venerdì 16 agosto 2019
La radicali chic Michela Murgia sta con Littizzetto: “Salvini crudele, disumano e codardo. Lo schifo al potere”
Michela Murgia si mobilita in difesa di Luciana Littizzetto, che nel suo video per la campagna ‘Siamo tutti Open Arms’ aveva attaccato Matteo Salvini.
“Quello che sta facendo Salvini alle persone sulla Open Arms è una crudeltà senza giustificazione.
Littizzetto ha avuto il coraggio di dirglielo e lui, forte solo con i deboli, il coraggio non lo sopporta. Stima e solidarietà per la violenza squadrista” scrive su Twitter.
E ancora: “Madre affidataria, benefattrice di case famiglia, famiglia lei stessa per donne in difficoltà con figli a carico, può dare lezioni di accoglienza a chiunque. Salvini, disumano e codardo, può solo indicarla ai suoi cani come bersaglio.
Lo schifo al potere”. “In questi giorni in cui tutti sono al mare, voi siete ‘in’ mare. È molto diverso”.
Cominciava così il video della comica torinese condiviso su Facebook dalla scrittrice Murgia.
Le due, se non fosse abbastanza chiaro, sono contrarie alla linea politica del leader leghista e sembrano far di tutto pur di criticarla.
Gli italiani sono tutti “disumani” e “razzisti”? Sondaggio choc: il 71% dice NO allo sbarco della Open Arms
La Open Arms sta facendo discutere parecchio: da una parte il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e dall’altra il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
La prima intenzionata a far sbarcare i migranti dalla ong spagnola, il secondo fermo sul suo “no”. In supporto alla grillina, non è arrivato solo il Tar del Lazio (che ha dato il via libera all’attracco) ma anche il premier Giuseppe Conte che ha definito quella del leader leghista “una vera ossessione“.
Eppure, secondo il sondaggio di Sky Tg24, Salvini godrebbe del sostegno più importante: quello del popolo. “
Open Arms, Trenta: non firmo il divieto in nome dell’umanità. Salvini: umanità non è aiutare i trafficanti. Chi ha ragione?”, scrive la rete televisiva. Il risultato? Solo per il 29 per cento degli italiani ad avere ragione è la Trenta, mentre per il 71 Salvini. Insomma, l’ennesima vittoria per il leghista
Medico smonta le balle di Open Arms: “I 13 migranti sbarcati stavano bene, perché li hanno fatti scendere?”
I tredici immigrati sbarcati dalla Open Arms non hanno alcuna malattia, a parte uno di loro che aveva un’otite; è quanto emerge dal resoconto fatto dal responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa, Francesco Cascio.
Il medico ha infatti dichiarato all’Ansa: “C’è qualcosa che non funziona, perché tra i 13 migranti fatti sbarcare dalla Open Arms per motivi sanitari solo uno aveva una otite, mentre gli altri stavano bene: eppure dalla relazione dello staff Cisom (il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta – ndr) risulta che a bordo ci sarebbero persone con diverse patologie, tra cui 20 casi di scabbia”.
C’è dunque qualcosa che non torna; com’è infatti possibile che mentre Open Arms parla di ingenti patologie tra gli individui caricati sulla nave e fatti sbarcare, i medici di Lampedusa non hanno riscontrato nulla di tutto ciò?
Nella relazione firmata dal medico Katia Valeria Di Natale e dall’infermiere Daniele Maestrini dello staff Cisom e in possesso dell’Ansa si legge poi quanto segue: “La situazione generale vede condizioni igienico-sanitarie pessime: spazi non idonei a ospitare un così ingente numero di persone. I naufraghi vivono ammassati gli uni sugli altri, non c’è possibilità di deambulare, sono presenti solo due bagni chimici e spesso i naufraghi sono costretti a espletare i loro bisogni fisiologici nello stesso spazio in cui dormono e mangiano”
La Open Arms rendeva noto su Twitter che tre persone erano state fatte scendere dalla nave “per complicazioni mediche che richiedono cure specializzate”, pressando nuovamente per far scendere “urgentemente” tutti gli immigrati imbarcati sulla nave perchè “l’umanità lo impone”.
