sabato 16 novembre 2019

Follia a Roma, bulgara spinge una 40enne sotto il treno senza motivo: peruviana in condizioni disperate



Attimi di terrore alla stazione ferroviaria di Roma Trastevere. Una donna 47enne, di nazionalità bulgara, ne ha spinto un’altra sui binari, all’arrivo del treno, una 40enne di origini peruviane, La tragedia si è consumata stamattina verso le 9.

La vittima è gravissima. L’autrice del gesto è stata arrestata dalla polizia ferroviaria che ha identificato la colpevole dopo aver visionato i filmati delle telecamere di sicurezza. La bulgara è affetta da squilibri mentali e non ha alcun tipo di rapporto con la peruviana.
Condizioni disperate
Quest’ultima è stata trasportata in ospedale in codice rosso, dove è stata sottoposta a un lungo intervento chirurgico per l’asportazione di un rene e della milza: le sue condizioni sono ancora gravissime. La donna che l’ha spinta, invece, è stata condotta nel reparto psichiatrico dell‘ospedale San Giovanni Addolorata, dove è tutt’ora piantonata dagli investigatori della PolFer.
Una testimonianza
Secondo quanto riportato da Il Messaggero, una pendolare testimone dell’accaduto avrebbe così postato la propria testimonianza su Facebook: «È accaduto al binario 4 dove era in arrivo un Leonardo Express diretto all’aeroporto, all’improvviso si sono sentite le grida di disperazione di una donna che si trova sui binari, mentre un’altra sbraitava sulla banchina. Per fortuna due passeggeri sono riusciti a issare la donna dai binari qualche secondo prima dell’arrivo dei treni».

Sottoposta a Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), la squilibrata è stata poi arrestata per tentato omicidio. Sempre secondo Il Messaggero, era di nazionalità peruviana anche la donna che il 26 gennaio dello scorso anno venne gettata sui binari della stazione Eur-Fermi della metro B a Roma e che, per quella aggressione senza motivo, perse una mano.

Quei radical chic di sinistra tolleranti e accoglienti con i migranti, odiatori e violenti contro Matteo Salvini



Cos’hanno in comune lo Chef Rubio, lo scrittore Roberto Saviano, il giornalista Gad Lerner, il vignettista Vauro, il medico Gino Strada e il fotografo Oliviero Toscani? Sì, d’accordo, sono tutti di sinistra, ma non solo. Sono tutti degli hater che disprezzano e odiano Matteo Salvini.
Le insinuazioni di Chef Rubio
Un odio così profondo che, lo scorso maggio, quando il Centro di Smistamento Postale di Roma intercetta un proiettile diretto all’allora titolare del Viminale, il cuoco e conduttore tivù Chef Rubio ne approfitta per insinuare che si tratti di una farsa.“A me ‘sta storia che ogni volta che fai figure di m… con le piazze vuote ti arriva una busta con un proiettile mi puzza

E poi facci sapere come stanno andando le indagini sui casi precedenti. Renditi più credibile”, dice lo Chef in un video riferendosi a una manifestazione che, secondo i media, non sarebbe stata affollata come di consueto. E, quando Salvini accusa un malore mentre si trova a Trieste per la commemorazione dei due poliziotti uccisi, ecco una nuova assurda insinuazione: “Ogni volta che fa una figuraccia il giorno dopo magicamente arriva qualcosa: proiettili in busta, coliche etc etc. Visto che ti fai le foto pure quando te fai le analisi del sangue per far vedere quanto sei bravo, perché non ci fai vedere il referto medico? Non vale postdatarlo”.

E proprio i continui messaggi di odio verso Salvini, ma anche verso le forze di polizia e lo Stato di Israele sono state fatali per Chef Rubio che, dopo aver offeso la memoria dei due agenti uccisi, è stato prima rimproverato via Twitter dal conduttore Massimo Giletti (col plauso di Salvini) e poi licenziato da Discovery Channel per l’inesorabile calo di ascolti, seguito alle innumerevoli polemiche. “Inammissibile che un ladro riesca a disarmare un agente. Le colpe di questa ennesima tragedia evitabile risiedono nei vertici di un sistema stantio, che manda a morire giovani impreparati fisicamente e psicologicamente. Io non mi sento sicuro in mano vostra”, twitta Rubio attribuendo di fatto la colpa della morte dei due poliziotti a Salvini. Una vera ossessione.
Gli insulti del vignettista Vauro
Un’ossessione che negli anni ha colpito anche Vauro Senesi che ha attaccato il leader della Lega in tantissime sue vignette rappresentandolo come un fascista o in versione da migrante denutrito, ribattezzandolo ‘Matteo Scheletrini’ (anche per via degli scheletri che il leghista potrebbe avere nel suo armadio).

In televisione, invece, Vauro insulta Salvini dandogli del “fascista” e del “razzista”, mentre quando scoppia il caso ‘Sea Watch’ il ministro dell’Interno diventa uno “sbruffone” e “un mascalzone”. Ma, oltre alle vignette in cui Salvini viene dipinto come il nuovo Mussolini, ce n’è una che spicca più di ogni altra: quella in cui il ‘Capitano’ viene trafitto da un colpo di pistola. In un’altra occasione, poi, il vignettista pubblica sul sito di Michele Santoro sette modi per uccidere l’ex ministro del governo gialloverde, trovando ovviamente la sponda dell’amico giornalista.“Al fine di liberarci da un ministro dell’Interno squallidamente ignorante che dovrebbe garantire la sicurezza di ogni cittadino, indipendentemente dalla sua razza e dalle idee politiche e religiose che professa, offro congrua ricompensa a un killer in grado di mettere in pratica uno dei sette modi indicati da Vauro per ucciderlo. Con la preghiera di contattarmi con la massima urgenza”, scrive Santoro sul suo sito.
Per gli intellettuali di sinistra Salvini è il male assoluto
Sempre in campo giornalistico non potevano mancare gli insulti al vetriolo lanciati da Gad Lerner che non ultimamente perde occasione di presentarsi alle varie manifestazioni del Carroccio con la viva speranza d’essere insultato dai militanti leghisti.“Salvini è un gattone che ha bisogno di masticare nemici o di mettere alla gogna le persone. Io sono una piccola preda e il mio bottino risulta essere piuttosto modesto, con altri, come Fazio, si è approfittato del fatto che le cifre erano davvero elevate”, disse negli scorsi mesi. Nulla rispetto a quando il giornalista, nel 2016, gli augura la morte: “Esplode bomba all’idrogeno in Corea del Nord e provoca terremoto. Peccato che Salvini e Razzi non si trovassero nella loro patria elettiva”.

Per lo scrittore Roberto Saviano, invece, il leader della Lega è stato il “ministro della Malavita”, ma soprattutto era così “pericoloso” da meritare la “galera” per come trattava i migranti. Oggi, invece, deterrebbe, in tandem con Giorgia Meloni, la responsabilità degli attacchi subiti da Liliana Segre. Una sfilza di insulti che, paragonati a quelli pubblicati da Adriano Sofri nella sua rubrica sul Foglio, sembrano dei complimenti.“Senti, brutto stronzo” è il titolo del pezzo scritto dall’ex brigatista che dice in sé già tutto quel che può essere il contenuto dell’articolo, pienamente condiviso da Saviano. Per la scrittrice Michela Murgia, quella che si è inventata il “fascistometro”, il leader del Carroccio è “fannullone”, “codardo” e “disumano”. L’attrice Asia Argento, invece, è stata più diretta e spontanea e, con un tweet, ha sentenziato: “Salvini merda”.
Il cattivismo dei buonisti Gino Strada e Oliviero Toscani
Non meno delicati sono gli epiteti rifilati negli ultimi anni da Gino Strada che, quando è nato il governo giallorosso, ha esultato: “Salvini fuori dal governo è un fattore positivo per gli italiani, a prescindere dalla sua posizione anche di ministro dell’Interno. Di tutto abbiamo bisogno, fuorché di bulletti, di reazionari senza alcuna idea delle istituzioni, di gente che non ha mai lavorato, che non ha nessuna competenza, che non conosce i meccanismi democratici…”. Salvini, secondo il fondatore di Emergency, è uno “sbirro”, un “bullo”, un “fascista”, un “razzista” e un“paladino dell’ignoranza”.

Dello stesso tenore sono da considerarsi le affermazioni di Oliviero Toscani che, intervistato a La Zanzara poco dopo il voto delle Europee, ha detto: “Uno che ha votato Lega non capisce tanto, capisce fino ad un certo punto, non capisce il futuro. Capiranno, ma ci vuole tempo. Ancora non siamo civili”. E sempre dai microfoni de La Zanzara, in seguito, ha rincarato la dose: “Salvini ha 45 anni, ma cosa ha fatto? Un cazzo. Niente, non ha nessun talento. Se non quello per rompere i coglioni. E poi la Lega non è un partito, ma diarrea”.

I paragoni con “Dracula”, “Hitler” o “Mussolini” si sprecano e le volgarità arrivano all’insinuazione che Salvini, possa avere “complessi da travestito”, dal momento che da ministro usava indossare le divise delle varie forze dell’ordine. Un crescendo di insulti che raggiunge il suo apice quando Toscani tuona:“Gli auguro che succeda a suo figlio di essere su una barca e non gli permettono di sbarcare può darsi che gli succeda”.

Le toghe rosse “sdoganano” l’odio politico: “Lanciare sassi contro Salvini non è reato”. Assolti 7 teppisti rossi


“Se regione Liguria la scorsa settimana ha approvato un ordine del giorno contro l’intolleranza, l’odio e la violenza, oggi i giudici del Tribunale di Imperia hanno assolto gli attivisti rossi dei centri sociali accusati di avere insultato, lanciato uova, carta igienica, accendini e piccoli sassi contro Matteo Salvini e le persone presenti durante un incontro per le elezioni regionali, avvenuto il 17 maggio 2015 a Imperia. In sostanza, l’odio contro Salvini non è reato.

Secondo quanto riferito dalla stampa su sette imputati solo uno dei presunti violenti è stato condannato, peraltro a soli duecento euro di ammenda. Gli altri sono stati assolti addirittura perché il fatto non costituirebbe reato. Non è mia abitudine commentare pubblicamente le sentenze, ma in questo caso sono rimasto molto perplesso e avvilito”.

