mercoledì 21 agosto 2019
Trenta getta la maschera e apre all’invasione: depotenziato già l’asse Difesa-Interni per contrastare gli scafisti
Mentre il Colle si prepara ad avviare le consultazioni, dietro le quinte vanno avanti le trattative tra 5 Stelle e Lega. La linea “rovente” tra dem e grillini non dà segni di tregua e il patto per l’inciucio potrebbe essere dietro l’angolo.
E i primi segnali di questa virata a sinistra da parte dei Cinque Stelle cominciano ad arrivare. A segnalarli è il ministro degli Interni, Matteo Salvini che segnala un cambiamento sull’operazione Mare Sicuro che arriva dal ministero della Difesa guidato dal ministro Elisabetta Trenta. “Sono le prime prove tecniche di inciucio Pd-5Stelle sulla pelle degli Italiani?“, afferma Salvini.
Poi lo stesso vicepremier spiega in cosa consiste questa inversione a u del ministro della Difesa: “Il ministero guidato da Elisabetta Trenta ha modificato unilateralmente i compiti affidati a coloro che intervengono nell’ambito delle operazioni di pattugliamento. Le nuove indicazioni operative (formalizzate ieri, le precedenti erano del 9 agosto scorso) per gli assetti militari in azione nel Mediterraneo centrale denotano un chirurgico ma significativo arretramento rispetto a quanto concordato per il contrasto dell’immigrazione clandestina“.
Le conseguenze di queste modifiche saranno evidenti sul fronte della gestione dei flussi migratori ed è proprio su questo punto che Salvini pone l’accento: “L’ impostazione depotenzia pesantemente alcune forme di collaborazione tra gli assetti militari e gli apparati dello Stato, in primis l’Interno, finalizzate all’azione di contrasto e di repressione nei confronti dei trafficanti di esseri umani e dei loro complici“. Insomma a quanto pare un nuovo governo giallorosso potrebbe porre le basi su una politica più morbida sul fronte dell’immigrazione. L’esatto contrario di quella portata avanti in questi 14 mesi di governo da Matteo Salvini.
Le scelte del Viminale, inoltre, sono state finora condivise dai Cinque Stelle e anche dal ministro Trenta che ha firmato i decreti voluti da Salvini. Salvo il cambio di rotta arrivato a Ferragosto sul caso Open Arms. Adesso, questa ultima mossa su Mare Sicuro, potrebbe definitivamente spegnere la possibilità di una “pax” tra 5s e Lega.
La questione migranti, come è noto, è quella su cui Salvini ha speso tutto il suo mandato da ministro. Un cambio di rotta su questo fronte seppellisce l’alleanza gialloverde per far spazio all’inciucio.
Sergio Mattarella, la rivelazione dell'amico Castagnetti: "Non c'è tempo per fare il governo Pd-M5s"
Secondo Matteo Salvini c'è solo il "10% di possibilità che si torni al voto subito". Probabile, molti la pensano così. Ma non è detto che Sergio Mattarella alla fine dia via libera al governo Pd-M5s.
Ne è convinto Pierluigi Castagnetti, uomo di centrosinistra e grande amico del presidente della Repubblica. Uno che ne ha vissute molte, tra Quirinale e Palazzo Chigi.
Intercettato da Augusto Minzolini, nel suo retroscena sul Giornale, si mostra pessimista al riguardo: "Io vorrei una legge elettorale proporzionale, ma per approvarla ci vuole un governo. Ed è difficile. Troppe le distanze tra il Pd e i grillini. Poco il tempo a disposizione per ridurle".
Il presidente della Repubblica, questo è certo, non concederà molto tempo: consultazioni-lampo entro 48 ore ed entro lunedì prossimo si aspetta il nome del possibile premier di un governo politico che dovrà in ogni caso essere "di lungo respiro", non certo una botta da 6 mesi e via. È in fondo questa la speranza di Salvini, anche se dietro l'angolo ci potrebbero essere altre brutte notizie: la priorità del Colle sono i conti, la manovra d'autunno, la sterilizzazione dell'Iva.
Prima dello scioglimento delle Camere e delle elezioni anticipate, difficile che il presidente non cali sia pure a malincuore l'asso del "governo istituzionale" o "del presidente", magari puramente "di scopo", piegando i più "responsabili" tra i partiti in Parlamento. E spesso "responsabilità" fa rima con "convenienza". Quella di rinviare il voto al più possibile.