Il sindaco di Lampedusa, Totò Mattarello ha dichiarato all’agenzia LAaPresse “…Se c’è gente che sta male a bordo, secondo me, per il mio modo di vedere le cose da pescatore, io farei scendere tutti”. Poi incalza il governo: “Se a bordo della nave Open Arms, c’è un problema di salute e la gente sta male, per quale motivo farli scendere così pochi alla volta, col contagocce. Sarà per dimostrare che qualcuno ha i muscoli, per fare vedere che siamo forti?”.
A questo punto però sono molti i dubbi riguardo alla reale situazione degli imbarcati. Il responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa ha detto che dei 13 naufraghi sbarcati per “motivi medici” dalla Open Arms uno aveva una otite. Gli altri stavano bene.
“Siamo davanti all’ennesima presa in giro della ong spagnola su nave spagnola, quella Open Arms che per giorni ha girovagato nel Mediterraneo al solo scopo di raccogliere più persone possibili per portarle sempre e solo in Italia. In tutto questo tempo sarebbero già andati e tornati in un porto spagnolo tre volte! Queste ong invece fanno solo battaglia politica, sulla pelle degli immigrati e contro il nostro Paese. Ma io non mollo”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Emmanuel Macron, il patto con l'Ue per farci invadere. Così ci mandano altri 300 migranti
Lo scontro sui 147 migranti raccolti dalla nave spagnola della Open Arms vede per ora sconfitto Matteo Salvini la cui linea di difesa ad ogni costo delle frontiere nazionali trova l' opposizione non solo dei giudici ma anche delle altre componenti del governo. E tuttavia a incassare il successo non è la parte grillino-contiana del traballante esecutivo italico.
Il vero vincitore si trova infatti a Parigi: la presidenza francese ha ammesso ieri per la prima volta contatti con la Commissione europea di Ursula Von der Leyen a favore della causa delle Ong che accolgono miganti nel Mare Mediterraneo. Emmanuel Macron è «in contatto con la Commissione europea» per discutere della sorte di Open arms e Ocean Viking, le navi delle Ong a bordo delle quali si trovano centinaia di migranti soccorsi in mare in questi giorno.
Lo afferma una nota dell' Eliseo, in cui, tra l' altro, si sottolinea che il presidente francese «segue da vicino» la vicenda che riguarda le due navi. Quanto a Ocean Viking, che ha a bordo 356 migranti, ha chiesto a Roma e a La Valletta l' assegnazione di un porto sicuro. La battaglia adesso si sposta su questa seconda nave e la presa di posizione senza precedenti da parte del leader francese fa capire che sarà uno scontro duro.
Il 22 luglio scorso era stato lo stesso Macron ad annunciare l' esistenza di un meccanismo di solidarietà tra otto Paesi europei per la distribuzione di migranti. Successivamente, il 7 di agosto, la Proactiva Open Arms aveva chiesto aiuto ai governi di Spagna, Germania e appunto Francia per sbloccare la vicenda della sua imbarcazione bloccata da Italia e Malta.
Matteo Salvini, I ballisti del PD gridano oltre il rimpasto. Fonti del PD: "Ha offerto a Di Maio la poltrona da premier", caos totale
Altro che rimpasto: fonti del Pd fanno filtrare l'indiscrezione che Matteo Salvini avrebbe addirittura offerto il posto da premier a Luigi Di Maio per ricucire lo strappo con il Movimento 5 Stelle e far rientrare la crisi di governo.
Un retroscena dinamitardo che fa saltare sulla sedia gli stessi grillini, impegnati in queste ore a recitare la parte dei duri e puri, come chi mollato di fresco di fonte al ritorno di fiamma della ex dice sdegnato di no, forse perché sotto sotto ha già un'opzione di riserva. Nel caso del Movimento, il Partito democratico stesso. Insomma, qui gatta ci cova.
"Il M5s tiene in piedi tutte le ipotesi, per quanto ci risulta - spiega l'anonimo dem all'agenzia Ansa -. Ma noi nel frattempo siamo alla finestra, totalmente.
