domenica 11 agosto 2019

Il delirio di Cacciari contro Salvini: “Così terrorizza gli italiani. C’è il rischio di un’Italia fascista”. E apre al M5S


“Mi ha stupito. Era evidente che il rapporto con i Cinque Stelle fosse a termine, ma non pensavo che gli convenisse rompere in questo momento.

Si vede che anche a livello personale, con Di Maio, le questioni erano arrivate a un punto insostenibile“. Parola dell’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari.

 “Quella gialloverde è stata una coalizione coatta, priva di qualsiasi punto di riferimento culturale e strategico, non poteva che finire così. Il problema è che ha rafforzato in modo strepitoso la destra. Una destra che un po’ di paura dovrebbe farla” riferisce al Fatto Quotidiano.

 Per il filosofo non ci sono dubbi con un governo di destra “si porta un paese allo sfascio”: “E ora siamo a un passo dallo sfascio: un governo Salvini-Meloni rende anche inesorabile la prospettiva dell’uscita dall’euro e dall’Europa”. Ma dopo le parole di Beppe Grillo però c’è la possibilità di una coalizione alternativa al centrodestra: “Ora Grillo si sveglia contro i nuovi barbari? Vivaddio.

 Chi ha aperto la strada alla destra fascista ha responsabilità gravissime, sia nel Pd che nei Cinque Stelle. Le leadership sono state inadeguate”. D’altronde si sapeva, Lega e Movimento 5 Stelle hanno rappresentato una cosa a sé, diversa in tutto e per tutto. Non poteva finire diversamente.

Sea Watch, Carola Rackete vuota il sacco: “Il governo tedesco mi ordinò di sbarcare i migranti in Italia”


Quando, per primo, il sito di contro informazione Journalistenwatch.com aveva svelato i legami tra l’ong Sea Watch e il governo tedesco, non era stato preso sul serio perché considerato troppo vicino all’estrema destra.

Eppure aveva scoperto che a bordo della nave, che ha scaricato in Italia una cinquantina di immigrati clandestini, c’erano anche due giornalisti della tv di Stato Ard che hanno filmato un reportage quasi agiografico sulla comandante Carola Rackete per la rubrica Panorama.

E quando l’ex capo dei servizi segreti tedeschi, Hans-Georg Maaßen, aveva avvalorato questo drammatico retroscena, era stato scansato dai media rivangando i vecchi dissapori con Angela Merkel e soprattutto le sue simpatie per Alternative für Deutschland (AfD). Ora, per, è la stessa capitana ad ammettere che dietro l’assalto al porto di Lampedusa della Sea Watch 3 (guarda il video), c’era un disegno politico.

“So che quanto sto per dire potrebbe essere strumentalizzato da qualche partito…”. A distanza di qualche settimana dal blitz nel porto di Lampedusa, la Rackete vuota il sacco e, in una intervista alla tv tedesca Zdf, ammette che fu il ministero dell’Interno tedesco a chiederle “di far registrare e di portare tutti i clandestini a Lampedusa”. È il collegamento che mancava per ricostruire l’assalto sferrato dalla Sea Watch al governo italiano che le aveva intimato il divieto di ingresso nelle nostro acque territoriali e di attracco nel porto dell’isola siciliana.

Che tra l’organizzazione non governativa e l’esecutivo guidato dalla Merkel ci fossero dei legami lo lasciva presupporre la presenza della troupe della tv di Stato Ard. Il sito Journalistenwatch l’aveva definita “una geniale opera di propaganda” che “probabilmente” aveva “l’intento di provocare un confronto con le autorità italiane a ogni costo”. Anche il Guardian, che aveva ricostruito attentamente l’intera faccenda, aveva sospettato che l’operazione (dal recupero degli immigrati al largo della Libia allo speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza) fosse stata pianificata a tavolino per mettere in difficoltà il governo italiano e, in modo particolare, il ministro dell’Interno Matteo Salvini causando un incidente che facesse ripartire il dibattito sulla chiusura dei porti italiani.

