sabato 23 maggio 2020

La furia dei migranti a bordo della nave-quarantena: e il governo giallo-rosso “accontenta” i violenti



I migranti non vogliono stare sulla nave quarantena, protestano e vengono “accontentati”. È quanto successo ieri a Porto Empedocle, nell’agrigentino, all’interno della Moby Zazà, la nave entrata in funzione la scorsa settimana per ospitare i migranti che arrivano a Lampedusa e nelle coste della provincia di Agrigento attraverso gli sbarchi autonomi.

Nella giornata di ieri, mentre la nave si trovava nella banchina per effettuare i rifornimenti, 14 tunisini hanno iniziato a protestare con lo scopo di poter abbandonare l’imbarcazione. La situazione ha rischiato di degenerare ed è stato quindi deciso di far scendere i “ribelli” sulla terraferma per trasferirli in un secondo momento in un centro di accoglienza. Nella tarda serata, dopo essere stati foto segnalati dalla polizia, i 14 migranti sono stati accompagnati nel centro ex Villa Sikania di Siculiana.

Non c’è pace per la nave quarantena che, a pochi giorni dalla sua apertura ai migranti, ha già registrato episodi di una certa gravità. Prima della protesta di ieri infatti, mercoledì scorso un giovane tunisino si è lanciato dalla nave. Il suo corpo privo di vita è stato ritrovato alcune ore dopo da un elicottero della capitaneria di Palermo. Quanto accaduto ha suscitato molto scalpore, in primis nel mondo della politica. Ma non sono mancate le polemiche nemmeno da parte delle Ong che operano sul Mediterraneo. Ad esempio la Sea Watch ha parlato di “prigione galleggiante” per i migranti.

Come si ricorderà la nave quarantena è stata più volte chiesta dal sindaco di Lampedusa, di Pozzallo e di Porto Empedocle, unitamente ad altri sindaci dell’agrigentino, già dallo scorso 8 aprile. Tutto questo per fare fronte ai numerosi arrivi autonomi di migranti provenienti dal Mediterraneo. Gli extracomunitari approdati negli ultimi due mesi nelle coste agrigentine sono stati così tanti da rendere difficile la loro accoglienza in un periodo di emergenza sanitaria. Appunto per questo motivo la nave per la quarantena è stata richiesta a gran voce con diversi appelli.

La nave adesso c’è e, mettendo da parte i problemi che si sono verificati in questa prima settimana, adesso ci sono altri problemi che hanno a che fare con la sua capienza. La Moby Zazà fino a ieri ospitava 120 migranti, questa sera invece sarà al completo. Già perché più tardi saliranno a bordo i 137 extracomunitari arrivati l’altro ieri a Lampedusa. Se la matematica non è un opinione gli ospiti, da questa sera, saranno poco più delle cabine a loro disposizione, circa 250. Se nelle prossime ore dovessero arrivare altri migranti cosa dovremmo aspettarci? La nave sembra proprio non essere sufficiente.

A queste considerazioni, occorre aggiungere poi anche la beffa derivante dai costi della nave: così come sottolineato nei giorni scorsi su IlGiornale, la Moby Zazà potrebbe arrivare a costare almeno 900.000 Euro al mese ai contribuenti. Una media di 4.000 Euro al mese per ognuno dei 250 migranti che al suo interno l’unità navale può ospitare. Sono queste cifre che si leggono dal bando che ha portato all’assegnazione del servizio di quarantena per i migranti alla nave del gruppo Onorato. I costi non hanno mancato di generare polemiche di natura politica.

La Lega ad esempio, ha tuonato molto forte sia contro le importanti cifre relative al bando che contro l’opportunità di affidare il servizio ad una nave del gruppo Onorato. Quest’ultimo, sempre secondo alcuni parlamentari leghisti, avrebbe un contenzioso con il Ministero dei Trasporti e per tal motivo non avrebbe dovuto partecipare al bando. Ai nostri microfoni il vice capogruppo della Lega alla Camera, Alessandro Pagano, nei giorni scorsi ha parlato di poca trasparenza da parte del governo e di inopportunità dell’arrivo della nave in Sicilia: “Non parliamo di un gommone di terza mano, ma – ha sottolineato Pagano – di una nave dotata di ristorante self-service, pizzeria, gelateria, admiral. Tutto questo mentre famiglie e imprese italiane sono in ginocchio per la gravissima crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19”.

Tuttavia, a fronte dei costi elevati della nave e del servizio relativo al rispetto della quarantena per i migranti, la Moby Zazà come visto al momento non sembra poter assolvere alla propria funzione. E l’avanzare della bella stagione, non promette nulla di buono: in Sicilia si spera nel ritorno dei turisti dal Nord, ma i fatti degli ultimi giorni e le vicende della nave della quarantena hanno alimentato invece la paura che, al contrario, l’isola possa rimanere invischiata dai flussi migratori da Sud. Anche perché dall’altra sponda del Mediterraneo nelle ultime settimane non sono arrivate notizie confortanti. Dalla Libia e dalla Tunisia in centinaia sarebbero pronti a partire, per gli scafisti la “Fase 2” è iniziata già da un pezzo.

La guerra in Libia, in particolare, potrebbe fungere da vero e proprio detonatore del fenomeno migratorio nella prossima bella stagione. Il conflitto, come spiegato in questi giorni su InsideOver, è giunta in una fase cruciale che ha visto i miliziani fedeli al premier Al Sarraj avanzare lungo la costa ad ovest di Tripoli. Molte delle località recentemente riprese dai gruppi filo governativi, negli anni passati sono state usate spesso come base da scafisti e trafficanti. A Sabratha come a Sorman, cittadine riprese dai miliziani filo Al Sarraj nello scorso mese di aprile, diversi gruppi implicati nel traffico di esseri umani sarebbero pronti a far riprendere il macabro business legato ai viaggi della speranza. Tra questi, a spiccare è il clan degli Al Dabbashi, il cui esponente principale, ossia Ibrahim Al Dabbashi, è tornato nella “sua” Sabratha dopo tre anni di esilio. Sarebbe stato proprio lui, a partire soprattutto dal 2014, a mettere in piedi una delle più potenti organizzazioni criminali impegnata nel fenomeno migratorio.

Cattive notizie arrivano anche dalla Tunisia, dove oramai da mesi si assiste ad una vera e propria alleanza tra i gruppi criminali locali e quelli libici. In particolare, questi ultimi mandano sempre più spesso centinaia di migranti verso la confinante Tunisia, dalle cui coste è molto più semplice raggiungere Lampedusa. Non è un caso che a bordo degli ultimi gommoni giunti in Sicilia, partiti quasi sempre dalla Tunisia, sempre più raramente si nota la presenza di tunisini e, al contrario, è possibile riscontrare quella di migranti provenienti dal Sahel e transitati dalla Libia. Tra segnali negativi dal nord Africa e risposte insufficienti da Roma, la Sicilia e l’Italia rischiano dunque di dover fare i conti, tra non molto, con una delle estati più difficili sul fronte migratorio. La vicenda della nave della Moby Zazà al momento costituisce l’esempio più palese dell’attuale situazione.

