coi soldi degli italiani. Comunque hai l’aria stanca e poco lucida, prova a chiudere Facebook e a farti una passeggiata». Precedentemente lo stesso Salvini era andato all’attacco.

«Non possiamo, senza una insopportabile contraddizione, offrire servizi di lusso ai turisti, e poi trattare in modo a volte inaccettabile i migranti che giungono in Italia. Così ha parlato Laura Boldrini. Quindi hotel di lusso per tutti i clandestini? Boldrini clandestina: è una vergogna per l’Italia».

Conte dai “compagni” di LeU getta la maschera: “Sono sempre stato contrario alla politica dei porti chiusi”


Roma, 20 set – Il premier Giuseppe Conte, ospite della festa di Articolo 1 (i “compagni” di LeU), ci tiene a precisare che è sempre stato contrario alla politica dei porti chiusi del precedente governo (sempre da lui presieduto).

“Quando ho parlato di immigrazione non ho mai accettato la formula riduttiva di ‘porti aperti e porti chiusi’ e ho sempre ragionato di rispetto dei diritti fondamentali”. Così Conte, intervistato ieri da Enrico Mentana sul palco di “#Unica” a Roma.

Insomma, a sentire il premier, l’azione di governo impostata sulla linea dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, per cui i porti erano chiusi all’immigrazione irregolare e alle navi Ong, l’ex “avvocato del popolo” l’avrebbe accettata obtorto collo, perché lui è per l’accoglienza. Una spiegazione plausibile visto che poco dopo Conte si è detto fiducioso dei rapporti con il Pd e che si trova bene nella nuova maggioranza giallofucsia.

Un ritorno a casa (più a sinistra), insomma. Infatti, alla domanda se il governo che presiede può definirsi di centro-sinistra, Conte risponde: “Diciamo che è un governo, di movimento di centro-sinistra. Lo dico per rispetto al Movimento (il M5S, ndr), che è proiettato in termini post-ideologici, non è un partito ed è un movimento”.
“Della scissione di Renzi mi hanno sorpreso i tempi”
Della scissione dal Pd, il presidente del Consiglio riconosce che “era nell’aria, se n’era parlato. Mi hanno sorpreso i tempi, e l’ho detto francamente a Renzi. Nel momento in cui un presidente incaricato in riserva deve scioglierla è bene che abbia piena contezza di come si predispongono le forze di governo. Se avessi saputo della decisione, lo dico anche nell’interesse del gruppo che si è formato, avrei preteso e voluto un’interlocuzione diretta con il gruppo stesso”, spiega il premier assicurando però che “non è venuta meno la sostenibilità del progetto” di governo.

Questo forse perché Conte si fida di Renzi quando dice che continuerà a sostenerlo, con i voti di Italia Viva in Senato (senza i quali il governo resterebbe senza maggioranza). Oppure perché sa che ora il patto è che il suo esecutivo non deve proporre nulla che non sia di gradimento dell’ex segretario del Pd. Per cui, in risposta alle accuse di Di Battista, dice: “Io mi fido del Pd perché è una forza che responsabilmente ha deciso di sostenere questa esperienza del governo”.
“Ora con la Ue approccio più coerente”
Con l’addio di Salvini, Conte spiega che l’Italia ha recuperato i buoni rapporti con la Ue. “I rapporti personali sono sempre stati buoni – chiarisce il premier -. Prima chiedevo cortesie personali mentre l’Italia chiedeva solo per sé, oggi si mette tutto in discussione secondo l’approccio Ue. C’è un approccio sistemico, più coerente”.

E sul fronte dell’immigrazione, “oggi la ridistribuzione europea ci viene assicurata subito. Prima passavo le mie giornate a fare telefonate a chiedere cortesie personali, oggi chiedo quello che deve essere fatto per l’Italia”. Insomma, secondo il premier ora l’Italia otterrà giustizia sul fronte della ridistribuzione degli immigrati perché è tornata a rispettare i dettami Ue.

Strane coincidenze: Macron incontra Conte e la procura archivia le inchieste sui respingimenti illegali francesi


Con la riedizione del governo Conte in salsa giallorossa, i rapporti tra Roma e Parigi sembrano più distesi che mai. Il segno plastico di questa inversione di rotta è tutto racchiuso in una stretta di mano al Palazzo Chigi che non è mai stata così amichevole.

Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron, che si sono incontrati oggi, sembra abbiano messo da parte ogni ruggine nel nome di un presunto rilancio dell’Europa. Il presidente francese ha parlato di “amicizia indistruttibile” con l’Italia e Conte gli ha fatto eco definendo quella odierna “un’apertura mai avuta prima”.

Un quadretto perfetto e molto distante da quello che si delineava quasi un anno fa. Erano i giorni in cui in Valle di Susa, a Claviere, ultimo avamposto italiano prima del confine francese, un gruppo di migranti venivano scaricati da un’auto della Gendarmerie e invitati a disperdersi nei boschi. Un fatto che l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini definì come “un’offesa senza precedenti al nostro Paese”. Qualche mese dopo, invece, destò clamore e indignazione un altro accadimento: l’irruzione dei doganieri francesi alla stazione di Barondecchia. Lì dove operava la Ong “Rainbow for Africa”. In quell’occasione i transalpini hanno effettuato dei controlli di polizia non autorizzati su un migrante. Da questi avvenimenti sono nate due inchieste.

È di oggi la notiza che la nostra magistratura le ha entrambe archiviate. Un tempismo che non è sfuggito a chi in quelle settimana ci ha messo la faccia per denunciare. Stiamo parlando di Augusta Montaruli e Maurizio Marrone, rispettivamente deputata e capogruppo in Regione Piemonte di Fratelli d’Italia, secondo cui questa sarebbe l’ennesimo schiaffo alla sovranità del Paese. “Proprio nel giorno dell’incontro tra Conte e Macron – denunciano i due – la Procura di Torino annuncia l’archiviazione dei procedimenti penali avviati contro gendarmi e doganieri francesi responsabili di respingimenti illegittimi di immigrati in Italia e operazioni di polizia non autorizzate sul nostro territorio presso la stazione ferroviaria di Bardonecchia”.

Una mossa che, secondo i due, rischia di riportare in auge la prassi del “respingimento selvaggio da parte delle autorità francesi, con immigrati di nuovo abbandonati nei boschi e nelle statali dei paesi italiani di frontiera, con l’inverno alle porte tra l’altro”. E per andare a fondo sulla questione, fanno sapere, “presenteremo un’interrogazione parlamentare” e “un ordine del giorno in Consiglio Regionale del Piemonte affinché la Regione presenti formalmente opposizione all’archiviazione, a tutela dei suoi confini per impedire che le montagne piemontesi diventino un campo profughi grazie all’arroganza francese”.

Conte alla festa (farsa) con D’Alema confessa: “Sono un uomo di sinistra. Mi fido del PD. Mai più con la Lega”


Giuseppe Conte arriva alla festa di Articolo 1 e trova un Massimo D’Alema sorridente e amichevole ad accoglierlo.

 Il suo intervento, sollecitato dalle domande di Enrico Mentana, è tutto politico. Inevitabile un commento sulla scissione renziana: la mossa di Matteo Renzi “era un po’ nell’aria” ma “mi hanno sorpreso i tempi, l’ho detto francamente a Renzi nella telefonata che mi ha fatto.

 E’ bene che un presidente incaricato abbia piena contezza. Se avessi saputo che era una decisione concreta, avrei io stesso preteso una interlocuzione diretta con gli esponenti di questo gruppo”.

Conte conferma tutta l’acredine già mostrata in Parlamento contro Matteo Salvini e ribadisce che il suo “no” alla lega vale all’infinito: “Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto: ‘assolutamente no’ perché per me quell’esperienza politica era chiusa”.

Poi spiega che Salvini non lo ha più sentito. “Io faccio il mio lavoro, lui faccia il suo”.

Gli elogi sono tutti per il Pd, che gli consente di governare in un clima che il premier definisce ottimo e privo di personalismi: “Io mi fido del Pd, perché è una forza che responsabilmente ha deciso di partecipare a questo governo per il bene del Paese”.

 Una fiducia, quella verso il Pd, che lo porta a definirsi di sinistra, completando così la sua metamorfosi: “Sono stato sempre molto attento per formazione civica alla vita politica, la mia formazione è di sinistra nel cattolicesimo democratico”.

Anche sulla questione migranti, infine, concede qualcosa alla platea che lo sta ascoltando: non vedo le Ong, afferma, come nemici del popolo. E a quel punto gli applausi se li è meritati tutti.