La presenza dei due giornalisti della Ard aveva spinto Maaßen a ipotizzare un diretto coinvolgimento del governo tedesco nelle operazioni di “salvataggio” della Sea Watch. “Se questa notizia fosse corretta, Panorama non sarebbe una trasmissione occidentale”, ha scritto in un tweet che dopo alcune ore era stato inspiegabilmente rimosso. Qualche giorno più tardi l’ex capo dei servizi segreti, intervistato da Roberto Vivaldelli per InsideOver, aveva ammesso che “alcuni Paesi europei sono segretamente soddisfatti della destabilizzazione”che l’emergenza immigrazione porta in Europa. La sua vicinanza con l’AfD aveva spinto i più a non dargli retta, anche è chiaro che, per il ruolo ricoperto fino all’anno scorso, ha ancora buone fonti all’interno della struttura di intelligence tedesca. Forse, davanti all’intervista della Rackete alla Zdf, oggi ripresa dalla Verità, i più inizieranno ad aprire gli occhi. La Rackete ha, infatti, ammesso che sul proprio tavolo non aveva solo l’opzione di portare gli immigrati al porto di Lampedusa. La municipalità di Rothenburg aveva proposto, infatti, di mandare un pullman in Italia per recuperare i clandestini e farli registrare in Germania. “Ma – ha rivelato la capitana – a negare la via terrestre è stato il ministro dell’Interno del nostro Paese”.

La rivelazione della Rackete non contraddicono affatto la linea adottata dal governo tedesco negli ultimi mesi. Anzi la confermano con forza. Il ministro dell’Interno Horst Seehofer non ha mai mancato di opporsi alla linea dura adottata da Salvini per contrastare l’immigrazione clandestina. “Matteo, che senso che mettere sempre in atto la stessa procedura se finisce sempre che i migranti scendono a terra?”, ha polemizzato nei giorni scorsi quando la Gregoretti era ancora bloccata davanti al porto di Lampedusa. Dopo il recente vertice di Helsinki, i due ministri si rivedranno a settembre per fare il punto sull’emergenza immigrazione. In quell’occasione la Germania ribadirà la propria contrarietà alla chiusura dei porti e presenterà una nuova procedura che metta per iscritto “la necessità del salvataggio in mare”. La posizione dei tedeschi è subdola: sanno bene, infatti, che se i migranti sbarcano e vengono registrati in Italia, spetterà al nostro Paese l’espulsione dei clandestini nel proprio Paese di origine e la ricollocazione in quei pochi Stati europei che hanno accettato le quote imposte da Bruxelles. E le recenti rivelazioni sui “dublinanti” rispediti a Roma con voli charter dopo essere stati “storditi e sedati” dimostrano che a Berlino non c’è certo la minima intenzione a collaborare per fermare l’emergenza, ma se possono metterci in difficoltà non si tirano indietro. Anzi, affondano il colpo senza pietà.

Renzi vuole tornare al potere con un governo abusivo: “Votare adesso è folle. Serve un governo istituzionale”


Matteo Renzi strizza l’occhio al Movimento 5 Stelle. Intervistato dal Corriere della Sera, il senatore del Partito democratico si è così espresso sulla concreta possibilità di tornare a breve al voto: “Andremo in Senato e ci confronteremo. E qui è in gioco l’Italia, non le correnti dei partiti. Chiederò di parlare e dirò che votare subito è folle”. Il dem ha detto che la priorità è quella di “evitare l’aumento dell’Iva.

Vanno trovati 23 miliardi di euro. Se votiamo subito l’Iva va dal 22 al 25%? Prima togliamo le clausole e poi si vota”. Le sue parole fanno eco a quelle di Beppe Grillo, che nella giornata di ieri si è sostanzialmente schierato contro il ritorno imminente alle urne. L’ex premier ha poi aggiunto: “Salvini deve lasciare il Viminale, Conte deve lasciare Palazzo Chigi.

Si voti con un governo di garanzia elettorale, non con questo“. Per quanto riguarda invece la riforma del taglio dei parlamentari “la considero incompleta e demagogica. La nostra riforma modificava il bicameralismo, garantiva efficienza, assicurava stabilità. Tuttavia i cittadini hanno deciso, noi abbiamo perso e io mi inchino davanti alla democrazia. Oggi la cosa è semplice: i 5 Stelle hanno scommesso molto su questa riforma. A me non piace.

Ma devo ammettere che hanno ragione loro quando dicono che sarebbe un assurdo fermarsi adesso, a un passo dal traguardo. Si voti in Aula in quarta lettura e si vada al referendum: siano gli italiani a decidere”. Renzi ha poi rivolto un appello a tutte le forze politiche in campo: “Ci vuole un governo istituzionale che permetta agli italiani di votare il referendum sulla riduzione dei parlamentari, che eviti l’aumento dell’Iva, che gestisca le elezioni senza strumentalizzazioni.