Grazie a governo e magistrati “buonisti” sono stati scarcerati 8.551 criminali con la scusa del coronavirus



Dall’inizio dell’emergenza coronavirus ci sono 8.551 detenuti in meno nelle carceri italiane, un calo del 13,9 per cento in appena due mesi e mezzo: da 61.230 a 52.679, a fronte di 50.931 posti disponibili.

Sono dati diffusi questa mattina dall’associazione Antigone, che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, nel XVI rapporto sulle condizioni di detenzione. «Da fine febbraio al 19 marzo – fanno sapere dall’associazione – il numero di detenuti è calato di 95 persone al giorno». Una tendenza accentuata ulteriormente dal decreto “Cura Italia”: dal 19 marzo al 16 aprile, infatti, il numero di detenuti cala di 158 persone al giorno. «Dal 16 aprile in poi il clima cambia.

Si pone il tema delle scarcerazioni di persone appartenenti alla criminalità organizzata e così le presenze in carcere calano di 77,3 presenti al giorno, meno della metà di prima», sottolinea l’indagine. Conseguenze anche sul sovraffollamento, diminuito dal 130,4 per cento degli ultimi giorni di febbraio al 112,2 per cento di metà maggio: una diminuzione del 18 per cento.

Scandalo toghe rosse, l’avvocato Biscotti: “Gli insulti a Salvini sono un attentato agli organi costituzionali”



Non è solo una chat privata. Gli insulti a Matteo Salvini rivolti tra Luca Palamara, ex membro del Csm, e il capo della Procura di Viterbo Paolo Auriemma (il leader della Lega “va fermato”, parola di Palamara) secondo l’avvocato penalist Valter Biscotti sono “un fatto gravissimo”. Di più: un attentato agli organi costituzionali.

“In altri casi, per molto meno, si sono aperte inchieste straordinarie di grande rilevanza mediatica – sottolinea l’uomo di legge al Giornale -. Ricordo solo quando in quelle due parole di molti anni fa Pacini Battaglia disse: Quei due mi hanno sbancato. Solo da quella frase sono nate decine di migliaia di pagine. Poi si è accertato che diceva sbiancato. Anche da poche parole si possono intravedere principi di condotte illecite. In questo caso le parole sono gravissime”.

Quando Palamara ha pronunciato quelle parole, ricorda Biscotti, “Salvini era un ministro” e lo stesso pm “un magistrato potente”. Per questo quelle frasi “sottintendono delle possibili condotte che sono gravissime perché dire bisogna attaccarlo significa che un magistrato attacca un politico solo con azioni giudiziarie. Ovvero che da parte di un organo costituzionale ovvero una parte di magistratura c’è la volontà di fare politica attraverso le inchieste giudiziarie”.

Un sospetto che va avanti da anni, con vari protagonisti e vittime, e che quella chat metterebbe dunque nero su bianco. “A questo punto – conclude l’avvocato – tutti hanno diritto di sapere quali sono le modalità della condotta di attacco a Salvini. Quali altri eventuali soggetti (colleghi di Palamara?) dovevano attuare la condotta di attacco al capo del Viminale?”.

venerdì 22 maggio 2020

Il “terrorista finanziario” Soros: “Sono preoccupato per l’Italia. Salvini vuole che il Paese lasci l’euro e l’Ue”



“Sono particolarmente preoccupato per l’Italia. Matteo Salvini, si sta agitando affinché il Paese lasci l’euro e l’Ue”. Lo afferma in il magnate George Soros in un’intervista al quotidiano olandese De Telegraaf. “Fortunatamente, la sua popolarità personale è diminuita da quando ha lasciato il governo, ma il sostegno a lui sta guadagnando slancio”, continua Soros.

“Cosa sarebbe dell’Europa senza l’Italia?”, si chiede Soros, spiegando che “l’Italia era solita essere il paese più filo-europeo” con “gli italiani che si fidavano dell’Europa più dei propri governi e con buone ragioni. Ma sono stati maltrattati durante la crisi dei rifugiati del 2015”. Soros ricorda che “l’Ue ha applicato i cosiddetti regolamenti di Dublino che imponevano tutti gli oneri ai paesi di primo approdo dei rifugiati e non offrivano alcuna condivisione degli oneri finanziari”. E ciò accade “quando gli italiani decidono di votare per la Lega di Salvini e il M5S”.

Nell’intervista Soros spiega come la Ue possa mantenere il suo rating AAA e emettere perpetual bond, conosciuti come Consol in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, per affrontare la duplice sfida del Covid e del cambiamento climatico. La sua proposta prevede che la Ue autorizzi l’utilizzo di “risorse proprie” sufficienti senza attendere che i fondi siano materialmente raccolti. Soros sottolinea come i perpetual bond non vadano confusi con i Corona Bond, che sono già stati rifiutati in modo deciso. Gli Olandesi, continua Soros, possono fare una scelta: “continuare ad opporsi ai Consol e di conseguenza accettare un raddoppio del bilancio, oppure convertirsi in sostenitori convinti dei Consol e, in caso di successo, aumentare solo del 5% il loro contributo al bilancio. Il capitale dei Consol non verrà mai ripagato, verrebbero pagati solo gli interessi. Nell’ipotesi di un tasso dello 0,5%, un’emissione da 1.000 miliardi di euro costerebbe 5 miliardi all’anno, con un rapporto, secondo Soros, “incredibilmente basso di 1:200”.

Gli unici obblighi per i membri Ue riguarderebbero i “trascurabili” pagamenti degli interessi annuali, un grado di mutualizzazione che dovrebbe venire “facilmente accettato” dagli stati membri all’unanimità o sotto qualche forma di “cooperazione di volontà”. I Consol hanno anche un altro grande vantaggio. I fondi raccolti non devono essere distribuiti secondo il “parametro fiscale” delle quote di partecipazione dei diversi stati membri nella Bce. Possono essere invece allocati a chi ne ha maggiore necessità, con la gran parte che andrebbe ai paesi del Sud in quanto colpiti in maniera “più pesante”, potendo così arrivare ai soggetti più bisognosi, tra cui i lavoratori agricoli irregolari.

“L’allentamento delle norme sugli aiuti di Stato, che favoriscono la Germania – prosegue – è stato particolarmente ingiusto nei confronti dell’Italia, che era già il malato d’Europa e poi il più colpito dal Covid-19”.

Roma, aggredissione e sputi ai passanti! Poi tenta di colpire gli agenti: arrestato romeno



Roma, 20 mag. (askanews) – Importunava i passanti con urla e sputi quando, ieri sera, un cittadino di nazionalità romena di 44 anni è stato fermato da una pattuglia del I Gruppo Trevi della Polizia Locale di Roma Capitale nella zona di Piazza Navona.