Lo ha dichiarato il consigliere regionale e commissario provinciale della Lega di Imperia Alessandro Piana, che è anche presidente dell’Assemblea legislativa della Liguria.

“Quel giorno – ha aggiunto Piana – ero presente anche io con mio figlio, che allora aveva cinque anni. Il bimbo era comprensibilmente spaventato. Inoltre, per evitare che venisse colpito sono stato costretto ad allontanarmi con lui e a non partecipare più all’evento. Gli insulti, le parole d’odio, il lancio pericoloso di oggetti contro Salvini, non si contavano. Per questo motivo ringrazio gli appartenenti alle Forze dell’ordine, in particolare gli agenti della Digos, che ci hanno protetti, evitando guai peggiori.

Invito gli antagonisti a non sprecare fiato e uova, ma a mangiarle cotte o berle crude, se fresche, perché ricche di vitamine.

Invito Matteo Salvini a continuare a venire a Imperia perché la stragrande maggioranza dei cittadini non lo minaccerà, né lo insulterá con parole d’odio, lanciandogli contro oggetti. Anzi, lo sosterrà a gran voce, non trovando normale, neppure giuridicamente, questo tipo di atteggiamenti e le manifestazioni di odio contro chiunque”.

“Lo Stato non incentivi la violenza”, Bergoglio a gamba tesa contro la Legittima Difesa (prevista dal catechismo)



Che Papa Bergoglio non ami il sovranismo è cosa nota. Lo si può capire nel caso dell’immigrazione. Non lo si capisce però nel caso della legittima difesa. Un Papa che si fa paladino dello Stato (liberale) di diritto? È cosa inconsueta. E culturalmente stravagante. Ma tant’è: è proprio sulla legittima difesa l’ultimo intervento, a gamba tesa, di Bergoglio.

Incontrando un nutrito gruppo di penalisti internazionali, Bergoglio mette infatti in guardia dai rischi di una “demagogia punitiva”. Affrontando il tema dell’ ” involontario incentivo alla violenza”, il Pontefice afferma: “In diversi Paesi sono state attuate riforme dell’istituto della legittima difesa e si è preteso di giustificare crimini commessi da agenti delle forze di sicurezza come forme legittime del compimento del dovere”.

“È importante – avverte il Papa – che la comunità giuridica difenda i criteri tradizionali per evitare che la demagogia punitiva degeneri in incentivo alla violenza. O in sproporzionato uso della forza. Sono condotte inammissibili in uno Stato di diritto. E in genere, accompagnano i pregiudizi razzisti. E il disprezzo verso le fasce sociali di emarginazione”.

Vale la pena ricordare che l’istituto della legittima difesa è stato riformulato nell’aprile scorso, Quando c’era ancora la Lega al governo. Si parla, nel nuovo testo, di “pericolo attuale di una offesa ingiusta”. C’è legittima difesa anche nei casi in cui ci sia “pericolo” di un’aggressione. Non solo, quindi, laddove l’aggressione sia in atto. Altro punto: «chi compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere» nel proprio domicilio, «agisce sempre in stato di legittima difesa». Essendo «sempre» sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l’offesa. Si può infine respingere l’intrusione violenta o minacciosa, senza essere punibili per avere agito in situazione di minorata difesa, o “in stato di grave turbamento” da pericolo in atto.
La legittima difesa è prevista dal Catechismo della Chiesa cattolica:
«La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n. 2265). La difesa insomma è un dovere quando sono in gioco altri e quando hai la responsabilità di altre persone. Tanto più se l’altro è debole e inerme. Certo, il Vangelo invita a porgere l’altra guancia evitando di rispondere alla violenza con la violenza. Ma attenzione: la guancia di cui si parla è la propria, non quella altrui. Al diritto di difendermi posso sempre rinunciare; ma al dovere di proteggere altri, no.

Calci, pugni e pure testate contro i poliziotti, ma il PD dice no al Taser. Ira del Fsp polizia: “Politica ipocrita”



In poche ore a Firenze quattro poliziotti hanno subito un’aggressione nella zona della stazione. Pugni, calci e persino una testata in due diversi episodi nati da normali controlli da parte delle forze dell’ordine. C’è chi parla di emergenza sicurezza, chi minimizza e chi, infine, chiede che gli agenti vengano dotati dei taser, le armi in grado di bloccare i malintenzionati con una potente scossa elettrica.

Federico Bussolin, capogruppo della Lega al consiglio comunale di Firenze, lancia un appello accorato alla politica cittadina: “Negli ultimi consigli si è parlato della Turchia, si è parlato dell’Amazzonia, è stato ricordato il trentennale dalla caduta del Muro di Berlino ma non abbiamo affrontato seriamente i problemi concreti che interessano i cittadini di Firenze, primo fra tutti la sicurezza”. La Lega fa sapere che organizzerà un presidio il 7 dicembre, sotto Palazzo Vecchio: “Parleremo con la cittadinanza sul tema della sicurezza e con tutti coloro che vorranno darci una mano su questi argomenti. Ricorderemo a Nardella quelli che sono i suoi doveri. Noi rilanciamo quattro temi: l’uso del taser da parte degli agenti di Polizia Municipale, vogliamo che le zone rosse siano allargate alla periferia: 25 aree per contrastare lo spaccio di droga, la chiusura del Parco delle Cascine sul modello Central Park, il miglioramento delle condizioni in cui lavorano gli agenti di Polizia Municipale. La sicurezza è un problema reale per Firenze. Siamo pronti anche ad una raccolta di firme e, se necessario, a presentare un quesito referendario”.

Il centrosinistra replica negando che vi sia una situazione di reale emergenza. “Alla Lega diciamo fermamente che non ci stiamo a speculare su questo tipo di episodi – dichiara Nicola Armentano, capogruppo del Pd -. L’amministrazione è consapevole che ci sono zone della città più delicate, da monitorare con attenzione, come quella di Santa Maria Novella. Non ci manca il coraggio per affrontare queste situazioni, in sinergia con le forze dell’ordine, la disponibilità al confronto con i cittadini e la visione giusta per risolvere questo tipo di problematiche”. Poi arriva la bacchettata all’opposizione: “Non ci stiamo a cavalcare la preoccupazione delle persone, creando allarmismo pericoloso, per poi lanciare proposte che non hanno fondamento e logica, come armare i vigili di fucili, senza conoscere quali sono le armi consentite per il corpo di polizia municipale. Continueremo, questo sì, come abbiamo fatto in precedenza, a chiedere più agenti per la sicurezza della città. Ci interessano risultati concreti e non proposte choc che finiscono solo per alimentare le paure delle persone”.

La diatriba non si limita alla politica, investe anche il mondo delle forze dell’ordine. Valter Mazzetti, segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato, ricorda che i quattro poliziotti feriti a Firenze “vanno ad aggiungersi agli oltre 4.000 feriti della sola Polizia di Stato dall’inizio dell’anno. Feriti durante un servizio di controllo. Servizi routinari, che possono apparire persino banali, ma che oggi come oggi possono trasformarsi in una trappola. Ormai tutto lo è per chi appartiene alle Forze dell’ordine e, in qualsiasi circostanza, si trova ad affrontare reazioni di violenza inusitata, cieca, assurda, praticata senza remore, con sconcertante arroganza e per i motivi più impensati e più futili, nell’assoluta convinzione che altrettanto insignificanti saranno le conseguenze”.

“i poliziotti – prosegue il leader sindacale – quotidianamente sfiorano danni impensabili e corrono rischi completamente sottovalutati da chi ha il dovere di prevenirli e limitarli. È così, altrimenti non avremmo una tale inquietante lista di ferimenti, e persino di morti, che avrebbero potuto essere evitati. La verità è che la sicurezza degli operatori in divisa, e di conseguenza dei cittadini, non viene davvero al primo posto per una politica ipocrita. Non si sente altro che pontificare di massimi sistemi, ma noi facciamo i conti che tagli scellerati che hanno messo il comparto in ginocchio togliendo uomini e negando mezzi, veniamo travolti da fiumi di solidarietà agli immancabili funerali di Stato, eppure combattiamo contro mancati investimenti e lacune gravissime che non vengono colmate”.

“Sentiamo inutili elogi e compiacimento per la nostra azione – conclude Mazzetti – ma ancora aspettiamo persino un banalissimo taser e non abbiamo protocolli operativi adatti alle reali esigenze di sicurezza. Quanto ancora dovranno subire tutto questo i poliziotti italiani, la cui dignità e la cui incolumità meriterebbe ben altra serietà e concretezza?”.

venerdì 15 novembre 2019

Salvini commenta la sentenza Cucchi: “La droga fa sempre male”. Ilaria Cucchi vuole querelarlo per diffamazione



“Anch’io da madre sono contro la droga, ma Stefano non è morto di droga. Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni. Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia, e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini”.

Lo afferma a ‘Circo Massimo’ su Radio Capital Ilaria Cucchi, all’indomani della condanna a 12 anni per due carabinieri per l’omicidio del fratello Stefano e riferendosi alle parole del leader della Lega Matteo Salvini che aveva detto che il caso testimonia che la droga fa male sempre. “Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto”, conclude.

(Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu trovato in possesso di 12 confezioni di hashish e tre confezioni impacchettate di cocaina. Ha ragione Salvini, La droga fa male sempre, per chi la spaccia e per chi la consuma ndr.)

Prima si intrufola in una casa privata, poi aggredisce i poliziotti e rompe dito all’agente: la furia della straniera



Si è introdotta nel cortile di un’abitazione privata, poi ha aggredito e mandato in ospedale a causa di fratture ben due agenti della squadra volanti di Ravenna.Protagonista in negativo della turbolenta notte tra gli scorsi venerdì e sabato una ragazza cilena di 21 anni, trovata in evidente stato di alterazione psico fisica dai membri delle forze dell’ordine accorsi in via Oriani dopo una richiesta d’aiuto.

Un cittadino, infatti, aveva sorpreso un’intrusa nel cortile interno della propria abitazione. Inutile, come raccontato dallo stesso al momento della segnalazione, ogni tentativo di convincere la giovane ad allontanarsi dalla sua proprietà. Anzi. Per tutta risposta, la 21enne si era nascosta dietro alcune auto posteggiate, distendendosi a terra come se nulla fosse.