Penso che quando Mattarella inizierà le consultazioni una parte dei parlamentari dovrà aver già espresso la propria adesione a questo disegno. Così il presidente potrà valutare l’eventuale incarico a un premier autorevole. A lui toccheranno le scelte: noi dobbiamo consegnargli una ipotesi concreta“.

Soverato, 4 delinquenti dei centri sociali rompono l’impianto audio per silenziare Salvini. Lui: “Abbiamo già vinto”


“Dopo aver bloccato gli sbarchi, aspetto di chiudere un po’ di campi rom e centri sociali“. Nonostante gli antagonisti lo abbiano accolto a Soverato (Catanzaro) scandendo Bella ciao, Matteo Salvini è andato avanti e non ha cambiato i propri piani.

“Dai campi rom e dai centri sociali zero contributo alla specie umana”, ha tuonato il leader leghista mentre le contestazioni si facevano sempre più forti. E sarebbe andato avanti a dirgliene quattro se il blackout causato da un danno provocato da un contestatore all’impianto audio non lo avesse costretto a interrompere il comizio.

 “Un cretino ha danneggiato l’impianto…”, ha spiegato Salvini ai presenti che riempivano l’intera piazza. Un sabotaggio in piena regola, insomma. Il contestatore è stato immediatamente identificato dalle forze dell’ordine. “Ci sta star lì a fischiare ma danneggiare un impianto elettrico non è buona educazione – ha commentato il ministro dell’Interno – ma se sono arrivati a danneggiare un impianto vuol dire che la nostra battaglia di civiltà la stiamo vincendo”.

Dopo pochi minuti l’impianto di amplificazione è stato ripristinato e il vicepremier ha ripreso a parlare. “Se ai centri sociali rimane solo il casino – ha poi scandito – abbiamo già vinto”. Per tutto il comizio i contesatori, uno sparuto gruppetto, hanno gridato in continuazione “buffone, buffone” e “vattene, vattene”.

“A queste persone sarebbe servito un pò di servizio militare o un po’ di volontariato in parrocchia o con gli anziani”, ha replicato il leader del Carroccio dicendosi dispiaciuto per il fatto che “donne e uomini delle forze dell’ordine debbano occuparsi di questi figli di papà viziati”.

 Già prima dell’inizio dell’intervento di Salvini non erano mancati i momenti di tensione tra i facinorosi dei centro sociali e le forze dell’ordine. In piazza gli antagonisti si sono presentatoi con i soliti cartelli che recitano “Porti chiusi solo alla Lega” e “Mai con Salvini”. La polizia è sempre riuscita a tenere a distanza i contestatori con gli scudi e dalla piazza si sono levati a più riprese i cori “fascisti fascisti”, “buffone buffone” e “Salvini, Salvini vaff…”

domenica 31 marzo 2019

“Non fanno altro che provocarmi”: Matteo Salvini inizia a perdere la pazienza con gli alleati di governo


Si sono invertite le parti. Se prima erano i grillini a lamentarsi degli attacchi o delle prese di distanza di Salvini, adesso è il leghista che non nasconde la sua rabbia nei confronti dell’alleato e del premier. 

Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, infatti, il leader della Lega non ha digerito il comportamento del vicepremier pentastellato e del capo del governo, rei, a suo dire, di averlo attaccato ogni giorno in merito alla sua partecipazione al congresso delle famiglie di Verona.

“Non un giorno, nemmeno un singolo giorno hanno rinunciato a cavalcare il Congresso della Famiglie. Non gli è parso vero…Io non è che passi le mie giornate ad attaccare i Cinque Stelle. E invece ogni giorno io mi ritrovo a sentirmi dare del retrogrado, del medievale, dello sfigato. Ma guarda un po’…”, tuonava ieri Salvini. E ancora non era giunta la bacchettata di Conte nei suoi confronti in merito alle adozioni. “Rimane confermato che bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare nei ministeri tutti i giorni e studiare le cose prima di parlare, altrimenti si fa solo confusione”, una frase dura e tranchant.