Nonostante i tentativi degli operanti di calmarlo, l’uomo ha proseguito con comportamenti aggressivi, minacciando e tentando di colpire gli agenti ed alcuni cittadini che nel frattempo si erano avvicinati: il 44enne è stato bloccato e condotto presso la sede di via della Greca dove è stato posto in stato di arresto per oltraggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale , oltreché per molestie nei confronti dei passanti.

Questa mattina il processo con rito per direttissima, con arresto convalidato dall’Autorità Giudiziaria.
Importunava i passanti con urla e sputi quando, ieri sera, un cittadino di nazionalità romena di 44 anni è stato fermato da una pattuglia del I Gruppo Trevi della Polizia Locale di Roma Capitale nella zona di Piazza Navona.

Nonostante i tentativi degli operanti di calmarlo, l’uomo ha proseguito con comportamenti aggressivi, minacciando e tentando di colpire gli agenti ed alcuni cittadini che nel frattempo si erano avvicinati: il 44enne è stato bloccato e condotto presso la sede di via della Greca dove è stato posto in stato di arresto per oltraggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale , oltreché per molestie nei confronti dei passanti.

Questa mattina il processo con rito per direttissima, con arresto convalidato dall’Autorità Giudiziaria.

Toghe rosse, Palamara intercettato: “C’è anche quella mer.. di Salvini, ma mi sono nascosto”



“C’è anche quella merda di Salvini, ma mi sono nascosto”: è uno spaccato vergognoso e imbarazzante quello che emerge nelle chat di Luca Palamara con alcuni colleghi magistrati su Whatsapp. Conversazioni fra toghe, spuntate ora, grazie a uno scoop de La Verità, nell’inchiesta della Procura di Perugia sul pm romano Luca Palamara.

Che, di fronte ai dubbi espressi da alcuni colleghi per l’attacco giudiziario sferrato contro Salvini dalla magistratura agrigentina per il caso degli immigrati sulla nave Diciotti, replicava così esplicitamente: “Ora bisogna attaccarlo”. Chiarendo così, definitivamente, che certa magistratura non persegue l’interesse della Giustizia, come amano far credere. Ma solamente il proprio furore ideologico.

Un tempo si parlava di “toghe rosse“. E l’Associazione Nazionale magistrati, il politicizzatissimo sindacato di cui Palamara, oggi indagato, è stato presidente, si sollevava, indignata, come un sol uomo giurando e spergiurando la propria equidistanza di giudizio.

Ma a leggere ora quelle chat segrete fra alcuni magistrati c’è da restare allibiti per la violenza verbale espressa contro Salvini. E per l’ottusa furia ideologica. Che faceva, appunto, dire a Palamara, parlando con l’ex-presidente dell’Anm, Francesco Minisci, esponente di Unicost, la corrente centrista, ed ex-pm del pool antiterrorismo romano: “C’è anche quella merda di Salvini, ma mi sono nascosto”.

C’è da chiedersi quale serenità di giudizio potessero avere certi magistrati nel pieno delle loro funzioni se, poi, nel privato, si esprimevano in questa orrenda maniera contro Salvini. E dichiaravano, sprezzanti, le proprie posizioni ideologiche da perseguire con ogni mezzo.

Ruotano tutte attorno alla figura di Luca Palamara – salito agli onori delle cronache quando venne strapazzato pubblicamente in televisione da Cossiga che lo definì “faccia da tonno” – le chat su Whatsapp dei magistrati finite ora in pasto all’opinione pubblica.

E se c’è qualcuno che ammette, onestamente, rivolto a Palamara “siamo indifendibili, indifendibili”, molti altri schiumano nelle chat tutto il loro imbarazzante odio. Stillando veleno e ideologia. Come se fosse la cosa più normale del mondo per dei funzionari dello Stato. Che dovrebbero – dovrebbero – essere equilibrati e, distaccati e sereni.

“Mi dispiace dover dire che non vedo dove Salvini stia sbagliando”, ragiona pacatamente, rivolto a Palamara, il suo ex-collega romano Paolo Auriemma. Divenuto, poi, capo della Procura di Viterbo.

E’ l’estate del 2018. E i due stanno parlando dell’offensiva giudiziaria della Procura di Agrigento scattata contro Salvini dopo che l’allora ministro dell’Interno ha bloccato lo sbarco degli immigrati dalla nave Dicioti.

“Illegittimamente si cerca di entrare in Italia. E il ministro dell’Interno (Salvini, ndr) interviene perché questo non avvenga – riflette Auriemma. – E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico, aldilà del lato politico. Tienilo per te ma sbaglio?”.

La replica di Palamara è sconcertante e sgradevole: “No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo”. Detto da un magistrato, perdipiù uno dei più potenti d’Italia all’epoca ed ex-capo dei sindacalisti in toga, è agghiacciante. E lascia capire che la definizione “toghe rosse” è solo un eufemismo.

Auriemma sembra non volersi arrendere alla pervicacia ideologica del suo interlocutore. E rivolto a Palamara rincara la sua convinzione sulla campagna giudiziaria della Procura di Agrigento contro Salvini: “Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso.Perché tutti la pensano come lui. E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti che avrebbero dovuto portare di nuovo da dove erano venuti”.

Non c’è solo, nelle parole del capo della Procura di Viterbo, un convincimento tecnico ma, anche, una valutazione di opportunità. Perché il rischio è che la magistratura, già in pesante crisi reputazionale e di consenso, si trovi isolata dall’opinione pubblica.

“Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori – rileva Auriemma – Siamo indifendibili. Indifendibili”.

Una posizione di buon senso che si rintraccia anche nelle parole di un altro interlocutore di Palamara.L’ex capocentro della Direzione Investigativa Antimafia di Catania, Renato Panvino. L’amico poliziotto che Palamara – così dicono le carte dei magistrati di Perugia – incaricò di acquistare un anello per un’amica.

Panvino, che non risulta indagato, dice, rivolto all’amico Palamara: “Io credo che rafforzano Salvini così…”. E il pm romano: “è una cosa complessa…sarà, comunque, un casino”. Lasciando capire che l’iniziativa della Procura di Agrigento non è propriamente un atto tecnicamente giustificabile.

Ma sono molti i magistrati che restano impigliati nelle chat Whatsapp con Palamara. Che si fa inviare sul cellulare dal consigliere di Cassazione, Giovanni Ariolli, le sentenze del processo a Umberto Bossi e all’ex-tesoriere della Lega, Francesco Belsito.

Dalle carte dei magistrati di Perugia che indagano su Luca Palamara emergono gli scambi di mesaggi con Bianca Ferramosca, componente della giunta esecutiva dell’Anm, che rivela a “Luca mio” come, nel Comitato del Direttivo centrale delle toghe qualcuno abbia osato dare ragione a Salvini. Una specie di bestemmia in chiesa, par di capire.