Matteo Salvini e la crisi "nata in Europa". Gira una voce inquietante: altro complotto contro l'Italia
Una crisi "nata in Europa". Ne è convinto Matteo Salvini, che fissa la data d'inizio della fine del governo nell'accordo a Strasburgo tra Giuseppe Conte, Pd e M5s (con l'aggiunta di Forza Italia) per votare Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue.
E non a caso nei giorni scorsi Romano Prodi e Pierferdinando Casini, due volponi democristiani, hanno rilanciato l'idea di un "governo Orsola" più o meno con stessi confini e geometrie per spedire Matteo Salvini e Giorgia Meloni all'opposizione.
Ma c'è qualcosa di più. Angela Mauro, cronista politica dell'HuffingtonPost diretto da Lucia Annunziata (testata non certo tacciabile di simpatie leghiste o sovraniste), intervenuta a Omnibus su La7 ha suggerito come da più fonti, comprese quelle della Lega, ci sia la certezza di pressioni ricevute dall'estero sui vari protagonisti politici.
Non solo, lo stesso Salvini si sarebbe convinto a staccare la spina a Ferragosto perché ormai reso consapevole da quelle stesse fonti della impossibilità di procedere con una manovra finanziaria espansiva in autunno.
"Addio flat tax, addio taglio delle tasse e rivoluzione fiscale, procedura di infrazione per eccesso di debito", spiega nel dettaglio la Mauro. Un cappio economico per gli italiani e un cappio politico per Salvini e la Lega, che sarebbero franati sotto il peso di una finanziaria lacrima e sangue indigeribile per il ceto produttivo del Nord e per gli elettori leghisti.
A questo elemento si aggiunga il tema dell'immigrazione, con "Conte a chiedere consigli ad Angela Merkel davanti a un caffè", come ha sarcasticamente notato Salvini nella sua replica a Conte in Senato. In fondo, che a Bruxelles, Strasburgo, Berlino e Parigi preferiscano un governo che apra i porti e chiuda i cordoni della borsa non è mistero.
Matteo Salvini fatto fuori dal Viminale, il vero obiettivo di M5s e Pd. Voto anticipato? Gioco sporco
Il primo accordo tra Pd e M5s è già stato raggiunto: rimuovere Matteo Salvini dal Viminale. "Un martirio, tutti contro di me", si è lamentato a tarda sera il leader della Lega e ministro degli Interni, e forse ha già capito che aria tira: l'obiettivo principale dell'inciucio, in attesa di capire se mai si farà un governo giallorosso (e nel caso quanto durerà) era quello di togliere dalle sue mani di ministro la gestione di eventuali elezioni anticipate.
Non a caso lo storico Luciano Canfora, di sinistra, ospite di Telese e Parenzo a In Onda martedì sera su La7 definiva come prioritario far fuori Salvini: "È impensabile lasciarlo ministro, sarebbe come lasciare Goering a gestire le elezioni poi vinte dai nazisti". Riferimento storico al 1933, con chiaro connotato politico. Con una nota nel tardo pomeriggio i 5 Stelle lo hanno invitato a dimettersi, "o hai paura?".
Lui resiste: "Fino all'ultimo, per guadagnarmi lo stipendio che mi pagano gli italiani e difendere i confini e la sovranità del mio Paese". Sul tavolo ci sono tante ipotesi, compresa quella del voto anticipato. Ma nel caso probabilmente Sergio Mattarella opterà per un "governo elettorale", di scopo. E Salvini non ci sarà.
Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, primo contatto telefonico. Il premier Pd-M5s: tre nomi da brividi
Facile "mandare a casa" Matteo Salvini, il duro per Pd e M5s arriva ora. Approfittato della crisi aperta da Matteo Salvini con eccessiva leggerezza, i dem iniziano ufficialmente la trattativa con i grillni per il governo "dell'inciucio".
Come riportato dalla Stampa, il segretario Nicola Zingaretti e il capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio si sono già sentiti telefonicamente nel giorno delle dimissioni ufficiali di Giuseppe Conte, per discutere sugli assetti della nuova maggioranza e, dettaglio non secondario, di chi sarà il nuovo premier. Nei 5 Stelle c'è la tentazione di chiedere un Conte-bis, ma sulla "discontinuità" (nomi, prima di programmi) i dem sono stati molto chiari. Si deve cambiare.
Dai 5 Stelle smentiscono che sia stato Di Maio a telefonare al leader dem, sottolineando come siano false le frasi a lui attribuite e come invece sia il Movimento a registrare "numerosi sollecitazioni da più parti".