Aspettiamo il 20 per vedere cosa farà Conte, se di dimette o meno. Potrebbe esserci un rimpasto o anche un nuovo incarico". Piccata la risposta dei 5 Stelle: "In questa estate surreale, in cui la Lega ha fatto cadere il governo in pieno agosto fregandosene del Paese e degli italiani, leggo continue fake news su futuri ruoli, incarichi, strategie. Tutte cose che non ci interessano.
Tutte assurdità veicolate ad arte da qualcuno sui giornali per nascondere la verità. A noi interessa una sola cosa arrivati a questo punto: che il 22 agosto - quando è fissata la seduta della Camera - si voti il taglio dei parlamentari. 345 poltrone, stipendi e privilegi in meno sono l'unica cosa che ci interessa in questo momento.
Aspettiamo le forze politiche il 20 agosto in aula - conclude il comunicato via Facebook di Di Maio -. Chi sfiducerà Conte lo farà per evitare che si voti il taglio dei parlamentari. Questa è la realtà".
M5s, i veri numeri del ribaltone. Quanti sono i grillini pronti a tradire: equilibri sconvolti
Solo gli sciocchi non cambiano idea. E i Cinquestelle forse sono un po' sprovveduti, ma fessi no. Da quando hanno capito che la crisi poteva trascinarli in un baratro chiamato urne anticipate, i grillini hanno smesso di fare gli schizzinosi.
Fino a un mese fa Luigi Di Maio diceva «mai con il Pd». Ora quel «mai» è diventato un «perché no». Sono saltati i pregiudizi anti-dem un po' a tutti i livelli. A partire da Davide Casaleggio fino alla base parlamentare che, in un' alleanza con la gauche, vede l' opportunità di salvare seggio e indennità. Almeno per sei mesi. Ma, se va bene e funziona l' asse giallo-rosso, anche per qualche anno. Certo, rimane il pregiudizio verso Matteo Renzi e i suoi. Tanto che l' apertura dell' ex premier è stata rigettata rapidamente dal capo politico pentastellato. Però Nicola Zingaretti è un' altra cosa. Dario Franceschi, Pietro Grasso, Graziano Delrio: tutti galantuomini con cui si parla amabilmente. Gli interlocutori, insomma, non mancano.
Il voto di martedì al Senato, con cui è stato respinta l' accelerazione leghista alla crisi, ha aperto la strada a una collaborazione che andrà avanti. Da qui al 20 agosto, quando Conte si presenterà in Parlamento per dire la sua sulla dissoluzione dell' asse gialloverde, i pontieri al lavoro in queste ore potrebbero gettare le basi per aprire una nuova fase politica da presentare al Colle come soluzione per mandare avanti la legislatura. Con un nuovo premier e nuovi ministri. La base parlamentare c' è. Secondo l' Adnkronos ci sono cento deputati grillini disponibili ad aprire all' alleanza con i democratici.
Una cinquantina avrebbero già aderito al progetto. «L' intenzione», spiega un deputato 5 Stelle, «è quella di fissare una linea chiara e sottoporla a Di Maio». Verrà stilato un documento da far firmare a tutti i portavoce grillini. L' idea è quella di proporre ai nuovi alleati un "accordo programmatico". Guai a chiamarlo "contratto", parola tabù, visto come è andata a finire con la Lega.
Per lunedì 19 agosto è stata convocata un' assemblea congiunta dei gruppi. Quella sarà l' occasione per prendere una decisione. Ma se in passato l' alleanza a sinistra era soltanto un desiderio di una parte minoritaria dei pentastellati, adesso sono tutti convinti. «Il 90% del gruppo Camera vuole andare avanti con Pd, senza se e senza ma», dice un parlamentare M5S all' AdnKronos. L' unanimità c' è anche a Palazzo Madama, dove «il 97-98% degli eletti vuole andare avanti coi dem». Gli unici big che hanno sostenuto apertamente il ritorno alle urne sono stati Paola Taverna e Manlio Di Stefano. Gli altri sono stati molto prudenti. «Dopo la distanza di questi anni dal Pd», spiega Giorgio Trizzino, deputato grillino considerato vicino a Sergio Mattarella, «non possiamo aspettarci che tutto venga sanato.