Il riferimento è ad Antonio Sangermano, uno dei pm del processo Ruby. Che la Ferramosca accusa di fronte a Palamara di aver osato perorare “una linea filogovernativa sul Dl Sicurezza”.

Quella di Palamara e di altri magistrati contro Salvini e la Lega appare proprio un’ossessione. Ma la questione riguarda, in realtà, tutto il Centrodestra.

“Io dovevo andare contro Berlusconi” confida Palamara a un amico nel periodo in cui, assieme al pm romano, Giuseppe Cascini, oggi consigliere di Area, la corrente di sinistra della magistratura, guidava l’Associazione nazionale magistrati. Forse il periodo più conflittuale dell’Anm nei rapporti con l’esecutivo.

Sbarchi fuori controllo, altri 135 clandestini approdati a Lampedusa: “Non sappiamo più dove metterli”



Non accenna a diminuire la pressione migratoria sull’isola di Lampedusa: nella serata di mercoledì infatti, un nuovo barcone con 135 migranti a bordo è approdato lungo le coste della più grande delle Pelagie. Si tratta di uno degli sbarchi più importanti, anche in termini numerici, degli ultimi mesi e che ha coinvolto le motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. Gli uomini delle forze dell’ordine, in particolare, hanno iniziato quando già era buio le operazioni di soccorso che ha poi condotto i 135 migranti all’interno del porto di Lampedusa.

Qui tutti sono stati provvisoriamente ospitati sul molo Favarolo, la parte dello scalo lampedusano che da anni accoglie le persone arrivate dal Mediterraneo. E adesso Lampedusa sta rischiando di ripiombare nuovamente nei giorni più bui di questo 2020, in cui tra marzo ed aprile è stata costretta a fronteggiare l’emergenza migratoria assieme a quella sanitaria legata all’epidemia di coronavirus.

Il locale centro di accoglienza attualmente ospita 116 migranti, dieci in più della capienza della struttura. Tutte le persone all’interno dell’edificio stanno effettuando il loro periodo di quarantena, imposto per gli ovvi motivi riguardanti l’emergenza sanitaria. Dunque, è impossibile portare nel centro di accoglienza situato in contrada Imbracola altre persone.

Allo stesso tempo però, risulta difficile trasferire i migranti a bordo della nave Moby Zaza, il mezzo inviato in Sicilia per ospitare le persone sbarcate che devono trascorrere il periodo di quarantena. Attualmente la nave si trova in rada di fronte le coste di Porto Empedocle, dunque nell’immediato non è semplice raggiungerla. Inoltre, a bordo ci sono già altri migranti e l’aggiunta dei 135 sbarcati ieri sera potrebbe portare alla saturazione dei posti disponibili. La nave infatti complessivamente potrebbe ospitare 250 migranti in cabine singole.

La situazione quindi non appare di facile risoluzione. Anche perché proprio la Moby Zaza è al centro di numerose polemiche da quando, nella notte tra martedì e mercoledì, un ragazzo tunisino si è lanciato dalla nave. Forse un tentativo di fuga od un gesto dettato da altre ragioni, il giovane è stato purtroppo ritrovato senza vita nelle ore successive scatenando le reazioni soprattutto delle Ong.

Queste ultime, tra cu la tedesca Sea Watch, hanno definito la Moby Zaza una vera e propria “prigione”, criticando duramente il governo italiano per la scelta di far trascorrere la quarantena dei migranti a bordo di un’unità navale. Dal canto suo, l’8 aprile scorso il governo di Roma ha ufficialmente dichiarato “non sicuri” i porti italiani per via dell’emergenza coronavirus. Intanto però si continua a sbarcare e Lampedusa, ancora una volta, è specchio del problema legato al fenomeno migratorio che in estate potrebbe definitivamente esplodere.

giovedì 21 maggio 2020

Teresa Bellanova fuori controllo, ora vuole i braccianti “al volo”: “Charter per portare gli stranieri nei campi”



La ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova non si arrende dinanzi alla bocciatura della regolarizzazione indiscriminata degli immigrati. Anzi, rilancia. E potrebbe mettere in scena, a breve, un altro tentativo di sanatoria mascherata con tanto di ingaggio per gli stranieri che approderebbero in Italia per lavorare nei campi. Arrivando non più dal mare con barconi o barchini di fortuna o sulle navi Ong, ma con appositi voli charter pagati dall’erario.

La crociata intrapresa dalla Bellanova si arricchisce ogni giorno di un nuovo capitolo e quella dei charter è l’ultima novità anche se ha ammesso lei stessa che: «Anche organizzare i voli charter non è una cosa facile e soprattutto dobbiamo sapere che queste persone devono arrivare in condizioni di sicurezza e devono essere sottoposti a quarantena attiva». Già, però è molto tentata di portare avanti quest’idea perché avrebbe un ritorno d’immagine immediato: avrebbe vinto su quanti ritengono, per prima Confagricoltura, che sono tanti gli italiani disponibili a lavorare nei campi e a prestare il loro servizio percependo il reddito di cittadinanza. Macché. Per la ministra la strada maestra è invece percorrere e attuare il cosiddetto corridoio verde richiesto da Coldiretti. Strada che però non manca di tortuosità manifeste. Prima fra tutte la regolarizzazione dei lavoratori con l’utilizzo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro che non incontra affatto la stagionalità della natura agricola. I tempi tra arrivo, permesso e raccolta dovrebbero essere più compressi per consentire una rapida legalizzazione degli stranieri.

Non manca poi il dettato sul periodo di quarantena che, a oggi, non consente ad alcuno di circolare liberamente prima di essere stato isolato per un minimo di due settimane. Dunque i nuovi arrivati, dovrebbero essere ospitati in apposite strutture di accoglienza. Tutte e solo per loro.

Ma non sarebbe meglio mettere in piedi un bando, provincia per provincia e ingaggiare chi ha le carte in regola, italiani per primi? Certo che sì, sarebbe sicuramente più facile e lineare, ma è evidente che la linearità non è una dote del governo giallorosso. Va da sé che una procedura semplice non consentirebbe scappatoie amministrative.

La Bellanova e i suoi sostenitori credono davvero che concluso il contratto stagionale, al ritorno a casa, su quegli stessi charter ci sarà lo stesso numero di immigrati partito? Pia illusione. Anche perché dopo la raccolta delle fragole ci sarebbe quella delle pesche, quella dell’uva, quella delle mele e delle arance. Altro che stagionali. Quei lavoratori resterebbero fintanto che qualcuno non si andasse a rendere conto di quante baraccopoli assimilabili a quella calabrese di San Ferdinando sono state messe in piedi nel frattempo.