Quando gli uomini della questura di Ravenna sono arrivati sul posto indicato, la straniera si è dimostrata fin da subito ostile e per nulla intenzionata a collaborare. Prima il rifiuto di fornire i documenti o declinare le proprie generalità, quindi l’invettiva contro gli uomini in divisa, ricoperti di insulti e minacce. Vista l’impossibilità di far ragionare e ricondurre a più miti consigli la ragazza, i poliziotti hanno richiesto l’invio di rinforzi.

Quando i carabinieri sono giunti nel cortile dell’abitazione di via Oriani, tuttavia, la situazione non è affatto migliorata. Sentendosi minacciata dalla presenza di un numero cospicuo di rappresentanti delle forze dell’ordine, la cilena ha proseguito con gli insulti e quindi tentato di fuggire, caricando uno degli agenti che cercava di bloccarle la strada.

La ricetta di Matteo Orfini per il suicidio perfetto del PD: “Subito Ius Culturae e cancellare i decreti di Salvini”


Matteo Orfini e il suicidio perfetto per il Partito Democratico – “Vi facciamo una proposta per dare una mano al Pd. Lo facciamo partendo da una riflessione su come il nostro partito sta attraversando questa fase. La debolezza di questo governo è sotto gli occhi di tutti.

La misuriamo giorno dopo giorno su ogni dossier. Il Pd è afono, privo di idee e di linea, e l’unica cosa che sappiamo fare sono generici appelli all’unità. L’effetto è che nel paese la destra sta crescendo ancora, diventa sempre più forte e più radicale. Noi, sempre più timidi, spaventati, deboli.

La nostra risposta è affidarsi alla politica delle alleanze: un nuovo centrosinistra insieme al M5s, che di centrosinistra non è. Una linea sbagliata sulla quale spero discuteremo prima o poi in un congresso vero. Sbagliata perché nel paese c’è voglia di una sinistra che sappia essere davvero alternativa.

Che non dimentichi il riformismo ma che sappia pensare e agire in modo radicalmente diverso dalla destra. Milioni di persone non trovano quello che cercano perché noi non sappiamo offrirglielo. Il Pd non è mai dove lo vorrebbero.

Zingaretti ci chiede di sostenere le scelte fatte con la legge di stabilità senza avanzare proposte per non turbare un già fragile equilibrio. E sia, accogliamo l’invito. Ma crediamo che il nostro partito abbia bisogno di scuotersi dal torpore e di tornare a combattere per le proprie idee.

Il giorno dopo l’approvazione della legge di stabilità inizierà una riflessione su come migliorare e rimodulare il patto di governo. Ecco, crediamo che a quell’appuntamento sia doveroso arrivarci con le idee chiare su quali siano le priorità del Pd.

Per questo presenteremo insieme ad altri colleghi 5 ordini del giorno all’assemblea di Bologna.
5 idee, 5 proposte chiare e comprensibili:
1. Abrogazione dei decreti sicurezza di Salvini, perché sono il simbolo orribile di una politica fondata sull’odio e sulla paura.
2. 100 giorni per approvare lo ius culturae, perché non è più il tempo di discuterne e di parlarne. È tempo di parlarne. È tempo di farlo.
3. 100 giorni per la parità salariale tra uomini e donne, perché non possiamo continuare a chiudere gli occhi davanti ad una simile discriminazione.
4. No al populismo penale, perché il giustizialismo è di destra e il garantismo di sinistra.
5. Stop ai tirocini gratuiti, perché lo sfruttamento sistematico di intere generazioni deve finire.

Siamo convinti che porre con forza questi temi ai nostri alleati di governo significhi rendere il Pd più forte, e che approvare questi provvedimenti significhi rafforzare l’azione di questo governo.

Perché all’odio si risponde col coraggio e noi dobbiamo averne.”

Ora Liliana Segre “gela” Partito Democratico e buonisti: “Io al Quirinale? No grazie, proposta irricevibile”



“No, grazie”, ed è così che Liliana Segre si sfila dalla corsa al Quirinale. Già, perché nei giorni scorsi la senatrice a vita, sopravvissuta all’Olocausto e testimone della Shoah, era stata indicata da molti come possibile successore di Sergio Mattarella al Colle. Era stata la direttrice dell’Huffingtion Post Lucia Annunziata, dal palco del convegno “Metamorfosi, le conseguenze del cambiamento” (organizzato proprio dal quotidiano online) a fare il nome della 89enne per la carica più alta dello Stato, al termine del mandato di Sergio Mattarella, che scadrà nel 2022.

“Vogliamo far partire da qui, da questo convegno, la proposta di candidare Liliana Segre alla presidenza della Repubblica, per togliere il Quirinale dalla partigianeria della politica”, le parole della giornalista e conduttrice di Mezz’ora in più su Rai Tre.

Un’iniziativa immediatamente rilanciata dal direttore di La Repubblica Carlo Verdelli (anch’egli presente all’evento di HuffPost): “Sottoscriviamo una proposta alta e nobile, quale quella di candidarla per sottrarre una carica così importante alla dinamica delle correnti, indicando un simbolo dell’idea che un’altra visione dell’Italia e dell’Europa è possibile”.

Bene, oggi la diretta interessata ha spento gli entusiasmi di chi la voleva al Colle. Con una breve nota, la superstite degli orrori del nazismo ha declinato l’offerta: “Ringrazio le persone che hanno proposto la mia candidatura al Quirinale ma, ovviamente, per motivi sia anagrafici che di competenza specifica tale candidatura va considerata improponibile“.

Il comunicato termina con un plauso al lavoro al Quirinale di Mattarella: “C’è un presidente in carica che sta svolgendo il suo compito di garanzia costituzionale con rigore ed efficacia e che gode di grande popolarità e prestigio in Italia e all’estero”.
Liliana Segre al Quirinale
Nei giorni scorsi, all’idea di candidare la senatrice a vita, erano arrivate aperture bipartisan, dal Partito Democratico di Nicola Zingaretti – “È una grandissima personalità che si presenta benissimo rispetto a un ruolo di questo tipo. Anche da prima di queste ignobili polemiche, è un faro per chi crede nella libertà e nella democrazia nel nostro Paese” – fino a Fratelli d’Italia.

Nel centrodestra, infatti, la leader di FdI Giorgia Meloni disse di non avere nulla in contrario, rilanciando però una delle storiche battaglie del suo partito, ovvero l’elezione diretta del capo dello Stato: “Una cosa che si può fare in relativamente poco tempo, con le nuove proposte di legge di iniziativa popolare che oggi hanno un iter agevolato, ci sarebbero i tempi per eleggere in questo modo il prossimo presidente. Se poi la senatrice Segre si vuole candidare, sarà una candidatura che si prenderà in considerazione”.

Acqui Terme, fermato per un controllo mostra i genitali ai poliziotti: marocchino multato e denunciato



Per lui è in arrivo anche una maxisanzione. E’ stato denunciato un uomo che ha mostrato gli organi genitali agli agenti della Polizia Stradale di Acqui Terme che lo avevano fermato per un controllo chiedendogli poi i documenti.

Un cittadino di nazionalità marocchina residente nella città termale era stato fermato insieme ad alcuni connazionali a bordo di un’auto il cui conducente è stato poi sottoposto all’alcoltest (risultato poistivo).
Acqui Terme (Alessandria): denunciato dopo il controllo di polizia
Gli agenti della stradale hanno deciso di sottoporre a controllo tutte le persone a bordo. Tra questi, scrive il quotidiano locale Il Piccolo, un uomo è sembrato eccessivamente euforico, oltre che ostile al controllo.

 Più di una volta ha esibito i propri genitali in gesto di scherno nei confronti degli agenti di polizia: è scattata quindi la denuncia per atti osceni in luogo pubblico, per i quali è prevista una sanzione di minimo 5mila euro da pagare entro 60 giorni.

 L’articolo 527 del codice penale prevede infatti che chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000.

Bufera sul sindaco De Magistris: nomina l’antisemita Eleonora De Majo assessore alla cultura. Imbarazzo a sinistra



A pochi giorni dalla nascita della commissione Segre per combattere l’antisemitismo ecco che arriva uno scandalo targato sinistra: Luigi de Magistris ha nominato Eleonora De Majo assessore alla cultura del comune di Napoli. Si tratta di una decisione per la quale la comunità ebraica locale ha voluto esprimere “il proprio sconcerto e preoccupazione” perché in passato la donna si era resa protagonista di alcune assurde posizioni: “Aveva affermato che il ‘sionismo è nazismo’, paragonato l’allora premier israeliano Netanyahu a Hitler, definito il governo israeliano ‘un manipolo di assassini‘ e gli israeliani ‘porci, accecati dall’odio, negazionisti e traditori finanche della vostra stessa tragedia’, riducendo il numero degli ebrei assassinati nella Shoah a 4 milioni“.
“È un problema della sinistra”
Nella nota si legge che la scelta è “estremamente discutibile” perché un assessorato di notevole importanza è stato consegnato nelle mani di chi “ha espresso giudizi tanto superficiali quanto offensivi per quegli ebrei che, sia a Napoli che in tutta la diaspora e in Israele, sono stati testimoni del più grande progetto di genocidio che mente umana abbia mai concepito“. E in questo momento storico, “in cui metà degli israeliani è bloccata nei rifugi per l’attacco missilistico che da Gaza punta a colpire indiscriminatamente la popolazione civile di Israele“, la nomina in questione è giudicata “un atto inopportuno e tale da non favorire il dialogo interculturale e l’impegno per la pace“.

Sulla questione è intervenuta Mara Carfagna, consigliere comunale di Forza Italia a Napoli: “De Magistris ha toccato il fondo e lo ha fatto con l’unico scopo di salvare la sua poltrona attraverso l’ennesimo rimpasto di giunta“. La vicepresidente della Camera ha concluso sottolineando che siamo di fronte a “un esempio lampante di quell’antisemitismo di sinistra che copre di insulti la brigata ebraica alla commemorazione del 25 aprile e non perde occasione per infangare lo Stato di Israele negandone il diritto all’esistenza e alla sicurezza“.

Un breve commento è arrivato anche da parte di Matteo Salvini: “A Napoli è appena stata nominata assessore alla cultura una signorina dei centri sociali che ritiene che Israele sia un Paese nazista. Quindi probabilmente il problema dell’antisemitismo sta più a sinistra che altrove“.

