lunedì 11 marzo 2019
“Lei è l’ultima che può parlare, ha scritto cazz… come sempre” Finalmente qualcuno che demolisce la compagna De Gregorio e il suo pezzo da piangina
La giornalista Concita De Gregorio ha scritto un articolo su Repubblica titolato «Quando questa firma sarà di un uomo» in cui dice che ha accettato di scrivere a patto che Repubblica non le chieda più di affrontare l’ argomento, che è la Festa della donna: e su questo sono d’ accordissimo con lei, vorrei che non ne scrivesse più.
Poi ha scritto che l’articolo le è stato assegnato da uomini e che a dirigere Repubblica sono uomini e a vicedirigerlo pure, quindi tanto vale che l’ articolo sull’ 8 marzo lo scriva un uomo, l’anno prossimo: e di questo, invece, non m’importa nulla, perché penso che l’articolo sull’ 8 marzo non dovrebbe proprio scriverlo nessuno, giudicando questa festa stucchevole a dannosa per la cosiddetta categoria.
Poi ha scritto altre cose, ma prima di affrontarle è il caso che lo scrivente (la scrivente) faccia outing, o coming out, o come si dice: perché, appunto, a scrivere l’articolo che state leggendo, in realtà, è una donna – mi chiamo Filippa Faccia, è tempo di rivelarlo – e da lustri mi nascondevo dietro un corrispettivo maschile per fare una carriera migliore.
Dati i risultati, mi viene naturale chiedermi come sarebbe andata se mi fossi palesata come donna da subito, ma, soprattutto, mi è difficile accettare che io abbia fatto una carriera da uomo mentre la De Gregorio abbia fatto una carriera da donna, e però lei guadagni probabilmente più di me e, secondo i canoni, abbia fatto una carriera migliore della mia, visto che io non ho mai diretto un quotidiano e lei sì. Anche se – mi spiace, ma è la verità – la cosa che è rimasta più memorabile della sua direzione dell’ Unità è una pubblicità del 2008 in cui si vedeva il culo di una donna in minigonna con in tasca il giornale, campagna che fece clamore tanto che lo spagnolo El Mundo titolò «Un polemico culo per vendere più giornali», una cosa che non piacque a tutte le femministe.
Per consolarmi della mia carriera più modesta, comunque, mi racconto che forse esiste un modo di fare carriera da donna in quanto donna – e non semplice e capace professionista – e cioè una carriera che dia una forte connotazione al fatto di essere donna che spesso scrive di donne e di se stessa in quanto donna, ma forse è solo uno scioglilingua, e allora lascio perdere.
La De Gregorio ha scritto anche altre cose, dicevamo. Ha scritto che le donne hanno meno compiti di responsabilità loro affidati, che una minoranza guida imprese o università o teatri o ministeri, che sono pagate meno, che nelle famiglie, spesso, dovendo scegliere, lavorano solo gli uomini. Sono tutte cose vere. Poi ha scritto che le donne dovrebbero essere valutate per le loro capacità ed essere pagate di conseguenza: vero anche questo, direi ovvio.
Dopodiché ha preso se stessa come esempio di discriminazione e ha raccontato che da direttrice guadagnava «moltissimo meno dei miei predecessori» (forse non fu lei a fare la trattativa) e che in Rai, quando prese il posto di un collega cui poi dovette ricederlo, ebbe un ingaggio di un quarto rispetto al collega.
Anche, qui, dobbiamo pensare, non fu lei a fare la trattativa: forse fu un uomo a farla al posto suo. In ogni caso è stata poco carina, perché poteva anche scriverlo che il collega è Corrado Augias, peraltro suo collega nel girone uomesco di Repubblica: Augias è pur sempre un giornalista rispettabile, anche se è notoriamente un vecchio trombone. La De Gregorio ammette che poteva anche non starci, rifiutare in nome della causa: tra l’altro sarebbe stato bello se avesse pubblicato anche i compensi, pur inferiori. Però poi si è fatta molto umana: «Si può sempre dire no e stare fuori.