Inciucio PD-M5S in Umbria, militanti grillini umbri in rivolta: “Siamo pronti alle dimissioni di massa”


Clima incandescente in Umbria per i grillini. M5S in rivolta dopo la mano tesa da Luigi Di Maio al Pd per un “patto civico” in vista delle regionali del 27 ottobre. A pochi giorni dal termine ultimo per la presentazione delle firme, nella chat dei “portavoce” umbri – visionata dall’Adnkronos – spunta addirittura l’idea di dimissioni in massa di tutti gli eletti.

Dopo la rabbia degli elettori, quella dei vertici. A lanciarla, il senatore Stefano Lucidi. «Se avessi in mano 33 lettere di dimissioni potenziali di tutti i portavoce, forse qualche info riuscirei ad ottenerla», scrive il pentastellato, Risponde a chi chiede di alzare la voce per farsi sentire dai vertici. La proposta, che suona come una provocazione, trova l’immediata adesione di Marco Gasperi, consigliere al Comune di Città di Castello. «Per me firmala tranquillamente», fa sapere.
La chat lo dimostra, M5S in rivolta
Non manca chi prende le difese del leader M5S, come il consigliere di Gubbio Rodolfo Rughi: «Massima fiducia in Di Maio». Dalla chat emerge però il malumore diffuso che accomuna i portavoce di tutti i livelli, nazionali, regionali e comunali. «Quindi ci facciamo usare per i loro ca… – scrive la deputata Tiziana Ciprini riferendosi alla trattativa con il Pd – avanti tutta che dal 27 torniamo allo zero virgola».

Giudizi severissimi sulla eventuale candidatura a presidente di Andrea Fora, il nome civico scelto dal Pd prima di aprire il dialogo con i grillini e sul quale sembra esserci anche il veto dei vertici M5S. «È stato scelto a tavolino – accusa, puntando il dito contro i dem, il deputato Filippo Gallinella – senza condivisione ed essendo vicino agli ambienti cattolici pensano che possa portare via qualche voto al centro. L’hanno scelto Verini e la Sereni… e ho detto tutto».
“I tempi sono stretti, bisogna accelerare”
Intanto aleggia, fortissimo, il timore di non riuscire a presentare in tempo la lista: «Stiamo allo stadio meno uno». Tanto che lo stesso Lucidi chiede che fare in caso di mancata presentazione delle liste: «È chiaro che arriveremo al punto in cui sarà troppo tardi», profetizza.

Qualcuno cerca di sdrammatizzare: «Festa coi soldi risparmiati della campagna elettorale dal titolo VaffaDay4», scherza Gallinella. Ed è sempre lui a ironizzare sulla scelta del candidato presidente. A un eletto che fa il nome dell’attrice Monica Bellucci, originaria di Città di Castello, risponde: «Penso l’abbiano chiamata ma la diaria regionale è troppo bassa».
“La rivoluzione gentile è una pagliacciata”
Ma in questo clima teso la voglia di scherzare è poca. Pochi giorni «per la consegna firme e noi siamo lì a mendicare “un nome pulito” ma se dietro c’è una montagna di merda chi se ne frega! – scrive il consigliere comunale di Corciano Mario Ripepi – la rivoluzione gentile è diventata una pagliacciata, ci stiamo rendendo ridicoli al mondo. Senza identità e senza dignità non avremo scampo, anche se il voto lo rimanderemo all’infinito. Al massimo potremo restare ago della bilancia, come minimo uno dei tanti partiti messi lì in un angolo».

Non ci sono dubbi, M5S in rivolta, i vertici non vogliono sentir ragioni. È sempre Ripepi a sferrare un duro attacco sul presunto mancato coinvolgimento dei portavoce nelle scelte dei vertici: «Mi fa specie – scrive – che quattro parlamentari ed oggi un sottosegretario umbri non hanno accesso alle informazioni e non possono nemmeno chiederne ed avvicinarsi a Di Maio. A 9 giorni dalla consegna firme. Ma che roba è questa? Dove siamo finiti?». «Purtroppo qui funziona che chi strilla di più e chi minaccia ottiene delle cose. Vedi presidenze di Commissione Gallo e Morra ma anche ministeri, vedi Castelli e sottosegretari», risponde Lucidi.