Eleonora de Majo sul proprio profilo Facebook ha subito cercato di difendersi dalle accuse ricevute: “Quello che è accaduto oggi è molto grave. Un attacco mediatico squadrista, immotivato perché partito da un post che pubblicai nel lontano 2015, quando non ricoprivo alcuna carica istituzionale“. Il neoassessore ha concluso: “Questa campagna diffamatoria ad armi impari non la vincerete, fatevene una ragione. A testa alta e pancia a terra sono a lavoro per la città che amo“.

Il folle piano di sinistra e radicali per regolarizzare migliaia di clandestini: ecco la legge “voluta” da Soros



258.941,63 euro: è l’ammontare del contributo dell’Open Society Foundations, la rete filantropica fondata dal finanziere George Soros, a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare lanciata dai Radicali e chiamata Ero Straniero – l’umanità che fa bene. Scopo della proposta di legge, sostenuta da tutta la galassia della sinistra progressista e Open Borders, ma anche dalle organizzazioni religiose (Fondazione casa della Carità Angelo Abriani, Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, Caritas, Fondazione Migrantes, Comunità Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche, Cgil, Emergency), è modificare l’attuale Testo unico sull’Immigrazione e superare così la Bossi-Fini introducendo “canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, questi ultimi da selezionare anche attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali dall’Italia” e “la possibilità di regolarizzare gli stranieri radicati nel territorio che si trovino in situazione di soggiorno irregolare a fronte della disponibilità di un lavoro o di legami familiari, sul modello di Spagna e Germania“.

In buona sostanza, l’obiettivo “regolarizzare i cittadini stranieri” che hanno un lavoro “ma non hanno i documenti per essere assunti“. In sei mesi, sottolineano i Radicali, sono state raccolte decine di migliaia di firme di cittadini italiani a sostegno di una proposta di legge “innovativa e aderente alle reali dinamiche della società italiana“. Un risultato straordinario, affermano, “che si deve soprattutto alle centinaia di militanti, attivisti e volontari impegnati a raccogliere le firme nelle strade e nelle piazze d’Italia“, nonostante un “dibattito pubblico dominato dalla paura e dalla demagogia, dando voce al Paese che rifiuta la politica dei muri e crede che l’immigrazione possa essere un’opportunità“.

La proposta di legge finanziata dal’Open Society di Soros chiede “l’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione attraverso l’attività di intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari”, la reintroduzione del “sistema dello sponsor già collaudato con la legge Turco-Napolitano“, la “regolarizzazione su base individuale degli stranieri che si trovino in situazioni di soggiorno irregolare” allorché “sia dimostrata l’esistenza in Italia della disponibilità di un’attività lavorativa” o di comprovati legami familiari” nonché “l’abolizione del reato di clandestinità“. Tra i sindaci che sostengono l’iniziativa di Soros-Bonino troviamo il primo cittadino di Napoli Luigi De Magistris, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, e Beppe Sala, sindaco di Milano. La proposta di legge ha avviato il suo iter parlamentare ed è all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera.

Mentre in Francia il Presidente Emmanuel Macron chiude i porti e vieta l’ingresso ai migranti economici, in Italia, l’universo della sinistra progressista si affida a Soros e chiede una maxi sanatoria per 500.000 irregolari, in un Paese con un tasso di disoccupazione in crescita al 9,9%. e una disoccupazione giovanile che supera il 30%. Ma sono cittadini italiani e al partito Open Borders interessano poco o nulla..

giovedì 14 novembre 2019

Bergamo, pluripregiudicato esce dal carcere in permesso premio: subito assalta una banca e la rapina



Giuseppe Di Matteo, pluri-pregiudicato 51enne di Seriate, è stato arrestato questa mattina, martedì 12 novembre, con l’accusa di aver rapinato il mese scorso la filiale della Banca di Credito cooperativo dell’Oglio e Serio di Bergamo.La rapina, avvenuta verso le 8,50 dello scorso 16 ottobre, aveva fruttato al ladro quasi 14mila euro, per la precisione 13,970 euro, in banconote di vario taglio.

Il rapinatore, dopo essersi fatto consegnare i soldi dal cassiere, era riuscito a scappare, facendo perdere le proprie tracce. La filiale rapinata si trova in centro, poco distante dalla Procura della Repubblica.
La dinamica della rapina
Quel giorno il malvivente era entrato nella banca poco dopo l’apertura e aveva scavalcato il bancone raggiungendo il cassiere e minacciandolo di sparare se non gli avesse consegnato quanto richiesto. Una volta agguantato il ricco bottino era scappato, dileguandosi in men che non si dica. Sul luogo erano subito giunti gli investigatori della sezione antirapina della squadra mobile per effettuare i rilevamenti del caso e ascoltare eventuali testimoni.

Dopo aver acquisito i filmati registrati dalle telecamere di sicurezza, sia interne che esterne alla filiale, i sospetti si erano concentrati sul pregiudicato. L’uomo infatti si trovava ai tempi del fatto in stato di semilibertà. Poteva quindi uscire al mattino dal carcere di via Gleno e farvi poi ritorno in serata, con l’obbligo di passarvi la notte.
Arrestato grazie alle indagini svolte
Da quanto emerso durante le indagini, il pregiudicato aveva anche una Fiat Punto, intestata alla moglie, a sua disposizione. Proprio a bordo della vettura in questione, Di Matteo sarebbe giunto in prossimità della banca, lasciando l’auto parcheggiata in via Partigiani. Come riportato in una nota della polizia di stato “L’attività investigativa ha consentito di ottenere inconfutabili riscontri sulla responsabilità penale di Di Matteo, che sono stati pienamente sposati dall’autorità giudiziaria.

Quest’ultima ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a cui gli uomini della squadra mobile hanno dato esecuzione oggi, martedì 12 novembre, arrestando Di Matteo, perquisendone la casa e i luoghi nella sua disponibilità all’interno del carcere”. Grazie quindi al lavoro svolto dagli agenti durante le indagini, il rapinatore è stato arrestato.

È iniziato l’esodo dei militanti glillini: “Molti passeranno con la Lega”. Ecco i nomi dei primi “ribelli”



La Lega si prepara ad accogliere diversi grillini che a stretto giro lasceranno ufficialmente il Movimento 5 Stelle. Non solo a livello nazionale: pure sul territorio non mancano i dissidenti delusi dalla gestione targata Luigi Di Maio, che oltre al disastro sulla questione ex Ilva è riuscito anche nell’impresa di far perdere diverse figure politiche pentastellate.

 Ad annunciarlo è stato Matteo Salvini a margine di un incontro con la stampa parlando delle elezioni Regionali in Emilia-Romagna, in programma domenica 26 gennaio: “Probabilmente già da questa settimana presenteremo, un primo caso ormai sintomatico, un consigliere comunale di una città capoluogo del gruppo 5 Stelle che aderirà al gruppo della Lega“. E non si tratterebbe assolutamente di un caso isolato: “Ce ne sono tanti, nei consigli regionali e non solo“.

Il leader del Carroccio ha poi lanciato una frecciatina ai suoi avversari: “Fossi in Grillo, Conte o Di Maio mi porrei il problema di questa crisi, evidentemente qualcuno ha tradito“. I casi È recente l’addio dell’ex sindaco grillino Manuela Sangiorgi, che ha deciso di dimettersi da primo cittadino di Imola per il caos venutosi a creare all’interno del Movimento 5 Stelle.

In molti non hanno digerito il matrimonio forzato con il Partito democratico: “Io ho bisogno di appoggio per fare quello che i cittadini mi hanno votato per fare. Oppure diventavo un burattino nelle mani del Pd, cosa che io non voglio essere“. Ma le piaghe per il M5S non sono finite: Pippo Callipo ha da poco ritirato la sua disponibilità a candidarsi alla presidenza della Calabria sotto il simbolo pentastellato.

Ora i grillini sarebbero a un passo dal ritiro: al momento non hanno ancora alcun candidato spendibile su cui contare e potrebbero dunque decidere di non presentare alcuna lista alle prossime elezioni calabresi. Prima dell’imprenditore avevano fatto un passo indietro il medico ambientalista Ferdinando Laghi e il testimone di giustizia, già candidato al Parlamento, Pino Masciari.

 Questa situazione inguaia anche il Pd, che aveva ormai dato per certa un’alleanza con gli alleati di governo. Anche perché il grillino Riccardo Tucci aveva dichiarato: “Dobbiamo dialogare con un Pd profondamente rinnovato, che riesca a mettere da parte i vecchi capibastone e che adegui il programma elettorale a quello che ci è più funzionale“.

Ma fonti dem fanno sapere che un piano B potrebbe essere quello di individuare un candidato civico con l’intento di prendere i voti anche da parte degli elettori del M5S rimasti senza rappresentanza.

Ancora odio e sessismo da Oliviero Toscani: “Meloni? È meglio una scimmia”. “Salvini? Eletto da cogl***”



Altro giorno, altro giro e altro “regalo”. Anche quest’oggi, infatti, Oliviero Toscani si è reso protagonista con dichiarazioni, diciamo, sopra le righe.. E molto colorite. Ospite della trasmissione radiofonica La Zanzara, su Radio 24, il fotografo radical chic si è lasciato andare a commenti poco felici.

Iniziamo con la carrellata.
Alla domanda del conduttore Giuseppe Cruciani se preferisse trascorrere una notte di passione con Giorgia Meloni o Laura Boldrini – in seguito di una calamità naturale che lo costringesse su un’isola deserta in compagnia delle due parlamentari – Toscani risponde secco, così: “Mah, direi con la scimmia che c’è sulla palma. Ci sarà un scimmia sulla palma, o no? Una nuova genetica, una nuova scimpanzerotta…”. Una battuta (molto) poco riuscita.

 Ma non è finita qui. Già, perché Cruciani lo incalza nuovamente, chiedendogli se andasse mai a letto con una esponete della Lega di Matteo Salvini. E il fotografo replica con queste parole: “Ma ce l’hai con me, mi mandi sempre a letto con qualcuno. Comunque sì, la f…è la f…”. E poi rincara la dose “Anche alla mia età non si smette mai di trombare. Se mi aiuto con qualche cosa per restare in attività? Con l’uccello, sì. Qualche pasticchetta? No, no, assolutamente no”.