Ma fuori spesso piove, fa freddo, e a un certo punto bisogna rientrare». È notorio che oltretutto le donne soffrono maggiormente il freddo. Infine, la De Gregorio ha scritto quelle che io giudico delle cazzate, concause della scarsa simpatia che la questione femminile riscuote nel Paese spesso anche tra le donne. Una è che «c’ è sempre qualcuno che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci»: è vero, ma questo vale per tutte le categorie, a tutte le latitudini e a qualsiasi livello di emancipazione. In Italia, per esempio, troverai sempre un immigrato che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci: e al datore di lavoro gli frega poco se sia uomo o donna, gli frega che può pagare meno. Ma è un altro discorso.
La De Gregorio, poi, esorta le donne come categoria: «Non abbiate paura del confronto, se è sul merito. Bisogna pretenderlo, non succederà da solo: bisogna incazzarsi, ora… Le destre avanzano, è ora di alzare la voce».
Ecco: si torna a paventare un genere di «lotta» che in passato ha denotato solo un formidabile potere divisivo, non ottenendo – mai – un accidente che non fosse il ritardare la fisiologica emancipazione della donna: che, in ogni caso, c’è e resterà inarrestabile, e avrà tempi che non saranno dei residuali femminismi ad accelerare, ma solo la pratica quotidiana e i comportamenti.
Nei paesi più civili non sono le «lotte» ad aver emancipato la condizione femminile, ma una più datata maturità democratica e storica, l’assenza di condizionamenti religiosi e la semplice convenienza economica nel premiare il merito prescindendo dal sesso: sempre che non spuntasse qualche femminismo sindacalizzato – ciò che la De Gregorio auspica – a pretendere irraggiungibili tutele di categoria.
Negli Stati Uniti, paese in cui l’emancipazione femminile è al massimo grado, le donne in quanto donne di tutele ne hanno pochissime. In Italia delle battaglie e degli articoli non gliene frega a nessuno: non è questo ad aver fatto raggiungere parità di presenze nel lavoro o ad aver fatto superare gli uomini in professioni come magistratura, avvocatura e medicina. «Incazzarsi» e «alzare la voce» è servito solo a chi, della causa femminile, ha fatto professione pur rientrando puntualmente nei ranghi, perché «fuori spesso piove, fa freddo e a un certo punto bisogna rientrare», certo. A scrivere articoli puntualmente al coperto.
lunedì 25 febbraio 2019
BELPIETRO: "GENTILONI HA FAVORITO I TRUFFATORI.PERCHÉ NESSUNO NE PARLA?"
Dove sono finiti i soldi dell'Unicef ? Belpietro ECCEZZIONALE!
“Provate a immaginarvi se un governo di centrodestra, a pochi giorni dalla sua uscita di scena, avesse deciso di depenalizzare, o quantomeno trovare una formula nuova per un reato come l’appropriazione indebita. Secondo voi cosa sarebbe successo?”
Così Maurizio Belpietro in un video editoriale sulla pagina Facebook de La Verità. “Ve lo spiego subito io” continua il giornalista “avremmo visto Roberto Saviano lanciare un appello per una manifestazione per protestare contro questo provvedimento; avremmo visto Gad Lerner spiegare che insomma non si rubano i Rolex, che i Rolex bisogna pagarli; avremmo visto Vauro fare delle vignette per raccontare che a Palazzo Chigi c’è qualcuno che somiglia molto alla Banda Bassotti.
Insomma avremmo visto tutta una serie di episodi come questi”: “E in realtà invece” aggiunge Belpietro “è successo che il governo Gentiloni abbia approvato un provvedimento che di fatto rende perseguibile soltanto la querela di parte all’appropriazione indebita, quindi frappone un ostacolo sostanzialmente all’azione del pm, però nessuno si è domandato come mai, nessuno sembra interessato ad approfondire questa faccenda”. E ancora: “Non soltanto nessuno è interessato a conoscere perché il governo Gentiloni il 10 di aprile, cioè poco prima di uscire di scena, quando già il Partito Democratico aveva perso le elezioni, abbia deciso di fare questo provvedimento”.