Bisogna andare lentamente verso una ricomposizione. Sono convinto che buona parte dei nostri valori siano condivisi dal mondo riformista dem. C' è un problema di salute pubblica», aggiunge, «da quello che ho potuto percepire, c' è un sentire comune in tutto il Pd. Sta maturando l' esigenza di chiudere con questo passato polemico con M5S e aprire una nuova dimensione di confronto. Il nostro ex alleato ha dimostrato di non essere attento all' interesse dell' Italia. Nutro molta fiducia nelle forze sane di questo Paese. Sono convinto che non si lascerà nulla di intentato».
Giuseppe Conte, l'ascesa da "nessuno” a "fregatutti": il sogno segreto del premier
Zitto zitto Giuseppe Conte sopravvivrà a se stesso e al governo di squinternati gialloverdi destinato a morte semicerta, per reincarnarsi in una cosa più rossa che gialla perché sorretta dal Partito democratico. Gli è bastato fingersi svenuto per un paio di mesi dopo la conferenza stampa d' inizio estate in cui lanciava un improbabile ultimatum agli alleati litiganti («se non la smettete mi dimetto», e come no ); ovvero fare il morto a galla mentre Matteo Salvini preannunciava stentoreo una tempestosa sfiducia gravida di conseguenze fauste e nefaste al tempo stesso.
Et voilà: la resistibile ascesa del Conte rosso, pronto per un bis, è diventata un tema di stringente e desolata attualità, la sola nota comprensibile nella concitata cacofonia parlamentare di queste ore. Un concerto per dilettanti allo sbaraglio (o già sbaragliati) in cui è quasi impossibile comprendere chi suona cosa e perché, inframezzato dalla silenziosa tessitura di un avvocato di provincia romanizzato nei salotti giusti e diventato celebre per il ruolo di mediatore tra Lega e Cinque stelle.
Dal giugno 2018 a oggi, Conte è rimasto in apparenza identico a se stesso, pettinato e inamidato a festa come un fresco cultore della materia politica, ma in realtà si è progressivamente ritagliato uno spazio suo, una rete di protezione istituzionale italiana e straniera, un salvacondotto artificiale assemblato per contrasto rispetto al vociare contundente dei firmatari del contratto di governo. Impermeabile ai feroci motteggi di un' opposizione democratica che fino a ieri gli dava del decerebrato e oggi lo rivaluta come fosse Aldo Moro.
SCUDO UMANOHa avviato la sua carriera a Palazzo Chigi lento e spaesato, il premier Conte, un po' scudo umano un po' arbitro di una partita più grande di lui. Ha impiegato tutte le sue ordinarie qualità di provinciale inurbato per non spaventare i manovratori pentaleghisti, dalla voce letargica al fraseggio incolore, e sempre in omaggio al troncare e sopire di manzoniano conio democristiano.
Ma piano piano ha compreso che il Quirinale e i così detti poteri neutrali guardavano a lui, insieme con Giovanni Tria ed Enzo Moavero Milanesi, come al principale interlocutore utile a frenare le esuberanze sovraniste. Indicato da Luigi Di Maio con un gratta e vinci tra le mani, accettato dai leghisti con un grugnito d' indifferenza, è diventato presto il rassicurante beniamino di dame e cavalieri attovagliati nelle terrazze capitoline, nonché la riserva di Repubblica (il quotidiano-partito) che ne ha caricato a pallettoni la vanità gonfiandolo come l' anti Salvini al quale rivolgersi nei momenti di sconforto. Lui ci ha preso gusto, si è spinto fin dove era lecito osare e anche oltre, come in quel noto dialogo da bar con Angela Merkel in cui prometteva di contrastare le chiusure dei porti stabilite al Viminale e opporsi da par suo all' avanzata sovranista.
A forza di strizzare l' occhio ai mandarini franco-tedeschi e agli euroburocrati, con l' incarico ufficiale di disinnescarne le intenzioni punitive sui nostri bilanci pubblici, Conte ha compreso che per lui il 2019 poteva davvero rivelarsi un «anno bellissimo». Al resto hanno pensato Matteo e Luigino, maschere battibeccanti di una commedia leggera all' italiana, e forse quel Padre Pio al quale il premier di Volturara Appula rende omaggi e preghiere costanti.