Lo show di Toscani, imbeccato dal giornalista di Radio 24, prosegue con un nuovo capitolo: questa volta il tema è quello dei preti pedofili. “Cosa gli faresti?”, gli domanda Cruciani e pronta arriva la replica: “Sono esattamente come qualsiasi altra persona pedofila. Poveretto, già uno che vuol diventare prete, vuol dire che ha già dei problemi. Qualche problema ce l’ha di sicuro…”.

Infine, ultimo ma non per importanza, il commento al vetriolo contro i due giornalisti Mediaset Paolo Del Debbio e Mario Giordano. “Hai visto per caso la fotografia con Giordano, Del Debbio e Salvini insieme?”, l’imbeccata della “zanzara” e Toscani ci casca in pieno, alzando i toni: “Mamma mia. Fascisti? Questo è il minimo, non è neanche più un insulto. Del Debbio e Giordano conducono trasmissioni banali, fanno ridere. Sono dei comici”.
Toscani insulta Salvini
Come ben sappiamo, è nota l'”antipatia” di Oliviero Toscani nei confronti del numero uno del Carroccio. Giusto qualche giorno fa, ai microfoni di Morning Show su Radio Café, ha sparato a zero contro l’ex titolare del Viminale e i suoi elettori: “Salvini è stato eletto da una maggioranza di coglioni, di gente che non ha più la sensibilità umana. Il rappresentante di questa maggioranza si esprime in modo disumano. È il rappresentante di una disumanità”

mercoledì 13 novembre 2019

La Rai cambia idea e blocca l’ospitata di Chef Rubio. E lui fa la vittima: “Mi hanno cancellato per ragioni politiche”



Facce di bronzo. Rai2 non ha mai scelto chef Rubio “come testimonial contro il bullismo. Rubio è stato solo invitato come ospite della trasmissione #RagazziContro per parlare di Cyberbullismo. La Rai blocca la puntata con Rubio perché inopportuno. La puntata è stata registrata a ottobre. La Rai ha avuto tutto il tempo di valutare se Rubio ha detto cose inopportune. Questo non viene specificato. E così non è stato. Carlo Freccero sostiene che Rubio ‘avrebbe vampirizzato il programma’. Beh con tutto questo polverone che hanno sollevato, Rubio ha vampirizzato senza neanche poter fiatare”.

Fanno anche le vittime. Il bue che dà del cornuto all’asino. Lo sfogo di Barbara Castiello, addetta stampa di chef Rubio, su Fb ha dell’incredibile. Incredibilmente aggiunge che “la cancellazione del programma Rai con il cuoco “unto e bisunto” ospite puzza proprio di ragione politica“. All’anima. Dopo tutto l’odio e gli insulti irriferibili che il cuoco, messo alla porta da Discovery, ha sparso sui canali social su Giorgia Meloni, Salvini e il popolo sovranista, ha pure il coraggio del vittimismo. Ricordiamo il suo post “miserabile” sui due carabinieri uccisi a Trieste. Poi gli insulti al popolo di San Giovanni. Soprattutto, evidenziamo la crociata antisionista messa su sui suoi canali social. Insomma il cuoco maleducato e il suo entourage pensano pure di essere dei perseguitati politici.

“Anzaldi, renziano, di Italia Viva e segretario della Commissione Vigilanza Rai – prosegue Castiello ella sua difesa di una ausa persa- un paio di giorni fa ha chiesto che la Rai prendesse in considerazione l’idea di affidare un programma a Chef Rubio, in uscita da Discovery. Pronta la risposta di Salvini hater della prim’ora e top player del bullismo social”. Ha un’idea un po’ confusa del bullismo l’addetta stampa di chef Rubio, che nega ogni evidenza. Rispondere ad insulti feroci e a minacce è un diritto. Se anche Amnesty ha ritenuto opportuno chiudere i rapporti con lui, interrogarsi sarebbe d’obbligo.

Castiello ricorda che ” Rubio è stato ambassador delle campagne di Amnesty “Write for Rights 2016 e 5×1000 (2017 e 2018). Non si trattava di campagne contro il bullismo ma per i diritti umani. Rubio ha portato a termine tutte le campagne come da accordi previsti con Amnesty Italia. Non abbiamo mai ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di Amnesty d’interruzione dei rapporti. Ma abbiamo appreso dai giornali che su segnalazione di Selvaggia Lucarelli, Amnesty Italia riteneva opportuno non proseguire con altre collaborazioni. Amen”. Tutta colpa del destino cinico e baro? “Tutto questo accade, conclude Castiello, mentre Rubio prosegue il suo viaggio e saluta tutti dal Kurdistan”. Ecco. Che ci resti. Del resto la sua presenza in Rai, come volevano i renziani sarebbe stata scandalosa. Scandaloso anche solo concepirlo.

“Il tricolore ci fa schifo, è una roba da fascio”: delinquenti di sinistra cacciano studente leghista dalla Sapienza



“Mi hanno cacciato da un’aula dell’Università, solo perché guardavo alcune fotografie sui caduti di Nassiriya“. In tempi di commissioni contro l’odio e lezioni (improprie) di democrazia, succede anche questo: che uno studente venga invitato ad abbandonare uno spazio “autogestito” della Sapienza di Roma solo perché nella sua vita ha avuto la malaugurata idea di sposare le battaglie politiche della Lega.

I fatti risalgono a ieri mattina. Sono circa le 10 al dipartimento di Scienze politiche. Bryan Perfetto, studente e coordinatore della Lega giovani a Pescara, entra nell’aula professori autogestita. “Sono andato lì per prendere degli appunti con un’amica”, racconta al Giornale.it. Niente di politico dunque. Normale amministrazione studentesca. A un certo punto, però, Perfetto prende in mano il cellulare per condividere una storia sulla strage di carabinieri in Iraq. In fondo ieri era l’anniversario dell’attentato terroristico.

A quel punto “si avvicina uno dei centri sociali” e lo “interroga insistentemente” sul contenuto delle fotografie. “Mi dice: ”Quella è roba da fascio, a me il Tricolore fa schifo, non me ne frega un c… del Tricolore'”, racconta il leghista. L’atmosfera si scalda. Alcuni dei presenti sanno che Perfetto ha un ruolo nel Carroccio e non glielo perdonano. “Lo sappiamo che sei un coordinatore della Lega – afferma qualcuno – Voi fate morire la gente e ti permetti di venire qui dentro?”.

L’aula autogestita non è nuova ad episodi discutibili. Nei giorni scorsi i media avevano rivelato slogan e insulti (“Merde”) contro la polizia appesi sui muri della stanza “occupata”. In un post del 27 ottobre sulla pagina ufficiale dell’aula professori dell’ateneo romano, i responsabili rivendicano che “gli spazi autogestiti” servono “per incontrarsi, discutere e sviluppare sapere critico e collettivo”. Sono insomma luoghi “liberi e inclusivi”, ma evidentemente non per tutti.

È esclusa ogni forma di “pensiero razzista e suprematista” e, a quanto pare, pure agli esponenti del Carroccio. Lo spazio è talmente “solidale” e “inclusivo” che nel mezzo della discussione tra Perfetto e i suoi accusatori, c’è anche chi velatamente lo minaccia. “Una delle ragazze che era lì dentro – spiega il leghista – mi ha detto: ‘Tu devi stare attento: nel 2019 uno della Lega deve stare attento'”.

Ha una dipendenza da sostanze alcoliche: pakistano viene in Italia e chiede protezione internazionale


Ha chiesto di ottenere lo status di rifugiato adducendo, come motivazione, il fatto di essere stato a lungo alcolizzato.

Una richiesta che, sulle prime, ha lasciato comprensibilmente perplessa la commissione deputata a valutare queste istanze, che ha negato il riconoscimento di questo status; stessa reazione, di fronte al Tribunale che, in seconda battuta, era chiamato a valutare il ricorso del cittadino pakistano, proveniente dal Punjab, che, assistito da un avvocato del foro di Rovigo, aveva presentato impugnazione. Anche i giudici di secondo grado, infatti, hanno dato parere negativo. Nonostante questo, è arrivato anche il ricorso in Cassazione.

Nel primo motivo addotto, il ricorrente ha segnalato la “mancata verifica delle attuali condizioni socio politiche del Pakistan, con specifico riguardo allo ‘ status sociale delle persone affette da dipendenza per abuso di sostanze alcoliche‘”. Ad avviso suo e dell’avvocato, infatti, un passaggio di questo tipo sarebbe stato doveroso, al momento di valutare la sua istanza, in una ottica di cooperazione istruttoria.

Ad avviso dei giudici della Cassazione, però, nel ricorso non si indica per quale motivo il problema della dipendenza dovrebbe dare diritto all’ottenimento della protezione internazionale. “In punto di protezione umanitaria – chiudono i giudici della Cassazione – il ricorrente non allega la presenza di situazioni di vulnerabilità specificatamente attinenti alla propria persona”. Anche l’ultimo grado di giudizio, quindi, non ha visto accolta la domanda di protezione internazionale.

Ora i grillini aprono all’invasione. Accordo con +Europa di Bonino per regolarizzare migliaia di clandestini


Il deputato grillino Giuseppe Brescia appoggia pubblicamente la proposta di legge per regolarizzare i clandestini al fine di combattere il lavoro nero e garantire maggiori introiti per lo Stato.

Lo scrive Gianni Carotenuto sul sito del quotidiano il Giornale. Nel mirino del parlamentare il decreto flussi annuale, giudicato ormai inadatto a “garantire i fabbisogni del mercato del lavoro.

Lo dimostrano i dati: a inizio luglio – ha spiegato – erano più di 44mila le domande presentate per i lavoratori stagionali a fronte di 18mila ingressi autorizzati” D’accordo anche il deputato ex Radicale Riccardo Magi, relatore in commissione della proposta di legge popolare che vuole superare la legge Bossi-Fini.

Attualmente all’esame della commissione Affari costituzionali, questa pdl ha raccolto 90mila firme e per i suoi promotori sarebbe uno “straordinario provvedimento di emersione” per gli “stranieri irregolari e costretti al lavoro nero”.

Infine ci sarebbe anche un pacchetto di norme per l’introduzione di un “meccanismo di regolarizzazione su base individuale, a fronte di un contratto di lavoro, con il rilascio di un permesso di soggiorno per comprovata integrazione”.

martedì 12 novembre 2019

“Leghista attento, ancora fischia il vento”: da sinistra minacce di morte contro Luca Zaia e 4 consiglieri regionali


CONEGLIANO (TREVISO) – «Leghista attento, ancora fischia il vento». Una frase ripresa da una famosa canzone partigiana e sovrapposta a una foto del governatore veneto Luca Zaia a testa in giù.