“Ma ancora più interessante e poco indagato dalla grande stampa” prosegue Belpietro “cioè: dove siano finiti i soldi di una fondazione che doveva raccogliere quattrini per i bambini africani e invece, a quanto pare, ha destinato quei soldi a comprare delle ville in Portogallo. E dietro questa vicenda c’è indagato il cognato di Matteo Renzi: ma ovviamente nessuno vuole sapere altro”. BRAVO DEL PIETRO !
Sondaggio del Parlamento europeo: boom della Lega e dei sovranisti, crollano popolari e socialisti
Boom della Lega e dei sovranisti, crollano Ppe, Socialisti ed Ecr, ma anche Verdi. E' quanto emerge dal sondaggio diffuso oggi lunedì 18 febbraio dal Parlamento Europeo, con le proiezioni dei seggi, in vista delle prossime elezioni europee, realizzato da Kantar Public sulla base delle intenzioni di voto rilevate all'inizio di febbraio.
Si prevede quindi un'Aula in cui i Socialisti e i Popolari non avranno più la maggioranza. Ma già un'alleanza tra Socialisti, Popolari e Liberali avrebbe una maggioranza confortevole, che diverrebbe inattaccabile se imbarcasse anche i Verdi.
Il gruppo che guadagna più seggi, comunque è quello dell'Enf, in cui siede la Lega, il partito che in Europa, secondo queste proiezioni, dovrebbe fare il salto maggiore.
In particolare, il Ppe passerebbe da 217 seggi a 183, scendendo da 28 a 23 delegazioni nazionali; l'Italia passa da 13 a 8 seggi nel gruppo Ppe. Il gruppo dei Socialisti e Democratici, S&D, passa da 186 a 135, perdendo 51 seggi (con 26 delegazioni nazionali, ne perde due); l'Italia qui è più che dimezzata, passando da 31 a 15 seggi e cedendo lo scettro di delegazione più numerosa ai Socialisti. Prima la Lega al 32,4%, con 27 seggi. Secondo il Movimento Cinque Stelle al 25,7%, con 22 seggi. Terzo il Partito Democratico al 17,3%, con 15 seggi, poi Forza Italia all’8,7%, con 7 seggi e Fratelli d'Italia al 4,4%, con 4 seggi. Sotto la soglia di sbarramento, e quindi con zero seggi, sono Più Europa (3,3%), Potere al Popolo (2,2%), Articolo 1-Mdp (1,9%) e altri partiti (4,1%).
BENETTON, E’ CONFERMATO! FUORI DALLE BALLE- Conte lo ha dichiarato esplicitamente: iniziato l’iter per la revoca delle concessioni miliardarie ai mafiosi delle autostrade
Dopo il crollo del ponte Morandi a Genova il governo revoca la concessione ad Autostrade per l’Italia.
A confermalo è il premier Giuseppe Conte, al termine dell’incontro con il governatore della Liguria Giovanni Toti. Dura l’accusa alla famiglia Benetton: “A loro spettava l’onere di garantire la sicurezza per gli utenti di quella tratta”, ha motivato la decisione il premier, spiegando anche che in futuro il governo intende applicare regole più stringenti nella concessione della gestione dei tratti autostradali, obbligando i concessionari privati a reinvestire una parte significativa dei proventi dai pedaggi nella sicurezza e nella manutenzione.
Tutto lascia supporre, poi, che il governo intenda revocare l’intera concessione ad Autostrade per l’Italia, e non solo quella della tratta autostradale in Liguria. Il Gruppo Atlantia Spa (che nel frattempo è crollato in Borsa, con i bond a scadenza luglio 2027 in calo del 4,01% a 92,8), gestisce tra le altre tratte autostradali la A1 Milano-Napoli, la A4 Milano-Brescia, la A14 Bologna-Taranto. Un colosso nazionale.