IN AULAFatto sta che in un anno abbondante, al dunque, questo abitante della penombra è riuscito a emergere come un esordiente stimato perché mai veramente temuto, popolare come può esserlo un venditore ambulante di sogni, disponibile come uno specchio incantato pronto ad abbellire fattezze e colori di chi vi si accosti. E dal gialloverde al rosso, sebbene stinto, per lui, non c' è alcun salto cromatico impossibile.
Quando poi nelle ultime settimane la lotta s' è fatta smisurata e hanno cominciato a volare i piatti, Conte non ha fatto altro che dissolversi in attesa di comunicare al Parlamento le proprie deduzioni. C' è da scommettere che rimarrà acquartierato fino all' ultimo istante, poi si manifesterà in Aula per bersagliare lo sfidante assediato (Salvini) con cavillosa acredine e infine riparerà contrito verso i divani di Sergio Matterella. Lì, accoccolato fra le tappezzerie regali, sfiduciato o dimissionario, il conte rosso pronuncerà le sue parole fatidiche: «Come posso continuare a servire la vostra maestà?».
Open Arms, il prete “comunista” Don Vitaliano: “Salvini disumano. Strumentalizza la fede come i terroristi”
Open Arms? «E’ la manifestazione della disumanità del ministro Matteo Salvini». Don Vitaliano Della Sala commenta ancora una volta con livore, alla sua maniera, la linea del rigore sui nostri confini portata avanti dal Viminale contro l’immigrazione. Mancava ancora la voce del parroco ‘no global’ che sta facendo del vicepremier leghista un’ossessione.
Il prete rosso lo scorso inverno era finito sotto i riflettori per aver fatto cantare ‘Soldi’ di Mahmood prima di una messa nella sua parrocchia di Mercogliano, nell’avellinese. Ora vuole dire la sua sulla vicenda della nave Open Arms. Ancora una volta Matteo Salvini per Don Vitaliano è il male assoluto, la causa del flagello dell’immigrazione.
«Tutta la politica che Salvini ha messo in atto contro i migranti non risolve il problema dei flussi migratori – continua -, anzi: visto che si tratta di un ministro, diventa anche stimolante per tante persone fragili che si sentono autorizzate a comportarsi in maniera disumana nei confronti di chi è diverso».
Le altre “perle” di Don VitalianoTutti dovrebbero sbarcare in Italia per Don Vitaliano, che non si interroga sulla filiera dei trafficanti di esseri umani, sul business delle ong sulla pelle dei disperati, sulle provocazioni messe in atto contro l’Italia, sul perché Spagna e Malta abbiano rifiutato i loro porti. No. Don Vitaliano è uno che ha pratica solo l’invettiva ad personam.
Del resto, uno che ha scritto più volte che «Salvini strumentalizza la fede come i terroristi» , che «è il ministro della paura», cos’altro può argomentare?. Ora continua su questa linea. «Chiudere i porti e lasciare per 15 giorni degli esseri umani in mezzo al mare non risolve nulla, è solo dimostrazione di disumanità», ribadisce.
E sulla decisione dei due ministri pentastellati Trenta e Toninelli di non firmare il decreto di chiusura del porto di Lampedusa sferza: «Lega e Movimento 5 Stelle hanno litigato, quindi si fanno questi dispettucci, ma mi fa comunque piacere che, seppur con ipocrisia, qualcuno al governo si opponga alle posizioni del ministro dell’Interno».
Viminale: in un anno sbarchi diminuiti del 79,6%, risparmiati 1,7 miliardi. Ecco perché vogliono far fuori Salvini
Con il governo gialloverde il numero di immigrati arrivati nel nostro Paese è calato. Solo nell’ultimo anno gli sbarchi sono scesi del 79,6 per cento.
A diminuire anche i rimpatri, che dal 1 agosto del 2018 al 31 luglio del 2019, hanno registrato una flessione dello 0,7 per cento mentre quelli assistiti si sono più che dimezzati.
È quanto emerge dai dati di un anno di attività che il Viminale ha diffuso in occasione di Ferragosto. Il rapporto è stato illustrato dal ministroMatteo Salvini durante il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è riunito ieri a Castel Volturno, in provincia di Caserta.