E come se non bastasse ecco in fila i nomi, con tanto di foto, dei quattro consiglieri leghisti di Conegliano, secondo comune per grandezza e importanza della provincia di Treviso.

Tutti messi nel mirino come «fascisti istituzionalizzati» e indicati nientemeno che come obiettivi da «cacciare dalle nostre città». Quando i quattro consiglieri leghisti di Conegliano hanno visto il profilo Instagram di Mcsplinterman, un anonimo 18enne originario della provincia di Napoli ma con ogni probablità residente nella Marca trevigiana, non hanno avuto dubbi.

Dopo essersi consultati con il commissario provinciale della Lega Gianangelo Bof, hanno deciso di andare dai Carabinieri e hanno presentato querela contro l’autore del profilo Instagram.

Il prete rosso “anti-Salvini” Zanotelli offende gli eroi caduti a Nassiriya: “Non sono martiri, erano lì per il petrolio”



Un delirio che offende la memoria dei nostri soldati morti, quello del prete no global Alex Zanotelli. «L’Iraq è davvero una grande patata bollente… Ma la presenza militare italiana non deve più esserci. Non possiamo più stare in un Paese che abbiamo contribuito a distruggere. Diverso è il discorso relativo alla presenza civile italiana, di assistenza alla popolazione». È quanto sostiene all‘AdnKronos il missionario e pacifista, tra i riferimenti ideologici più considerati dai no global, nonché amico di Roberto Fico.

L’Iraq – secondo padre Zanotelli – “è stato distrutto da una guerra completamente ingiusta, tutta costruita sulle menzogne dell’Occidente”. «Contro cui una delle poche voci che si sollevò allora fu quella di Papa Giovanni Paolo II – sottolinea il religioso – il popolo è stato annientato, tutte le relazioni sono saltate. Restare in una situazione del genere è un obbligo morale per la comunità internazionale, anche per noi italiani. Ma non con i militari: servono ben altre presenze per ricostruire quel territorio e rimettere in piedi quella società».

Per padre Zanotelli, poi, vaal dunque. «Anche i militari vittime dell’attentato a Nassiriya non andrebbero definiti martiri, in quanto noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio. Guardiamoci in faccia e diciamoci queste cose, anche se purtroppo in Italia sembra impossibile dirlo e costa una valanga di insulti… ma è questa la cruda verità. Cosa ci stanno a fare, ancora oggi, i soldati italiani in Iraq, come del resto anche in Afghanistan? Noi occidentali li aiutiamo a fare la guerra all’Isis? Ma se in Siria abbiamo abbandonato i curdi, che hanno davvero lottato contro l’Isis…».
La reazione di La Russa
«Preti così possono far perdere la fede. Il Papa, o chi per lui, dovrebbe esaminare le parole” pronunciate da padre Alex Zanotelli sulla presenza militare italiana in Iraq e sull’attentato di Nassirya, “che per un cattolico possono essere vere e proprie bestemmie». Lo dice all’Adnkronos Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ex ministro della Difesa e vicepresidente del Senato.
Nassiriya, oggi il sedicesimo anniversario
Oggi si celebra il sedicesimo anniversario della strage di Nassiriya nella quale morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’Esercito, due civili italiani e nove iracheni. L’attacco alla base ‘Maestrale’ di sedici anni fa fu l’episodio più drammatico della missione militare italiana ‘Antica Babilonia’ in Iraq. Erano le 10.40 (le 8.40 in Italia) di quella mattina quando un veicolo pesante sfondò la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri a Nassiriya, aprendo un varco ad un’autobomba che esplose subito dopo.

Le vittime furono: i militari dell’Arma Domenico Intravaia, Horatio Majorana, Giuseppe Coletta, Giovanni Cavallaro, Alfio Ragazzi, Ivan Ghitti, Daniele Ghione, Enzo Fregosi, Alfonso Trincone, Massimiliano Bruno, Andrea Filippa, Filippo Merlino; i militari dell’Esercito Massimiliano Ficuciello, Silvio Olla, Emanuele Ferraro, Alessandro Carrisi, Pietro Petrucci. Stefano Rolla e Marco Beci sono i due civili. Nell’esplosione morirono anche nove iracheni, numerosi furono i feriti.

Inchiesta Termometro Politico: “Segre non riceveva 200 insulti al giorno, non aveva bisogno di scorta”. Ma poi Repubblica…



Liliana Segre vittima di odio online? E’ vero, peccato che l’odio sia aumentato esponenzialmente solo dopo l’articolo di Repubblica che denunciava la discriminazione sui social della senatrice, poi diventata simbolo e testa d’ariete della Commissione che ne riprende il nome. E dietro ci sarebbe una bieca strategia di marketing.
L’inchiesta di Termometro Politico
Lo svela in un’inchiesta per Termometro politico Nicolò Zuliani. Rifacendosi ai dati dell’Osservatorio sull’Antisemitismo italiano, Zuliani commenta: “Sabato 26 ottobre, su Repubblica, a firma di Pietro Colaprico è uscito un articolo intitolato “Liliana Segre, ebrea. Ti odio” Quegli insulti quotidiani online. All’interno cita un rapporto dell’osservatorio antisemita e sostiene che la Segre riceva 200 insulti al giorno. Il rapporto esce due giorni dopo e dice una cosa diversa; i dati si riferiscono al 2018, non al 2019. Gli episodi di antisemitismo sono 197 all’anno, non 200 al giorno“.
Altre vittime, meno “eccellenti”
“La scorta è stata data a Liliana Segre e non a Gad Lerner, a Parenzo, a Mentana o Fiano” commenta Zuliani “eppure la nostra Liliana nazionale non era presa più di mira di Gad Lerner”. Secondo i dati riportati da Zuliani, infatti, i giornalisti di origine ebraica come la Segre hanno ricevuto la medesima quantità di “insulti” sui social, se non maggiore. Eppure, non sono stati resi protagonisti di una crociata contro l’hatespeech.
“Una crociata farneticante”
Come osserva acutamente il giornalista, ciò che è scaturito dal primo articolo di Repubblica a firma di Colaprico “è stata una decisione emotiva costruita su un articolo emotivo scritto sulla base di commenti emotivi concepiti da scimmie emotive che ora sono ancora più emotive, sono ancora più determinate nella loro crociata farneticante, che non è l’antisemitismo o il razzismo: è l’ego“.
L’impennata di “odio”
Secondo Zuliani, inoltre, prima dell’articolo in cui si denunciavano questi famosi “200 insulti al giorno” la Segre non riceveva affatto quell’attenzione sgradita sui social, mentre dopo sì, eccome: “Prima dell’articolo Liliana Segre non riceveva 200 insulti e non aveva bisogno di scorta” ora invece “è pure diventata un bersaglio per tutti quegli animali analfabeto-psicotici che se sentono profumo di cinepresa non esitano a fare le cose più turpi e immonde col sorrisetto ebete
La strategia dell’hatebaiting
“Si potrebbe dire che è procurato allarme” scrive Zuliani. , ma ripeto, non è questo il punto. Tutto ciò che è acccaduto farebbe parte di una precisa strategia di hatebaiting, termine coniato dal cosiddetto clickbaiting, ovvero fare titoli “esca” (accattivanti o fuorvianti) per far sì che l’utente social “abbocchi” e regali una visualizzazione al proprio contenuto: “Oggi pubblicare articoli di hatebaiting è la norma. Basta pubblicare belle donne, gente ricca e/o famosa, immigrati, ebrei, perché sotto appaiano due o tre commenti ripugnanti. Sulla pagina Facebook della testata i numeri si possono tranquillamente quintuplicare”, scrive Zuliani.
“Chi scrive articoli pensi alle conseguenze”
Il giornalista osserva come questo fenomeno dei commentatori di “odio” trovi radici nel paravento dell’”anonimato, non nella convinzione politica. Nel fatto che i loro autori sono persone frustrate dalla sensazione d’irrilevanza che hanno come unica valvola di sfogo un sacchettino di pietre da tirare a chi vedono come rilevante, ebrei o immigrati, destra o sinistra”.

Ma non risparmia una critica anche a chi, in prima istanza, fu autore di un articolo sulla Segre di tale tenore: “E per la cronaca, questo dovrebbe valere anche per chi scrive articoli senza pensare alle conseguenze che avranno sulle persone, esponendole a rischi che prima di reinterpretare a la pénis du chien un report non correvano, e forse non avevano nemmeno bisogno di una scorta”.

La toga rossa “anti-Salvini” e “pro-migranti” in tour per propagandare l’accoglienza. Alla faccia dell’imparzialità dei giudici



Nell’ordinamento italiano, l’imparzialità del giudice è disciplinata dal Codice penale e dalla Costituzione. Come noto, i magistrati devono limitarsi ad applicare la legge. Senza farsi fuorviare dalle proprie convinzioni politiche, filosofiche e culturali. Una mission che non viene bene a molti esponenti dell’ordine giudiziario, tra cui Luciana Breggia.

Presidente della sezione specializzata per l’immigrazione e la protezione internazionale del tribunale di Firenze, Breggia è nota nel mondo dei giudici e non solo per le sue prese di posizione in materia di immigrazione clandestina, ong e sbarchi. Tutte a favore dell’immigrazione illegale e di chi la fomenta in maniera più o meno diretta. Di recente, lo scorso 15 maggio, il giudice Breggia ha emesso una sentenza con cui ha negato al Ministero dell’Interno (allora guidato da Matteo Salvini) la possibilità di impugnare una decisione del tribunale di Firenze che aveva precedentemente disposto l’immediata iscrizione all’anagrafe del Comune di Scandicci di un richiedente asilo somalo.

Una storia che la diceva lunga sull’evidente partigianeria del magistrato fiorentino, ostinata nel dire no alle leggi leghiste e in particolare ai decreti sicurezza firmati dall’ex capo del Viminale. Il quale, dopo avere appreso della decisione di Breggia, l’aveva ironicamente invitata “a candidarsi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide”.