Vergogna PD in Puglia: Emiliano spende 50mila euro (dei cittadini) per acquistare le biciclette ai migranti



Stanziati 50mila euro per l’acquisto di biciclette da consegnare ai lavoratori stagionali immigrati. Lo ha deciso la giunta della Regione Puglia, riunita oggi in seduta ordinaria, stanziando 50mila euro a cui potranno accedere le associazioni di volontariato a cui affidare l’acquisto di biciclette, nelle provincie di Foggia, Lecce e Taranto.

«Esprimendo la volontà di mettere a disposizione dei lavoratori migranti stagionali, delle Provincie di Foggia, Lecce e Taranto, dei mezzi di trasporto, allo scopo di facilitare loro il raggiungimento del posto di lavoro, ottimizzando la gestione logistica, la tutela della sicurezza e la cura degli immigrati nelle strutture temporanee di accoglienza» la Giunta regionale ha approvato un apposito schema di avviso di manifestazione d’interesse per la selezione cui affidare l’acquisto di biciclette da fornire ai lavoratori stagionali immigrati.

Stanziati 50mila euro per l’acquisto di biciclette da consegnare ai lavoratori stagionali immigrati. Lo ha deciso la giunta della Regione Puglia, riunita oggi in seduta ordinaria, stanziando 50mila euro a cui potranno accedere le associazioni di volontariato a cui affidare l’acquisto di biciclette, nelle provincie di Foggia, Lecce e Taranto.

«Esprimendo la volontà di mettere a disposizione dei lavoratori migranti stagionali, delle Provincie di Foggia, Lecce e Taranto, dei mezzi di trasporto, allo scopo di facilitare loro il raggiungimento del posto di lavoro, ottimizzando la gestione logistica, la tutela della sicurezza e la cura degli immigrati nelle strutture temporanee di accoglienza» la Giunta regionale ha approvato un apposito schema di avviso di manifestazione d’interesse per la selezione cui affidare l’acquisto di biciclette da fornire ai lavoratori stagionali immigrati.

Ora Malta fa la “vice-scafista” e dirotta i barconi carichi di clandestini verso l’Italia



È l’11 aprile scorso, i Paesi attorno al Mediterraneo sono scossi dall’esplodere della pandemia da coronavirus e l’Italia, così come Malta, già da qualche giorno avevano dichiarato i propri porti non sicuri e non idonei ad ospitare operazioni di salvataggio di migranti.

Quel giorno non lontano da La Valletta ed all’interno delle acque di competenza del governo maltese, un gommone con 101 migranti a bordo sembra in procinto di essere soccorso da una motovedetta delle autorità dell’isola. Un mezzo militare con la bandiera di Malta si è infatti avvicinato alla piccola imbarcazione, alcuni migranti hanno iniziato a tuffarsi convinti di essere vicini al momento di poter salire sulla motovedetta.

Al contrario, i maltesi hanno sì iniziato le operazioni di soccorso ma, al tempo stesso, hanno anche iniziato a dare istruzioni ai migranti per come raggiungere l’Italia: “A Malta c’è il coronavirus, siamo tutti malati e non possiamo accogliervi”, avrebbe dichiarato un militare della Guardia Costiera di La Valletta ad un migrante che chiedeva spiegazioni.

Il migrante in questione ha riportato la sua testimonianza ad Alarm Phone, il network telefonico gestito da Don Zerai che rilancia su Twitter le allerte ricevute direttamente dalle imbarcazioni in difficoltà.

E sul canale di Alarm Phone è stato anche pubblicato un video che testimonierebbe i momenti più importanti dell’episodio dell’11 aprile scorso. In particolare, i militari maltesi avrebbero fornito ai migranti un nuovo motore ed il carburante necessario per raggiungere la Sicilia. Inoltre, sono stati lanciati anche giubbotti salvagente e, subito dopo, hanno intimato agli occupanti del gommone di continuare la loro traversata verso le acque italiane.

Secondo la testimonianza del migrante, i militari maltesi avrebbero puntato contro il gommone e le armi, dando tempo mezzora prima di continuare a percorrere la rotta verso le nostre coste. L’imbarcazione sarebbe partita tra l’8 ed il 9 aprile da Zliten, località lungo la costa libica ad est di Tripoli.

Il giorno dopo, il gruppo di 101 migranti è stato poi soccorso dalle nostre autorità e condotto all’interno del porto di Pozzallo. In quelle ore in Sicilia era già molto forte la polemica circa i nuovi sbarchi che, dall’inizio del mese ed in piena emergenza coronavirus, stavano mettendo sotto pressione comuni e territori per via dei problemi relativi all’accoglienza.

Nel giorno dello sbarco dei migranti dirottati da Malta verso la Sicilia, 32 sindaci dell’agrigentino ad esempio avevano scritto una missiva indirizzata al presidente del consiglio Giuseppe Conte per chiedere urgenti provvedimenti e per non essere lasciati soli nel gestire la doppia emergenza, quella sanitaria e quella migratoria.

I retroscena svelati dalla testimonianza resa nota da Alarm Phone, hanno dato maggior risalto ad un quadro che ha visto nel Mediterraneo, anche durante le fasi più delicate della pandemia, l’Italia considerata spesso come unici approdo possibile per i migranti.

mercoledì 20 maggio 2020

Abbiamo scherzato, Renzi e Italia Viva si “sigillano” alle poltrone: “Votiamo contro la sfiducia a Bonafede”



Il “discorso più sofferto della mia vita”? Già, perché Matteo Renzi per l’ennesima volta si inginocchia, ingoia pure Alfonso Bonafede pur di difendere la poltrona e i parlamentari che, in caso di crisi di governo, ad oggi non rieleggerebbe. Mai. Tutto come previsto: Italia Viva non vota nessuna delle due mozioni di sfiducia contro l’improbabile Guardasigilli grillino, blindando così esecutivo e Giuseppe Conte.

“Non erano mozioni strumentali, ve lo devo riconoscere – spiega al Senato l’ex premier -. Ma per motivi politici non le voteremo”. E i motivi politici sono salvare Conte e se stesso. Poi, certo, Renzi spiega che il momento è difficile, tra ripartenza e coronavirus, e che sono dunque queste le ragioni che lo spingono a salvare Bonafede. Almeno per chi ci vuole crede…

Il “discorso più sofferto della mia vita”? Già, perché Matteo Renzi per l’ennesima volta si inginocchia, ingoia pure Alfonso Bonafede pur di difendere la poltrona e i parlamentari che, in caso di crisi di governo, ad oggi non rieleggerebbe. Mai. Tutto come previsto: Italia Viva non vota nessuna delle due mozioni di sfiducia contro l’improbabile Guardasigilli grillino, blindando così esecutivo e Giuseppe Conte.