Gli arrivi sono infatti passati da 42.700 a 8.691. I rimpatri, invece, sono scesi da 6.909 a 6.862. Ancora più marcata è stata la diminuzione dei rimpatri volontari, passati da 1.201 a 555, con un calo del 53,8 per cento.
Nel dossier si evidenzia anche la drastica riduzione dei costi del sistema d’accoglienza. Attualmente sono ospitati 105.142 migranti, il 34 per cento in meno rispetto al 2018, e dai 2,2 miliardi spesi dal 1 agosto 2017 al 31 luglio del 2018 si è passati ai 501 milioni dell’ultimo anno.
Ora Chef Rubio insulta i cittadini di Lampedusa: “Fate i soldi grazie ai migranti”. Scoppia la rivolta social
Chef Rubio torna a invadere il web di polemiche immigrazioniste: “Lampedusa è l’isola dei pescatori dal cuore immenso, della gente di mare che rispetta il prossimo ma è anche l’isola della cocaina, della mafia, del nero, dell’abusivismo edilizio, dei razzisti e dei parassiti”.
È quanto scrive su Instagram dopo essere stato a Lampedusa assieme al ricco attore Richard Gere, con l’intento di aiutare i migranti a bordo della Open Arms. “State mandando a fondo un’isola che pensate essere vostra ma che è semplicemente se stessa“, scrive lo chef. “Lampedusa è un’Italia in miniatura – prosegue – affascinante proprio grazie alle sue molteplici sfaccettature e contraddizioni. Invito tutti a venire, è stupenda davvero.
Ma vi chiedo un favore: spendete i vostri soldi solo nei ristoranti della brava gente, nei B&B delle belle anime.
A tutto il resto riservate indifferenza, perché quello si meritano: in molti hanno speculato su date, morti e naufragi, in molti si riempiranno la bocca di aiuti e fratellanza mai vissuti in prima persona e proprio quelli hanno cavalcato e stanno cavalcando il mito del’isola dell’accoglienza vomitando odio e ignoranza“.
Naturalmente non sono mancati i commenti al vetriolo dei lampedusani (che forse saranno anche stanchi dell’accoglienza incontrollata): “Se Lampedusa non ti piace la vacanza potevi fartela altrove, hai visto cose che nemmeno esistono e caro chef dei miei stivali secondo me la cocaina te la sei proprio fatta tu, visto che hai visto cose che nemmeno esistono”, scrive Annalaura. “Noi la amiamo e ci basta questo – scrive Rossella – non ci importa di 4 cretini che scrivono senza conoscere la nostra bellissima isola”.
I mille voltafaccia e le innumerevoli bugie di Pinocchio
“Non sono pentito, le condizioni allora erano completamente diverse”. Matteo Renzidisconosce sé stesso e, al contrario di un anno fa, propone un governo con i Cinquestelle.
Il voltafaccia di Renzi sul governo M5S-PDUn cambio di linea repentino e fatto senza alcun pudore. Non è certamente la prima volta che il senatore di Rignano sull’Arno ribalta completamente le sue posizioni ma le motivazioni sono alquanto bizzarre. “In quella fase l’accordo tra Pd e M5S avrebbe dato l’idea di un’intesa per le poltrone”, spiega affermando che ora siamo di fronte a“tutta un’altra storia rispetto a 18 mesi fa” perché Matteo Salvini ha aperto la crisi poco prima di Ferragosto. Sinceramente nutriamo qualche dubbio sul fatto che la nascita di un eventuale esecutivo Pd-M5S non dipenda dall’esigenza di salvaguardare le proprie poltrone ma, pur prendendo per buono le parole di Renzi, quale articolo costituzionale vieta di far cadere un governo in piena estate? Renzi ha agito per senso di responsabilità o forse per la necessità di sbarrare la strada a una vittoria di Matteo Salvini alle elezioni?