Adesso per Salvini Conte “ha perduto anche le parvenze di equidistanza tra noi e loro”. Il premier giorni fa era anche tornato a parlare di Ius soli scatenando anche in quel caso l’incredulità del leghista. Che, sempre al Corriere, rivela: “Non mi sorprendo più di niente. Ma come è possibile che torni su ‘sta cosa che per noi è stata un cavallo di battaglia nella scorsa legislatura? Ma che è? Una provocazione?”.

Mare Jonio, la nave del pregiudicato Casarini torna a sfidare Salvini: “Nuova missione nel Mediterraneo”


La Mare Jonio non si ferma.

Dopo il dissequestro da parte della procura di Agrigento e le indagini per favoreggiamento, la nave dei centri sociali torna in mare per scandagliare il Mediterraneo alla ricerca di migranti da portare in Europa.

“La #MareJonio naviga verso il porto di Marsala da dove, dopo uno scalo tecnico e il cambio equipaggio, sarà pronta a partire per una nuova missione”, scrive la Ong Mediterranea che vede tra i suoi membri più celebri l’ex no global Luca Casarini. Attivisti e associazioni, tra cui Libera, hanno accolto l’imbarcazione nel porto di Marsala. “Ci sentiamo a casa”, dicono dalla Ong.

Nemmeno due settimane fa la nave è stata al centro di un braccio di ferro con il governo italiano. Gli attivisti, infatti, avevano recuperato 49 migranti su un gommone alla deriva in zona Sar senza aspettare l’arrivo della guardia costiera libica. Poi avevano deciso di navigare verso l’Italia e non verso la più vicina Tunisia nonostante le previsioni annunciassero l’arrivo del maltempo.

Dopo lo sbarco dei migranti a Lampedusa, però, la procura aveva aperto un fascicoloper favoreggiamento e sequestrato la nave. Ora, dopo il dissequestro, Mediterranea Saving Humans torna a sfidare Matteo Salvini

Verona, Salvini zittisce Di Maio: “Parlare di famiglia è dà sfigato? Orgoglioso di esserlo, qui si prepara il futuro”


Maxi ressa in piazza Bra a Verona per Matteo Salvini. Accerchiato da decine di giornalisti, all’indirizzo del leader leghista sono partiti applausi, ma anche fischi prima che si recasse al palazzo della Gran Guardia, per intervenire al congresso della famiglia.

“Sono qui a sostenere col sorriso una giornata di festa, a sostenere il diritto a essere madre, a essere padre e a essere nonni. A sostenere la necessità dell’Italia di mettere al mondo dei figli”, ha detto il vicepremier. Che poi ha aggiunto: “Siamo qua non per togliere i diritti: non si tocca niente a nessuno. Non sono in discussione l’aborto, il divorzio: ognuno fa l’amore con chi vuole, va a cena con chi vuole”.

Diversa l’opinione del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio. “A Verona ci sono dei fanatici”. E ancora: “Si parla tanto di famiglia in questi giorni voglio dirlo chiaramente: noi teniamo tanto alla famiglia e siamo molto preoccupati per il fatto che l’Italia sia l’ultimo Paese a fare figli in Europa, ma mentre a Verona si sta affrontando questo tema con l’odio verso il prossimo, con le discriminazioni e dicendo che la donna se ne deve stare chiusa in casa ad allevare i figli, noi qui guardiamo al futuro”. Battibecco a distanza anche tra Salvini e il sottosegretario alle Pari opportunità Vincenzo Spadafora.

Quest’ultimo ha dichiarato: “Rispetto alla Lega abbiamo soprattutto un’idea di società, di Italia, molto diversa. A Verona si sta parlando di tesi che poi non diventeranno mai azione di governo. Quello di Verona è un messaggio che alimenta paura, anche malcontento nel Paese”. La risposta del ministro dell’Interno non si è fatta attendere: “Spadafora si occupi di rendere più veloci le adozioni, perchè ci sono trentamila famiglie che aspettano”.

Salvini poi ha ribadito le sue idee: “La teoria gender è qualcosa che combatterò finché campo, perché il buon Dio ci ha fatto diversi. Per qualcuno no, però”. Lo stesso vale per l’utero in affitto “pratica barbara e disumana che mi fa schifo al solo pensiero, una aberrazione umana, sociale e culturale”. E poi Salvini ha detto rispondendo a tono a Di Maio: “Dico a qualche amico distratto al governo che qui dentro si prepara il futuro, si guarda avanti e non indietro. Se parlare di mamma, papa e bimbi con l’aggravante di essere cattolici e cristiani è da sfigati, sono uno sfigato”.