Conte ha inoltre definito la nomina di un commissario governativo ad hoc, come chiesto da Toti, e lo stanziamento di 5 milioni “per l’emergenza immediata. Sgombero case, evacuazione, rimozione delle macerie. Poi arriveranno altre risorse”. Istituiti 12 mesi di stato d’emergenza e, a livello simbolico, “una giornata di lutto nazionale, che faremo coincidere con la data della cerimonia funebre delle vittime”. Il bilancio aggiornato è di 39 morti.
Vita da parlamentare. 14mila euro al mese tra indennità, rimborsi e diaria. E fanno casino per 780 euro al mese per chi non ha nulla...
Ma quanto guadagna un parlamentare italiano? Se si considera la sola indennità spettante a senatori e deputati (leggi pezzo), tecnicamente assimilabile allo stipendio, poco più di 10mila euro lordi al mese.
Che, al netto delle ritenute Irpef e delle addizionali regionali e comunali, variabili in base alla residenza del singolo parlamentare, equivalgono a circa 5mila euro netti. Un signor stipendio, non c’è che dire, ma non certo uno sproposito. Se però all’indennità parlamentare si sommano tutte le varie voci di rimborso che compongono gli emolumenti spettanti ai rappresentati del popolo, ecco che la busta paga inizia a gonfiarsi sul serio. Fino a 19mila euro lordi al mese, circa 14mila euro netti. Oltre ad eventuali indennità d’ufficio, spettanti in ragione della carica ricoperta (presidente e vicepresidente di Camera e Senato, questore, presidente di commissione, eccetera), alle quali, va detto, tutti i parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno già rinunciato oltre a restituire parte dello stipendio.
Ma come si arriva a queste cifre? Il conto è presto fatto. A ciascun deputato, oltre all’indennità, spetta ogni mese una diaria, ossia un rimborso per le spese di soggiorno nella Capitale di 3.503,11 euro. Cifra che può essere decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico (è considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata). L’Ufficio di Presidenza di Montecitorio ha inoltre deliberato, tra il 2011 e il 2012, l’applicazione di un’ulteriore decurtazione fino a 500 euro mensili in relazione alla percentuale di assenze dalle sedute delle Commissioni e delle Giunte.
Ma non finisce qui. Ad ogni deputato spettano altri 3.690 euro (il 50% forfetari e il 50% da attestare) al mese di rimborso delle spese per l’esercizio del mandato. In più, ogni inquilino di Montecitorio ha diritto ad un rimborso trimestrale per le spese di trasporto e di viaggio variabile, a seconda della distanza tra il luogo di residenza e l’aeroporto più vicino: 3.323 euro (1.107 su base mensile) fino a 100 chilometri; 3.995 euro (1.331 al mese) oltre i 100 chilometri. Altri 3.098 euro (258 al mese) gli spettano a titolo di rimborso per le spese telefoniche. Totale lordo massimo – intendendo per lordo la sola indennità parlamentare – 19.214 euro al mese (13.779 netti), oltre alle eventuali indennità d’ufficio.
E a Palazzo Madama? Oltre all’indennità, ad ogni senatore vanno 3.500 euro al mese di diaria e altri 1.650 euro a titolo di rimborso forfetario per le spese generali. Si aggiunge un ulteriore rimborso delle spese per l’esercizio del mandato: 4.180 euro mensili, la metà forfetaria e il restante 50% da rendicontare. Totale lordo mensile massimo – intendendo il lordo riferito esclusivamente all’indennità parlamentare – 19.715 euro (14.330 euro netti). Oltre, anche in questo caso, ad eventuali indennità di carica.
Illumina il Municipio col tricolore francese persino il Sindaco più inquisito d’italia
Che si sia trattato di un gesto provocatorio oppure di distensione, poco importa, vero è che l’iniziativa del sindaco ha scatenato un polverone di polemiche
Il municipio di Imperia, ieri sera, era illuminato con il tricolore francese.