Da allora sono passati pochi mesi, il governo è cambiato e con esso il ministro dell’Interno, non più Salvini ma Luciana Lamorgese, decisamente più incline alle posizioni buoniste espresse da una certa sinistra (e non solo). Tuttavia, i decreti sicurezza sono rimasti in piedi e con essi i criticatissimi accordi con la Libia, sottoscritti dal Pd Marco Minniti nel 2017, per frenare l’immigrazione illegale dal Nordafrica.

Nel Pd, però, c’è chi come Matteo Orfini combatte da tempo una battaglia contro tutto e tutti per imporre l’accoglienza a tutti i costi. Un’ideologia pericolosa che vanta un discreto numero di affiliati, in politica come nella società civile. E nella magistratura. Tra gli ultras pro-migranti c’è proprio Luciana Breggia che, notizia di queste ore, è volata con altri colleghi al salone congressi dell’aeroporto di Lampedusa davanti a una platea di magistrati, avvocati ed esperti di immigrazione nel quadro di un evento promosso dalle correnti Area democratica (le “toghe rosse”) e Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione).

Il convegno, dal titolo “La frontiera del diritto e il diritto della frontiera – Dieci anni dopo di nuovo insieme a Lampedusa”, si è svolto il 9 e 10 novembre. Si è discusso di “migrazioni ed Europa, dell’attuazione del diritto dell’immigrazione, di una legislazione dell’immigrazione giusta ed efficace e di immigrazione nella cultura, nella storia e nell’informazione”, il tutto all’insegna della solidarietà nei confronti di clandestini e ong. Pezzo forte della due giorni lo spettacolo “Invece accade – dal diario di un giudice dell’asilo”, con testi del giudice Breggia. Che, per l’occasione, come ricorda Repubblica, si è trasformata in sceneggiatrice. Restando sempre parzialissima.

“Io ho sempre applicato le norme, naturalmente interpretandole con rigore e imparzialità – aveva detto – ma il giudice ha una testa e un cuore, non è disincarnato. Avere un pensiero ed esprimerlo lo rende anzi più trasparente. Il giudice parziale, quello che sfoga nei suoi provvedimenti un sentire di parte, è un giudice muto“.

La Corte dei Conti smonta la manovra dei giallorossi: “Manca quadro organico. La plastic tax non tiene conto delle imprese”


Confindustria, Abi, Alleanza Cooperative e soprattutto la Corte dei Conti. Le audizioni di oggi in Senato sul testo della manovra approdato in Parlamento dopo l’ok in Consiglio dei Ministri riservano una bocciatura dietro l’altra al governo e al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

 Nella loro relazione davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, i giudici contabili rilevano nella Finanziaria giallorossa “la mancanza di un quadro organico“, esortando il governo a procedere con un “severo” contenimento della spesa. “La scelta adottata con la manovra – scrive la Corte dei Conti – appare quella di confermare l’obiettivo del consolidamento fiscale“, puntando su “misure redistributive”, come “l’annullamento della clausola Iva”, capaci di ridurre il “carico fiscale, stimolare gli investimenti pubblici e di promuovere le condizioni per una crescita più sostenuta“.
Corte dei Conti: “Manovra senza un quadro organico”
Impostazione che i giudici definiscono “condivisibile”, evidenziando però “la mancanza di un quadro organico delle misure” che il governo intende assumere, non permettendo – ravvisano i giudici – “di valutare pienamente come si intenda intervenire sulle principali criticità del nostro sistema economico e istituzionale“.

Se “lo sforzo” per combattere evasione ed elusione fiscale “è sicuramente importante”, grazie al “ricorso a strumenti di emersione spontanea delle basi imponibili“, la Corte dei Conti si dice preoccupata dal fatto che “tali misure” non sembrano andare a inserirsi “in un processo di riforma più complessivo“, capace di rispondere “a criteri di equità e semplificazione del sistema”. Lo stato di salute dell’economia italiana, insomma, non è ottimale.
“Fondamentale contenere la spesa pubblica”
Ecco perché, per i giudici contabili, “un severo percorso di contenimento e riqualificazione della spesa rimane indispensabile“. Di qui la necessità di “operare un’attenta selezione” delle attività “da finanziare e abbandonare” al fine di liberare risorse per la riduzione delle tasse e “del debito”. Tornando sul tema dell’evasione e dell’elusione fiscale, la Corte dei Conti si dice ottimista sulla “limitazione dell’uso del contante” come strumento per la “riduzione di tali fenomeni”, pur non costituendone “la soluzione” definitiva.

Positiva, dunque, “l’adozione di forme di incentivazione per promuovere la diffusione dei pagamenti elettronici“. Al governo, per rendere più efficace la lotta ad evasione ed elusione, la Corte dei Conti propone inoltre di “estendere l’obbligo di pagamento elettronico per “i canoni di locazione immobiliare o la corresponsione degli emolumenti ai collaboratori familiari“.
Bocciate tasse su auto aziendali e imballaggi
Anche i possibili danni alle imprese al centro delle riflessioni dei magistrati contabili. I quali prima criticano – “pur comprendendolo” – il ritorno al regime Ace (Aiuto alla crescita economica), considerandolo un esempio delle “frequenti modificazioni nella normativa” fiscale con cui si influisce in maniera negativa “sui processi decisionali degli amministratori delle aziende“.

E poi, sempre a proposito di imprese, smontano la tassa sulle auto aziendali. “La finalità della norma, volta a favorire la diffusione delle auto a trazione elettrica o ibrida, potrebbe essere fortemente condizionata dai limiti che caratterizzano attualmente l’offerta di veicoli con le caratteristiche considerate, accrescendo gli effetti meramente tributari della disposizione“. Stroncata senz’appello anche la plastic tax, rispetto alla quale “vanno tenuti presenti il notevole impatto finanziario della disposizione già nel 2020 – 1.079,5 milioni di euro – e i conseguenti prevedibili riflessi sul sistema produttivo e distributivo nazionale“.

Un’aspra critica nei confronti del balzello sugli imballaggi, come quella espressa poco prima da Confindustria: “Tassa inutile e dannosa, con un impatto sulla spesa delle famiglie stimabile in circa 109 euro annui“, la stima del dg di viale dell’Astronomia, Marcella Panucci.
Forza Italia: “La Corte dei Conti d’accordo con noi”
Più ombre che luci, insomma, nella relazione della Corte dei Conti. Che, per la vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, “stronca la manovra e in generale la politica di un governo che, avendo quale unico collante quello che lo tiene ben saldo alle poltrone, non è mai d’accordo su nulla“, costretto dunque “a rinviare l’effettiva definizione di qualsiasi decisione appena abbozzata a provvedimenti successivi“. Proprio come osservato dai giudici contabili. Secondo i quali l’Italia non può più tirare a campare.

“Abbiamo colpito dei crociati e quattro apostati”: I terroristi Isis rivendicano l’attentato contro i soldati italiani


Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco di ieri mattina avvenuto nella provincia di Diyala, non lontano dalla frontiera iraniana al confine tra le provincie di Salahuddin e Kirkuk, ma ignora praticamente tutto. L’organizzazione terroristica, ad esempio, ignora che a bordo del convoglio colpito ci fossero degli italiani.
Iraq, lo Stato islamico rivendica
Lo Stato islamico ha rivendicato il vile attentato avvenuto ieri contro le truppe militari italiane in Iraq. In due comunicati diffusi secondo procedura prima su Amaq e poi su Islamic State, l’organizzazione terroristica conferma il suo coinvolgimento in un’operazione avvenuta nei pressi di Kirkuk, in Iraq. Prestiamo attenzione.

Nei suoi due comunicati diffusi su Telegram (escludiamo il video di Quraysh, molto furbo) i terroristi non menzionano mai l’Italia. Lo Stato islamico non utilizza mai le parole “Italia” o “italiani”, ma soltanto la frase “coalizione crociata”. Troveremo altri dettagli sul settimanale al-Naba. Al-Naba esce nella notte tra giovedì e venerdì di ogni settimana da quasi cinque anni.

Lo Stato islamico ha dimostrato di possedere le risorse e l’intelligence necessaria per colpire sistematicamente l’Iraq, ma potrebbe non aver avuto contezza dell’identità del bersaglio colpito ieri nei pressi di Kirkuk. Potrebbe non essersi trattato di un attacco concepito per colpire proprio gli italiani. L’organizzazione terroristica avrebbe probabilmente colpito un qualsiasi convoglio militare della coalizione internazionale in transito su quella specifica arteria. Questa volta su quel convoglio c’erano gli incursori della Task Force 44.
“Colpita coalizione crociata”
Il comunicato dello Stato islamico “Feriti otto elementi della coalizione crociata e dei Peshmerga con un ordigno esplosivo improvvisato in Iraq – Un dispositivo esplosivo improvvisato ha distrutto un veicolo a nord di Kufri, ferendo quattro appartenenti all’organizzazione internazionale dei crociati e quattro apostati”.
Anche al-Shabaab ignorava che fossero italiani
Il 30 settembre scorso, a Mogadiscio, un’autobomba di al-Shabaab colpì un convoglio dell’UE. Nonostante le risorse sul campo, la filiale di al Qaeda ignorava che su quei mezzi si trovassero dei militari italiani. Nel rivendicare l’attentato, l’organizzazione terroristica utilizzò la frase “convoglio dell’UE”. La parola Italia o italiani non è stata mai utilizzata nei due comunicati diffusi da al-Kataib. Al-Shabaab possiede le risorse e l’intelligence necessaria per colpire la Somalia ed i Paesi vicini, ma potrebbe non aver avuto contezza dell’identità del bersaglio colpito a Mogadiscio.

La filiale di al Qaeda avrebbe probabilmente colpito un qualsiasi convoglio militare EUTM di pattuglia. Potrebbe non essersi trattato di un attacco concepito per colpire proprio gli italiani. Ricordiamo che per l’attacco dello scorso anno avvenuto contro un convoglio militare italiano di pattuglia nel distretto di Hodan, a Mogadiscio, al-Shabaab non utilizzò mai le parole Italia o italiani, ma soltanto “forze dell’Unione Europea”.

lunedì 11 novembre 2019

“Occhio che l’aria fischia”: ancora minacce di morte contro Salvini. Ma lui: “Non mi fate paura, mi fate pena”



“Salvini occhio, che l’aria fischia…”. E poi quella lettera “A” maiuscola cerchiata, simbolo del movimento anarchico. Matteo Salvini ha postato su Twitter una foto che testimonia l’ennesima minaccia subita, questa volta su un muro di Roma. La scritta immortalata e firmata da qualche sedicente anarchico è stata realizzata a Torpignattara, quartiere alla periferia Ovest di Roma. Dove, a quanto pare il leader politico della Lega non è gradito a qualche d’uno.