“Non erano mozioni strumentali, ve lo devo riconoscere – spiega al Senato l’ex premier -. Ma per motivi politici non le voteremo”. E i motivi politici sono salvare Conte e se stesso. Poi, certo, Renzi spiega che il momento è difficile, tra ripartenza e coronavirus, e che sono dunque queste le ragioni che lo spingono a salvare Bonafede. Almeno per chi ci vuole crede…

Violenza a Roma: straniero prende di mira un 50enne per strada e lo terrorizza con un coltello. Denunciato



Di Gianluca Corrente – Paura nelle strade di Roma a causa di uno straniero che ha terrorizzato un 50enne puntandogli un coltello. È l’ennesimo episodio di violenza accaduto nella Capitale in questi mesi di emergenza. I carabinieri di San Pietro hanno denunciato un polacco di 61 anni, senza fissa dimora e con precedenti. Ora deve rispondere alle accuse di minaccia, ricettazione porto abusivo di arma atta ad offendere.
Lo straniero e l’aggressione al passante
La vittima è un passante. Stava camminando in piazza Bergoncini Duca. Ad un tratto lo straniero l’ha minacciato brandendo un coltello in mano. L’uomo, un 50enne, ha immediatamente segnalato l’accaduto al “Nue 112”. In breve tempo, i carabinieri l’hanno raggiunto sul posto trovando il 61enne poco lontano.

Di Gianluca Corrente – Paura nelle strade di Roma a causa di uno straniero che ha terrorizzato un 50enne puntandogli un coltello. È l’ennesimo episodio di violenza accaduto nella Capitale in questi mesi di emergenza. I carabinieri di San Pietro hanno denunciato un polacco di 61 anni, senza fissa dimora e con precedenti. Ora deve rispondere alle accuse di minaccia, ricettazione porto abusivo di arma atta ad offendere.
Lo straniero e l’aggressione al passante
La vittima è un passante. Stava camminando in piazza Bergoncini Duca. Ad un tratto lo straniero l’ha minacciato brandendo un coltello in mano. L’uomo, un 50enne, ha immediatamente segnalato l’accaduto al “Nue 112”. In breve tempo, i carabinieri l’hanno raggiunto sul posto trovando il 61enne poco lontano.

Schio, prende la pensione da cieco, ma guida l’auto e fa jogging: sudanese truffa l’Inps per 87.500 euro



Di Luciana Delli Colli – Per l’Inps era “cieco assoluto”. Nella realtà guidava la macchina, faceva jogging, all’occorrenza lavorava in nero come muratore. Per questo un cittadino sudanese residente a Schio è stato denunciato per truffa aggravata ai danni dello Stato, in concorso con la moglie ghanese. Inoltre, la Guardia di Finanza ha anche eseguito il sequestro preventivo di beni equivalenti a oltre 87.500 euro, stabilito dal Gip.
Cieco, ma per due volte rinnova la patente
Dalle indagini, iniziate nel 2019, è risultato che il sudanese percepiva la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento dal dicembre 2013. Le Fiamme gialle, però, hanno scoperto che l’uomo svolgeva “attività quotidiane del tutto incompatibili con la patologia riscontrata”. L’uomo faceva jogging, lavorava come muratore, benché formalmente disoccupato, guidava perfino l’auto. E, anzi, per ben due volte, hanno rivelato gli investigatori, aveva rinnovato la patente. Anche a prelevare andava da solo. Quando, invece, doveva andare in banca per sottoscrivere dei documenti, si faceva accompagnare dalla moglie, che fingeva di assisterlo. Per questo per la donna è scattata la denuncia in concorso.
Il trucco per truffare l’Inps
Il sudanese era riuscito a ottenere la pensione di invalidità con un escamotage. Durante la visita aveva messo in atto stratagemmi come chiudere gli occhi o ribaltare le pupille verso l’alto adducendo fastidi provocati dalla luce, per evitare al medico di visitarlo accuratamente. Un oculista aveva anche scritto che il paziente era affetto dalla cosiddetta “sindrome da indennizzo” proprio perché si rifiutava di collaborare. L’indennità, però, gli era stata accordata lo stesso per lo status in parola, alla luce di un glaucoma acquisito a un occhio.

Milano, schiaffo in faccia ai commercianti in ginocchio. In piena crisi aumenta lo stipendio dei dirigenti comunali



“Non tutti a Milano piangono”. Musica e testo dei consiglieri comunali del Movimento 5 stelle, Patrizia Bedori e Gianluca Corrado, che martedì sera con una nota ufficiale hanno denunciato aumenti “sostanziosi a tutti i dirigenti” di palazzo Marino in piena emergenza Coronavirus.

I due politici grillini non usano particolari giri di parole: “La crisi economica colpisce duro a Milano. Nonostante la retorica dell’andrà tutto bene il virus ha già chiuso decine di negozi, imprese e ristoranti – scrivono nel comunicato -. La riapertura del 18 maggio ha visto molte saracinesche abbassate, la realtà vede migliaia di cittadini alle prese con la disoccupazione e non solo”.

E ancora, in una triste ricostruzione di questi mesi di emergenza sanitario e sociale, come l’ha definita più volte anche lo stesso sindaco Beppe Sala: “Si affaccia anche la fame, come le 35mila domande giunte alla task force dei buoni spesa del Comune di Milano testimoniano con forza – sottolineano Bedori e Corrado -. Solo un terzo dei richiedenti hanno ricevuto i buoni spesa, molte le difficoltà e la confusione sui requisiti come filtra dagli uffici coinvolti in via Larga”.

Eppure non tutti, a Milano, piangono. Sull’albo pretorio del Comune spiccano alcuni aumenti, sostanziosi, a tutti i dirigenti del Comune di Milano, fino a 23.000 euro annui – rendono noto i due grillini -. A cascata aumenti economici a stipendi per dirigenti che già oggi guadagnano dai 77.000 ai 145.000 euro lordi annui”.

 Nulla di illegale, chiaramente, ma – evidenziano i consiglieri del Movimento cinque stelle – “un pessimo segnale di cui nessun giornale, nessun sindacato osa parlare. Uno schiaffo in faccia a tutti quei cittadini che fanno fatica. Difficile da capire per chi – concludono i due – magari con figli piccoli da mantenere, si è visto negare 350 euro per fare la spesa”

martedì 19 maggio 2020

Furia dell’ammiraglio: “Il governo regolarizza 500.000 clandestini e libera i boss. Il 2 giugno tutti in piazza”



STANNO AVVELENANDO I POZZI! 500.000 clandestini regolarizzati, 376 detenuti in gran parte mafiosi scarcerati, altri 456 ne hanno fatto richiesta, insieme a diversi terroristi tra i quali il pluriomicida Cesare Battisti.

 Provvedimenti economici del dopovirus che snobbano le imprese e gli italiani che lavorano, preferendo una politica assistenzialista di stampo comunistoide che non permette il rilancio dell’Italia. Questi (M5S, PD, IV) sanno che sono alla frutta e vogliono lasciare ai prossimi che saranno al Governo la gestione di una situazione difficilissima!