Che si sia trattato di un gesto provocatorio oppure di distensione – dopo il recente richiamo a Parigi dell’ambasciatore francese a Roma – poco importa, vero è che l’iniziativa del sindaco Claudio Scajola (espressione civica), ha scatenato un polverone di polemiche, con attacchi da parte della destra più radicale e del centrodestra. “Italia e Francia – commenta l’ex ministro – sono legate da un rapporto strettissimo sin dai tempi dell’Unità nazionale, tanto da essere definite ‘i cugini d’Europa’. La competizione, che deve esistere tra due Paesi leader, ha creato nel corso degli anni opportunità per entrambe le comunità”.
E poi. “La Francia è il secondo Paese destinatario delle esportazioni italiane ed è la destinazione raggiunta ogni giorno da molte migliaia di frontalieri della nostra provincia. Memori della nostra storia e dei nostri interessi, dobbiamo auspicare che i problemi si risolvano seguendo la via del dialogo e del confronto, nel rispetto dei valori comuni, con i modi e i toni propri di una nazione matura”.
Durissima la reazione della Lega e, in particolare, di Alessandro Piana, commissario imperiese del partito e presidente del Consiglio regionale ligure, che ha definito il gesto di Scajola come una presa di posizione contro il governo italiano.
“Un episodio non solo vergognoso nei confronti del nostro Paese, che ha finalmente un esecutivo che ne conserva la dignità in tutta Europa, a differenza di quanto è accaduto fino a poco tempo fa – ha affermato – ma anche anticostituzionale”.
Piana recita, quindi, il decreto del Presidente della Repubblica, numero 121 del 2000, che recita all’articolo 8, comma 1 del quarto capo “Disposizioni Generali e finali”: “All’esterno e all’interno degli edifici pubblici si espongono bandiere di Paesi stranieri solo nei casi di convegni, incontri e manifestazioni internazionali, o di visite ufficiali di personalità straniere, o per analoghe ragioni cerimoniali […], salve le regole di cerimoniale da applicare in singole occasioni su indicazione del Governo”.
Conclude il rappresentante della Lega: “Auspico in un immediato passo indietro rispetto a questa irrispettosa scelta del Sindaco, che dovrebbe rivolgere le sue scuse ai cittadini ai quali la sua amministrazione dovrebbe pensare”. Per il responsabile provinciale imperiese di CasaPound, Matteo Diana: “E’ una decisione imbarazzante e fuoriluogo – commenta a nome degli iscritti -. Un gesto politico di propaganda anti-governativa di cui la città non aveva assolutamente bisogno”.
E conclude: “Omaggiare oggi il governo francese con in corso un duro scontro diplomatico sull’asse Roma-Parigi è alquanto inopportuno”.
Che si sia trattato di un gesto provocatorio oppure di distensione – dopo il recente richiamo a Parigi dell’ambasciatore francese a Roma – poco importa, vero è che l’iniziativa del sindaco Claudio Scajola (espressione civica), ha scatenato un polverone di polemiche, con attacchi da parte della destra più radicale e del centrodestra. “Italia e Francia – commenta l’ex ministro – sono legate da un rapporto strettissimo sin dai tempi dell’Unità nazionale, tanto da essere definite ‘i cugini d’Europa’. La competizione, che deve esistere tra due Paesi leader, ha creato nel corso degli anni opportunità per entrambe le comunità”.
E poi. “La Francia è il secondo Paese destinatario delle esportazioni italiane ed è la destinazione raggiunta ogni giorno da molte migliaia di frontalieri della nostra provincia. Memori della nostra storia e dei nostri interessi, dobbiamo auspicare che i problemi si risolvano seguendo la via del dialogo e del confronto, nel rispetto dei valori comuni, con i modi e i toni propri di una nazione matura”.
Durissima la reazione della Lega e, in particolare, di Alessandro Piana, commissario imperiese del partito e presidente del Consiglio regionale ligure, che ha definito il gesto di Scajola come una presa di posizione contro il governo italiano.