Il suicidio perfetto del PD, Zingaretti: candidare Roberto Saviano capolista al sud per ritrovare consensi


È già finita la risalita nei sondaggi del Pd di Nicola Zingaretti: l’effetto primarie è durato poco, pochissimo. Quel che basta però, almeno ad oggi, per tornare davanti ai grillini (almeno così dicono gli istituti demoscopici).

Ma la vocazione al suicidio della sinistra, è cosa nota, pare impossibile da sopprimere. E così ecco farsi strada un’indiscrezione che condurrebbe il partito a immediata morte sicura. Si parla delle prossime elezioni Europee, si parla di candidati e liste. Zingaretti ha ancora una pesantissima casella vuota, che non sa bene come riempire: quella di capolista al Sud.

Nei giorni scorsi è filtrato il “no” di Lucia Annunziata, che ha respinto al mittente l’offerta del segretario. Ufficialmente perché non vuole lasciare la direzione dell’Huffington Post, ufficiosamente perché non ha gradito il ritorno al passato del partito (si pensi, per fare un esempio, alla nomina di Luigi Zanda a tesoriere).

Ed eccoci, dunque, all’ultima voce rilanciata da Il Giorno, al nome che potrebbe ulteriormente affondare i derelitti democratici: Roberto Saviano. Già, Zingaretti vorrebbe “scompaginare i giochi” tirando in ballo mister Gomorra, al quale in effetti manca soltanto l’ingresso ufficiale nel Pd. Secondo Zinga, Saviano sarebbe l’uomo perfetto per ritrovare consenso al Sud.

Teoria assai azzardata: ad oggi, Saviano pare buono solo per insultare Matteo Salvini. Lo scrittore e firma di Repubblica ci pensa, difficile però che possa cedere al “fascino” della politica (che già fa quotidianamente, sui social così come sul giornale per il quale scrive).

Nulla di nuovo: nel corteo d’odio contro le famiglie di sinistra e femministe si augura la morte a Salvini


Non si capisce cosa voglia dire quella ragazza con il dito medio alzato al cielo, mentre l’amica le fa una foto davanti il Palazzo della Gran Guardia a Verona, la sede scelta per il XIII Congresso della Famiglia. Il Wcf. E non si capisce no. Messa al mondo da padre e madre.

Come tutti gli altri. Allora ieri a Verona è andata in scena la contro-protesta. La manifestazione delle femministe di «Non una di meno». La manifestazione della sinistra. Di quella sinistra che rinnega la famiglia, che odia la vita, che predica uguaglianza pace amore e libertà e poi grida nelle piazze. Lancia fumogeni, bestemmia, schernisce i poliziotti e augura la morte alle persone. «Salvini, Salvini, speriamo tu muoia», gridavano in coro. «Poliziotti, poliziotti ma che ci state a fare se a casa ci sono i piatti da lavare». Gridavano così davanti a quegli schieramenti di poliziotti, militari e carabinieri messi lì apposta per loro.

Perché a difendere la famiglia si rischia il linciaggio. Donne travestite di fucsia, rosa, lilla. Uomini che al collo indossano il foulard della pace. Donne con i volti dipinti di cuoricini che reclamavano i diritti gridando al mondo che l’utero è il loro e ci fanno quello che vogliono. «Obietta obietta, obietta su sta fregna», gridavano le femministe in coro. Oppure «l’utero è mio», seguito da una bestemmia in rima. E così con megafono alla mano, striscioni, bandiere, chi mezzo nudo, chi sopra i furgoni ha preso e ha marciato in coro.

Pure i bambini. Sì mettiamoci pure loro, vittime di questa ostentazione. Bambini fatti fotografare con le scritte «No nera. No lesbica. No etero. Sì umana». E così alle 14.30 sono partiti da Verona stazione Porta Nuova e si sono diretti verso Palazzo della Gran Guardia. Erano circa 20mila, provenienti da tutta Italia. «Noi veniamo da Alessandria», ci dice una coppia con la spilla della Cgil. Varie le associazioni presenti. Da Amnesty International, alla Mariposa di Milano, fino ai Sentinelli. Questi che affissi al collo avevano cartelli con scritto «sono Bin Laden, Bussetti perché non hai invitato anche me?».