Il fallimento della “politica del pop-corn”Non sarebbe stato più responsabile avviare un governo Pd-M5S il giorno dopo le elezioni del marzo 2018, dal momento che l’esito delle urne decretava, sì, una debaclè del Partito democratico ma grillini e democratici rappresentavano le prime due forze in Parlamento? Il successo di Salvini fu evidente ma, stando alle percentuali, si posizionò terzo (M5S 32,5%, Pd 18% e la Lega 17%). In un qualunque altro Paese europeo, di norma, in situazioni di stallo, si forma un governo di grande coalizione tra i primi due partiti. In Italia nella primavera del 2018 avvenne diversamente perché Renzi preferì adottare la politica del “pop-corn”: mettiamoli alla prova, vediamo che sanno fare e aspettiamo che falliscano. Risultato? La Lega al 34% e il M5S al 17%.
Un ribaltamento che, inevitabilmente, non poteva che portare alla fine del governo Conte. Ma, prima di proseguire, è bene ricordare quali furono le dichiarazioni pubbliche di Renzi in quei giorni concitati e nei mesi successivi. “Quando vedo certe capriole, sono orgoglioso di aver contribuito – insieme a tanti altri militanti – a evitare l’accordo tra il Pd e i Cinque Stelle. Lo ripeto: sono orgoglioso. Perché non è stata una ripicca, ma solo una constatazione: rispetto ai dirigenti Cinque Stelle noi abbiamo una diversa concezione dell’Europa, del lavoro, del futuro, dei diritti, della lotta politica contro gli avversari”, dichiarò l’ex premier il 4 maggio di un anno fa. E ancora: “Se hanno i numeri per governare, governino. Ma massimo rispetto anche per chi non vuole finire la propria esperienza come partner di minoranza della Casaleggio e Associati srl”.
Parole che, probabilmente, erano rivolte a esponenti del Pd, come Dario Franceschini, che in quei mesi si era speso molto affinché i dem stringessero un patto con i pentastellati. “Il 5 marzo mi chiamò Franceschini, voleva un accordo Pd-M5S e Di Maio premier”, rivelò da Bruno Vespa l’ex segretario Pd. “Non mettevano veti, anzi si auguravano che portassi la mia esperienza in Italia o all’estero. Manco morto, risposi, io non ci sono, noi non ci siamo”, ribadì Renzi che, in quel periodo, aveva lanciato l’hashtag #senzadime.
Da #enricostaidereno alla promessa di lasciare la politicaMa l’hasthag divenuto un vero cult è senza dubbio #enricostaisereno pronunciato il 17 gennaio 2014 nel corso del programma Le invasioni barbariche condotto da Daria Bignardi. “Mi piacerebbe arrivare a Palazzo Chigi passando dalle elezioni, non con inciuci di Palazzo”, disse l’allora segretario del Pd aggiungendo: “Diamo un hastag #enricostaisereno, nessuno ti vuol prendere il posto”. Morale della favola? Il 22 febbraio 2014 Renzi si insedia a Palazzo Chigi, ovviamente senza passare attraverso un voto popolare. Poi, da presidente del Consiglio, le bugie, o meglio le promesse mancate, aumentano.
L’impegno di visitare una scuola ogni settimana viene disatteso dopo che alcuni bambini cantano per lui una canzoncina dando vita allo scoppio di inevitabili e fragorose polemiche. Il 13 marzo 2014, ospite di Porta a Porta, annuncia che avrebbe pagato i debiti della pubblica amministrazione entro il 21 settembre successivo.“Se lo facciamo, lei poi va in pellegrinaggio a piedi da Firenze a Monte Senario”, aveva scommesso con Bruno Vespa. Il 23 maggio 2014, sempre a Porta a Porta, promette: “Entro l’anno noi andiamo a eliminare tutte le accise ridicole sulla benzina”. Nulla di tutto ciò è mai accaduto. Infine la madre di tutte le promesse mai mantenuta: il ritiro dalla vita pubblica in caso di sconfitta al referendum costituzionale.
“Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica”, dichiarò il 20 gennaio 2016 intervenendo a Palazzo Madama. Anche in questo caso sappiamo tutti com’è andata a finire… Visti i precedenti non escludiamo altri voltafaccia, compresa la possibilità di fondare un nuovo partito sebbene, dopo la vittoria di Nicola Zingaretti alle primarie, Renzi avesse promesso che non avrebbe fatto da contraltare al nuovo segretario del Pd e tantomeno una scissione.
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