“Un episodio non solo vergognoso nei confronti del nostro Paese, che ha finalmente un esecutivo che ne conserva la dignità in tutta Europa, a differenza di quanto è accaduto fino a poco tempo fa – ha affermato – ma anche anticostituzionale”.
Piana recita, quindi, il decreto del Presidente della Repubblica, numero 121 del 2000, che recita all’articolo 8, comma 1 del quarto capo “Disposizioni Generali e finali”: “All’esterno e all’interno degli edifici pubblici si espongono bandiere di Paesi stranieri solo nei casi di convegni, incontri e manifestazioni internazionali, o di visite ufficiali di personalità straniere, o per analoghe ragioni cerimoniali […], salve le regole di cerimoniale da applicare in singole occasioni su indicazione del Governo”.
Conclude il rappresentante della Lega: “Auspico in un immediato passo indietro rispetto a questa irrispettosa scelta del Sindaco, che dovrebbe rivolgere le sue scuse ai cittadini ai quali la sua amministrazione dovrebbe pensare”. Per il responsabile provinciale imperiese di CasaPound, Matteo Diana: “E’ una decisione imbarazzante e fuoriluogo – commenta a nome degli iscritti -. Un gesto politico di propaganda anti-governativa di cui la città non aveva assolutamente bisogno”.
E conclude: “Omaggiare oggi il governo francese con in corso un duro scontro diplomatico sull’asse Roma-Parigi è alquanto inopportuno”.
Minacce di morte, insulti, bombe e intimidazioni: la sinistra scatena la caccia contro Matteo Salvini
Da Il Giornale – Ci sono le scritte, gli auguri di morte, gli insulti su Facebook, i pupazzi col suo volto dati a fuoco, impiccati o gettati in acqua.
E ancora minacce, bombe, assalti ai gazebo. Il “clima d’odio” – che certa sinistra vede solo verso gli stranieri – esiste eccome. Ma nei confronti della Lega e di Salvini. Basterebbe mettersi seduti un attimo e scorrere le cronache per capirlo.
Ma siamo certi l’Onu non manderà ispettori per verificarlo. Proviamoci noi. Solo ieri a Modena è apparsa l’ennesima scritta contro il ministro dell’Interno: “Salvini muori male”, ha vergato qualche anarchico segnando la minaccia con il classico simbolo degli insurrezionalisti.
Solo poche ore prima, a Parma, su un muro qualcuno invitava a sparare al leghista e a “mirare bene”. Un ritornello già sentito. Di insulti e intimidazioni rivolte al leader della Lega se ne contano a decine. Solo due anni fa pubblicarono un fotomontaggio che lo ritraeva come Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse. Sempre a Parma, ma nel luglio scorso, lo stesso copione: “Non sparate a Salve, sparate a Salvini”.
Poi di casi simili se ne sono registrati a Cagliari, a Milano, un po’ in tutta Italia. Qualcuno è arrivato anche a inviargli una lettera intimidatoria, in cui lo informava che ci sono “3 albanesi puntati” su di lui e che presto verrà “giustiziato”. Domanda ai buonisti: contro chi è, quindi, che si abbatte l’odio in Italia? Vi siete mai messi lì a mettere in fila i fatti? O vi siete fermati alle ideologie? Il calderone di disprezzo e risentimento contro il Carroccio è colma fino all’orlo.
Forse è traboccata. Ma in molti avevano (e hanno) lo sguardo altrove. Provate a contare le bombe carte piazzate di fronte alle sedi della Lega o le vetrine imbrattate da buontemponi sinistri. Non ricordate? Nell’ottobre scorso gli anarchici piazzarono due esplosivi in tre giorni a Trento.
A gennaio di quest’anno, invece, un ordigno incendiario è stato lanciato contro la saracinesca leghista in Darsena a Milano. Pochi giorni prima un petardo esplose di fronte alla sede del Carroccio nel Salernitano. La lista è lunghissima: fermiamoci qui. Però metiamo in conto anche i tanti assalti ai gazebo leghisti, da Trento a Torino passando per Monza (solo per citarne alcuni). In Italia siam fatti così.