Questi i laici e gli antifascisti. Oppure «siamo le streghe che non avete bruciato». Nei parcheggi, secondo le stime di questura e polizia municipale, c’erano almeno 140 pullman, senza contare tutti quelli arrivati in treni o in auto. Poi una volta giunti vicino al palazzo della Gran Guardia hanno preso megafoni in mano e hanno iniziato a unire i cori. A lanciare fumogeni. A lanciare assorbenti e bottigliette vuote. A colorare gli assorbenti interni di rosa. Hanno reclamato tutto il loro odio contro i fascisti, contro Salvini, contro il potere e hanno esaurito la loro triste comparsa con uno striscione: «Un orgasmo vi seppellirà».

Ma già al mattino avevano iniziato. Una coppia gay gridava con uno spagnolo difensore della famiglia tradizionale. E mentre un gruppo di femministe intonava «Bella Ciao» tenendo in mano uno striscione con scritto «Sui nostri corpi decidiamo noi», nella stessa piazza il coordinatore veronese di Forza Nuova annunciava la costituzione del comitato per «abrogare la legge 194». Qui, a pochi metri da dove padri e madri sedevano ai tavolini dei bar, portando a passeggio i figli.

sabato 30 marzo 2019

Antonio Maria Rinaldi, Agorà: "Legittima difesa, ho un figlio disabile se entra qualcuno gli spacco la testa"



Si parla di legittima difesa nello studio di Serena Bortone ad Agorà, su Raitre, e Antonio Maria Rinaldi zittisce tutti gli ospiti contrari al provvedimento fortemente voluto dalla Lega e approvato ieri 28 marzo in Senato.

L'economista amico di Paolo Savona premette che "sarà sempre la magistratura a decidere.

Ci deve pensare lo Stato però non può esserci la polizia per ogni italiano".

E poi la lezione: "Ho un figlio disabile al 100% di 25 anni.

E' su una sedia a rotelle.

Se qualcuno entra in casa mia io prendo un mattarello, o una sedia, o una pentola e gliela spacco sulla testa".

In 8 anni uccisi 11.500 cristiani in Nigeria, 300 nei primi 3 mesi del 2019: nel silenzio di media e Vaticano


Roma. “300 cristiani sono stati uccisi in Nigeria da febbraio”, denunciava due giorni fa il Barnabas Fund nel rendere nota l’ampiezza dei massacri nel grande paese africano da parte dei pastori musulmani Fulani. Il vescovo William Avenya di Gboko ha detto ad Aiuto alla chiesa che soffre che il mondo non può aspettare un genocidio completo prima di decidere di intervenire.

“Per favore, non commettete lo stesso errore commesso con il genocidio in Ruanda”, ha affermato il vescovo, riferendosi al massacro dei tutsi del 1994 in Ruanda Circa 11.500 cristiani uccisi, un milione e trecentomila sfollati, 13 mila chiese abbandonate o distrutte. Sono gli impressionanti numeri contenuti in una relazione presentata mesi fa all’Onu da Joseph Bagobiri, vescovo di Kafanchan, e che fanno riferimento al periodo 2006-2014.

Almeno 38 cristiani sono stati uccisi nell’area di Moro (Kaduna) lo scorso 26 febbraio. Alle sei di mattina, 400 pastori fulani hanno attaccato diversi villaggi dell’area. “Ero in chiesa insieme ad altri fedeli quando abbiamo sentito gli spari e siamo subito scappati”, ha detto una testimone al Morning Star News.

 “Sparavano a tutti quelli che incontravano, hanno bruciato case e chiese”, racconta un altro. Il 10 febbraio nel villaggio di Angwan Barde, i fulani hanno massacrato undici cristiani. “Gridavano ‘Allahu Akbar’, hanno ucciso mio padre, mia madre, due fratelli e mia cognata”, ha detto Daniel Audu, leader del villaggio.

“Hanno ucciso dieci membri della comunità, compresa una donna incinta in stato avanzato”. Carneficine che si consumano senza alcuna grancassa mediatica. In occidente ci mobilitiamo notte e giorno per gli immigrati in mare. Ma ce ne freghiamo dei cristiani uccisi a terra. Figli di un Dio minore che non trovano posto in alcun album di famiglia.

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