Poche ore dopo è lo stesso Lucidi ad aggiornare gli altri portavoce umbri, informandoli di un confronto con lo staff di Di Maio: «Stavolta ci siamo incazzati», assicura. Ma il chiarimento non è sufficiente a placare la tensione, che resta alle stelle. Al punto che una consigliera chiede: «Noi dobbiamo metterci la faccia senza sapere chi sarà il candidato presidente della coalizione e chi sarà in lista? Sempre se si farà». «Purtroppo è così», la replica di Lucidi, che raccoglie un ironico «complimenti».

Indagato il fondatore di Open Alberto Bianchi: ha finanziato Matteo Renzi con ben 6,6 milioni di euro


L’avvocato Alberto Bianchi è indagato dalla procura di Firenze. Secondo fonti giudiziarie sentite dall’agenzia Agi, il 65enne presidente della Fondazione Open, che negli anni passati ha finanziato anche la Leopolda di Matteo Renzi è finito nei guai per “traffico d’influenze illecite” per prestazioni professionali che secondo il suo legale, Antonio D’Avirro, “sono perfettamente legittime”.

 Ieri, però, il procuratore aggiunto Luca Turco ha fatto perquisire lo studio di Firenze per acquisire materiale informatico e diversi faldoni di documenti. “Il mio assistito – ha assicurato D’Avirro – ha messo a disposizione degli inquirenti quanto richiesto: chiarirà al più presto questa vicenda che lo sta profondamente amareggiando”.

Quella dellla bufera giudiziaria su Bianchi è anche, di riflesso, una tegola mediatica “rognosa” per Renzi, proprio perché si infila nel bel mezzo del lancio del partito politico “Italia Viva”.

Open è il think tank renziano che, dal 2012 alla sua recente chiusura, ha raccolto ben 6,6 milioni di euro. Fondi che venivano usati anche per finanziare la Leopolda, il convegno politico ideato da Renzi e Giuseppe Civati nel 2010 e che tuttora si tiene nell’ex stazione di Porta al Prato.

Migranti, gli “affaristi” del Vaticano plaudono ai giallorossi: “Finalmente alle spalle le visioni sovraniste”


C’è soddisfazione in Vaticano dopo il summit tra il presidente Giuseppe Conte e l’inquilino dell’Eliseo Emmanuel Macron. Per l’Osservatore Romano, infatti, l’aria è già cambiata. E in senso positivo. Tanto che, all’interno del commento post incontro, si trova scritto che c’è qualcosa di “evidente”. Un cambiamento ritenuto neccessario. Ossia la “volontà di lasciarsi alle spalle prese di posizione sovraniste”.

Niente più chiusure di sorta, insomma. E, soprattuto, freschezza dialettica tra il Belpaese e il partner transalpino. Soprattutto in materia di accoglienza e immigrazione. Sempre il quotidiano edito dalla Segreteria per la Comunicazione dell Santa Sede, stanto pure a quanto si apprende sull’Adnkronos, ha argomentato in modo più approfondito, rimarcando come “Conte” abbia posto il tema dei migranti al centro delle priorità.

Ma in che modo? Bisogna che il dibattito su questo ambito esca dalla “propaganda anche antieuropea”, ha affermato il presidente del Consiglio, che è tornato quindi su posizioni meno euroscettiche. E il quotidiano vicino al Vaticano non sembra disdegnare. Non è difficile notare, infatti, come l’approccio, dopo la crisi dei gialloverdi innescata da Matteo Salvini e la conseguente nascita dell’esecutivo giallorosso, sia mutato. Giuseppe Conte, adesso, dialoga bene con i cugini d’Oltralpe e con l’inquilino dell’Eliseo.

 Dalle parti di piazza San Pietro hanno rilanciato sul fatto che, quasi come per dire “finalmente”, ora ci siano “visioni più conciliabili in tema di migranti tra Francia e Italia”. Le polemiche sulla gestione dei fenomemi migratori possono essere dimenticate, quindi. Perché il “cambio di rotta” di Giuseppe Conte convince alcuni ambiti ecclesiastici o comunque vicini alla Chiesa cattolica.

Il piano pragmatico, poi, è interessato a sua volta da questa svolta. Tanto che il giornale in oggetto parla pure di un’ulteriore “evidenza”. Quella tesa a far sì che Italia e Francia inizino a concordare “un piano comune”. Il summit di La Valletta, che pure quest’anno sarà centrato sulle migrazioni, è alle porte. Così come L’Osservatore Romano ha segnalato.

L’occasione utile a mostrare al resto del Vecchio Continente come Francia e Italia vadano d’accordo, insomma, è imminente.

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