Come dire: ci cercano loro. L'idea resta quella di fare un governo "di legislatura", che possa durare ben più della manciata di mesi necessaria a firmare la manovra e sterilizzare l'aumento dell'Iva (termini temporali fissati, con parole sibilline, dal grande burattinaio Matteo Renzi nel suo discorso al Senato). Ecco perché serviranno nomi pesanti, politici e di garanzia al tempo stesso.
Le carte sul tavolo? Roberto Fico, il grillino più vicino alla sinistra. Il magistrato Raffaele Cantone (il premier preferito da Marco Travaglio), e un "tecnico" come Enrico Giovannini, ex presidente Istat che certo non dispiacerebbe né al presidente Sergio Mattarella né ai mercati.
Vittorio Feltri, Salvini, Renzi, Grillo e la crisi: "A chi andrà il prossimo vaffa"
Ho sempre avuto simpatia e ammirazione per Beppe Grillo, geniale nelle sue trovate comiche talvolta irresistibili. Poi egli ha cambiato mestiere o, meglio, si è messo a farne due: continua a fare il giullare e, nel contempo, si occupa col medesimo stile di cosa pubblica.
Ha fondato una compagine, il Movimento 5 Stelle, pur non disponendo di alcuna stella, limitandosi a sfoggiare un discreto numero di personaggi raccattati nelle osterie e sugli spalti degli stadi.
Tuttavia la cosa più importante, la più trainante, che costui ha inventato per sfondare nel complesso mondo degli elettori è stato uno slogan molto efficace in Italia, benché abbastanza volgare per quanto assai diffuso tra i compatrioti.
Questo: vaffanculo. Il cui significato è afferrato al volo sia dai meridionali sia dai settentrionali. In pratica, il vaffanculo è l' unico elemento in grado di rappresentare appieno l' unità nazionale, altro che i jeans, il calcio e la cocaina.
Quelli del Nord e quelli del Sud hanno un glossario diverso e non sempre i due gruppi "etnici" si comprendono colloquiando, tuttavia si mandano reciprocamente a fare in culo senza equivocare il significato dell' espressione. Il genio di Grillo si è manifestato proprio nella scelta di questo diffuso modo di dire, privo di contenuti ideologici, in cui chiunque si riconosce d' acchito. Non era mai successo che un leader raccogliesse tanti consensi con un paio di parole fuse, una delle quali "culo", accolte dal pubblico non solo quale sfogo ma anche quale semplice e sintetico programma politico.
Se io in un articolo scrivo "vaffanculo" vengo accusato di ricorrere ad un linguaggio inaccettabile, scorretto, da bettola; mentre Grillo, ripetendo questo che poi è un insulto greve ha vinto le elezioni senza che nessuno lo processasse per reiterata trivialità. Comunque aver sdoganato il fondoschiena è un merito notevole da ascriversi pienamente a Beppe.
E noi non possiamo che applaudirlo. La liberazione del lessico da lui promossa e realizzata è un' opera d' arte indiscutibile. Ma dobbiamo aggiungere per completezza di informazione che il vaffanculo in politica non introduce un argomento degno di considerazione.
È lecito mandare al diavolo uno scocciatore, un figlio e perfino la moglie, però non credo costituisca uno spunto per aprire una discussione costruttiva in ambito istituzionale. Se invece siamo arrivati così in basso da fancularci in piazza, in tv e nel Palazzo, dobbiamo interrogarci non sul progressivo imbarbarimento dell' idioma, bensì sullo squallore dei nuovi modelli impostisi nei rapporti tra i partiti. Inoltre c' è da chiedersi se sia giusto e vantaggioso dare retta a un capobanda che anziché ragionare di politica, ti manda a quel paese, ricorrendo a termini che in altri tempi sarebbero forse stati accettati nelle trattorie, o nelle taverne, mai in un consesso di deputati e senatori.
Oggi invece lo scettro è nelle mani del genovese, è lui che detta l' agenda politica, che boccia Salvini, recupera Renzi, Veltroni e Prodi. Sogno o son desto? Vedo la realtà, la descrivo e mi viene da ridere constatando che la nostra vita, la mia come quella di tutti, dipenda da un vaffanculo che non scandalizza affatto, e viene accettato dal popolo quale dottrina illuminata.
“Funzioni psichiche fortemente sollecitate da condizioni emozionali”: e le toghe rosse fanno sbarcare i clandestini
Ieri avevano messo la parola fine alla possibilità di uno sbarco in Spagna. E ora, i pm, spiegano il motivi che li hanno spinti ad accogliere in Italia i migranti a bordo della nave Opern Arms.