“Proiettili, minacce, scritte sui muri. Non mi fate paura, mi fate pena e mi date ancora più forza e coraggio: non mollo e non mollerò, mai!”, il commento dell’ex ministro dell’Interno allo scatto che ritrae l’intimidazione ricevuta.

Tra i commenti ricevuti sul social network, molti utenti esprimono solidarietà al numero uno del Carroccio – “Solo vili esseri che si pensano di essere uomini, ma nella sostanza sono dei vigliacchi“, “L’80 per cento degli italiani è con Lei. Le vogliamo bene oltre a stimarla” e “Speriamo che gli autori di tale scritta siano presto presi e con giusti giudici condannati pesantemente. Questo è segno che si sta percorrendo la strada giusta e i delinquenti temono una politica giusta”, giusto per fare un esempio, ma non mancano i commenti di chi osteggia l’ex titolare del Viminale, polemizzando sul caso Segre.
Il caso Salvini-Segre
Nei giorni scorsi, ricordiamolo, Matteo Salvini è stato al cento delle polemiche per la seguente frase, in seguito all’assegnazione della scorta alla senatrice a vita, sopravvissuta all’Olocausto:“Anche io, ogni giorno, ricevo minacce. Le minacce contro la Segre, contro Salvini, contro chiunque, sono gravissime”. Un’uscita strumentalizzata dai cosiddetti “benpensanti”.

La testimone degli orrori del nazismo è finita nel mirino di Forza Nuova, che in occasione di un incontro della Segre con alcuni studenti – dedicato proprio alla Shoah – aveva affisso uno striscione di protesta contro l’evento. Alla 89enne, per regioni di sicurezza (in seguito agli insulti antisemiti ricevuti, anche sui social), proprio settimana scorsa è stata assegnata ufficialmente la scorta.


Il Partito Democratico si rituffa nel business-migranti: ai sindaci rossi che accolgono 700 euro l’anno a straniero



Roma – La tentazione del Pd di accaparrarsi anche una fetta delle politiche sull’accoglienza mettendo in piedi l’Authority per gli immigrati cresce di ora in ora.Tanto più che l’ente sarebbe totalmente svincolato dalla durata del traballante governo Conte due. Tre anni almeno e con i vertici ripartiti tra Italia Viva e Leu oltre alla schiera d’apparato di segretari e portaborse: una svolta per rastrellare un po’ di voti, in caso di elezioni anticipate, da onlus, enti benefici e cooperative.

Senza nulla togliere alle politiche del Viminale, i commissari si metterebbero subito all’opera per accaparrarsi anche i consensi di quei sindaci che hanno storto il naso quando è entrato in vigore il primo Decreto Sicurezza di Matteo Salvini.

Il provvedimento infatti ha depauperato tutti gli Sprar (i servizi di accoglienza per i richiedenti asilo), escludendo chi ancora non aveva il titolo di rifugiato, lasciando nelle comunità solo una manciata di minori. L’Authority potrebbe riformulare la ripartizione dei richiedenti asilo con un espediente in modo tale da riservargli un trattamento di favore, fuori sì dalle grandi città, ma non distante dalle comunità dell’hinterland. E non è marginale neppure l’introito che ogni sindaco recupererebbe mettendo in piedi uno o più progetti per l’accoglienza. Almeno 700 euro l’anno a straniero ospitato come previsto dall’ultimo decreto Minniti già per gennaio 2018.

Piaceva parecchio ai sindaci il motto «più l’ente locale accoglie più viene finanziato, meno accoglie più è penalizzato». A dicembre 2017 con il decreto Mezzogiorno l’allora governo Gentiloni aveva conteggiato che l’entità della prima tranche di soldi da sborsare nel 2018 per l’accoglienza diffusa si aggirava sui 150 milioni di euro indirizzati ai comuni parte attiva nei servizi di protezione per i richiedenti asilo. Lo scopo era quello di incoraggiare le realtà locali a occuparsi direttamente dei progetti di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento e costruire percorsi di inserimento socio-economico.

 Ecco qui che l’Authority di garanzia dei migranti andrebbe a innestare il suo ruolo anche in questo settore. Non è peregrino rammentare il famoso modello allestito dall’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, che fin dal 2004 aveva utilizzato le molte case abbandonate del paese per ospitare centinaia di richiedenti asilo. Ma non solo. Lavorava sul doppio binario: favoriva l’accoglienza diffusa e anche su quella straordinaria dei Cas. Il Pd, con i commissari per l’immigrazione, vorrebbe ritornare indietro nel tempo. Come se i 15 mesi di Salvini al Viminale potessero essere cancellati con un colpo di spugna. E con essi anche le tendenze di voto degli italiani, il pentimento di aver votato Cinquestelle e il disappunto – per essere cortesi nei confronti di Giuseppe Conte. Lui che per Salvini oramai è anche «l’avvocato delle cause perse e dei clandestini».

Tra Soros, gli Agnelli e Sindona Jr: una pioggia di denaro per Emma Bonino e i Radicali Italiani



Che fine hanno fatto i Radicali? Parafrasando uno slogan molto utilizzato nel mondo dell’estrema sinistra, sono vivi e lottano insieme a noi. Anche se pochi se ne accorgono. In effetti, sembra passato un secolo da quando Marco Pannella dettava l’agenda della politica italiana su diritti civili e laicità tra referendum e scioperi della fame. Ancora prima della scomparsa di Pannella, avvenuta tre anni fa, l’eredità culturale del Partito Radicale fondato nel 1955 da una costola del Pli era stata raccolta dal Club Pannella-Riformatori e soprattutto dai Radicali Italiani, sigla nata nel 2001 (e presente ancora oggi anche se azzoppata nel 2016 da una scissione).

Via Riccardo Magi ed Emma Bonino, confluiti insieme al Centro Democratico di Bruno Tabacci in +Europa, nel partito è rimasta l’anima più “pannelliana” rappresentata da Rita Bernardini e Maurizio Turco. Pur avendo imboccato direzioni diverse, le due ali della galassia radicale hanno un punto in comune non indifferente: le donazioni. Infatti, come racconta il Fatto Quotidiano, Radicali e +Europa non si finanziano soltanto con le iscrizioni. Ma usufruiscono (soprattutto il partito di cui è segretario l’ex finiano Benedetto Della Vedova) di ingentissime elargizioni da parte di imprenditori e filantropi, italiani e stranieri.
George Soros, il benefattore di +Europa
Partiamo da chi è rimasto. I Radicali Italiani si auto-finanziano con 1.300 tessere. La situazione economica non è florida, dal momento che gli ultimi tre anni sono stati impiegati per ripagare i debiti. Diverso il discorso di +Europa, che dal 2018 – anno delle Politiche – ha beneficiato di introiti davvero significativi. Come gli altri partiti, anche quello di Emma Bonino ricava parte delle sue entrate dalle iscrizioni.

Al 20 giugno gli iscritti erano 5.807. Ogni tessera ha un costo variabile dai 25 ai 50 euro per un incasso totale vicino ai 200mila euro. Spiccioli rispetto al valore delle donazioni, provenienti da sostenitori che non hanno grossi problemi a investire cifre importanti. È il caso di Peter Baldwin. Docente di storia, filantropo e marito di Lisbet Rausing (erede dei fondatori della TetraPak), per le elezioni dell’anno scorso Baldwin ha donato a +Europa 1,6 milioni di euro così suddivisi: 100mila al partito e un milione e mezzo ai singoli candidati, tra cui 260mila euro a Della Vedova.

Quindi il nome più celebre (e contestato): quello di George Soros. Nel gennaio 2019, il filantropo ungherese ha donato 99.789 euro, curiosamente la stessa cifra sborsata dalla moglie Tamiko Bolton. Soros è indubbiamente il principale finanziatore della galassia radicale. Nel 2018, la sua Open Society Foundation aveva elargito 50.412 euro al movimento, oltre ai 298.550 donati l’anno prima a favore di “Ero straniero – l’ umanità che fa bene”, una campagna per l’abolizione della legge Bossi-Fini. Sempre nel 2017, lo stesso Soros aveva donato 85.844 euro all’associazione Luca Coscioni, il cui principale esponente è quel Marco Cappato rinviato a giudizio per istigazione al suicidio dopo avere accompagnato Dj Fabo in Svizzera. E non è finita qui, dato che nel 2016 Soros – ricordato per le sue speculazioni su lira e sterlina – aveva regalato altri 41.504 euro a “No Peace Without Justice”, associazione fondata – guarda caso – dalla solita Emma Bonino.
Tra i mecenati anche Agnelli e Sindona Jr.
Basta così? Manco per idea. Il 2019 è stato un anno particolarmente florido per +Europa. Malgrado il fallimento delle Europee di maggio, dove non ha superato la soglia di sbarramento del 4% fermandosi a uno stentato 3,1%, il partito di Della Vedova è diventato come il deposito di Paperon de’ Paperoni. Oltre ai 30mila euro di Emma Bonino, sono arrivati i 45mila di Marco Marazzi, avvocato e già vicepresidente della Camera di Commercio Ue in Cina. Quindi i 5 e 4mila euro di Lupo e Delfina Rattazzi, nipoti di Gianni Agnelli, e i 1.000 di Marco Sindona, figlio del faccendiere Michele. Situazione ben diversa da quella dei Radicali Italiani, che per il 99% si finanziano solo con le tessere.

Inoltre, nel computo totale andrebbero inclusi anche i fondi a Radio Radicale, l’emittente che trasmette in diretta le sedute del Parlamento e i principali avvenimenti della politica in virtù di una convenzione con lo Stato da 8 milioni l’anno (a cui aggiungerne altri 4 come fondo per l’editoria). Senza contare tutte le altre convenzioni stipulate con le istituzioni, per progetti specifici, dalle varie associazioni della galassia radicale. Come i 1.154.463 euro raccolti nel 2018 da No Peace Without Justice dai “contratti con enti pubblici” e i 300.579 di Nessuno Tocchi Caino messi insieme nel 2017 tra fondi Ue e “contributi da enti pubblici”. Insomma, la galassia radicale è come una torta divisa a fette. Ognuna con la sua ciliegina

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