C’è chi (giustamente per carità, quelle frasi sono un orrore) si indigna per gli insulti rivolti a Emma Marrone sui social e via dicendo, ma dimentica di fare lo stesso l’Espresso ritwitta gli insulti diretti al ministro dell’Interno. Oppure non dice nulla quando vip e scrittori mettono in fila carrellate di insulti contro l’avversario politico. “Merda”, “Malavita”, “Fascista”, “scoreggia”: ne hanno dette di tutti i colori. Si sono pure inventati una nuova moda online: fare videoselfie col ministro per poi ricoprirlo di offese. Eppure nessuno s’indigna.
L’ex pm Carlo Nordio: “Tutti i Paesi Ue chiudono i confini, tranne l’Italia. Salvini fa bene ad alzare la voce”
Da Il Giornale – L’ex procuratore Carlo Nordio torna nuovamente a parlare dell’emergenza immigrazione e del blocco dei flussi che sta portando avanti il Viminale con Matteo Salvini.
Il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, ospite de “L’intervista” Il giudizio dell’ex toga è chiaro: “onsidero semplicemente efficace l’energia con cui il ministro dell’interno affronta la questione dell’immigrazione, al netto di certe espressioni un po’ brutali e rudi”.
Poi lo stesso Nordio punta il dito contro i finti buonisti in Europa che fanno la morale all’Italia: “Sull’immigrazione c’è una grande ipocrisia. Tutti gli stati europei hanno chiuso le loro frontiere, ma solo noi italiani facciamo la figura di quelli brutti, sporchi e cattivi”.
A questo punto dà un giudizio sul ministro degli Interni: “Direi che un a-liberale, nel senso che non si è posto il problema del liberalismo. Quel che mi preoccupa è la politica economica del governo di cui Salvini fa parte.
Quella sì anti liberale. Così come l’isolamento europeo in cui l’Italia rischia di finire”. Infine commenta la decisione del Movimento Cinque Stelle che con il voto su Rousseau ha “salvato” il titolare degli Interni nel caso Diciotti: “Mi ha fatto rabbrividire quel quaranta per cento di loro che ha votato sulla piattaforma Rousseau a favore dell’autorizzazione a procedere.
Perché è schizofrenico mandare a processo non solo Salvini ma anche Conte, Toninelli e Di Maio, cioè i rappresentanti del governo che hanno votato alle elezioni”. Infine torna ancora sull’Europa che mal digerisce le politche del governo soprattutto sul fronte immigrazione: “Era doveroso alzare la voce. Salvini è stato il primo ed è stato anche coraggioso”.
Il monologo “buonista” di Roberto Saviano da Fabio Fazio: “Gli africani e gli italiani hanno lo stesso destino”
“L’unico modo è capire che italiani e migranti sono dalla stessa parte, con lo stesso destino. Quando viene violato il diritto da una parte, significa che presto verrà violato anche il nostro.
Il diritto è l’unica cosa che più si espande e meno si consuma”. Roberto Saviano ha così aperto la puntata domenicale di Che tempo che fa, su Rai Uno, con un monologo su razzismo e immigrazione.
Il monologo politico dello scrittore, ospite di Fabio Fazio, per criticare apertamente e aspramente la linea del governo giallo-verde, specialmente il pugno duro del ministro dell’Interno Matteo Salvini, con il quale è querelle continua.
“Se ascoltate i discorsi politici sugli immigrati sfruttati nelle campagne, sembra che il problema non sia lo sfruttamento, ma il lavoratore africano stesso, come se lui fosse responsabile del suo stesso sfruttamento“, ha continuato il giornalista, per il quale non esiste alcuna invasione straniera.