Ieri mattina, il pm Patronaggio era salito a bordo della nave, per svolgere un’ispezione, a seguito della quale aveva deciso per il sequestro della barca e di conseguenza per lo sbarco dei profughi sulle coste di Lampedusa.
I motivi che hanno guidato la procura di Agrigento nella scelta sono stati resi noti, questa mattina, in una relazione, visionata dall’AdnKronos, finita nel provvedimento di sequestro della nave.
I migranti sarebbero stati accolti a causa delle loro “funzioni psichiche“ che, a detta della psicologa, erano “fortemente sollecitate da condizioni emozionali estreme”, sopraggiunte dopo settimane passate in mare e dimostrate dal tuffo di alcuni naufraghi, gettatisi in acqua, per tentare di raggiungere la riva a nuoto, rischiando di morire.
Secondo il consulente tecnico, a bordo c’era “un clima di altissima pressione“, in cui “la percezione di morte rispetto a un eventuale rimpatrio è la speranza di vita, anche affrontando a nuoto lo specchio di mare che li separa dall’isola di Lampedusa“. In sostanza, i profughi avrebbero preferito morire in mare, cercando di raggiungere la costa, piuttosto che tornare nei propri Paesi.
A detta dei pm, tale situazione non lasciava “più possibilità di valutazione del rischio individuale e collettivo, né, da parte di terzi, la possibilità di arginare o contenere una ulteriore estensione di situazione psicopatologiche di ‘dissociazione nevrotica e/o psicotica“.
Le condizioni emozionali dei naufraghi sono state valutate “estreme“, da Patronaggio e dai due medici che erano saliti a bordo con lui per l’ispezione, che le hanno definite rischiose, sia dal punto di vista individuale, che collettivo. Di qui l’ordine di sequestro della Open Arms e dello sbarco dei migranti.
Spunta il nome del “comunista” Roberto Fico come premier “abusivo” del nuovo governo PD-M5S
Un nome buono da spendere per l’inciucio. L’identikit risponde al nome di Roberto Fico.Il presidente della Camera e leader dell’ala rossa del Movimento Cinque Stelle sarebbe in pole position per la poltrona di premier in un eventuale governo giallorosso.
Di fatto, dietro le quinte del Transatlantico, vanno avanti le serrate trattative tra M5s e dem per dar vita al ribaltone (perché di questo si tratta). C’è chi lo chiama “patto” e chi invece lo chiama “governo istituzionale”, ma nella sostanza è un capovolgimento delle alleanze parlamentari per una nuova maggioranza.
E in questo quadro, secondo quando riporta ilCorriere, c’è il nome di Fico che comincia a farsi spazio nella strada che porta a Palazzo Chigi per la poltrona di Conte. Secondo alcune indiscrezione la linea tra Di Maio e Zingaretti sarebbe già rovente.
Il leader del Movimento Cinque Stelle ha chiesto ripetutamente garanzie su Renzi perché teme che quella dell’ex premier possa essere una trappola. Una presenza così ingombrante in un patto di governo giallorosso potrebbe mettere a rischio la tenuta di questo nuovo esecutivo. Fico potrebbe essere in nome su cui convergere.
Per il momento il presidente della Camera verrebbe segnalato per un mandato esplorativo. Poi, sempre secondo le indiscrezioni, potrebbe arrivare l’asso finale: un nuovo incarico per Giuseppe Conte. Il premier, come è noto, punta ad un bis a Palazzo Chigi. Lo stesso Conte avrebbe avuto contatti personalmente con il segretario dem Zingaretti.
L’oggetto della conversazione è sempre lo stesso: quanto ci si può fidare di Renzi? Il Pd infatti è abbastanza spaccato sull’ipotesi inciucio. I zingarettiani puntano di più sulle urne, ma i renziani (che rappresentano quasi l’intera truppa dem in Parlamento) sono invece per un’intesa per un governo. E dunque nella battaglia intestina tra i dem si gioca anche la partita del futuro della legislatura.
I Cinque Stelle prima di mettersi nelle mani del Pd vogliono garanzie. L’operazione è rischiosa e potrebbe portare ad un ulteriore tonfo in caso di voto. Di certo il nome di Fico per palazzo Chigi sposterebbe ancora di più l’asse grillino verso sinistra. Una virata non da poco dopo 14 mesi insieme a Salvini sostenuto a colpi di firme sui decreti nella sua politica dei porti chiusi.