TUTTI IN PIAZZA A ROMA IL 2 GIUGNO!


Grazie alle follie di Bellanova i braccianti italiani rimangono senza lavoro: “Non c’è spazio per tutti”



Di Mauro Indelicato – Gli italiani non vogliono più stare nei campi? Fino alla pandemia, forse, è stato così. Del resto, il lavoro di bracciante è in gran parte svolto dalla manovalanza straniera da decenni, le campagne sono state sempre meno abitate e frequentate dagli italiani. Ma oggi la situazione sembra essere cambiata. Nei vari portali in cui vengono riportate le offerte di lavoro nei campi, per ogni domanda ci sono almeno dieci aspiranti. E molti di questi sono italiani. Una circostanza che si scontra contro il principio voluto dalla maxi sanatoria del governo, il quale per riportare manodopera nelle campagne svuotatesi a causa del coronavirus ha dato il via libera alla norma sulla regolarizzazione dei migranti.

 Visto che quello di bracciante non è più un lavoro per italiani, allora ecco che regolarizzando gli irregolari forse si potrà ottenere nuovamente la manodopera necessaria. Una mossa che non è piaciuta quasi a nessuno degli operatori impegnati nel comparto agricolo, a partire dalle associazioni di categoria. Coldiretti ad esempio, sosteneva la necessità di creare appositi corridoi per permettere il rientro di braccianti rumeni e dell’est Europa, quelli cioè da anni maggiormente coinvolti nel lavoro in campagna, tornati nei Paesi di origine una volta scoppiata la pandemia.

Ma il governo ha voluto tirare dritto, anche per i diktat imposti da Italia Viva e dal ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova, rappresentante del partito di Renzi all’interno dell’esecutivo. Ed il paradosso è che una norma del genere sulla maxi sanatoria è arrivata proprio nel momento in cui sono aumentate le richieste degli italiani di lavorare in campagna.

Così come ha raccontato Claudia Osmetti su Libero, sono stati almeno 24mila gli italiani a presentare domanda per essere impiegati nei campi. E tra queste migliaia di persone, c’è chi è laureato, c’è chi era impiegato o chi ha visto svanire la possibilità di trovare lavoro stagionale nel settore turistico.

In poche parole, la crisi economica innescata dalle chiusure decise per bloccare l’epidemia ha fatto tornare molti italiani nei campi. O, per meglio dire, ha fatto riscoprire la tentazione della campagna anche ai nostri connazionali. Ma trovare posto è difficile: il lavoro non è più quello di una volta, la meccanizzazione ha ristretto le possibilità di impiego, anche per fare il bracciante occorre una certa specializzazione.

Intanto però, le domande continuano ad arrivare. Ne sono giunte circa 12mila, da parte di italiani, su Agrijob e cioè sul sito di Confagricoltura, mentre Jobbing Country, che invece è il sito della Coldiretti, ne ha contate 9.500. La Cia invece circa duemila, Humus Jobs almeno 700. Ma di spazio per i connazionali sembra essercene davvero molto poco.

Il terrorista comunista Battisti deve continuare a “marcire” in carcere: respinta la richiesta di domiciliari



Da Il Secolo D’Italia – Resta in carcere l’ex terrorista rosso e pluriomicida Cesare Battisti. I giudici del tribunale di sorveglianza di Cagliari hanno rigettato la richiesta di scarcerazione dell’ex super latitante dei Proletari armati per il comunismo. Nei giorni scorsi Battisti aveva chiesto di andare agli arresti domiciliari a casa dei parenti per il timore di contagio a causa dell’emergenza coronavirus.
La richiesta di domiciliari per Covid-19
Cesare Battisti sta scontando l’ergastolo nel carcere di Oristano dopo l’estradizione in Italia un anno fa.L’arresto ha messo fine a 37 anni di latitanza, trascorsi per lo più tra Francia e Brasile, dove ha goduto di poderose coperture politiche. I legali di Battisti, condannato all’ergastolo per quattro omicidi, presentarono al Tribunale di sorveglianza la richiesta per potere beneficiare delle misure alternative alla custodia cautelare in carcere per timore di essere contagiato dal Covid-19. Secondo l’avvocato, Battisti, che si trova in isolamento, soffrirebbe di diverse patologie.
Cesare Battisti pronto per la sua “Fase 2”
Appena una decina di giorni fa era stata diffusa la notizia che Battisti sarebbe tornato a pubblicare un romanzo in Francia, dove a partire dalla metà degli anni Novanta godette della fama e dei privilegi dello scrittore di successo. “Non c’è mai stato alcun problema di stampa, ma abbiamo dovuto lasciare un po’ di tempo tra l’annuncio delle sue confessioni e la pubblicazione“, ha dichiarato l’editore di Battisti, Gwenaëlle Denoyers, chiarendo che l’uscita del libro era inizialmente prevista per lo scorso ottobre e facendo trapelare la notizia che l’ex terrorista sta già lavorando a un nuovo libro. Insomma, tra fasti editoriali e domiciliari, Battisti già si prefigurava una comoda Fase 2. Invece, a quanto pare, c’è un giudice a Cagliari.

lunedì 18 maggio 2020

BRUMOTTI AGGREDITO DA SPACCIATORI, FERITO: AGENTI CIRCONDATI DA ‘RESIDENTI’ CHE DIFENDONO PUSHER



Ieri pomeriggio stava realizzando un servizio su uno dei luoghi simbolo dello spaccio quando è stato accerchiato da una trentina di occupanti del palazzo, scesi in strada per difendere gli spacciatori. Ancora un’aggressione per Vittorio Brumotti in una piazza dello spaccio. L’ultimo episodio è avvenuto ieri a Milano, dove Vittorio Brumotti ha deciso di documentare lo spaccio di droga in piazza Gorla, una delle storiche aree dello smercio in città.

Il “fortino” di piazza Gorla 23 è famoso per l’intensa attività di spaccio a Milano. Si trova nella zona nord della città, a pochi passi dal Naviglio della Martesana. Come racconta Repubblica, Vittorio Brumotti stava realizzando il suo servizio quando alcuni giovani della zona l’hanno accerchiato, minacciato e hanno iniziato a lanciare dei sassi contro l’inviato di Striscia la notizia, rimasto ferito nell’aggressione.

Il quartiere Gorla è una vera polveriera pronta a esplodere. Ne è stata dimostrazione anche l’aggressione subita dai poliziotti, che al loro arrivo sono stati accolti con insulti e minacce da una trentina di persone residenti in zona. Gli occupanti del fortino e dei palazzi circostanti, praticamente tutti immigrati, si sono precipitati in strada all’arrivo delle volanti per disturbare l’operato degli agenti e liberare gli spacciatori.

Qualche giorno fa, invece, Vittorio Brumotti era tornato a Zingonia, località in provincia di Bergamo dove l’attività di spaccio degli immigrati non si è mai fermata nonostante la quarantena e nonostante i continui interventi delle forze dell’ordine: se non rimpatri chi arresti, poi torna lì. Anzi: ora con Bellanova si regolarizzeranno tutti come ‘colf’.