Dunque, ha così proseguito nel suo assolo: “L’unico modo è ripensare l’accoglienza,ripensare i corridoi umanitari. Nelle merendine che mangiamo c’è il cacao africano, nei nostri smartphone e computer c’è il coltan, le piante italiane crescono con i fertilizzanti esportati dall’Africa. La Bauxite è africana. Insomma, si muovono le cose che ci permettono di vivere, perché non dovrebbero muoversi le persone?”, ha aggiunto Saviano, cha ha chiosato citando un passo dell’evangelista Matteo.
Genova “Ecco il dentista che cura in base al reddito: anche gratis per chi non può permetterselo”
Una figura molto interessante quella di Nicolas Dessypris, un vero e proprio “dentista sociale” che si fa pagare secondo le esigenze dei pazienti.
Nicolas lavora a Genova e ciò che lo ha portato alle cronache è la sua funzione sociale spiegata in breve da un cartello sulla sua porta: “Onorari secondo lo stato del bisogno a operai, pensionati, contadini, studenti, artigiani e artisti”.
La sua storia è raccontata da GreenMe, Nicolas cura anche gratuitamente chi non ha soldi e sa bene che una carie, per esempio, è cosa ben diversa da un impianto e vuole trovare il miglior compromesso tra qualità dell’intervento e spesa.
“Sono ormai anni che Nicolas Dessypris, che lavora nei pressi del porto di Genova, da anni pratica questa iniziativa: le sue tariffe non sono tutte uguali e in genere molto costose come in altri studi odontoiatrici, ma variano in base al reddito del paziente. La sua è in pratica la messa in atto dell’adesione all’accordo siglato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, dall’Andi e dall’Oci nel luglio 2009 per offrire prestazioni odontoiatriche a prezzi calmierati alle persone in difficoltà.
Il dentista ha creato un tariffario in base ai redditi: scontro del 10% per chi guadagna meno di 20 mila euro all’anno, del 20% per redditi inferiori ai 15 mila euro, del 30% fino a 12 mila, del 40% fino 10 mila e del 50% per i redditi inferiori a 5 mila. Dalle parole di Dessypris si intuisce che alcune prestazioni vadano oltre lo sconto. “Tolgo il mal di denti a chi ce l’ha”, afferma.”
Migranti. L’ultima grande truffa. Ospiti fantasma e nel giro di soli 6 mesi ottenevano la residenza.
Gli uomini della Polizia locale di Marigliano hanno scoperto un giro di falsi domicili destinati ad immigrati.
Il tutto era gestito e organizzato da cinque persone del posto. Questi soggetti avevano fatto richiesta per ospitare in casa diversi migranti di diversa nazionalità, che però erano in realtà ospiti fantasma.
I cittadini stranieri, infatti, non sarebbero mai arrivati nelle abitazioni e nemmeno a Marigliano. Grazie a questo strategemma, gli extracomunitari ottenevano il domicilio, e in poco tempo, 6 mesi circa, potevano avere facilmente la residenza per poi sparire.
A far partire le indagini, che hanno portato a questa scoperta, sono state le tantissime richieste per ospitare immigrati in casa pervenute al Comune, che hanno fatto insospettire il comandante dei vigili urbani Emiliano Nacar, che perciò ha deciso di indagare più a fondo sulla vicenda.
Gli agenti hanno quindi compiuto una serie di ispezioni negli appartamenti di alcuni cittadini di Marigliano che avevano offerto ospitalità ai migranti e hanno potuto constatare che nelle loro case non c’era nessun extracomunitario: essi avevano solo finto di accoglierli.
Questi extracomunitari provengono per la maggior parte dall’India, dal Bangladesh e dall’Ucraina. Dopo i controlli, è scattata la denuncia con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Le indagini in corso dovranno chiarire innanzitutto chi è responsabile di trovare i clandestini e soprattutto quali siano i vantaggi per l’ospitalità.
Il sospetto è che dietro tutto questo ci siano delle agenzie pro migranti e famiglie italiane pronte ad ospitarli, in cambio di una grossa somma di denaro.
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