Primo contatto telefonico tra Di Maio e Zingaretti: Il nuovo premier abusivo PD-M5S? Ecco i nomi horror
Facile “mandare a casa” Matteo Salvini, il duro per Pd e M5s arriva ora. Approfittato della crisi aperta da Matteo Salvini con eccessiva leggerezza, i dem iniziano ufficialmente la trattativa con i grillni per il governo “dell’inciucio”.
Come riportato dalla Stampa, il segretario Nicola Zingaretti e il capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio si sono già sentiti telefonicamente nel giorno delle dimissioni ufficiali di Giuseppe Conte, per discutere sugli assetti della nuova maggioranza e, dettaglio non secondario, di chi sarà il nuovo premier. Nei 5 Stelle c’è la tentazione di chiedere un Conte-bis, ma sulla “discontinuità” (nomi, prima di programmi) i dem sono stati molto chiari. Si deve cambiare.
Dai 5 Stelle smentiscono che sia stato Di Maio a telefonare al leader dem, sottolineando come siano false le frasi a lui attribuite e come invece sia il Movimento a registrare “numerosi sollecitazioni da più parti”. Come dire: ci cercano loro.
L’idea resta quella di fare un governo “di legislatura”, che possa durare ben più della manciata di mesi necessaria a firmare la manovra e sterilizzare l’aumento dell’Iva (termini temporali fissati, con parole sibilline, dal grande burattinaio Matteo Renzi nel suo discorso al Senato). Ecco perché serviranno nomi pesanti, politici e di garanzia al tempo stesso.
Le carte sul tavolo? Roberto Fico, il grillino più vicino alla sinistra. Il magistrato Raffaele Cantone (il premier preferito da Marco Travaglio), e un “tecnico” come Enrico Giovannini, ex presidente Istat che certo non dispiacerebbe né al presidente Sergio Mattarella né ai mercati.
Vittorio Feltri: “Saviano vuole la galera per Salvini? Noi saremo già felici se lo scrittore andasse affanc….”
“Roberto Saviano vuole che Matteo Salvini vada in galera”, scrive Vittorio Feltrisul suo profilo Twitter. “Esagerato. Noi saremmo già felici se lo scrittore andasse affanc***“.
Mister Gomorra, infatti, aveva dichiarato in un post sul caso Open Arms, che il leader della Lega doveva finire in carcere.
“I 134 migranti a bordo della Open Arms, dopo essere stati ostaggio dei banditi libici, ora lo sono del bandito politico Matteo Salvini, il ministro della Malavita.
Ma il destino di Salvini è il carcere, e questo lo sta capendo anche lui”, aveva poi concluso Saviano. “Basterà che si spengano le luci”.
Mister Gomorra, infatti, aveva dichiarato in un post sul caso Open Arms, che il leader della Lega doveva finire in carcere.
“I 134 migranti a bordo della Open Arms, dopo essere stati ostaggio dei banditi libici, ora lo sono del bandito politico Matteo Salvini, il ministro della Malavita.
Ma il destino di Salvini è il carcere, e questo lo sta capendo anche lui”, aveva poi concluso Saviano. “Basterà che si spengano le luci”.
Sondaggi: se si votasse ora il centrodestra avrebbe la maggioranza assoluta. Disastro per Renzi e Di Maio
A ridosso della mozione di sfiducia in Senato su Giuseppe Conte, Youtrend presenta lo scenario di un voto politico con il centrodestra unito.
Se la Lega diMatteo Salvini, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Forza Italia di Silvio Berlusconi si presentasse assieme alle urne, “otterrebbe una larghissima maggioranza”.
I numeri presentati da Lorenzo Pregliasco per Omnibus su La7 sono impressionanti: alla Camera il centrodestra avrebbe 416 seggi a discapito del Movimento 5 Stelle (81) e il centrosinista 119. Mentre in Senato Lega, FdI e FI otterrebbero 210 seggi, M5s 40 e il centro sinistra 57.
“L’arma che possiede in centrodestra è sicuramente la legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum”. Con tale legge elettorale il 36 per cento dei seggi viene assegnato con un sistema maggioritario, il 64 con un sistema proporzionale- Alla camera i seggi assegnati con il sistema uninominale sono 232 su 630, al senato 116 su 315.
Il resto dei seggi sarà assegnato con metodo proporzionale: ogni partito o coalizione presenterà una lista di candidati bloccata (non meno di due e non più di quattro) in 20 circoscrizioni per il senato (una per regione) e 28 per la camera.
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