Da Lamorgese repressione di stampo venezuelano: il Viminale dà la caccia ai cittadini pacifici scesi in piazza



Vergogna Viminale. Ieri il ministero dell’Interno ha schierato una forza d’urto assolutamente sproporzionata contro qualche centinaia di pacifici manifestanti che stavano camminando al centro di Roma. Gipponi, celerini, carabinieri in agenti antisommossa, Digos, funzionari in borghese: sembrava di essere ritornati agli anni Settanta. Questo fervore il Viminale non lo dimostra però con mafia e camorra e spacciatori. Ma andiamo con ordine. Molti cittadini erano scesi in piazza per manifestare con le mascherine tricolori, che sempre ieri mattina hanno manifestato in centinaia di piazza di tutta Italia. A Roma, però, evidentemente il numero significativo di manifestanti, tra cui anche famiglie con bambini e persone anziane, deve aver dato fastidio al regime.
Dal Viminale metodi venezuelani
Il Viminale forse lo ha intepretato per una insurrezione, anziché per quello che era. Ossia gente normale, commercianti, artigiani, ristoratori, parrucchieri, partite Iva, imprenditori, studenti, che non ne possono più. Anzi, che non ce la fanno più a tirare avanti. Le loro attività sono state chiuse d’imperio da un governo che non ha saputo prevenire l’emergenza, pur sapendola. Con i soldi, sempre promessi dal governo incapace, che non arrivano. Con i prestiti che quegli istituti di beneficenza che si chiamano banche stentano a erogare, perché evidentemente non si fidano della garanzia del governo. E poi le casse integraioni che non partono.
I manifestanti prima sequestrati e poi identificati
Tutte queste persone, in tutta Italia, hanno deciso di scendere in piazza con le mascherine tricolori per manifestare pacificamente il loro profondo disagio, alleviato solo dai pacchi alimentari di varie organizzazioni caritatevoli. Insomma, mentre i manifestanti da piazza del Popolo percorrevano le strade centrali di Roma, una impressionante potenza di fuoco delle forze dell’ordine prima li accerchiava in via Tomacelli, bloccando con i mezzi pesanti i varchi di uscita, e poi procedeva a identificare decine di persone. Con funzionari di polizia in borghese che intimavano alla gente di allontanarsi senza dare spiegazioni di nessun genere. Il video lo dimostra chiaramente.

Una repressione di stampo venezuelano

La gente inutilmente spiegava che era una manifestazione pacifica e non c’era bisogno di questo autentico sequestro di persone. Ora è anche proibito scendere in piazza? Dobbiamo solo stare agli arresti domiciliari per l’incapacità e il menefreghismo di chi sapeva fin da gennaio cosa sarebbe successo? Siamo alla sindrome del Venezuela: il dittatore di turno come Maduro, reprime la libertà di espressione. La gente non ha da mangiare. Alla prossima manifestazione cosa faranno, spareranno cannonate sulla folla come Bava Beccaris? Il governo non ha più il controllo della situazione. Che sta diventando pericolosa

domenica 17 maggio 2020

Anziani morti da Covid, la dottoressa che “odia” Salvini indagata per omicidio colposo plurimo



Non solo Milano e la Lombardia. Le procure di tutta Italia indagano sulla gestione dei malati di Covid-19 all’interno delle Rsa e da ultima c’è quella di Vercelli che ha focalizzato la sua attenzione su una struttura del capoluogo piemontese dove sono deceduti 44 anziani. Tra gli indagati, oltre al direttore e alla direttrice sanitaria della Rsa, ora si aggiungono tre medici accusati di omicidio colposo plurimo dopo essersi rifiutati di ricovevare all’ospedale Sant’Andrea di Vercelli cinque anziani che presentavano sintomi da coronavirus.

I dottori non vollero ricoverare gli anziani, che poi morirono tutti nel giro di una settimana, perché nell’ospedale c’era un solo posto libero ed era “meglio tenerlo per una persona giovane”. La procura intende appurare se effettivamente nell’ospedale vi fosse un solo posto libero e come si si giunti a una tale scelta che è costata la vita a cinque persone. Tra i medici, come riporta un articolo uscito oggi sulle pagine locali de La Stampa, c’è anche Roberta Petrino, primario del pronto soccorso del nosocomio di Vercelli, nota alle cronache non solo per essere sopravvissuta al coronavirus, ma anche per i suoi ripetuti attacchi nei confronti della Lega.

Lo scorso 22 febbraio, infatti, la Petrino rilanciò sul suo profilo Twitter un post del docente Matteo Flora che, a poche ore dalla scoperta dei primi casi accertati di coronavirus, scrisse: “C’è qualcosa di sottilmente ironico nel fatto che, mentre si vomitava bile sulle malattie portate dallo sporco povero, il gretto migrante, il barcone affollato, il #coronavirus viaggiava in business con i manager padani. Se Dio esiste ha un fine senso dell’umorismo”. La Petrino, già candidata alle elezioni comunali in una lista civica ostile alla Lega, non è però nuova a queste invettive contro il Carroccio. L’8 maggio dello scorso anno, quando infiammava la polemica sull’eventuale partecipazione della casa editrice Altaforte (legata a CasaPound) al Salone del Libro di Torino, scrisse: “A questo punto dubbi non ce ne sono più. Chi voterà Lega saprà che voterà per il fascismo”.

Paolo Tiramani, sindaco leghista della provincia di Vercelli, stigmatizzò immediatamente tale affermazione e annunciò l’avvio di un’azione legale nei confronti della direttrice del Dea: “Scrivere pubblicamente che chi darà il proprio voto alla Lega voterà il fascismo è davvero troppo. Non escludiamo che valuteremo l’ipotesi di procede per vie legali nei suoi confronti a causa di questo increscioso fatto”. E aggiunse: “Alla Petrino, inoltre, vorrei consigliare di dedicarsi esclusivamente alla salute dei cittadini e, in qualità di primario del pronto soccorso di Vercelli, di puntare esclusivamente alla crescita ed alla gestione delle emergenze affinché il punto ospedaliero diventi sempre più un centro d’avanguardia”.

Oggi Tiramani, rintracciato telefonicamente da ilGiornale.it, preferisce non commentare: “Al momento come Lega preferiamo non dichiarare nulla. I fatti parlano già da sé”. In nome del garantismo è bene non entrare nel merito dell’indagine che è ancora agli albori, ma è bene evidenziare come la Petrino non abbia mai smesso di puntare il dito contro la Lega e i sovranismi. Al di là dei post a sostegno del governo non mancano quelli esultanti nei confronti di Silvia Romano e quelli contro l’ospedale della Fiera di Milano voluto dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore al Welfare Guida Gallera.

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